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IndLic© Metodico, Cucina Cucinetta Cucinina Cucinino ( Cucinuccia ( Cucinuzza ( Cucinacela ( Biancheria di cucina ( Grembiuli ( ( Canovacci ( ( Canavacci ( Torcioni Bandinella Cucinare Cucinato Cucinatore Cucinatora Cucinatrice Cucinatura Cucinàbile Cucinàrio ( Culinària ( < Culinare ( Culinàrio Far da cucina Far la cucina Saper far da cucina Cuciniere Cuciniera Cuoco Sottocuoco Cuoca Sottocuoca Uomo di cucina Donna di cucina Guàttero Sguàttero Guàttera Sguàttera Guatterino Sguatterino Lavapiatti Lavascodelle Preparare Ammannire Salare Salato Salatissimo Salata Salatina Sale Amaro sale Amaro di sale Salato arrabbiato Giusto di sale Sciocco Infarinare Infarinato Infarinata Infarinatina Panare Panato Indorare Indorato Condire Condito, part. pass . Condito, sost. Condimento Condizionare Condizionato Drogare Drogato Droghe (V. I’Art. 3° del Capo 5°) Gràzia Dar gràzia Aggraziare Aggraziato Méttere al fuoco Levare dal fuoco Ritirare dal fuoco Fermare Cuòcere Cuòcere a bagnomaria Cuocere sotto testo Cotto, part . pass. Cotto, sost. Cottissimo Cocitura Cozione Cottura Èssere di prima cottura Cottojo Cottoja (1) Por quel eh© riguarda il Camino , i Fornelli, 1 'Accendere il fuoco, il Soffietto e simili, 4 da vedersi l’articolo precedente. Fanfani D. Af. 38 INDICE METODICO 578 Èssere di buona o di cat¬ tiva cottoja Cotta Cocente Essere al suo punto Stracuòcere Stracotto, part . pass . Stracotto, sost. Dimenare Mestare Rivoltare Rivoltata Dare una rivoltata Bollire Bollito, part. pass . Bollito, sost . Bollimento Bollitura Bollitfccio Bolle Sonagli Gorgogliare Gorgóglio Gorgoglio . Bollire a scroscio — a ricorsójo Scròscio Scrosciare Bollore Bollorino Staccare ) ; Levare > il bollore Alzare ) A bollore Dare un bollore a una cosa • , n Cuòcere al primo bollore Bollente Bollentissimo Bollizione Ebullizione Traboccare Dar di fuori Sobbollire Ribollire Ribollito Ribollitura Scottare Scottante Scottato Scottata Scottatina Scottatura Scottaturina Lessare Lessato Lessata Lessatola Lessatura Lesso, part . pass . Lesso, sost . Allessare Alessato Allesso ( Stumia ( Stummia Schiuma ( Stumiare ( Stummiare Schiumare ( Stumiato ( Stummiato Stumiaruola Soffriggere Soffritto, part. pass . Soffritto, sost. Fare il o un soffritto Soffittino tìmido In umido Fare in ùmido Sugo Tirare il sugo Fare il sugo Intinto Intintino Intingolo Intingoletto Intingolfno. Intingolàccio Fricassèa^ In fricassèa Salmi In salmi Fare in salmi Zimino In zimino Salsa Salsetta Salsettina Salsa bianca - verde - i agrodolce _ ( Hnl ne e forte ( Agrodolce ( Dolce e forte ( Salsa piccante ( - forte Savore Marinare Marinato, part. pass. Marinato, sost. Acciugata Fagianare Fagianato Dare il colore Prèndere il colore Far prèndere il colore Rosolare Rosolare sotto testo Rosolare Rosolato Rósolo Rosolire I Rosolilo Arrosolire ! Arrosólito Crostare Crostato Bruciare Bruciato Brucente Bruciaticcio ( Bruciacchiare ( Abbruciacchiare ( Bruciacchiato ( Abbruciacchiato ( Bruciacchiatura ( Abbruciacchiatura Abbrustolare Abbrustolire Abbrustolito Abbrustolimento Abbrustolita Abbrustiare Abbrustiato Abbronzare Abbronzato Abbronzata Abbronzatila Abbronzacchiare Abbronzacchiato Arrivare Attaccare Riscaldare Riscaldato Rifare Rifatto Batteria Batterla di ) „ina Batteria da ) cucma Utensili Vasi Mànico Mànico diritto Manichetto Manichino Manicùccio Manicàccio Smanicare Smanicato Òcchio Maniglie Orécchie Orecchi Presa Copèrchio ‘ — piano — da serrare Copricella Testo Cuocere Arrostire Rosolare \ Sottestare Coprire Méttere il copèrchio Coperto x Scoprire Levare il copèrchio . Scoperto sotto sto te- INDICE METODICO 79 Màdia (1) Madietta Madiettlna Madiona Madiùccia Madiàccia Madiata Asse ( Ceppo ( Desco Tàvola da spianare Marmo Matterello Spianatoio Spianatoja Mestone ( Farinaiuola ( Tafferia Tagliere Mezzaluna Bàttere Battuto Fare il battuto Battutino ( Stàccio ( Setàccio Staccino Stacciajo Passare per istàccio Stamigna Stamina Velo regino Ciabatta Colabrodo Colfno Méstolo Mestolino Mestolone Mestolata Mestolajo e Mestolaja ( Mestoli riajo ( Mestolaja Méstola Mestolfna Mestoletta Méstola bucata Mestolona Frullino da uova Frullino da cioccolata Frullare Frullato Frullata ^1) Per dare un certo ordine alle disparatissime voci o lo¬ cuzioni che si riferiscono agli utensili da cucina, ho cercato di ravvicinare tra loro, per quanto ò possibile, le voci o le locuzioni che hanno rapporto I. con gli utensili di legno ; li con quelli di ferro, III con quelli di rame, di latta e di stagno ; IV con quslli di terra cotta. Frullatlna Cassetta del sale Alberello del sale Pepajuola Pepe (V. T Art. 3q del Capo 5*) Strizzalimoni Strizzare Treppiede Treppiedino Treppiedone Coltello ) da cucina Coltello da bàttere Marràncio Acciai uolo Dar l’acciajuolo Lardatojo Lardare Lardato Lardatura Lardellare Lardellato Lardellatura Lardello Lardellino Lardo (V. FArt. 2 9 del Capo 5°) Steccare Steccato Sbuzzatoio Sbuzzare Sbuzzato Girarrosto - a peso - a molla - portàtile - a orològio Spiede - da uccelli - da carne grossa Spiedino Spiedini Spiedone Spiedata Allo spiede [ Schidione ( Stidione Schidionare Schidionata Fattorino Servitore Infilare Sfilare [ Ghiotta [ Leccarda Pozzetta ( In ghiotta ( Nella ghiotta Pillotto Pillottare Arrostire — sotto testo Arrostito Arrostitura Arrostimento Arrosto, part. pass . Arrosto, sost. Arroslino Arrostii ino. Arrosto morto Fornello Padella Padella delle o da bru¬ ciate Padellata Padelletta Padellina Padellino Padellona Padellone Padellotto Padelluccia Padellàccia Portapadella Òcchio Padellajo In padella Fare in padella Friggere Fritto, pari, pass . Fritto, sost . Frittura (1) Frittmina Fritturàccia Fritto misto Friggitore Frittume Friggio Grillettare Grillare Rifriggere Rifritto Gratella - a rete Graticola Fare sulla gratella » Macinino 1 Macinino da caffè Tramòggia Campana Pigna Noce Manovella Cassetta Macinare Macinato Tostino Tamburlano Naso Fornellino Tostare Tostato (1) Le varie specie di frit¬ tura sono da vederci n 11’ Ar¬ ticolo 2* del Capo 5*. INDICE METODICO 5*0 Tostatura Grattùgia - ordinària — a cassetta - da vòlgere Grattugina Grattugino Occhi Riccio Grattare Grattato Grattatura Grattugiare Grattugiato Siringa Stantuffo Stampino Stampettina Sprone Stampa Tagliapasta Frusta Palloncino Montachiara Stadera Stàderfno Staderona Staderone Staderajo Piatto Bràccio Tacche Romano (1) Rame Rami Ramajo Stagnajo Stagnino Stagnare Stagnato Stagnatura Stagnata Ristagnare Ristagnato Ristagnatura Lustrare Affittare Affittato Fitta Verderame Fare il verderame Caldaia Caldaio Caldajetta Caldafna Caldai uola Caldajona (1) Per tutto lo altre voci ri- ferentisi alla stadèra, alla bi¬ lancia, al pesare , ecc., è da vedersi nel Vocabolario d’AR- Ti e mestieri V Articolo Bi¬ lanciere 0 STADBRAJO. Caldarone Caldajùccia Caldaiàccia Caldajata Calderotto Calderottlno Calderajo Pajuolo Paioletto Paj olino Paj olone Paj ol ùccio Pajolàccio Paiolata Pajolina Paj uola Téglia Tegliona Teglione Tegli ùccia Tegliàccia Tegliata jln téglia f Nella téglia ÌCazzaruola Cazzeruola Casseruola j Cazzàroletta ( Cazzeroletta | Cazzarolina 1 Cazzeroilna 1 Sécchia Sécchio (2) Mezzina Mezzi netta Mezzinona Mezzinone Mezzi miccia Mezzinàccia Brocca ( Vedine la fa¬ miglia nell’ART. 4°) Pesciaiuola Anima Navicella Ramino Caffettiera Bocca Copèrchio Fàscia Corpo Fondo Beccùccio Mànico Bricco Bricchetto Bricchettino Bricchlno Cùccuma Vasetto dei caffè Cioccolatiera t J) Per la famiglia di questo voci e per lo affini ò da vedere P Articolo 8®. Bricco da cioccolata Tappino Forma Forma da budino o da budini Formettine Sorbettiera Stagnata Stagnina Stagnuola Utello Romajuolo Ramaiuòlo Romajolino Ramajolino j Romajolata f Ramaiolata Vasellame Vasellame de cucina Vasellame di terra Vasellame da tàvola (V. I’Art. 12) Stoviglie Stoviglieria Stovigiiajo Cocci Cocciaio Cocciaja Ciòttoli Sprangare Sprangato Sprangatura Spranga Sprangajo Péntola Pentoletta Pentolfna Pentolona Pentol ùccia Pentoiàccia In péntola Péntolo Pentolino Pentolone Pentolùccio Pentolàccio Pentolata Pentolajo Pentola.) a Marmitta Marmittlna Marmittona Marmittone Pignatta Pignattfna Pignatto Pignattfno Bigutta Lavàggio Tegame . Tegamino Tegamone Tegam àccio V. Caffet¬ tièra INDICE METODICO 581 Tegamata Tegamina Nel tegame Stufaj uola Stufare Stufato, part . pass . Stufato, sost. Stufato alla conta¬ dina Stufatino Bastarda Bastardella Mortaio Mortaretto Morta (no Mortai one Mortai ùccio Pestello Pestelletto Pestellfno Pestellone Pestellata Pestare Pestato Pesto Pestata Pestatala Acquajo Pila \ Gola° ( de»'acqnajo Condotto ] Retino Gratellina Nicchia Cannella Granatino Bacinella Catino Catinetto Catinlno Catinone Catinùccio Cagnàccio Catinaja Catinajo Lavare i piatti Rigovernare Rigovernato Rigovernata Rigovernatura Cóncio da rigovernare Strofinàccio Strotìnàcciolo Ranno Rannata Fare una rannata ÌColatojo Órcio del ranno Rannajuola Rannière Conchino Cenerata Fare una cenerata Renare Renato Renata Dar la rena Renatura Risciacquare Risciacquato Risciacquata Risciacquatina Risciacquatura Rastrelliera Piattaja Saper di lezzo - di rifritto - di rifriggolato Dispensa Dispensina Dispensiere Dispenserà Scaldavivande Portapranzi Panierone da pranzi Calapranzi Tirapranzi Cestino da portare in tàvola Tondino Moscaiuola Orciaja ssr* n« Coppo Granata Cassetta della spazza¬ tura (2). (4) Vedi l’Articolo 7°. (2) Vedi l’ÀrticoU J H - DELL’ABITARE -A. ABBRONZACCHIARE. Leggermente ab¬ bronzare. -«Le zampe di pollo bi¬ sogna abbronzacchiarle. »» — « L’ar¬ rosto era un po’abbronzacchiato. * — Più comune in Toscana, in questi sensi di cucina, Bruciacchiare; ma anche Abbronzacchiare è assai co¬ mune. ABBRONZACCHIATO. Part . pass . e agg . da Abbronzacchiare . — « Zampe di pollo abbronzacchiate.» — «Vivanda un po’ abbronzacchiata. * — V. Ab¬ bronzacchiare. ABBRONZARE. Attivo e Neutro. Quel primo e leggiero abbruciare che fa il fuoco la superfìcie di cibo, che si cuocia senza il necessario condimento; e dicesi specialmente di umido e di arrosto. — « La serva ha lasciato abbronzare lo stufato. — Me l’ha ab¬ bronzato. * — «Mettici un po’di brodo, se no quella carne abbronza. » Detto di volatili e delle zampe di pollo, cappone e simili, vale Toglierne per mezzo della vampa la peluria e la pelle più grossa e più ruvida. Più comunemente in Toscana Bruciac¬ chiare . — Abbronzare dice però un Bruciacchiare superficialissimo, qua¬ si Dare una leggerissima velatura di color bronzino. ABBRONZATA. L’atto dell’abbronzare. — * Dà un’abbronzata a cotesti uc¬ celli; non vedi quanta peluria han¬ no? * — Non comune. ABRONZATÌNA. Dim . di Abbron¬ zata (V.). — « Una piccola — una leggiera abbronzatina. » ABBRONZATO. Part. pass . e agg . da Abbronzare . — « Umido — arrosto abbronzato. * ABBRUCIACCHIARE e famiglia. Vedi Bruciacchiare e famiglia. ABBRUSTIARE. Parlando di pollo o d’altro volatile, dicesi del tenerlo un poco sulla fiamma per ardere quella peluria finissima, o piuma matta, che gli rimane anche dopo pelatolo. Vive in alcune parti di Toscana; ma il più comune in Firenze è Ab¬ bruciacchiare (V.). ABBRUSTIATO. Part. pass, e agg . da Abbrustiare. — « Zampe di cappone — di tacchino — abbrustiato. » Vedi Abbrustiare. ABBRUSTOLARE, ABBRUSTOLIRE. Più comune il secondo. Dicesi del porre le cose al fuoco sì che si ri¬ scaldino e abbronzino più o meno. S’usa più specialmente parlando del caffè, delle mandorle, del pane e degli uccelli pelati; ma in Firenze il più comune del caffè e delle mandorle è Tostare ; del pane, Arrostire , e degli uccelli pelati Abbruciacchiare . ABBRUSTOLIMÉNTO. L’ abbrustolire. Non comune parlandosi di cibi. ABBRUSTOLIRE. V. Abbrustolare. ABBRUSTOLITA. Sost . Leggiero ab- brustolimento. — « Dà umabbrusto- lita a quelle teste di polli. » — Vedi Abbrustolare. ABBRUSTOLITO. Part . pass . e agg. da Abbrustolire. — « Gli piace man¬ giare i chicchi del caffè appena ab- dell’abitare 5S3 brustolilo. * — Vedi Abbrustolare. A BOLLÓRE. Dicesi di liquido che bol¬ la. — « Quando il brodo è a bollore, metti giù la minestra. » ACCIAJUOLO. Pezzo d’ acciajo lungo circa due palmi, rotondo e appuntato, che serve nelle cucine, e più special¬ mente a’ macellai, pizzicagnoli, ecc., ad affilare le coltelle. Tale opera¬ zione dicesi appunto Dar l’acciajuolo. — « Prima d'affettare il prosciutto per la colazione, dà Tacciai uolo alla coltella, se no ti vengon le fette troppo grosse. » ACCIUGATA. Sorta di salsa fatta prin¬ cipalmente con acciughe sminuzzate fine fine e cotte con olio o burro. — « Fa un po’ d’acciugata per le bistec- » che. » — « Minestra di pasta asciutta condita con l’acciugata. » ACQUAJO. È nelle cucine quell’opera in muratura , somigliante al piano del camino, dove si rigovernano le stoviglie adoperate per il pasto e i vasi da cucina. Il piano è for¬ mato da una specie di trogoletto, fondo un quattro o cinque dita, o di pietra o di mattoni, col suo condotto per ricevere la rigovernatura e l’ac¬ qua con cui sono lavati i vasi della cucina e le stoviglie, e scaricarle nella fogna. AFFITTARE. Far fitte nei vasi di rame. — « Bada di non m’affittare la sec¬ chia nuova. » AFFITTATO. Part. pass, e agg. da Affittare. — « Mezzina affittata. » AGGRAZIARE. Lo stesso che Dar grazia (V.) — « Aggraziare lo stu¬ fato con un po’ di corteccia di li¬ mone. » — « Aggraziare un budino con Talchermes. » AGGRAZIATO. Part . pass, e agg . da Aggraziare . — « Budino aggraziato con Talchermes. * — « Troppo ag¬ graziato. » — « Aggraziato appena appena con un po di cannella. » AGRODÓLCE V. Dólce e fòrte. ALBERÈLLO DÉL SALE. Vaso, gene¬ ralmente di majolica, dove si tiene il sale per uso della cucina e dal quale se ne cava via via quel tanto che oc¬ corre per la saliera da mettersi in tavola. « Del sale ho vuoti gli alberelli. * Fagiuoli. ALLESSARE. Lo stesso che Lessare , ma men comune. Vedi Lessare e fa¬ miglia. ALLESSATO. Part. pass, da Allessare . Più comune Lessato (V.). ALLÈSSO. Come participio e aggettivo sincopato di Allessato è poco co¬ mune. Si usa più specialmente ne’ modi proverbiali Male allesso e peggio ar¬ rosto (di cosa che vada male in ogni modo) e Chi la vuole allesso e chi arrosto (di opinioni e voglie discordi) . * Uno allesso la vuole, un altro arrosto. • Papanti. Usato avverbialmente, cade talora opportuno. — « Carne allesso — pe¬ sce allesso. » ALLO SPIÈDE. Co' verbi Cuocere , Fare e simili, vale Arrostire. — « Questi fegatelli — questi polli vanno fatti allo spiede. » ALZARE IL BOLLÓRE. Lo stesso che Levare il bollore; ma pare che dica Bollore più forte. AMARO DI SALE. V. Amaro sale. AMARO SALE o AMARO DI SALE. Suol dirsi comunemente di cibo o di pietanza eccessivamente salata. — « M’hanno portato la minestra amara sale , e non T ho potuta mangiare. * — « Com’ è amaro saie questo pollo arrosto! * Più comunemente si dice Amaro sale : Amaro di sale ha esempi, ma s’ode di rado. » AMMANNIRE. Attivo. Fare quanto è necessario perchè le vivande possano esser portate in tavola cotte. — « In tre ore la cuoca di casa ci ammannì un desinaretto numero uno. » — « Am- mannire lo stufato. * — « Amraannisci da desinare — o il desinare — o la cena per le sette. » — Dicesi anche Preparare. » — * « Prepara da cena o la cena per le otto. » ÀNIMA. Vedi Navicèlla. ARRIVARE. Attivo. S’usa general¬ mente il participio passato e T infi¬ nito. Una vivanda è arrivata quando per il fuoco troppo vivo diviene in tutto o in parte come risecca e talora anche abbruciacchiata. — « Quest’ar¬ rosto T hai un po’ arrivato. » — « È troppo arrivato. * — « Guarda, di non lo arrivare, secondo il tuo solito. » ARROSOLIRE. Si dice comunemente per Rosolare, Fare che una vivanda, stando al fuoco, prenda un colore tendente al rosso. — « I beccaflchi bisogna farli prima arrosolir bene col 584 dell’abitare burro nel tegame, e poi buttarci so¬ pra uova frullate. * Arrosolire accenna più alla perfetta coloritura; Rosolare alla perfetta cottura. ABROSOLITO. Part. pass . e agg . da Arrosolire. — « Arrosoliti che siano que' pesci sulla gratella, strizzaci so¬ pra un mezzo limone. » — « Beccafl- chi ben arrosoliti nel tegame. » ’ ARROSTICÌNO. Quasi sottodiminutivo e vezzeggiativo di Arrostino. Arro¬ stino ben fatto secondo tutte le re¬ gole dell’arte, delicato o leggiero. — « Un arrosticino d’uccelletti dal becco gentile. » ARROSTIMÉNTO. L’atto e l’ effetto dell 'Arrostire. Non comune nell’uso familiare. ARROSTINO. Dim. di Arrosto e un po’ vezz., ma meno di Arrosticìno. — « Per cena ti darò un buon arrostino di tordi e di pettirossi. ♦> ARROSTIRE. È dare alla carne, pesce, o altro, una lenta cottura senza acqua, con nessuno o poco condimento liquido, che poi si aggiunge successivamente per impedire il troppo disseccamento del pezzo arrostito, e per dargli sa¬ pore. Si arrostisce infilando la vivanda nello spiede col fuoco dinanzi, o met¬ tendola sulla gratella con fuoco sotto. In certi paesi, massime in Lombar¬ dia , arrostiscono anche nel tegame o nella cazzeruola. Le vivande cosi ar¬ rostite e il modo del cuocerle si dice Arrosto morto. ARROSTIRE SÓTTO TÈSTO. V. Cuò- CERE , ARROSTIRE, ROSOLARE SÓTTO TÈSTO. ARROSTITO. Part. pass, e agg. da Ar¬ rostire. — « Appena arrostito il - portami il caffè e latte. » — « arrostiti sulla gratella. » — « Buone le nocciuole americane arrostite. » ARROSTITURA. L’arrostimento, L’at¬ to dell’arrostire. — Non comune. AR.RÒSTO. Part. pass, e agg. contratto da Arrostito. — « Polli arrosto. » — « A me i beccafìchi piacciono più nel tegame che arrosto. » ARRÒSTO. Sost. Vivanda di carne ar¬ rostita. — « Arrosto di uccelli — di filetto — di vitello — di polli. * — — « Un piatto d’arrosto coll’insalata.» — « Vini da beversi sull’arrosto. » ARRÒSTO MÒRTO. V. Arrostire. ASSE. Tavola piallata, più o meno lun¬ ga, che inchiodata per piano su bec¬ catelli murati nella parete di una stanza, come la cucina, serve a te¬ nervi sopra varii arnesi e utensili, e stoviglie. ATTACCARE. Neutro. Dicesi delle vi¬ vande in genere, e più specialmente della carne, quando, lasciate a fuoco troppo vivo e senza liquido sufficiente, aderiscono al fondo delle cazzeruole, dei tegami e simili, e prendono un cattivo sapore o vengono almeno trop¬ po risecche e come abbronzate. — « Guarda che lo stufato non attacchi. * — « Com’è cattivo quest’agnello! Al solito, l’hai lasciato attaccare. * B BACINÈLLA. Specie di catinella, ma di rame o d’ altro metallo , per uso specialmente delle cucine. — « Per la donna di cucina ci vorrà una ba¬ cinella di zinco, se no, quella sver¬ sata, tutte le volte che si lava le mani mi rompe una catinella. » BANDINÈLLA. Così chiamasi un asciu¬ gamano di maggior lunghezza che gli ordinarii, che si appende ad un cilindro fisso nel muro , ed intorno al quale scorre, essendo unito per mezzo di nastri alle due estremità. Si suole usare nelle cucine e nelle sagrestie. BASTARDA. Lo stesso, ma molto men comune, di Bastardèlla (V.). BASTARDÈLLA. Vaso non molto cupo, di rame, con fondo uguale alla bocca, stagnato dalla parte di dentro ; la bocca senza orlo , da chiudersi con coperchio, che s’agguanta pel manico laterale e lunghetto. Serve a cuocervi vivande in umido. Per Bastardella s’ intende più co¬ munemente in Firenze un vaso di terra cotta, ovale, corpacciuto, con due piccole anse o manichi in forma di maniglia alle estremità e con co¬ perchio. I due manichi laterali e la presa del coperchio hanno general¬ mente la forma di due corde avvolte insieme l’una sull’ altra. Serve allo stesso uso di quella di rame. BÀTTERE. V. Coltèllo da Bàttere. BATTERIA. Tutto l’assortimento dei vasi di rame o di coccio necessarii o utili in una cucina, che si dice anche tutto intero Batteria da e di cucina. Alcuni chiamano Batteria anche l’Assortimento di tutte le stoviglie dell’ a che bisognano alla tavola, piatti, sco¬ delle, zuppiere, salsiere, fruttiere e simili; si dice più spesso Servito da tavola ; ma Servito significa vera¬ mente Quell’ assortimento un po’ più elegante, con un determinato nu¬ mero di capi. — « Per metter su casa, bisogna che si rifaccia dalla batteria di cucina. » — « La batteria da cu¬ cina appartiene alla moglie. » BATTERÌA DA CUCINA (V.) Batteria. BATTERIA DI CUCINA (V.). Batteria. B ATTUTINO. Dim. e vezz. di Battuto. — « Carne rifatta con un battuti no di cipolla, prezzemolo e pomodoro. » BATTUTO. Sost. Ciò che si trita sul tagliere con una coltella o con la mezzaluna per condir le vivande. Il battuto è generalmente di cipolla o di prezzemolo, di prosciutto o di tutte queste cose e simili insieme. — « Ho visto il cuoco che faceva il battuto per le triglie alla livornese — perle pol¬ pette. * — « Il battuto di cipolla bi¬ sogna farlo soffriggere prima di met¬ ter giù le bracioline. * BIANCHERÌA DA CUCÌNA. Consiste questa in Grembiuli, Sciugamani, Ca¬ novacci e Cenci, oltre la Tovaglia e i Tovagliuoli adoprati nel tinello o nella cucina medesima dalle persone di servizio. V. Biancheria da ta¬ vola, nell’ Art. 12. BIGUTTA. Rozzo vaso di terra cotta, a uso marmitta, nella quale sogliono i poveri farla minestra. — In Firenze si usa generalmente quasi in modo proverbiale parlandosi di minestra mangiata in gran quantità. — « Lui se non ha una gran bigutta di mine¬ stra, gli pare di non aver desinato. » — « Dici d’esser malato, e ti mangi una bigutta di minestra così? * BÓLLE, SONAGLI. Specie di vesciche vaporose le quali, formatesi nell’ ac¬ qua che bolle , salgono in essa agi¬ tandola', e vengono a disfarsi e di¬ sperdersi alla superficie. Anche quelle vesciche d’aria che talora si formano nell’ acqua quando vi piove. In tutti questi casi So) tagli è detto per si¬ militudine a quei globetti ’ metallici cavi , che un’ interna pallottolina di ferro fa risonare e che propriamente si chiamano Sonagli. — « Il brodo comincia a far le bolle; a momenti metto giù la minestra. » Sonagli , checché si sogni il Ca¬ rena, non usa più. BOLLÈNTE. Part. pres. di Bollire; Che bolle, caldissimo. — « Cavolo utare 585 scottato nell’acqua bollente. » — « La minestra gli piace bollente. * — * li caffè va preso bollente. » BOLLENTISSIMO. Agg. superi . di Bol¬ lente . — « Gli portarono la minestra bollentissima come la voleva lui. » — « Caffè bollentissimo. » BOLLIMÉNTO. Il bollire; l’atto dell’e- bullizione. Non comune. — « Il bol¬ limento dell’acqua tiepida nel vuoto. * BOLLIRE. Nel senso neutro dicesi Quell’agitarsi dell’ acqua o altro li¬ quido pel salire che vi fanno le bolle vaporose prodotte dal fuoco applicato al vaso. — « Se 1’ acqua non bolle, aspetta a buttar giù le uova da fare in camicia. » Dicesi anche del recipiente in cui l’acqua bolle. — « Guarda se la pen¬ tola bolle. * — «In proverbio: A pentola che bolle la gatta non s’ ac¬ costa. » Anche i cibi bollono quando bolle il liquido nel quale si cuociono. — « I fagiuoli non bollono ancora. » — « Il lesso bolle che è mezz’ora. * S’usa anche attivamente. — « Quelle patate vanno prima bollite per isbuc- ciarle bene. » BOLLIRE A RICORSÓJO. V. Bollire a scròscio. BOLLIRE A SCRÒSCIO , BOLLIRE A RICORSÓJO. Bollire gagliardamente, con formazione di molte bolle o gal¬ lozzole alla superficie del liquido. La seconda locuzione è molto men comune della prima , anzi oramai quasi del tutto disusata. BOLLITICCIO. La posatura che rimane in fondo a-’ vasi ne’ quali si sia fatta bollire alcuna cosa. — « Si bevve tutto il bolliticcio della cicoria. » — « Mangiò il bolliticcio delle patate che s’èran disfatte nel pajuolo. » Non comune. BOLLITO, Part . pass, e agg . da Bol¬ lire. — « Per fare la senapa forte ci vuol l’acqua bollita e non metterci nè sale nè aceto. » — « Castagne secche bollite nel vin bianco. » BOLLITO. Sost. Per Lesso s’è da poco tempo introdotto in Firenze, ma non appartiene che al linguaggio delle trattorie e specialmente de’ cuochi e de’ camerieri che voglion parlare in punta di forchetta. A molti puzza di francese. Lo nota però il grande Vocabolario edito da’ Pomba con due esempi del Caporali, e il Tommaseo aggiunge: « Una porzione di bollito. » 586 DELL ABITARE L’Arlia e il Fanfani non lo registrano nel Lessico tra le voci false. A’ Fio¬ rentini sa, se non di forestiero, di affettato. BOLLITURA. L’atto dei bollire. « Rinaldo, come pentola che bolle E versa per la troppo bollitura, Le narra il fatto. * Fortiguerri . « Colla bollitura gli si leva quel puzzo di muffa. * Non tanto comune in questo primo senso. Più frequentemente si usa per Quei tempo che una cosa deve bollire per esser cotta. — « Le galline vecchie vogliono unquattro ore buone di bolli¬ tura. » S’ode talora anche nel senso di Bol¬ liticelo o di Acqua ove abbia bollito alcuna cosa. — « La bollitura della malva s’adopra come rinfrescante. * BOLLIZIÓNE. Non comune per II bol¬ lire, L’atto del bollire. Nel linguag¬ gio scientifico dicesi Ebullizione . BOLLÓRE. Il gonfiarsi e II gorgogliare che fa l’acqua o altro liquido bol¬ lendo. u Lungo la proda del bollor vermiglio. » Dante . BOLLORINO. Dim. e quasi vezz. di Bollore . Leggiero o breve bollore, — « Per cuocere quella pastina fina fina basta un bollorino. » — « Cerca di mantenere l’acqua a questo bollorino leggiero leggiero. * BRÀCCIO (della stadera). Quell’ asta lungo la quale sono segnate le tacche rappresentanti le varie unità di mi¬ sura. BRICCIIETTINO. Sottodim. di Bricco. — « Bricchettino da caffè. * BRICCHÉTTO Dim. di Bricco. — «Porta a stagnare il bricchetto del caffè. * BRICCIIINO. Dim. di Bricco. Non co¬ mune. BRICCO. Vaso di rame tirato a mar¬ tello, stagnato dentro e fuori, pan¬ ciuto e rigonfio in basso, con coper¬ chio mastiettato, con manico opposto al beccuccio , e serve per uso di te¬ nervi a scaldare il caffè. Il Bricco da cioccolata , è pure di rame, ma non stagnato all’ esterno, di bocca più larga, perchè vi entri il frullino, e col coperchio non mastiet¬ tato, e con un buco nel mezzo, nel quale passa il manico del frullino, essendo bene il frullare la ciocco¬ lata a bricco chiuso. « Questo nome di Bricco , in questo .significato di vaso , nacque dalla voce turchesca Sbrig , con la quale i Tur¬ chi appellano tutti i simili vasi che hanno il manico. * (Redi). Si adopera il Bricco nelle cucine anche ad altri usi che quel del caffè e della cioccolata. V. anche Caffet¬ tièra e Cioccolatièra. Dicesi pure Vasetto del caffè. BRICCO DA CIOCCOLATA. V. Bricco. BRÒCCA. Vaso di terra cotta o di me¬ tallo, con uno o con due manichi, panciuto e generalmente restringen- tesi molto verso la bocca. La Brocca serve per conservar l’acqua nelle cu¬ cine o per prenderia alle fonti. La Mezzina è sempre di rame cosi come la Secchia. (Vedi la definizione di quest* ultima nell’ articolo della Corte e la definizione della prima in questo medesimo articolo). Quando però la brocca sia di metallo può servire anche a attingere l’ aequa da’pozzi. BRUCÈNTE. Part. pres. di Bruciare; Che brucia, Che scotta. — « Le pol¬ pette son troppo brucenti. » — « La minestra mi piace brucente. * — « Beva una tazza di caffè brucente, e forse le passerà il mal di stomaco. * — Generalmente non ha senso di lode. BRUCIACCHIARE e ABBRUCIACCHIA¬ RE. Bruciare leggermente o superfi¬ cialmente. — « Bruciacchiare i polli pelati per toglierne la peluria. * Abbruciacchiare è inen comune nell’uso, ma vivo, e le differenze di significato fra’ due verbi sono appena sensibili. BRUCIACCHIATO e ABBRUCIACCHIA¬ TO. Part . pass, e agg. da Bruciac¬ chiare e da Abbruciacchiare. — « Pollo bruciacchiato alla meglio. » — « Arrosto tutto bruciacchiato. * — V. Bruciacchiare. BRUCIACCHIATURA , ABBRUCIAC- CH1ATURA. 11 bruciacchiare e L’ab¬ bruciacchiare, e II segno che ne re¬ sta neffa cosa bruciacchiata. BRUCIARE. Att. Parlandosi di vivande, vale Lasciare che il fuoco troppo vivo le arrivi in maniera che non siano più mangiabili, o prendano al¬ meno cattivo sapore. — * La serva m'ha bruciato l’arrosto. * In senso neutro, detto di cibi, vale Che sono caldissimi, Che scottano. — « Aspetta a mangiarla quella mine- stra ; brucia troppo. * — E neutro si usa pure parlando delle vivande che per il troppo fuoco si riseccano e si attaccano ai fondo del recipiente* carbonizzandosi o quasi alla superfìcie che le tocca. — « Sento un corto uzzo..,. Ho paura che lo stufato ruci. * — « Non mi lasciar bruciare l’arrosto come facesti l'altro giorno. » Del recipiente stesso si dice in que¬ sto senso che brucia. — « Brpcia la teglia — brucia la cazzeruola; met¬ tici un po’ di brodo. * BRUCIATICCIO. Parte di vivanda dis¬ seccata e quasi bruciata per troppa arrostitura. Poco comune in questo senso. Più frequentemente si prendo pel Sapore e per l’odore di cosa bruciata. — « Questo stufato sa di bruciatic¬ cio. * — « Che puzzo di bruciaticcio! Guarda un po’ se bruciano que’ polli nel tegame. » BRUCIATO. Part. pass . eagg. da Bru¬ ciare. — « Pane, arrosto, bruciato. » A modo di sostantivo : L’odore che manda una vivanda troppo arrivata dal fuoco. — « Sento puzzo di bru¬ ciato; guarda che non sia l’arrosto. » — « Queste bracioline sanno di bru¬ ciato. » BUCO DÉLL’ACQUAJO. Quel foro nella pila di esso per il quale l’acqua che vi si versa passa nel condotto e si scarica in una fogna o altrove. Proverbialmente: Mandar tutto per il buco deliacquajo vale Dissipare il patrimonio in gozzoviglie. c CAFFETTIÈRA. Vaso di latta o di al¬ tro metallo, e anche di terra, più alto che largo, cilindrico o leggermente conico, talora panciuto, a uso spe- eialmeute di bollirvi l'acqua per fare il caffè. Le sue parti di ovvia significazio¬ ne : sono: la Bocca ; il Coperchio con la sua Fascia ; il Corpo; il Fondo; il Beccuccio e il Manico . Nell’uso toscano sopperisce Bricco a Caffettiera* riservandosi a questa voce il significato che si nota nell’ar¬ ticolo seguente. Dicesi pure Vasetto del caffè. CALAPRANZI o TIRAPRANZI più co¬ mune. Ordigno che serve a far salire /abitare 587 % e scendere lungo una specie di canna di camino le vivande e i piatti dalla cucina alla sala da pranzo in uno dei piani superiori e da questi alla cu¬ cina. CALDA1NA. Caldaja più piccola ancora della Caldajetta . CALDAJA. Vaso di rame, grande, cupo, di fondo più stretto che la bocca, senza manico; al più due maniglie, o ferme, o pendenti, per sollevarla e collocarla sul fornello, o su altro si¬ mile muricciuolo fatto a posta. Nelle cucine la caldaja, serve solamente a scaldarvi acqua. CAI DAJÀCCIA. Pegg. di Caldaja; Cal¬ daja mal fatta o ridotta in cattivo stato. CALDAJATA. Quanto liquido e anehe Quanta roba in genere entra nella caldaja. — « Per il bagno ci voglio¬ no due caldajate d’acqua. * — « Pre¬ ara una caldajata di ranno per il ucato. * CALDAJÉTTA. Piccola caldaja, ma me¬ no della Caldaina . CALDAJO. Vivo ancora per Caldaja in varii dialetti, ma non in Toscana. CALDAJÒNA. Acer, di Caldaja ; Gran¬ de caldaja. CALDAJÒNE. Grande caldaja; più gran¬ de ancora della Caldajona. CALDAJÙCCIA. Dim. e un po’ dispr . di Caldaja ; Caldaja piccola, grama, non atta all’uopo. CALDAJUOLA. Dim. non comune di Caldaja ; Piccola caldaja. CALDER A JO. L’artefice che fa caldaje, calderotti e altri vasi di rame. Più comune Ramajo. CALDEROTTfNO. Dim. di Calderotto — « Metti al fuoco un calderottino per fare il decotto di malva. * CALDERÒTTO. Vaso minore della Cal¬ daja; con fondo più largo della bocca, la quale è senz’orlo, e da potersi chiu¬ dere con coperchio che calza. È più fondo che largo. CAMPANA (del macinino). Specie d’im¬ buto di ferro, internamente solcato da intaccature dall’alto in basso. Nel vano della campana, ma senza toc¬ carla, è verticalmente imperniata la pigna del macinino. CANAVACCI, V. Canovacci. CANNÈLLA. Tubo generalmente di ot¬ tone o di piombo, apposto presso il fondo di canali o di conserve d’aequa, 588 dell’a o d’altro liquido, e col quale, giran¬ do il mastio o chiavetta, si dà o si toglie il libero effluvio di tal liquido. È spesso nelle cucine sopra la pila dell’acquajo. CANOVACCI o CANAVACCI. Specie di rossi asciugamani di canapa, per uso i nettare e asciugare le stoviglie di cucina. Diconsi anche Torcioni. In Firenze si preferisce la forma Canovaccio . CASSERUOLA. V. Cazzeruola. CASSÉTTA DÉLLA SPAZZATURA. V. l’Articolo 2l*. CASSÉTTA (del macinino). V. Pigna. CASSÉTTA DÈI, SALE. È appunto una piccola cassetta di legno per uso di tenervi il sale nelle cucine con co¬ perchio da alzarsi e abbassarsi come quello delle casse. Si suol tenere ap¬ pesa al muro per mezzo di un chiodo che entra nel foro della sua parete po¬ steriore prolungata a modo di spal¬ liera. CATINÀCCIO. Pegg. di Catino . — « Un catinaccio tutto unto e sbocconcel¬ lato negli orli. » CATINAJO. Colui che va attorno ven¬ dendo catini: e anche Colui che gli accomoda, detto più comunemente Sprangajo. CATINATA. Tanta roba quanta può sta¬ re in un catino. — « Oli versò sulla testa unacatinata di ranno bollente. » CATINÉTTO. Dim. di Catino ; Catino piccolo, ma non tanto quanto il Ca¬ nnino. CATINÌNO. Dim. di Catino; Catino più piccolo del Catinetto. CATfNO. Vaso di terra cotta, con gros¬ se pareti, tondo, non troppo fondo, invetriato dalla parte di dentro, più largo alla bocca che in basso, con orlo rovesciato, e che serve per lavarvi le stoviglie e ad altri usi. Ce ne sono anche di legno e di rame, secondo l’uso a cui debbono servire. — Così il Fanfani ne’ suoi appunti manoscritti. CATINÒNE. Acer, di Catino ; Grande catino. CATINÙCCIO. Dim. e dispr. di Catino; Piccolo catino e buono a poco. CÀZZAROI.ÉTTA o CAZZEROLÉTTA. Piccola Cazzaruola ; più grande però della CAZZAROLfNA. CAZZAROL1NA o CAZZEROL1NA. Pie- cola cazzeruola; più piccola ancora della Cazzaroletta (V.)- CAZZARUOLA. Vaso da cucina, gene¬ ralmente di rame, stagnato dalla par¬ te di dentro, non molto cupo, largo in cima come in fondo, con manico laterale, che si cuopre con coperchio piano, anch’esso di rame e col mani¬ co. Si adopera a cuocervi vivande in umido, mettendolo sul fuoco alle bu¬ che. Fuori di Toscana dicesi Casse¬ ruola : la voce toscana per altro ser¬ ba traccia della sua origine, venendo dal latino barbaro Cazola. Così il Fanfani; e anche il Rigutini registra Cazzaruola , mailTommaseo nel Dizionario del Pomba nota che Casserola è forse la forma prima e poi in Cazzeruola (che cosi pure si sente pronunziare anche in Toscana) ò fatto osservare dal Meini e dal Fan¬ fani che tal voce viene da Cazza giun¬ tovi Ver, come in Museruola, Acque¬ rello o sim. Germanica Kastrol. Cazza poi, Vaso per lo più di ferro da fondervi metalli, avrebbe origine dall’antico tedesco Kezi , vaso da cu¬ cina. CAZZEROLÉTTA. V. Cazzaroletta. CAZZEROLfNA. V. CazzarolIna. CAZZERUOLA. V. Cazzaruola. CÈNCIO DA RIGOVERNARE. V. Stro- finAcciolo. CENERATA. Cenere mescolata e bol¬ lita con acqua per ripulire i vasi da cucina e simili. — « Fa’ un po’ di ce¬ nerata per pulire i pajuoli. » Quindi anche Fare una cenerata a’ detti vasi, Lavarli conia cenerata. — « Domani farai una cenerata ai tegami e alle marmitte, chè puzzano di rifriggolato. » CÉPPO o DÉSCO. Più comune il primo. Tronco d’albero sulla cui parte supe¬ riore pareggiata si suol tagliare la carne e spezzare le ossa nelle grandi cucine. Désco è più proprio dei ma¬ cellari. V. nel Vocabolario d'arti e mestieri , all’articolo MACELLAJO. CESTINO DA PORTARE IN TÀVOLA. « É come un piatto fatto di vimini sul quale si portano i tegami ei vas¬ soi- delle pietanze, per non conciare la tovaglia. Da taluni viene anche detto Tondino. » (Meini). CIABATTA. Stecca di legno o di ca¬ scina, piegata su sè stessa per modo che faccia come un’ansa, nella cui parte di sotto è imbullettata della te¬ la da stacci. Serve per colar liquidi dell’ a nei bicchieri e anche talora per co¬ lare il brodo; ed è così detta volgar¬ mente perchè ha la forma quasi di una ciabatta. CIOCCOLATIÈRA. Vaso in cui si bol¬ le in acqua la Cioccolata per farne bevanda. La Cioccolatiera è simile alla Caf¬ fettiera, se non che il coperchio, non mai mastiettato, suol avere un foro pel passaggio del manico del frullino, Questo foro può chiudersi col suo Tappino , che è una linguetta im¬ perniata sul coperchio, e girante pa¬ rallelamente ad esso. V. anche Bricco. CIÒTTOLI. Si dicono avvilitivamente I vasi di terra per uso della cucina, come pentoli, tegami, ecc. — « I ciot¬ toli di cucina mettili tutti in quella cassa. » — « Ci ho speso tanto in quei maledetti ciottoli! * GÓCCI. S'usa familiarmente a indicare i Vasi di terra cotta da cucina. — « La donna m'ha rotto tutti i cocci. * — « Non mi resta che portar via i cocci di cucina. » — « Non ha di suo, il marito, neanche i cocci di cucina, chè la moglie gli ha messo su la casa di sana pianta. * COCCIAJA. Femminile di Cocciajo (V.). COCCIAJO. Venditore di vasellami in terra cotta, come pentoli, marmitte, e simili. Di chi li fabbrica è più co¬ mune Pentolaio y ma s’ode talora an¬ che Cocciajo in questo senso, e l’usò già il Targioni n e' Viaggi. COCÈNTE. Part. pres. di Cuocere ; Eccessivamente caldo. — « Bevanda — minestra — troppo cocente. » COCITURA. Il cuocere che fa il fuoco vivande o altro. — « Erbaggi di facile cocitura. » — « Ci vorrà molto per la cocitura del cignale. » Nota giustamente il Tommaseo che Cocitura è proprio l’operazione per aver la Cottura . Poi dicesi anche per l’atto del cuocere e del cuocersi. COLABRÒDO. Vaso di rame stagnato o di latta, col fondo bucherellato, o fatto a reticella di filo di ottone, e anche di tela metallica, o vegetale, che serve a colare il brodo e sughi per separarne ossicini, e altre simili cose da gettarsi via, e ve ne sono anche di legno col velo, di forma si¬ mili alla Ciabatta (V.), che si dicono più frequentemente Colini . COLATÓJO. Arnese da preparare il ran¬ no per rigovernare i piatti, quando esso si fa nel primo dei due modi SITARE 589 accennati alla voce Ranno. Il Cola- tojo è composto di due vasi di terra soprapposti l’uno all'altro ; nel supe¬ riore, che ha uno o più forellini nei fondo, è la cenere sulla quale si fa passare l' acqua bollente, e questa esce poi dai fori e cade nel vaso in¬ feriore. Il vaso sottoposto, essendo propria¬ mente un orcio, il Coiatojo dicesi an¬ che Orcio del ranno . Il vaso superio¬ re è per solito uno degli ordinarli vasi da fiori che dicesi appunto Vaso; se ha la forma di piccola conca, Conchino . COLINO. Lo stesso che Colabrodo (V.). COLTÈLLA o COLTÈLLO DA CUCINA. È quel coltello più grande degli or- dinarii, che serve per ispezzare o ta¬ gliare cose mangerecce in cucina. V. anche Coltèllo da battere. COLTÈLLO DA BATTERE. Detto an¬ che semplicemente COLTÈLLA. È un grosso e largo coltello, a uso di ta¬ gliar roba, a colpi, sul tagliere. « Non parrà strano il vocabolo Bat¬ tere detto di coltello, se si ponga mente al doppio diverso modo di ado¬ perare questo arnese tagliente; cioè ora premendolo e menandolo orizzon¬ talmente sulla cosa da recidersi, qua¬ si segandola, ciò che chiamasi pro¬ priamente Tagliare : ora, picchiando la cosa stessa con colpi verticali e spessi, ciò che è evidentemente un Battere . La medesimezza dell’effetto e il niun bisogno di inventare un nuovo nome, fecero chiamar battute tutte le anzidette robe, anche dopo che co¬ minciarono a tritarsi pure colla mezzaluna , che propriamente non batte, e che debbe essere stata introdotta più tardi nelle cucine: e veramente non se ne vede fatta menzione in niun luogo del Trat¬ tato della Cucina di Bartolomeo Scappi, cuoco segreto di Papa Pio V ; Venezia 1570; nel qual libro si parla frequentemente di cose battute , ma sempre colla coltella suddetta, di cui il cuoco autore dà anche la figura. » Nota dell'editore milanese . COLTÈLLO DA CUCINA. Y. Coltèlla. 0 COLTÈLLO DA CUCILA. CONCHINO. Cosi dicesi quella piccola conca forata da basso, che suol te¬ nersi nelle cucine, e nella quale, messavi della cenere, si versa via via acqua per fare il ranno* che gocciola nell'orcio o coiatojo. CONDIMÉNTO. Dicesi di quelle cose che 590 dell’abitare si adoperano a perfezionare il sapore 1 delle vivande, come olio, sale, aceto, burro, spezie, eco. — « Troppo con- | dimanto in quelle pietanze. » — « Cuo¬ co che abusa de’ condimenti. ♦ — « Meno condimenti hanno, e più i cibi son saui. » CONDIRE. Att. Dare maggiore e più frato sapore alle vivande per mezzo ei Condimenti (V.), ma più parti¬ colarmente con olio, aceto , pepe e sale. — « Condire l’insalata. » — « Condisci quelle acciughe con olio, pepe e sale. * V. Condizionare. CONDITO. Part . pass, e agg. da Con¬ dire. — « Cavolo nero, condito con olio, pepe e sale. » — < Patate mal condite. * CONDITO. Sost. Lo stesso che Condi¬ mento. — « Ci vuole per quell’erba un condito d’olio, pepe e sale. » — « C’è troppo condito. — « L’insalata era di qualità buona, ma il condito era poco e cattivo. * CONDIZIONARE. « Ammannire, Ac- 1 conciare una vivanda, mettendoci tut¬ ti gli ingredienti e i condimenti ri¬ chiesti ; nè oggi è da confondersi con Condire , che dicesi solo del versare olio, aceto e simili su una vivanda. » [Rigutini). CONDIZIONATO. Part. pass . e agg. da Condizionare. — « Pietanze mal con¬ dizionate. * CONDÓTTO (dell’acquaio). Quel canale che, partendo dal buco dell’acquajo, scarica le rigovernature in una fogna. — « Bisognerà rifare il condotto del- 1’ acquajo. * — * Il condotto del¬ l’acquaio è di piombo. » COPÈRCHIO. Parlandosi di vasi di cu¬ cina, è una lamina circolare di rame o di ferro, o di terra, largo poco più che la bocca del vaso, e che serve a coprirla semplicemente o anche a chiu¬ derla. I coperchi di rame hanno un manico laterale lungo, di ferro, mu¬ nito di occhio per essere appesi a chiodi o ad arpioni : i coperchi di terra cotta hanno una piccola presa, generalmente in forma di grosso bot¬ tone o di palla che sorge sul mezzo della loro parte superiore alquanto ri¬ levata, e serve, oltre che a metterli sul recipiente e toglierli di sopra esso, anche a tenerli raccomandati a una corda fermata al muro con due chiodi. Il Coperchio dicesi pure Testo e Copricella quando sia di terra cotta : se di rame, sempre Coperchio . COPÈRCHIO DA SERRARE. È quello il cui margine è intorno intorno ri¬ piegato a squadra, e calza bene alla bocca agguantandola per di fuori, ov¬ vero imbocca in essa giusto giusto, se il coperchio è di rame ; o lento e agevole, se è di terra con battente. (Careno). COPÈRCHIO PIANO. Quello che si posa semplicemente sopra la bocca dei vasi, per coprirla in tutto o in parte. Questo coperchio ha o il manico di¬ ritto, ovvero una maglia ferma sulla parte superiore. COPÈRTO. Part . pass, e agg. da Co¬ prire. — « Lasciala coperta la mar¬ mitta — il tegame — la stufajuola. * COPPAJA, ORCIAJA. Stanzino a uso di tenervi i coppi dell’olio. Vedi anche l’articolo Della canti¬ na , ecc. CÒPPO, ORCIO. Vaso di terra vetriato, grossissimo, di forma ovale, di ventre rigonfio, a uso specialmente di tener¬ vi l’olio per la cucina e per i lumi. Vedi queste voci anche nell’ arti¬ colo Della Cantina , ecc . COPRICELLA. Il testo col quale si cuo- prono i pentoli e i tegami. V. anche Copèrchio. COPRIRE. Detto di vasi da cucina, vale Chiuderne la bocca col coperchio, ac¬ ciocché le vivande cuociano più presto, non ne svapori il liquido e rimangano più saporite. — Dicesi anche delle vi¬ vande stesse. — « La minestra di ri¬ so non bisogna coprirla. » — « Copri la pentola, chè non ci vada la fulig¬ gine con questo ventaccio che tira. * CÒTTA. Da Cuocere ; Cottura, Cocitu¬ ra. S’usa più specialmente però par¬ lando dello zucchero. — « Zucchero di due, di tre, di sei cotte. * COTTISSIMO. Superlativo di Cotto. — « Era cottissimo, e il padrone diceva che il lesso era mezzo crudo. * — « Era cotto cottissimo, * CÒTTO. Part. pass, e agg. da Cuocere . — « Vendita di polli còtti. * — « Uova cotte. » CÒTTO. A modo di sostantivo. « Un cotto di fagiuoli o di altre civaje, si dice per indicare Tante di esse, quante se ne richiedono per farne un pasto a una famiglia. » — ■ « 11 tale mi ha domandato se gli facevo un po’di ca¬ rità : poveretto ! gli ho dato un cotto di fagiuoli. * ( Rigutini ). Il Meini nel Dizionario del Pomba definisce il Cotto Quella tale quantità di roba che si cuoce in una volta, & DELL ABITARE 591 cita l’esempio del Fagiuoli : « Cotti di ci va j e. * COTTÓJA. S’usa popolarmente per Co¬ citura, ma solo nella frase Essere di buona o di cattiva cottoja , parlando di quelle civaie o altro, ma più spe¬ cialmente di civajeche cuociono pre¬ sto o il contrario. Traslatamente dicesi in ischerzo che È di buona cottoja chi è facile a innamorarsi. COTTÓJO. Agg. Detto di civaje; Fa¬ cile a cuocersi» Di facilé cocitura. — « Comprami una mezzetta di fagiuoli cottoj. » — «È diffìcile trovare i ceci cotto j. * Acqua cottoja dicesi, ma men co¬ munemente, quella nella quale fa¬ cilmente cuociono i legumi. — « L’a¬ cqua della fonte sulla piazza di Santa Croce a Firenze dicono che è cot¬ toja. » Cottojo traslatamente per ischerzo Chi s’innamora facilmente. COTTURA. Sosf.da Cuocere ; Il cuocere. Essere di prima cottura si dice dei legumi che cuocion presto ; ma in senso traslato si dice di chi alle prime occhiate si innamora, onde poi il det¬ tato Innamorato cotto. Dicesi anche in ambedue i significati, Cuocere al primo bollore. « Cottura , propriamente è il grado, la qualità della cocitura. * — « Dopo un certo tempo di cocitura la vivanda è alla cottura giusta. » — Cocitura non cottura del pane. * {Tommaseo). COZIÓNE. Per Cottura, Cocitura è solo del linguaggio scientifico. CROSTARE. Fare indurire ai fuoco la superficie di alcune viande. sì che prendano il color di nocciuola e fac¬ ciano crosta. S’osa attivo e neutro. — « Il bu¬ dino non ha voluto crostare. * — « Perchè non 1’ hai crostato questo dolce ? » CROSTATO. Part. pass, e agg. da Cro¬ stare. — « Pasticcio ben crostato. » — « Budino appena crostato. * CÙCCUMA. Vive in qualche luogo della Toscana e fuori, come in Lombardia ; ma non a Firenze, ove Bricco ne tie¬ ne le veci. — Alla definizione « Vaso notissimo di rame o d’altro metallo, o di terra, nel qualo si fa bollire l’acqua, » il Tommaseo soggiunge : « Cuccuma del caffè. — Bricco è più generale ; e la Cuccuma ha altra for¬ ma, rientrante al disopra del mezzo, e si riallarga verso gli orli e la bocca. 11 Bricco può essere cilindrico, con manico di legno e più lungo: dove il manico della Cuccuma è un semi¬ cerchio che prende di sotto agli orli fin presso al ventre di quella. Forse affine a Coquo. » Vivono però in Firenze i modi pro¬ verbiali Avere uno sulla cuccuma , Prendere sulla cuccuma e simili, per Avere, Prendere in uggia, in odio. CUCÌNA. Stanza nella quale si prepa¬ rano e si cuociono le vivando. — « Mia moglie è sempre in cucina. » — « La cucina è al pian terreno. » Tutte le cose che si cuociono, com¬ presi i condimenti, il combustibile, ec. — « Spendo troppo per la cuci¬ na. » — « Ci vuole un occhio per la cucina. » — « A grassa cucina po¬ vertà è vicina. * Anche La maniera. Il modo del cu¬ cinare le varie vivande. — « La mi¬ gliore di tutte dicono che è la cucina francese; ma io preferisco la cucina milanese. » — « Cucina troppo gras¬ sa. * — « La cucina delle trattorie è veleno agli stomachi deboli. * — « Cucina leggiera. » Prendesi talvolta per La molta quan¬ tità e squisitezza delle vivande in una casa. — « Quella di Lucullo era la più sontuosa cucina di Roma. » CUCINÀBILE. Agg. Da potersi cucina¬ re. — « È troppo frolla questa carne : non è più » ucinabile. * — « Non è cucinabile in nessuna maniera. » CUCINÀCCIA. Pegg. di Cucina ; Cu* cina brutta, sudicia, incomoda e si' mili. — « In quella cucinaccia si muo¬ re dal freddo d’ inverno e dal caldo d’estate. * Anche del modo di cucinare. — « Come si fa a chiamare una cuci¬ naccia, la cucina bolognese, che è una delle meglio fra le italiane ? » CUCINARE. Att. Cuocere le vivande e apprestarle in quel modo che riesce piu piacevole al gusto. — « Le sai cucinare le quaglie? » — « Cucinar bene i gatti non è da tutti gli osti. » Anche intransitivo ; Far da cucina. — « La Nina è bravissima per cuci¬ nare. * — « Non tutti sanno cuci¬ nare. * CUCINÀRIO. A gg. Da cucina, Apparte¬ nente alla cucina o all’arte del cuci¬ nare. Non comune, ma può forse in qualche caso venire opportuno. CUCINATO. Part. pass . e agg. da Cu cinare. — « Pollo mal cucinato. » — « Vivanda cucinata due volte. » DELL ABITARE 592 CUCINATÓRA. V. Cucinatrice, CUCINATÓRE. Nome verbale fatto di¬ rettamente da Cucinare, di cui espri me l’atto e l’opera più che l’arte o l’uffizio, e per ciò non sempre, e for¬ se mai, sinonimo di Cuoco. Non comune. — « Chi è stato il cu¬ cinatore di questa roba? » — Può forse prestarsi a usi traslati, cosi co¬ me Cucinatrice. CUCINATRICE. Verbale femminile di Cucinare ; Chi o Che cucina. — « È una gran brava cucinatrice. »— « Una cuoca di professione può non essere un’abile cucinatrice. » Più comune Cucinatora ; ma può Cucinatrice prestarsi a usi traslati che Cucinatora forse non comporte¬ rebbe. CUCINATURA. L’atto e l’effetto del cu¬ cinare. — « Ci vuole per questa vi¬ vanda una lunga cucinatura. * — « Guardò da sè alla cucinatura di tutto il desinare. » CUCINÉTTA. Bini, di Cucina. — « Una cucinetta che dà sul cortile, piccola, ma ariosa e pulita. » CUCINIÈRA. Colei che fa da cucina. — « Ecco la cuciniera: è mia figlia. » Vedi per le differenze tra questa voce e le affini in Cucinière. CUCINIÈRE. « Sost. da Cucina ; Che cuoce le vivande, Che fa cucina. — Anco il Cucinatore per una volta tan¬ to dicesi Braco il cuoco ! ma celian¬ do per dargli un titolo. Del cuoco e il mestiere e l’arte. Delle comunità e degli spedali forse direbbesi meglio Cuciniere. La serva, la padrona di casa può essere buona cuciniera o no. Può il cuoco essere un cattivo cuci¬ niere; sotto il cuoco esserci più cuci¬ nieri, quanti appartengono alla cucina e non sono in tutto guatteri. » — Cosi il Tommaseo ; e il Rigiitini : « Cuci¬ niere si dice di chi non ha tanta abilità da potersi chiamar Cuoco. * CUCININA. Dim. di Cucina. — « Una cucinina che pare un buco, ma netta come uno specchio. * CUCININO. Cucinina piccolissima. — « Un cucinino dove non c'entra nean¬ che la madia. » CUCINÙCCIA. Dim. e un po’ dispr. di Cucina. — « Cucinuccia da povera gente; piccola, umida e buja. » CUCINUZZA. Dim. non comune di Cu¬ cina. Più comune Cucinuccia; ma uzza pare non abbia il senso dispre- iativo che può avere uccia. Ved1 ucinóccia. CULINARE. V. Culinaria. CULINÀRIA. Voce non registrata da verun Dizionario, ma comunissima nell’uso per Arte della cucina. — « La culinaria è la sua scienza pre¬ diletta. » — « È intendentissimo di culinaria. » CULINÀRIO e CULINARE. Agg. da Cu¬ linaria (V.) ; Che appartiene alla cu¬ cina o all’arte della cucina. — « Vasi culinarii. » — Forse non notato finora dai Dizionarii per il suo odor di fran¬ cese. V. anche Culinaria. CUÒCA. Femminile di Cuoco. — « Cerco una cuoca che abbia delle pretensioni modeste. * CUÒCERE. Nel senso att . è Preparare coi fuoco gli alimenti, per renderli atti o migliori ad esser mangiati. Cuocer un pollo ; Cuocer pere , Cuo¬ cere il pane. — « Anche a cuocere un uovo ci vuol fortuna, dice il pro¬ verbio. » Nel senso neutro , dicesi dell’essere una cosa sottoposta all’azione del fuo¬ co, per renderla acconcia a esser mangiata. — « La minestra cuoce ; Lasciar una cosa cuocersi nel suo brodo. » CUÒCHRE A BAGNOMARÌA. Far cuo- cere le vivande introducendo il vaso in cui sono contenute in altro Meno d’acqua bollente o mantenuta * ’ bol¬ lore sul fuoco. — « Certi budini si fanno cuocere a bagnomaria. » CUÒCERE AL PRIMO BOLLÓRE. Di¬ cesi delle vivande che cuociono pre¬ sto; e in senso traslato di chi s: in¬ namora alle prime occhiate. CUÒCERE, ARROSTIRE, ROSOLARE SÓTTO TÈSTO, che si dice anch9 con verbo unico SOTTESTARE. C loce- cere con bragia posta sopra : co¬ perchio oltre quella che è sot o il vaso, e cosi cuocere con fuoco sotto e sopra, come per supplire al calore del forno che si fa sentire in ogni verso. CUÒCO. Colui che per suo me tiere cucina le vivande. — « Il cuoco della trattoria romana. » — « S’è messo a far il cuoco. » — « Gran bravo cuoco che è quello di casa N. ! * — « Andò per cuoco in casa d’un Principe ro¬ mano, e ci si arricchì. » dell’abitare D DARE IL COLÓRE. Detto di certo vi¬ vande, lo stesso che Far 'prendere il colore. V. Prèndere il colóre. DARE UNA RIVOLTATA. Vedi Ri¬ voltata. DARE UN BOLLÓRE A UNA CÒSA. Farla bollire un poco. — « Bisogna dare un bollore a queir erba e poi buttarla subito nell’acqua fresca. » — « Basta dargli un bollore, e è beli’ e cotto. * DAR DI FUORI. Detto de’ vasi, signi¬ fica nell’ uso comune Traboccare. — « Quella pentola bolle troppo forte: ba¬ da che non dia di fuori. » — Dicesi anche del contenuto. — * La minestra ha dato di fuori, e ne è andata molta sul fuoco. » DAR GRAZIA. Si dice di un liquore o di una bevanda o di una pietanza o simili a cui sia dato l’odoro di chec¬ chessia. — « A quella torta aveva dato la grazia di mandorla amara, ed era eccellente. * — E anche: « La man¬ dorla amara dà grazia alle paste. » DAR L’ACCIAJUOLO. V. Acciajuolo. DAR LA RÉNA. Lo stesso che Renare. — « Dà la rena a que’ coltelli » — « Se non dai la rena a quella teglia, non viene pulita. * DÉSCO. V. Céppo. DIMENARE. È queU’agitarc col mestolo o simili le vivande che si stanno cuo¬ cendo. — « Dimena la pasta perchè non si attacchi. * — « Dimena quel riso perchè venga cotto tutto egual¬ mente. * DISPÈNSA. Stanza per lo più presso la cucina, e dove si custodiscono, crude o cotte, robe da mangiare. — « Quel che è avanzato dal desinare, mettilo in dispensa. * La Dispensa può essere talvolta anche un semplice armadio a muro. DISPENSERÀ e DISPENSIÈRE. Colei o Colui che nelle grandi case è pre¬ posto alla cura della dispensa. DISPENSIÈRE. V. Dispenserà. DISPENSILA. Dim. di Dispensa , spe¬ cialmente se di quelle a muro. — Fanfani. D. M. 5P3 « Nella cucina stessa c’è una dispen¬ si na molto comoda. * DÓLCE E FÒRTE, che specialmente fuor di Toscana, si dice anche AGRO¬ DÓLCE. Salsa o condimento entro il quale si cuociono le vivande, compo¬ sto generalmente di zucchero , cioc¬ colata, uve passe, pinocchi e aceto. Dicesi anche della vivanda stessa. — « Il cinghiale è buono col dolce e forte — o — dolce e forte — o — in dolce e forte. » — « Il dolce o forte non m’è piaciuto. * — « Il dolce e forte mi fa male. » DÒNNA DI CUCINA. Vedi Uomo di CUCINA. DROGARE. Acconciare i cibi con dro¬ ghe. — « Il tuo cuoco droga troppo. * — « Ha il vizio di drogare un no* troppo. * DROGATO. Part. pass, e agg. da Dro¬ gare. — « Stufato troppo drogato. * DRÒGHE. Vedi l’Artic. 3» del Capo V. E EBULI.IZIÓNE. V. Boli.iziónf. ÈSSERE AL SUO PUNTO. Dicesi di vivanda che è giunta al perfetto grado di cottura. — « Leva dal fuoco quello stufato, che è già al suo punto. * — « L’ arrosto non è ancora al suo punto. * ÈSSERE DI BUONA o DI CATTIVA COTTÓJA. V. Cottója. ÈSSERE DI PRIMA COTTURA. Vedi Cottura. e FAGIANARE. Att. Cucinare una vi¬ vanda alla maniera che più comune¬ mente si cucinano i fagiani. Non lo credo comune. FAGI ANATO. Part . pass, e agg. da Fagianare (V.). — « Li stornelli fa- gianati. » ( Buonarroti .) FAR DA CUCINA. Vedi Far la cu¬ cina. 39 594 dell’abitare FARE IL BATTUTO. V. Battuto. FARE IL SOFFRITTO o UN SOF¬ FRITTO. Y. Soffritto. FARE IL SUGO. Y. Sugo. FARE IL VERDERAME. V. Verde¬ rame. FARE IN PADÈLLA. Friggere nella pa¬ della. — « Il pollo lo farai in padella per cena. » FARE IN SALMI. Vedi Salmi. FARE IN ÙMIDO. Cuocere vivande in umido. V. Ùmido. — « Que’ polli potresti farli in umido; e i tordi ar¬ rosto. * FARE SULLA GRATÈLLA. Cuocere le vivande sulla Gratèlla (Vedi). — « Que’ pesci gli devi fare sulla gra¬ tella. » — « Mi piacciono molto le tinche sulla gratella. » — « La bi¬ stecca la vuoi in padella o sulla gra¬ tella? * FARE UNA RANNATA. Vedi Rannata. FAR LA CUCINA. Cucinare. — « La cucina la fa la moglie. » — Far da cucina suona lo stesso ; ma pare che farla dica il farla sempre per solito, mentre far da pare più appropriato a que’ casi in cui uno faccia la cucina cosi per ripiego in assenza della per¬ sona addetta alla cucina. — « M’è scappata la donna, e oggi mi tocca far da cucina da me. * — « I soldati fanno da cucina un po’ per uno. » FAR PRÈNDERE IL COLÓRE. Vedi Prèndere il colóre. FARINAJUOLÀ. Piatto di legno, largo e piano, a sponde pochissimo rilevate, quasi a modo di un vassojo; serve a infarinarvi pesce o altro che s’abbia a friggere; e anche per grattarvi ca¬ cio, pane, o altro colla grattugia. In qualche luogo dicesi Tafferia: non so se anche in Toscana: in Fi¬ renze, no certo. FATTORINO. Arnese di ferro, ritto su tre piedi , con fusto verticale che ha parecchi rampini a scaletta , cioè a varie altezze, ovvero alcuni fori per sostegno della punta dello spiede. Dicesi anche Servitore . FERMARE. Suol dirsi per Dare una prima e lieve cottura ad alcune vi¬ vande che accennano di guastarsi, acciocché lo non si guastino davvero. — « Quella carne mi parche cominci un poco a puzzare: va fermata.» FITTA. Ammaccatura in un vaso me¬ tallico, specialmente in secchie, mez¬ zine e simili, cagionata da caduta o da urto che vi facciano avvallamento senza schianto o rottura. Le Fitte si raddirizzano e si pareggiano col mar¬ tello sui tasso o sul palo (V. Voc. d’Art. e Mest., Art. CALDERAJO). — « Questa secchia è tutta litte. » — « Guarda di non farci dell’ altre fitte. » FÓRMA. Vaso cupo di rame stagnato, talora liscio, più frequentemente in¬ cavato a spicchi, a spire o in altro modo , per dare la corrispondente figura a torte, polenda, pasticci, ge¬ latine, budini e simili. — Dicesi anche Forma da badino o da budini . FÓRMA DA BUDINO o DA BUDfNI. Vedi Fórma. FORMETTINE. Piccoli recipienti a dop¬ pio guscio, generalmente di stagno, nel cui vano si imprime la forma o di un grappolo , o di un frutto, o di un pesce, o d’altro; questi si riem¬ piono di sorbetto, poi ben chiusi si rimettono in ghiaccio, e quando si levano per prendere il sorbetto, si vede questo aver presa la forma di cui vi era l’incavo. Servono anche per paste dolci. FORNELLINO. Specie di vaso cilindrico di lamiera di ferro , retto su tre piedi, presso il cui fondo è una gratella orizzontale, che regge i carboni ac¬ cesi, per tostare il caffè nel tambur¬ lano. Nella fascia del fornellino, tra il fondo e la gratella, è uno sportello con usciolino per dar aria ai carboni. FORNÈLLO. Presso i cuochi è Una specie di teglia, per lo più di ferro, con coperchio a guisa di campana, per uso di cuocervi dentro frutte, pasticcerie e simili. Vedi anche For¬ nèllo da campagna nell’Articolo pre¬ cedente. FRICASSÈA. Sorta di vivanda fatta di carne sminuzzata e cotta in istufato con una salsa di uova. — * Pollo — agnello in fricassea. » — « Fricassea di pollo — d’agnello. » FRIGGERE. È Dare alla carne , pesce o altro, una rapida cottura in pa¬ della , con burro , olio o strutto. La roba che si frigge suol essere di un sol pezzo, se di piccola mole, ma per lo più è in più pezzi distinti. S’usa attivo e neutro. — « Friggimi un pollo per desinare. » — « Il pollo frigge. » — « Guarda se il cuoco frigge. » FRIGGIO. Rumore che fanno i liquidi al fuoco nel friggere. — « Sento un dell’abitare CC5 gran friggio : va a vedere che cosa sta preparando la donna. » FRIGGITÓRE. Verbale di Friggere ; Colui che per suo mestiere frigge e vende roba fritta. — « Va da un frig¬ gitore in mercato vecchio e comprami una libbra di pesce fritto. » — « A Roma ci sono molti friggitori. * FRITTO. Part. pass, e agg. da Frig¬ gere. — « Pesce fritto. * — « Testic- ciuola fritta. * FRITTO. Sost. Vivanda cotta in padella facendola bollire nell’olio, nel burro o nello strutto. — « Dopo il lesso porterai in tavola il fritto » — « Fa¬ remo un fritto di cervello — di pollo — di cavolo fiore. * FRITTO MISTO. Quella vivanda com¬ posta di varie cose fritte in padella, come cervello, fegato e animelle in¬ sieme; o cavol fiore, fiori di zucca, fegato o altro. — « Una porzione di fritto misto. * — * Cameriere, un fritto misto. » FRITTUME. Minute cose fritte, o so¬ lite friggersi. Non comune: ma ha molti esempi d’ antichi, e può cadere opportuno. FRITTURA. L’alto o La maniera del friggere; ma più specialmente La vivanda fritta. — « Ci sarà una frit¬ tura di pollo — di cervello — d’ani¬ melle. » Per le varie fritture di carne e di pesce Vedi l’Articolo 2Q del Capo 5°. F R1TTURINÀ. Dim. e vezz. di Frit¬ tura. — « Fritturina fatta con tutte le regole. » — « Una fritturina squi¬ sita — fatta con burro freschissimo per un convalescente. » FRITTURÀCCIA. Pegg. di Frittura ; Frittura mal fatta o di cose poco buono perchè dure, non fresche, grossolane, ecc. FRULLARE. Per mezzo del frullino, il cui manico si fa girare rapidamente fra le palme delle mani , agitare le uova, la cioccolata e simili, per iscio- glierlo e fare che l’aria vi si framme¬ scoli. — « Frullami un pajo d’uova. » FRULLATA. Atto del frullare. — «Dà una frullata a quelle uova. » FRULLATILA. Dim. e quasi vezz. di Frullata. — * Dà ancora una frulla- tina alla cioccolata perchè spumeggi bene. » FRULLATO. Part. pass, e agg. da Frul¬ lare. — ■ « Uova frullate. » — « Cioc¬ colata poco frullata. » FRULLINO DA CIOCCOLATA. Astie- ciuola tonda di legno, cui in basso è inserito un ingrossamento mazzoc- chiuto, variamento intagliato e tra¬ forato. Si usa per agitarlo rapida¬ mente nella cioccolata (il che si dice frullarla ), acciocché in quel moto parecchia aria si frammescoli in essa cioccolata, e la renda schiumosa. FRULLINO DA UOVA. È simile al pre¬ cedente, se non quanto è più piccolo e l’ingrossamento ha la forma di mez¬ z’uovo , profondamente solcato e di¬ viso a spicchj; e serve a frullare il torlo d’uovo con zucchero, a uso spe¬ cialmente di preparare il caffè con l’uovo. FRUSTA. Denominazione generica di ogni arnese fatto acconcio a sbattere la panna per farla montare, ovvero a diguazzare le chiaro di uovo per farle spumeggiare. Serve a quest’ uso una canna rifessa in cima , introdottavi una noce o altro per tenerne le parti allargate in giro, ovvero un mazzetto di poche vergelle, legate insieme al- l'un dei capi, o anche un granatino di scopa. Generalmente serve a tale uso uno strumentino fatto di più fili d’ottone ripiegati in maglia o staffa, fermatino i capi a un corto manico di legno: le staffe sono riunite insieme in forma fusiforme, cioè rigonfia nel mezzo, come le gretole della rocca da filare. Taluni lo dicono Palloncino , ma più comunemente Frusta o Monto- chiara , in ispecie se s’adopra per le chiare d’uova. Gr GHIOTTA. Vaso piano, lungo e stretto, di rame stagnato, asponde bassissime, con manico che dal mezzo della sua lunghezza viene in avanti, e con un incavo rotondo nel mezzo del suo pia¬ no. Si pone sotto all’arrosto girante nello spiede, per ricevere l’unto che da esso cade e servirsene poi a cuo¬ cervi entro qualcosa o a ricondire l’arrosto stesso o altri cibi. Dicesi anche Leccarda; ma in Fi¬ renze è più comune Ghiotta. GIRARRÒSTO. Macchinetta a ruote, la quale fa girare su di sè lo spiede, e con esso la carne c’ e vi è infilzata, per cuocerla arrosto. Le sue ruote gi- 596 LELL ABITARE rano per effetto di un peso òhe pende dall’alto, e va discendendo lentamen¬ te sino a terra, mentre una corda per¬ petua o catenella, avvolta in alto a una girella del girarrosto, viene in basso ad avvolgersi alla girella dello spiede, e lo fa girare sopra di sè ap¬ poggiato al Fattorino o Servitore . (Vedi). Questa specie di Girarrosto si dice, per distinguerla dalle altre, Girar¬ rosto a peso, GIRARRÒSTO A MÒLLA. Y. Girar RÒSTO PORTATILE. GIRARRÒSTO A OROLÒGIO. Lo stesso che Girarrosto portatile o a molla, (Vedi). GIRR ARÒSTO A PÉSO. V. Girarròsto. GIRARRÒSTO PORTÀTILE o A MÒL- LA. Cassetta di lamiera, nella quale le ruote si muovono per forza di molla, da caricarsi con chiave, o manico gi¬ revole. Si pone sul piano del foco¬ lare, e vi si annette il capo dello spiede la cui parte verso la punta ò sorretta dal Fattorino (V.). GIUSTO DI SALE, e, quando non possa cader dubbio sul significato della voce, semplicemente Giusto. Detto di vivanda, vale Salata a sufficienza; nò troppo nò poco. — « Tu dici che la minestra è salata; per me ò giu¬ sta. » — « Senti un po’ se questi spi¬ naci son giusti di sale. — No; sono sciocchi. * GÓLA DÉLI/ACQUAJO. Comprende, ol¬ tre il buco , una parte del suo con¬ dotto. — «M’è andato un cucchiaino d'argento giù per la gola dell’acquajo. » — « La gola dell’ acquajo ò troppo stretta, e s’intasa facilmente. » — V. anche Buco dell’acquajo. GORGOGLIARE. Detto dell’acqua o di altri liquidi, significa quel Rumoreg¬ giare che fanno bollendo. Non è del¬ l'uso familiare. GORGÓGLIO. Rumore che fa il liquido che gorgoglia. Non comune nel linguaggio fami¬ liare e poco anche nello scritto in questo senso. V. Gorgogliare. GORGOGLÌO, frequentai, di Gorgoglio, cioè un gorgoglioripetuto,continuato. Forse un po’ più comune di Gorgó¬ glio (V.); e vedi anche Górgo- GL1ARE. GRANATA e famiglia. V. l’Articolo 2. GRANATINO. Vedine la definizione ne¬ gli Articoli 1° e 2° di questo Capitolo. — Serve per gli usi della cucina, e specialmente a ripulire il camino o l'acquajo. GRATÈLLA. Arnese di ferro, su cui si arrostisce carne o pesce, che non si arrostisca in forno o sullo spiede. È formata di varie spranghette paral¬ lele, quadrangolari, intraversate in un telajetto di ferro, che ha quattro piedini e un manico. — « Bistecca — pesce — carne sulla gratella. » GRATÈLLA A RÉTE. La stessa della precedente, se non quanto, invece delle spranghette, ha una reticella di ferro raccomandata lungo tutto i lati del telajo. Servo più specialmente per arrostire il pesce e il pane. GRATEI.LÌNA. Pezzo di lamina di me¬ tallo bucherellata che si adatta al buco dell’ acquajo perchè per esso non cadano giu nel condotto for¬ chette, cucchiaini e simili, e anche perchè non vi s'introducauo stracci o altro che potrpbbero intasarlo o ottu¬ rarlo, impedendo il libero scolo alle rigovernature. La Gratellina talora è movibile c talora fornata al buco dell’acquajo per mezzo del piombo fuso. Il Carena notava Grattugino, in questo senso; ma io non l’ho mai sen¬ tito dire. È anche semplice diminutivo di Gratella per cuocervi sopra la carne. GRATÌCOLA. Lo stesso, ma men comu¬ ne in Firenze, di Gratella, — « Che io non possa mai più mangiare... co¬ da di rnannerino in sulla graticola col pepo e con lo aceto rosato, se io non me ne vendico a misura di carbo¬ ni. * ( Firenzuola ). GRATTARE. Alt, Sbriciolare il cacio, il pane e simili sulla Grattugia. — « Grat¬ ta un po’ di cacio per i maccheroni — un po’ di pane per lo polpette — per le costolette alla milanese. » GRATTATO. Part. passi e agg, da Grattare. — « Pane — cacio grat¬ tato. * GRATTATURA. La cosa grattata. — « Ci vuole un po’ di grattatura di scorza di limone — di noce moscata. » GRATTÙGIA. Arnese fatto di lamiera o di latta bucherata, che il riccio dei buchi detti Occhi , rende ronchiosa da una parte, e su questa si frega e si stropiccia o cacio, o pane o altro che si voglia ridurre in minuti bricioli. Ce ne ha di varie forme e fogge. GRATTÙGIA A CASSÉTTA. Quella che è fermata su una cassetta di legno 597 dell’ abitare entro la qualo si raccoglie la cosa grattata. GRATTÙGIA DA VÒLGERE. È una grattugia cilindrica, imperniata in una cassetta, e girevole sul suo asse, mediante una manovella ; la roba rattata cade nella stessa cassetta, ’adopra nelle grandi cucine. GRATTÙGIA ORDINÀRIA. Quella che più comunemente s’adopra nelle cu¬ cine private, ed è piana, di figura quadrangolare o triangolare, con ma¬ nico dello stesso metallo, ripiegato angolarmente all’ingiù per fare ap¬ poggio alla grattugia, posta in piedi sulla farinaiuola nel grattare il cacio, o altro. GRATTUGIARE. Sbriciolar cose fre¬ gandole alla grattugia. 11 più comune e Grattare. GRATTUGIATO. Part . pass, e agg. da Grattugiare. — « Ederavi una mon¬ tagna tutta di formaggio parmigiano grattugiato. * ( Boccaccio ). — Più co¬ mune oggi in Toscana Grattato . GRATTUGiNA, GRATTUGINO. Picco- lissima grattugia cilindrica, di latta e non di ferro come l’altra, da tenersi in mano nel grattar su di essa la no¬ ce moscada, la buccia di limone, d’a¬ rancia o simile. GRATTUGINO. V. Grattugia. GRAZIA. Dicesi Grazia quelPodore che si dà a certe vivande. — - Budino con la grazia di limone. » — « Ci vorrebbe un po’ di grazia d’ aran¬ cio. * GREMBIULI. Pezzi quadrilunghi di grossa tela di canapa, di lino o di co¬ tone, orlati torno torno, da legarsi alla cintola con nastro per difendere i vestiti dal macchiarsi nel far da cu¬ cina. GRILLARE. Neutro. Principiare a bol¬ lire; ed è proprio segnatamente del¬ l’olio che avvia a bollire in un tega¬ me. — « Quando 1’ olio comincia a grillare, buttaci due spicchi d’aglio affettati fine fine. * — Dicesi anche della cosa medesima messa a cuocere nell’olio. — « Lascia grillare l’aglio er un tre o quattro minuti, o poi uttalo via. » — « Appena grillano, leva i tartufi dal fuoco. * GRILLETTARE. Neutro. Far quel ru¬ more che fanno le cose poste al fuoco dentro l’olio quando comincia a sob¬ bollire. — « Senti i tartufi come gril¬ lettano. » — Usasi anche a modo di attivo. — « Grilletta nell’olio questi tartufi. * GUATTERA. V. Sguàttero. GUATTERfNO. Dim. di Guattero. Oggi in Toscana, o almeno in Firenze, men comune di Sguatterino. « Di poi uà guatterino in grcmbiul bianco Che in far vivande saporite e buone Fu subito squisito o molto franco. » Lippi. GUATTERO. V. Sguàttero. I INDORARE. Intridere nel torlo d’uovo sbattuto alcune vivande da friggere. — « Il cervello s’infarina, s’indora o poi si frigge. » INDORATO. Part. pass, e agg. da In¬ dorare. — « Pollo infarinato, indo¬ rato e fritto. * INFARINARE. Aspergere carne, pesci, funghi o altro di farina sparsavi so¬ pra colle mani, o fatta cadere sco- tendo il vasetto foracchiato che la contiene, ovvero Rivoltare la roba so¬ pra un po’ di farina sparsa sulla fari¬ naiuola. — « 11 cervello si infarina e poi si indora. * — « I carciofi vanno infarinati appena appena quando si fanno nel tegame o in padella con le uova. » INFARINATA. L’atto o l'effetto dello infarinare. — « Per quei pesci basta una semplice infarinata. * — « Dagli un’infarinata e friggili subito. * INFARINATILA. Dim. di Infarinata. — « Per que’pesciolini basta un’infa- rinatina leggiera leggiera. » INFARINATO. Part. pass, e agg. da Infarinare. — * Pesci infarinati. » — < Troppo infarinati. * INFILARE. Detto di carne, polli e si¬ mili, vale Introdurre attraverso a essi lo spiede sul quale si debbeno arro¬ stire. — « Devi infilare un tordo e poi un pezzetto di lardo e uno di pane; poi un altro tordo, un altro pezzetto di lardo e di pane, e così via. * IN FRICASSÈA. V. Fricassèa. IN GHIÓTTA o NÉLLA GHIÓTTA. Coi verbi Cuocere , Fare e simili, e an¬ che assolutamente, vale Cucinare nel¬ la ghiotta coll’unto che vi cola giù dalì’arrosto e nel tempo stesso di quello. Si dice specialmente , anzi quasi esclusivamente, delle patate. ÒP8 DELL ABITARE — « Mi piacciano tanto le patate in ghiotta. * — « Falle nella ghiotta le patate. * IN PADÈLLA. Detto di vivanda, vale Fritta in padella. « Uova in padella. » — « I polli mi piacciono in padella. * IN PÉNTOLA. Co’verbi Cuocere , Fare , e anche assolatamente, dicesi del Cu¬ cinare le vivande nella pentola; ossia Lessarle, Farle allesso. — « Fallo in pentola quel cappone. » — « L’ho a cuocere in pentola quello spicchio di petto? « — « Ti piace il pollo in pen¬ tola ? — Così così ; mi piace di più in padella. » IN SALMI V. Salmi. IN TÉGLIA o NÉLL A TÉGLIA. Co’verbi Cuocere , Fare , e anche assolutamen¬ te, dicesi del Cucinare vivande entro la teglia. — * Le devi fare in teglia quelle mele. * — * Buoni i carciofi nella teglia. * — « Quelle trigliettine falle in^teglia alla livornese. * — « Squisito il baccalà nella teglia. » INTINGOLÀCCIO. Pegg. di Intingolo ; Cattivo intingolo. — « Intingolacci che guastano lo stomaco. » 1NTINGOLÉTTO. Dim. e un po’ vezz. d’ Intingolo ; Intingolo ben fatto, sa¬ porito , appetitoso e simili. — « Un intingoletto che mandava un odore da far risuscitare i morti. » — « Buono quest* intingoletto : dammene un altro par di cucchiajate. * INT1NGOLINO. Vezz . di Intingolo; In¬ tingolo buonissimo. — « Vuole un altro po’ di questo intingolino? » — « La cuoca di casa F. sa fare certi intingolini che sono una delizia. » INTINGOLO. Quasi dispregiativo di In¬ tinto : Intinto con varie droghe nel quale si può inzuppare il pane. Dicesi anche della vivanda stessa cotta in tal modo. — « C’è troppo intingolo. — Fa certi intingoli così pepati e salati che par d’ingojare delle lime. » — « Gli intingoli rovinano lo stoma¬ co. » — « Io non voglio intingoli: per me, bistecche e arrosto; arrosto e bistecche. » 1NTINTINO. Vezz. di hitinto; Intin¬ to ben fatto , saporito , appetitoso o simili. — * Mi dia un altro po’ d’intintino. * — « Un intintino deli¬ catissimo. » INTINTO. La parte umida, grassa (bur¬ ro od olio) nella quale è cotta una vivanda soda. Nel che Flntinto diffe¬ risce dalla Salsa (V.). — « La carne sarebbe buona, ma è cattivo )’ intin¬ to. » — « Metti nell’ intinto qualche fettina di pane. » — « Intinto dello stufato. * IN ÙMIDO. Locuzione avverbiale, che s’ usa parlando di cosa cotta , o da cuocersi al modo che si cuoce l’U¬ mido « Uccelletti in umido — Cala- maretti in umido. » IN ZIMINO. V. ZiMfNO. L LARDARE. Lo stesso che Lardellare più comune. LARDATO. Part . pass, e agg. ùa. Lar¬ dare. Più comune Lardellato. LARDATÒJO. Ferro appuntato a uso di Lardellare le vivande. — « Non avendo il lardatojo, mi servo di un coltello comune per lardellare la carne. » LARDATUPvA. Il Lardare. Non comu¬ ne. — * Mettono cura che la Iarda- tura nel cappone sia fatta con amo¬ re. * ( Andreini , Zibaldone.) LARDELLARE. Mettere Lardelli nelle vivande che si debbono cucinare. — « Lardella ben bene quel pezzo di stufato perchè riesca più saporito. * LARDELLATO. Part. pass, e agg . da Lardellare. — « Arrosto troppo lar¬ dellato. * LARDELI. ATURA. È L’azione del lar¬ dellare e La cosa con cui si lardella. — « Curar molto la lardellatura del¬ lo stufato. * — « Lardellatura di lar¬ do fresco, aglio, pepe e garofani. » LARDELLINO. Dim. di Lardello. — « Vogliono che i cuochi la lardellino di sottilissimi lardellini. » ( Andreini , Zibaldone.) LARDÈLLO. Pezzettino di lardo che si introduce nelle carni da arrostire, da fare in istufato e simili. — « Mettici tre o quattro lardelli, e basta. * LARDO. Vedi l’Articolo 2° del Capo V. LAVAPIATTI, L AVASCODÈLLE, d’am- bedue i generi. Colui, o Colei che ri¬ governa le stoviglie, che lava i piatti nelle grandi case, nelle comunità re¬ ligiose, collegi, spedali, osterie o si¬ mili luoghi, dove la stragrande quan¬ tità di piatti da lavare rende necessa¬ ria l’opera di una persona particolar¬ mente destinata a quest’ uffìzio. dell’ abitare 599 Non comune ; ma può usarsi talora per dispregio invece di Sguattero e Sguattera. — Lavascodetle men co¬ mune ancora. — « A che vuoi che sia buono quel lavapiatti lì ? » LAVARE I PIATTI. Usasi anche per Rigovernare ; ma i 'piatii si possono lavare anche in acqua fredda sem¬ plice: mentre per rigovernarli ci vuole almeno P acqua calda , se non il ranno. LÀVASCODÈLLE. V. Lavapiatti. LA VÉGGIO. Vaso che s’usa in alcuni luoghi per cuocervi entro le vivande in cambio di pentola, ed ha il manico corno il pajuolo. È generalmente fat¬ to di pietra serpentina o oliare lavo¬ rata al tornio. Non comuneinToscana. LECCARDA. Lo stesso ma men comune che Ghiótta (V.). LESSARE. Cuocere la carne, il pesce, la verdura o altro nell’acqua bollen¬ te. S’usa a modo d’attivo e di neutro. — « Lessare il baccalà e poi con¬ dirlo con olio, pepe e sale. » — « Les¬ sare un pollo. » — « La mia donna non è buona che a lessare. ** — « Carne da lessare. » — « Lessare e poi friggere. * LESSATA. Atto del lessare. — - « Certi cuochi danno prima una lessata a’ polli e poi li friggono. » — « Con una lessata è bell'e cotto. * LESSATÌNA. Rim. di Lessata. — « Da’ una lessatina a que’funghi prima di metterli sott’olio. * — « Una lessa¬ tina d’un par di minuti può bastare. * LESSATO. Part . pass . e agg. da Les¬ sare. — « Cipolle ben lessate. * — « Il giorno seguente preparai a’ duo cagnuoli un saporito manicaretto di capi di vipere leggermente lessati. » atedi). LESSATURA. Il Lessare. Non comune. — « Lessatura completa » — « Per¬ fetta lessatura. » LÉSSO. Part. pass, e agg. da Lessare. Sincopato di Lessato. « La carne arrostita ha più sapore che la lessa. » — « Patate — castagne lesse. » LÉSSO. Sost. Vivanda di carne o pesco lessato, cioè cotto semplicemente nel¬ l’acqua. — • Desinare composto di minestra, lesso e un altro piatto. » — « Radici — peperoni da mangiarsi coi lesso. * — « Lesso di magro. » LEVARE DAL FUOCO. Togliere di sulle legna o di sui carboni accesi i vasi da cucina entro cui sono le vi¬ vande. — « Leva dal fuoco la pento« la, chè la minestra è cotta. * Delle vivande stesse. — « Levalo dal fuoco quello stracotto che è già al suo punto. * LEVARE IL BOLLÓRE. Dicesi del li¬ quido quando comincia a bollire. — « Appena l’acqua leva il bollore, met¬ tici il manzo per il brodo. » — « Non ha ancora levato il bollore. * LEVARE IL COPÈRCHIO. Detto di vasi da cucina, Toglierne il testo o co- pricella dalla bocca. — <* Leva il co¬ perchio al pajuolo perchè non dia di fuori. « LUSTRARE. Detto dc’Rami da cucina, vale Farli diventare netti e lucenti strofinandoli con la rena, con la ce¬ nere, con aceto e simili. — « La mia donna ha l’obbligo di lustrare tutto il rame una volta il mese. » M MACINARE. Detto del caffè, vale Ri¬ durlo in polvere per mezzo del Maci¬ nino. MACINATO. Part. pass, e agg. da Ma¬ cinare. — « Caffè macinato. » — « Ma¬ cinato grosso — fino. » MACININO. Vedi Macinino da caffè. MACININO DA CAFFÈ. Macchinetta di forme e materie diverse, nella, quale è congegnato un ordigno che serve a ridurre in polvere il caffè tostato. Le sue parti sono: la Tramoggia , la Campana , la Pigna o Noce , la Manovella e la Cassetta , da vedersi a’ loro luoghi. Dicesi anche semplicemente Maci¬ nino. — « Porta il macinino a acco¬ modare. * MÀDIA. Specie di cassa su quattro corti piedi, alta un metro o poco più, e com¬ posta di due parti o palchi; quel di sopra alto circa un palmo, che è co¬ perto da una ribalta da alzarsi, e ap¬ poggiarla al muro , quando si vuole aprire, e serve ad intridervi la pasta per fare il pane; quel di sotto occupa tutto il rimanente, ed è una specie di armadietto, con le sue imposte, nel quale si ripongono la fiasca dell’olio, le stagnate, le ampolle, e altri uten¬ sili da cucina. MADIÀCCIA. Pegg. di Madia. — « Ma- diaccia tutta sconquassata, buona so¬ lamente per bruciare. > MADIATA- Quanta roba entra nella 600 dell’à madia. — « Questi figliuoli mi man¬ giano una madiata di pane. * — « Una madiata d’ogni ben di Dio. * MADIÉTTA. Dim. di Madia; Piccola madia. — « Una piccola cucina con i suoi rami, la sua madietta e tutto. » MADIETT1NA. Sottodim. di A/adia. Più piccola e più bellina della Madietta. MAD1ÓNA. Acer . di Madia; Grande madia. — « Una madiona che pare un castello. * MAD1ÙCCIA. Dim. e dispr . di Madia; Madia piccola e meschina. — « Una madiuccia comprata per sei lire da un rivenditore. » MANICÀCCIO. Pegg. di Manico. — « Manicaccio di legno tutto unto e bru* eiacchiato. * MANICHÉTTO. Dim. di Manico ; meno iccolo del Manichino. — « A quel ricco bisogna farci rimettere il ma¬ nichette. * MANICHINO. Dim. di Manico. — « 11 manichino dei bricco del caffè. » MÀNICO. Detto del pajuolo e d’ altri simili vasi di cucina, è Una bacchetta di ferro curva in semicerchio, i cui due capi ripiegati entrano girevol¬ mente nelle orecchie del pajuolo, ecc. « Bisogna far rimettere il manico al pajuolo. » — Vedi anche la voce seguente. MÀNICO DIRITTO. Quello che è fer- mato orizzontalmente da una sola parte del vaso, presso la bocca, e terminato in occhio , per appenderlo all’ uopo a un chiodo. Tale è il ma¬ nico della cazzeruola e d'altri simili vasi da cucina. Un manico diritto lo hanno pure alcuni coperchi, come quello delle cazzeruole e simili, ed è una spran- ghetta di ferro imbullettata sul co¬ perchio , dal centro alla periferia, e sporgente fuori di essa circa un palmo e talvolta anche due. In certi bricchi il manico ha la forma di un semicerchio o di una esse i cui estremi sono fermati presso Porlo della bocca e verso la pancia di essi vasi. In altri il manico orizzontale di ferro ha la forma di un codolo di coltello munito di un manico di legno lavorato al tornio. MANICÙCCiO. Dim. e dispr. di Manico. — « Un manicuccio corto corto. » MANIGLIE. Due manichetti di ferro, uno per parte della caldaja, talora pendenti e girevoli in due occhi, come nei bauli ; talora fermi orizzon¬ talmente. MANOVÈLLA (del Macinino). V. Pigna. MARINARE. Acconciare con sale e aceto alcune vivande da conservarsi, e specialmente pesci. *■ Un marinar da marinare il pesce. » Buonarroti . « Il mio cuoco è bravissimo per ma¬ rinare il cinghiale. » MARINATO. Pari. pass, e agg. da Ma¬ rinara. — « Pesce — cinghiale mari¬ nato. » — « Le anguille marinate mi sono indigeste. » MARINATO. Sost. La vivanda mari¬ nata, sia questa pesce o altro. — « Il marinato non mi piace. * — « Mi fa male il marinato. » — « Fare un poco di marinato. * — Non comune. MARMITTA. Vaso di rame stagnato, o di ferro fuso smaltato nell'interno, o di terra cotta , che serve all* uso medesimo della Pentola. La Pentola è sempre di terra cotta e più piccola. MARMITTINA. Dim. di Marmitta ; Piccola marmitta. — « Che bella mar- mittinal » MARMITTÓNA. ^4ccr. di Marmitta; Grande marmitta , ma non tanto quanto il Marmittone. — « Una mar¬ mi ttona che ci si cuocerebbe uno stajo di fagiuoli. * — « Un marmit¬ tone di minestra da bastare a un convento. » MARMITTÓNE. ^4ccr. di Marmitta; Marmittona molto grande. V. Mar- M1TTÓNA. MARMO. Larga lastra di marmo, e al¬ quanto grossa, che si tiene nelle cu¬ cine, per intridervi, spianarvi, e ri¬ durre in falda (tirare) la pasta, o da minestra, o da dolci. MARRÀNCIO. Grosso e pesante coltello del quale si servono i macellari per ispezzare la carne e anche i cuochi delle grandi cucine, massime nei con¬ vitti, collegi e simili. — « Per ispez¬ zare cotesto coscio — cotesta zampa — ci vuole il marrancio. * MATTERÈLLO. Legno lungo circa un metro, rotondo e ben liscio, col quale si spiana la pasta sulla tavola o sul marmo da ciò, per farne lasagne o altro. Dicesi anche Spianatoio. In Firenze è detto Matterello an¬ che il Mestone per la polenda. Vedi Mestóne. MESTARE. Agitare o con mestola o con simile strumento cose liquide o mor¬ bide. — « Perchè la salsa venga bene DELL’ A bisogna mestarla di molto. » — « Per mestar la polenda ci vuol forza. * MÉSTOLA. Arnese di ferro stagnato che ha somiglianza col Romajuolo, ma poco concavo e bucherellato, a uso specialmente di toglier via la schiuma dall’acqua ove bolle la carne e di trarre checchessia dalla pentola, lasciatone scolar bene il brodo o altro liquido. MÉSTOLA BUCATA. Arnese di legno simile ai precedente, forato da buchi assai grossi , che ' serve per tirar su dalla caldaja le paste o lasagne che vi sono a cuocere , lasciando scolar bene tutta l’acqua. MESTOLAJA. Vedi Mestolajo. MESTOLAJA. Lo stesso che Mestoli- najo (V.). MESTOLAJO , MESTOLAJA. Che fa o vende mestole e arnesi simili. — « Senti come gridano questi mestolaj. » — « Va’ dalla mestolata a comprarmi un par di mestolini. » .MESTOLATA. Quantità di checchessia presa con la mestola o col mestolo. — « Una mestolata di riso. » Vale anche Colpo dato con la me¬ stola o col mestolo. — « Gli dette una mestolata sulla zucca. * MESTOLÉTTA. Dim . di Mestola; men piccola della Mestolina. MESTOL1NA. Dim. di Mestola; più pic¬ cola della Mestoletta. MESTOLINAJO. Cencio bucato, che si appicca alia parete della cucina, ne’ buchi del quale s’ infilano i manichi de" mestoli. Dicesi anche Mestolaja . MESTOL1NO. Dim. di Mestolo; Mestolo più piccolo degli ordinarii. — « Me¬ stolini per la salsa. * MÉSTOLO. Specie di cucchiaio di legno, pochissimo incavato e di lungo ma¬ nico, che serve per rimestar la roba ne’ vasi da cucina. MESTOLÓNA. Acer, di Mestola; Grossa mestola. — « Mestolona troppo grande per quella pentolina. * MESTOLÓNE. Acer, di Mestolo e di Mestola. — « Per quei pajuolo ci vuole un mestolone tanto fatto. * MESTÓNE. Randelletto o Matterello col quale si mesta la polenda. V. anche Matterèllo. MÉTTERE AL FUOCO. Collocare sui carboni ardenti o sulla legna' accesa il vaso da cucina entro cui sono le vivande da cuocere — « Metti subito al fuoco la pentola, perchè voglio de¬ sinar presto. » sitare 601 Anche dei cibi stessi. — « Motti al fuoco la minestra — lo stufato — l’arrosto. * MÉTTERE IL COPÈRCHIO. Detto di vasi da cucina, Chiuderne la bocca col coperchio o testo o copricella che sia. — « Mettici il coperchio, se no non bolle la pentola. » MEZZALUNA. Specie di coltella curva, tagliente dal lato convesso , e i cui due capi, che finiscono in un codolo, sono ficcati e ribaditi in due impu¬ gnature, o manichetti di legno verti¬ cali. Si adopera sul tagliere per tri¬ tarvi carne o altro, pigiando forte da destra a sinistra. MEZZINA. Vaso di rame, molto cupo, con piede, manico arcato, ma fermo, corpo ovale, più alto che largo, bocca alquanto ristretta , ripiegata a’ lati in due beccucci aperti , ovvero mu¬ nita, nel collo, dì un beccuccio unico, a modo di bocciuolo. La mez¬ zina serve a tener acqua in casa e an¬ che per andarla a attingere alla fonte, non però al pozzo , dove per quella sua forma, prenderebbe troppe fitte. Si fanno anche mezzine di terra ; ma per Mezzina s’intende general¬ mente quella di rame. MEZZINÀCCIA. Pegq. di Mezzina. — « Mezzinaccia tutta fitte e che versa. » MEZZINÉTTA. Dim. di Mezzina; Pic¬ cola mezzina. MEZZINÓNA. AccrAx Mezzina; Grande mezzina. — « Quella mezzi nona pesa che spiomba. » — Il Mezzinone è più grande. MEZZINÓNE. Acer, di Mezzina; Mez¬ zina più grande ancora della Mezzi- nona. MEZZINÙCCIA. Dim. e dispr. di Mez¬ zina. — « Tre lire non le vale dav¬ vero quella mezzinuccia. » MONTACHIARA. Quell’arnese col quale si diguazzano le chiare d’ uovo per farle gonfiare e spumeggiare. Vedi Frusta. MORTAfNO. Dim. di Mortajo ; Piccolo mortajo; più piccolo ancora del Mor¬ taretto , e generalmente di metallo. — « Un mortatno per pestarci le mandorle — la noce moscada. * MORTAJÉTTO. Dim. di Mortajo; Pic¬ colo mortajo, per lo più di metallo. « Pesta la noce moscada in un mor¬ taretto ben pulito. * MORTAJO. Vaso cupo o di pietra o di marmo, o di bronzo, di grosse pareti, a uso di ammaccare, infrangere, o 602 dell’abitare polverizzare checchessia col pestello. — * Il mortajo sa sempre d’aglio, dice il proverbio. » MORTA J ONE. Acer. di Mortajo ; Grande mortajo. — « Un mortajone di bronzo per pestare lo zucchero. » MORTA JÙCCIO. Lim . e un po’ dispr. di Mortajo. — « Un mortaj uccio che non vai quattro soldi. » MOSCAJUOLA. Specie di cassetta od’ar- madietto pensile, fatto di regoli intela¬ iati in quadro, impannato di tela rada, di velo o di una fitta e sottile reticella di fìl di ferro, nelle quattro faccie contigue verticali. Una di esse è a sportello; le altre due, la supe¬ riore e l’inferiore, orizzontali, chiuse da asserelle. Entro vi sono alcuni palchetti per riporvi carne o altro affine di preservarlo dalle mosche. — Questa moscaiuola si tiene sospesa al palco delle cantine o delle dispense per renderla inaccessibile a cani, gat¬ ti, topi e simili animali. Vi sono poi altre Moscajaole che servono a cuoprire i piatti in cui sia qualche vivanda, e queste sono di reticella metallica fittissima in forma di cupoletta e sormontate da un pal¬ lino di legno che serve a metterle sopra i piatti e a cavarle. N NASO. Vedi Tamburlano. NAVICÈLLA, ÀNIMA. È una lamina traforata che compie la pesciaiuola in cui s’ introduce, e cavasi poi me¬ diante due magliette o prese, per le¬ varne il pesce lessato, senza che nel levarlo si rompa. Più comune Navicella. NELLA GHIÓTTA. V. In Ghiótta. NÉLLA TÉGLIA. V. In teglia. NÉL TEGAME. Co’ verbi Cuocere , Fare , e anche assolutamente, dicesi del Cu¬ cinare le vivande nel tegame. — « Quelle uova le vuoi sode o fatte nel tegame? — Nel tegame. * — «Mi piacciono tanto le bracioline nel te¬ game! » — « Vuole un par d’uova nel tegame? * NICCHIA. Così chiamasi da alcuni il ricettacolo dell’ acqua negli acquai, in una parte del quale c’è un’ aper¬ tura che imbocca in un condotto per dove si manda via 1’ acqua della ri- governatura. (Fanfani.) NÓCE (del macinino). V. Pigna. o ÒCCHI (della grattugia). Vedi Grat¬ tùgia. OCCHIO. Quel cerchietto aperto da una parte, e fatto nel medesimo manico della padella e dei coperchi di ferro per comodità d’ attaccarli a chiodi o ad arpioni. ORCIAJA. Vedi Coppaja. ORCIO. V. Còppo. Per il resto della famiglia di Orcio, vedi l’Articolo 7°. ORCIO DEL RANNO. Vedi Colatóio. ORÉCCHIE Vedi Orécchie. ORÉCCHIE e ORÉCCHI (dei vasi da cucina). Due pezzi di piastra metal¬ lica, saldati o imbullettati a due punti opposti della bocca del vaso e spor¬ genti da essa, con un buco nel mezzo,, nel quale gira ciascuna estremità del manico arcato, con cui il vaso si regge nel trasportarlo o s’appende alla ca¬ tena. Alcuni vasi, come la mezzina, e altri , hanno il manico arcato, ma fermo. — « Tante volte al pozzo va la secchia, ch’ella vi lascia il manico o l’orecchia. » p PADELLA. Vaso di rame stagnato, o anche di ferro, largo, poco cupo, con lungo manico, purè di ferro, a uso di farvi la frittata o di friggervi alcune vivande. La Padella si tiene, o con la mano, o sostenuta dal portapadella, o posata sul treppiedone, quando s’ha a frig¬ gere presto a fuoco di fiamma; ov¬ vero collocata sur una delle buche del fornello, se si frigge lentamente a fuoco di carbone. — « Se la padella non è ben netta, la frittata piglia cattivo odore. » — « Metti la padella per il fritto. » — « Bistecche fatte in padella. » PADÈLLA DÉLLE o DA BRUCIATE. È sempre di ferro, più grande e più profonda della precedente, col fondo tutto bucato a uso di arrostire le ca¬ stagne. PADELLÀCCIA. Pegg. di Padella ; Pa- dell’ abitare 603 della non buona al suo ufficio. — « Padellacela tutta rosa dalla rug¬ gine. » PADELLAJO. Colui che fa o vende pa¬ delle. Non comune; ma ha esempi, e può essere utilissimo. PADELLATA. Tutta quella quantità di roba che in una volta si cuoce nella padella. — « Si mangiarono una pa¬ dellata di pesce fritto — di bruciate. * — « Ci ho da fare due padellate di funghi. » — Vale anche Colpo dato con la padella. — « La serva, sde¬ gnata, dette al padroncino una padel¬ lata nel muso. » PADELLÉTTA. Dim. di Padella ; Pic¬ cola padella. — « Padelletta stagnata per far le uova affrittellate. » PADELLINA. Dim. di Padella; Padella più piccola della Padelletta . — « Una padellina per friggervi un quattro o cinque uova. * PADELLINO. Dim. di Padella; Padella più piccola della Padellina. È gene¬ ralmente di rame stagnato e con ma¬ nico di legno. Serve per cuocere uova, arrostire burro, far qualche salsetta, un soffritto, e simili. PADELLÒNA. Acer, di Padella; Gran¬ de padella; ma non tanto quanto il Padello ne. — « Una padellona da farci il frittatone della Certosa. * PADELLANE. Acer. di Padella ; Pa¬ dellona grandissima. — « A fare il fritto in quel padellone ci vuole un par di fiaschi d’olio per lo meno. » PADELLÒTTO. Padella di mezzana grandezza, ma più fonda delle ordi¬ narie, e serve, più che per la cucina, ad altre arti e mestieri. PADELLÙCCIA. Dim. e dispr. di Pa¬ della. — « Una padelluccia troppo piccola per friggere tutto quel pesce. * PAJOLÀCCIO. Pegg. di Pajuolo. — « Pajolaceio tutto fitte e che versa dal fondo. » PAJOLATA. Quantità di roba che si cuoce o che entra in un pajuolo. — « Messe su una pajolata di cavolo per la minestra delle opre. * — « Gli ver¬ sò addosso una pajolata d’acqua bol¬ lente. » PAJOLÉTTO. Dim. di Pajuolo ; più grande del Pajolino. — « Quel pajo- letto non può costar meno d’un sei lire, » PAJOLiNA e anche PAJUÒLA. Vaso di rame stagnato, o d’ottone, con due maniglie ferme, col fondo concavo, per poter ben rimestare, con la mestola» la roba sul fuoco, come lo zucchero che si chiarisce, il mosto che vi si cuoce, ecc. PAJOLfNO. Dim. di Pajuolo ; più pic¬ colo del Pajoletto , — « Pajolino per farci bollire il latte. » PAJOLÓNE. Acer, di Pajuolo; Gran¬ de pajuolo. — « Un paj olone tanto fatto. » PAJOLtiCCIO. Dim. e dispr. di Pajuo¬ lo. — « Ha messo in pegno anche quel po’ di pajoluccio per far la mi¬ nestra. » PAJUOLA. V. PAJOLfNA. PAJUOLO. Vaso di rame, rotondo, e assai cupo, con manico di ferro ar¬ cuato e mobile : è arnese da cucina, e serve per farvi bollir acqua o altro. — « Gli spinaci si fanno cuocere nel pajuolo senz’ acqua. » — « Metti al fuòco il pajuolo per l’acqua da ri¬ governare. » PALLONCINO. Arnese fatto di più fili d’ ottone ripiegati in lunghe maglie, rigonfie nel mezzo, e fermate a un manico di legno. Serve, comela Frusta, a sbatter la Panna, le chiare d’uovo e simili. Vedi Frusta. PANARE. Rivoltare prima di cuocerla carne o altro nel pane tritato in mor¬ taio, o sbriciolato colla grattugia. — « Panale bene quelle bracioline. » — « A Milano il cervello da friggere lo panano come le costolette. « PANATO. Part. pass, e agg. da Pana¬ re. — « Costolette^panate. ** — « Pez¬ zettini di cervello di vitella panati e fritti nel burro. * PANIERÒNE DA PRANZI. È un Por¬ tapranzi (.V.) fatto di vetrici, tondo, a parecchi piani, con sportello e for¬ te impugnatura o maniglia per di¬ sopra. PASSARE PER ISTÀCCIO. Per mezzo di un mestolino o d’un cucchiajo, o simili, schiacciare sullo staccio pata¬ te, fagiuoli o altro, sicché, ridotti in finissima poltiglia, riescano dalla par¬ te sottostante del velo dello staccio medesimo. — « Quelle patate passale per istaccio. * PÉNTOLA. Vaso cupo di argilla cotta, con ventre gonfio, la bocca e il fon¬ do più stretto, con due manichi pure di terra, a guisa d’orecchie verso l’orlo. Si adopera per cuocervi il les¬ so, la minestra, o altro da cuocer bol¬ lendo. — « Metti la pentola per il lesso. » 604 dell’abitare PENTOLÀCCIA. Pegg. di Pentola. « E suonavan treppiedi e pentolacce. Corni torti, diritti © pifferoni. » Bellini. È noto a tutti in Toscana il Gitio- co della pentolaccia che consiste nel cercare di rompere con un bastone a occhi bendati, una pentola posata in terra q sospesa in alto. PENTOLÀCCIO. Pegg. di Pentola. « Che stima più di lente un pentolaccio Che di benedizion girsene asperso. • Mene ini. PENTOI AJA. Colei che vende pentoli e simili vasi di terra cotta per gli usi di cucina. PENTOLAJO. Colui che fa o vende pen¬ tole, pentoli e altri vasi di terra cot¬ ta per uso della cucina. il II pentolajo fare allo pentolate Col pentolajo s’è visto. • Buonarroti . — « Sta attenta se passa il pentolajo, e compra un tegame. * PENTOLATA. Quanta roba entra o si cuoce in una pentola o in un pen¬ tolo. — « Una pentolata di minestra — di fagiuoli. * — Vale anche Colpo dato colla pentola o col pentolo. Ve¬ dine l’ esempio del Buonarroti in Pentolajo/ PENTO LÈTTA. Dim. di Pentola ; Pen¬ tola di mezzana grandezza. — « Com¬ pra una pentoletta per la minestra. » PENTOLlNA. Dim. di Pentola ; Piccola pentola. — « Una pentolina nuova per farci il brodo alla padrona ma¬ lata. * PENTOLINO. Dim. di Pentolo ; Piccolo pentolo. — « Tutte queste cose si mettano in un pentolino nuovo ve- triato. * (Borghini). PÉNTOLO. Vaso di terra cotta, col fon¬ do molto più stretto della bocca, ri¬ gonfio nel mezzo e con un solo ma¬ nico laterale a forma di ansa. — « Metti a scaldare un po’ d’acqua in un pentolo per far il decotto di malva. » PENTOLÒNA. Acer, di Pentola; Gran¬ de pentola. — « Per la minestra ci vuole quella pentolona lì, oggi che siamo in tanti a desinare. * PENTOLÓNE. Acer, di Pentolo e di Pentola. — « Un pentolone che ci cuocerebbe un bue. * — « Che bel pentolone ! » PENTO LÙCCI A. Dim. e dispr. di Pen¬ tola. — « Fate il brodo in quella pcn- toluccia? È possibile che basti per tutti, se siete in quindici a tavola? » PENTOLÙCCIO. Dim. e dispr. di Pen¬ tolo. — * In cucina non ci aveva che due o tre pentolucci e una marmit¬ ta. » PEPAJUOLA. Arnese di legno per i- schiacciare il pepe e anche La sca¬ tola o recipiente di legno da tener- velo. PÉPE. Vedi l’Articolo 3° del Capo 5°. PESTARE. Ammaccare una cosa per- cotendola col pestello per ridurla in polvere o raffinarla. — « Pesta un po’ di zucchero per il dolce. » — « Al¬ cuni vogliono che il caffè sia meglio pestarlo che macinarlo. » PESTATA. L’atto del Pestare. — « Dà una pestata a quello mandorle nel mortajetto di bronzo. « PESTAT1NA. Dim. e vezs. di Pestata. — « Dagli una pestatina nel mortajo di ottone. * PESTATO. Part. pass, e agg. da Pe¬ stare. — « Caffè — zùcchero pe¬ stato. » PESTELLATA. Colpo dato col pestello. « Mi son dato una pestellata sulla mano. » — « Gli tirò una pestellata sulla testa. * PESTELLÉTTO. Dim. di Pestello; Pic¬ colo pestello, ma meno del Pestelli- no. — « Un pestelletto di legno per fare il savore. » PESTELL1NO. Dim. di Pestello ; più iccolo del Pestelletto. — « Pesta ben ene la noce moscata con un pestel- lino d’ottone. * PESTÈLLO. Corto cilindro di metallo o di legno, che serve d’impugnatura, ingrossato e tondeggiante dall’un dei capi o da tutti e due, a uso di pestare la roba nel mortajo. — * Togli man¬ dorle amare, ben monde e ben sec¬ che, e con un pestello di legno leg¬ giermente pestale in un mortajo. *» ( Mottioli ). PESTELLÙNE. Acer, di Pestello ; Grande pestello. — « Per quel mor¬ tajo chi sa che pestellone ci vuole. * PÉSTO. Contratta di Pestato. — « Pe¬ pe pesto — zucchero pesto. » — « Mio padre mi faceva ripetere, per iscio- gliermi la lingua : In un piatto cupo poco pepe pesto cape. * PIATTAJA. Specie di rastrelliera di le¬ gno, a più scompartimenti e a due o dell’a più palchi, che suol tenersi appesa sopra Pacquajo, sulla quale si ripon¬ gono per ritto i piatti rigovernati, i quali cosi possono scolaro e asciu¬ garsi meglio. Vedi anche Rastrel¬ lièra. PIATTO (della Stadera). Quel disco al¬ quanto concavo su cui si pone la roba da pesare. Il Piatto, appeso a tre, o a quattro catene, ora è una Coppa più o meno fonda, ora una specie di graticcio formato di stecche di ferro. PIGNA (del Macinino). Dalla forma al¬ cuni artieri la chiamano anche Noce, ed è un pezzo massiccio di ferro, di figura tra l’ovale e la conica, la cui superficie è solcata da scanalature spirali a spigoli inclinati e quasi ta¬ glienti. La Pigna, per mezzo di una piccola Manovella , è fatta girare su di sèt e i frapposti granelli del caffè, stretti fra le spire delia pigna, e le intaccature della campana, e spinti all’ingiù in uno spazio successi¬ vamente più angusto, vengono infran¬ ti, stritolati e ridotti in polvere, la quale cade in sottoposta Cassetta . PIGNATTA. Lo stesso che Pentola negli scrittori e in varii luoghi di Toscana, ma non in Firenze. PIGNATT1NA. Dim . di Pignatta ; Pic¬ cola pignatta. PIGNATTINO. Dim. di Pignatto ; Pi¬ gnatta piccolino. PIGNATTO. Lo stesso, ma men comune in Toscana, di Pignatta. PILA (dell’acquajo). È una pietra piana, larghetta, con quattro basse sponde, ferma sur un muricciuolo; serve a lavarvi i piatti in apposito catino, a gettarvi le rigovernature, ecc. La Pila può essere anche tutta di mattoni; ma più spesso è di pietra. PILLOTTARE. È versare a poco per vol¬ ta lardo l'uso sull'arrosto girante sul¬ lo spiede o il riversarvi di tempo in in tempo l'unto caduto nella ghiotta. Non più usitato. Oggi dicesi Ungere , PILLÒTTO. Arnese di cucina, ora qua¬ si smesso da per tutto, dove si pone il lardo da pillottare l’arrosto, e con¬ siste in una palla vuota con manico e beccuccio. PORTAPADÈLLA. Arnese fatto di una stretta lista di ferro, ripiegata in for¬ ma di cerchio schiacciato che s’ap - pende alla catena del camino, per sor¬ reggere la padella, quando questa riesce molto pesante, ovvero ha da stare lungamente sul fuoco del ca- ìITARE 605 mino: in questo caso il lungo manico viene raccomandato a una cordicella pendente dall'architrave della cappa, ovvero si fa poggiare sur uno dei rampi dei fattorino. — Così il Ca¬ rena. PORTAPRANZI. Termine generico di arnese fatto acconcio a portare alcu¬ ni piatti di vivande da una in altra casa. Lo adoprano’* gli osti per man¬ dare bell’ e ratto il pranzo in casa altrui. POZZÉTTA. È un incavo emisferico nel mezzo della ghiotta , nel quale va a raccogliersi Punto che stilla dall'ar¬ rosto, sopra cui di tempo in tempo si riversa con piccolo romajolino. PRÈNDERE IL COLÓRE. Dicesi delie vivande che, rosolandosi, vengono a colorirsi per effetto del fuoco. — « Appena quello stufato ha preso il colore, buttaci sopra un bicchiere di vino. * Dicesi quindi anche Far prendere il colore. — « Bisognava fargli pren¬ dere un po’ di colore a questo stra¬ cotto. » PREPARARE. Lo stesso che Amman¬ are (V.). PRÉSA. Qualunque risalto nel centro del coperchio, o nelle parti laterali di un vaso, o in che che sia altro, per poterlo prendere , e che non sia nè manico, nè maniglia. R RAMAJO. Lo stesso e più comune che Calder a jo. RAMAJOLATA. Più comune Romajo- LATA (V.). RAMAJUOLO. Vedi Romajuolo. RAME. Vale talora I vasi di rame, da cucina — «Ha messo in pegno tutto il rame. « — Più compiutamente: — « Ha venduto tutto il rame di cu¬ cina. » RAMI. I rami sono tutti que’ vasi di rame, che servono per la cucina, come cazzeruole, teglie, ramini, ecc. Nelle grandi cucine se ne fa come una mostra, tenendoli appesi alle pa¬ reti, sempre tutti netti e in punto. — « I rami bisogna tenerli ben pu¬ liti e asciutti. » Vedi anche Rame. RAMINO. Vaso di rame, panciuto, con 606 dell’abitare la bocca alquanto minore del fondo, e da chiudersi con coperchio entrante, manico arcato, ora girevole, ora fer¬ mo , beccuccio nella direzione del manico. Serve, in vece di bricco, a scaldar acqua e trasportarla. — « Met¬ ti un ramino al fuoco pe riscaldare un po’ d’acqua per la barba. » RANNAJUOLA. Lo dicono in alcune parti di Toscana per Colatóio (V.). Nel Valdarno Superiore, Ranniere. RANNATA. « Voce usata nel modo Fare una rannata , che significa Far bollire della cenerò nell* acqua per poi lavarvi i panni , stoviglie e si¬ mili. » — * Cotesto marmitte sanno di cattivo odore; bisogna fargli una rannata. » ( Rigutini .) RANNIÈRE. Vedi Rànnajuola. RANNO. Quell’acqua caldissima, nella quale si lavano i piatti, detta così, perchè d’ordinario è un vero ranno, cioè acqua passata sulla cenere, o bollita con essa. — * Per pulire quelle cazzaruole l’acqua non basta; ci vuole del ranno bollente. « RASTRELLIÈRA. Arnese di legno su cui si mettono ritti i piatti dopo ri¬ governati, per farli sgocciolare e asciugare. È una specie di cassa quadrango¬ lare, sul cui fondo ricorrono paralleli due regoli intaccati a scaletta, cioè con una serie di tacche larghe e pro¬ fonde, a ritegno dei piatti che vi si posano per coltello , superiormente oggiati ad alcune traverse, a rastrelliera è sostenuta su due modiglioni piantati nel muro, ovvero fermata contr’esso con grappe di ferro ingessate, e con alquanta inclinazione verso la pila dell’acquajo, affinchè su di essa, e per un foro nel fondo della rastrelliera, ricada l’acqua sgoccio¬ lante dai piatti. All'uso medesimo serve anche la Piattaia (V.). RENARE. Per mezzo della rena render lucidi i rami da cucina, le forchette, i cucchiaj e simili. — « Rena bene coteste cazzeruolo , se vuoi che di¬ ventino pulite. » — - La roba d’ ar¬ gento non bisogna renarla. > — « Rena un poco le lame dei coltelli. » RENATA. L’atto del Renare. — «Oggi devi dare una bella renata a tutti i rami di cucina e a’ coltelli. ” RENATO. Part. pass . e agg. da Renare . — « Coltelli e rami renati. * RENATURA. L’operazione del Renare. — « Con una buona renatura quel pajuolo torna che par nuovo. » RETINO. Serve negli acquaj allo scopo medesimo della Gratell(na (V.), se nonché questo è formato da una reto metallica, sigillata al baco per mezzo del piombo fuso. RIBOLLIRE. Bollire da capo. — « Quella carne bisogna farla ribollire perchè è dura. » — « Mettila a ribollire per un’altra oretta. » RIBOLLITO. Part. pass, e agg. da Ri¬ bollire. — « Carne ribollita. » RIBOLLITURA. Azione o effetto del far ribollire. — « Ribollitura de’fondi del caffè. » RICCIO. Quella specie di sfrangiatura in rialzo che rimano intorno agli Oc¬ chi della Grattugia o serve appunto perchè il cacio, il pane e simili si possano grattare. RIFARE. Detto di vivande, vale Ricuo¬ cerle variamente da quel che erano state cucinate prima. — « Quel lesso bisognerà rifarlo con le uova. » — « Rifare con le cipolle un pezzo di lesso. » RIFATTO. Part. pass, e agg. da Ri¬ fare. — « Lesso — patate — carne rifatta. * RIFRIGGERE. Friggere di nuovo. u Di qui non tornano Polli ia cucina, Buoni a rifriggersi Per domattina ; Ma i piatti girano Tre volto almeno, Non si può muovero Chi non ò pieno. Giusti. RIFRITTO. Part. pass, e agg. da Ri¬ friggere. — « Pollo rifritto. » RIFRITTO. Sost. Quel cattivo odoro che sanno i vasi unti rimessi al fuo¬ co. — « Quel tegame sa di rifritto. » — « Anche le vivande cotte in essi sanno di rifritto. » — « La carne sa¬ peva di rifritto , e non F ho potuta mangiare. » — Vedi anche Saper di RIFRIGGOLATO. RIGOVERNARE. Nettare vasi di cucina, scodelle o piatti che servirono per mangiarvi, tenendoli un poco nell'ac¬ qua calda con cenere, e risciacquan¬ doli poi con acqua pura. Usasi attivo e neutro. — « Rigoverna i piatti della colazione. - — « Rigoverna e poi Ya’ a spasso. » RIGOVERNATA. L’ azione e 1’ effetto 6 07 DELL’ A del rigovernare. — « Da’ una rigo¬ vernata ai piatti. * — « Dagli prima una rigovernata. * RIGOVERNATO. Part. pass, e agg. da Rigovernare. — « Piatti rigovernati. » — « Scodella non rigovernata bene e che puzza maledettamente d’uovo. » RIGOVERNATURA. L’acquanellaquale sono state rigovernate le stoviglie. — « La rigovernatura non la buttare nel cortile, ma giù per 1’ acquaio. » — « Dice che la rigovernatura è eccel¬ lente per certi liori. » RISCALDARE. Mettere di nuovo al fuoco, perchè divenga calda, una vi¬ vanda già cotta o raffreddata. — « Per cena fa* riscaldare quo’ due spinaci, e basta. * RISCALDATO. Part. pass, e agg. da RISCALDARE. — « Prete spretato e cavolo riscaldato non furon mai buoni. » RISCIACQUARE. Detto di vasi da cu¬ cina e di stoviglie da mensa vale La¬ varlo nell’acqua e anche Dopo rigo¬ vernate dar loro una passata nell’acqua fresca. — * Rigovernali e risciaquali bene que’ piatti. » RISCIACQUATA. L’aziono c l’effetto del Risciacquare. — « Bisognerà dare una risciacquata a que* bicchieri. * RISCIACQUATÌNA. Dim. e vezz. di Risciacquata. — « Da’ una risciacqua- tina alla bottiglia del vino. * RISCIACQUATO. Part. pass, o agg. da Risciacquare. — * Bicchieri non ri¬ sciacquati bene e che sanno ancora di vino. » RISCIACQUATURA. L’acqua nella qua¬ le fu risciacquato qualcosa. — «La risciacquatura de’ piatti serbala per annaffiare i fiori. » — « Di vino leg¬ giero o annacquato si suol dire che pare risciacquatura di bicchieri. » RISTAGNARE. Di nuovo Stagnare (V.). — « Far ristagnare i vasi da cucina. * — « Gli ho fatti ristagnare che è poco. » RISTAGNATO. Part. pass, e agg . da Ristagnare. — « Rame ristagnato da pochi giorni. » — « Ristagnato male. »» RISTAGNATURA. Atto e effetto del Ristagnare. — « Ristagnatura che non vale un soldo. » — « Anche il prezzo che si paga all’ artefice. » — « Paga la ristagnatura. » — * Tre lire di ristagnatura per i rami da cucina. >» RITIRARE DAL FUOCO. Vale lo stesso che Levare dal fuoco; ma talora vale Toglier dal fuoco per breve tempo. — - Ritira dal fuoco quelle patate quasi cotte, e metti intanto a cuocere lo stufato. » RIVOLTARE. Detto di cibi che cuo¬ ciono, vale Voltarli di sotto in su perchè vengano cotti egualmente. — « Rivoltar la frittata. » — « Rivolta quello stufato , perchè da una parto è bell'e cotto. * RIVOLTATA. L’atto e l’effotto dei Ri¬ voltare. — « Da’ una rivoltata allo stracotto. » ROMAJOLATA. Quella quantità di checchessia che si prende in una volta col romajuolo. — « Mi dai un’al¬ tra romajolata di minestra? » — « Vale anche Colpo dato col roma¬ juolo. * — « Se non ti cheti ti do una romajolata sulla testa. * ROMAJOLINO. Dim. di Romajuolo ; Piccolo romaiuolo. — « Un romajo- lino di argento. * — « Romajolino di legno per le salse. » ROMAJUOLO. Arnese da cucina, di ferro stagnato o di legno , fatto a guisa di mezza palla vuota, con ma¬ nico stretto e sottile, col quale si leva da pentole o da zuppiere la roba li- uida. Quello che serve per gli usi i cucina ha generalmente il manico uncinato per appenderlo. — Dicesi anche, ma non comunemente, Rama¬ iuòlo. ROMANO. È il contrappeso della sta¬ dera, il cui arpione è scorrevole sullo stilo di essa , per allontanarlo tanto più dal Fulcro quanto più è grave la roba da pesare. ROSOLARE. Faro che le vivande, per forza di fuoco, prendano quella cro¬ sta che pende al color rosso. S’usa attivo e neutro. — - Rosola bene lo stracotto. » — * « Lascialo rosolare. » ROSOLARE SÓTTO TÈSTO. Y. Cuò¬ cere, Arrostire, Rosolare sótto tèsto. ROSOLATO. Part. pass, e agg. da Ro¬ solare. — « Un quarto d’agnello ben rosolato. * — « Le torte di latte son cotte e rosolate ne’ forni. » (Redi) ROSOLIRE. Per Rosolare è di uso co¬ mune a Pistoja e per tutto quel con¬ tado. ROSOLITO. Part pass, c agg. da Ro- SOL1RE (V.). RÓSOLO. Effetto dell’ esser rosolato. — « Quell’ agnello non ha ancora preso beno il rosolo. * — « Non ha 608 dell’a il rosolo. » — « Fagli prendere un po’ di rosolo. » s SALARE. Asperger checchessia di sale per dargli sapore, o per conservarlo. — « Sala bene la minestra. » — « Hai salato la carne? » — « Ora salo la pentola. » E assoluto. — « Ha il vizio di sa¬ lar troppo. » — « Non sa salare. » SALATA. L’atto e 1’ effetto del salare. — « Dare una salata a un pezzo di carne cruda perchè si conservi fino al giorno dopo. » — « Bisogna dargli un tiltra salata ai brodo; mi pare un po’ sciocco* » SALATINA. Dim, quasi vezz. di Salata. — « Da’ una salatina al fritto appena tirato su dalla padella. » — « A que’ cetriuoli devi dare una salatina una mezz’oretta prima di condirli. » SALATISSIMO. Superi, di Salato. — « Vivande salatissime. » SALATO. Part. pass, e agg. da Salare. — * Insalata ben salata, ben lavata, poco aceto e ben oliata. » — « Carne salata. » — « Pan salato. » — « Ar¬ rosto troppo salato. » SALATO ARRABBIATO. Dicesi per en¬ fasi di cibo soverchiamonte salato. — « Questa minestra è salata arrab¬ biata. * — «Lo stufatino era salato arrabbiato e m’ ha messo una gran se.te. * SALE. Detto così assolutamente e par¬ lando di condimenti, intendesi Quel corpo bianchiccio , solubile e molto sapido, che si separa artificialmente e per evaporazione dalle acque del mare, e chiamasi Sai marino o Sale di cucina, ovvero scavasi fossile in al¬ cuno miniere, e si dice Sai gemma , e serve ai medesimi usi, cioè di con¬ dire gli alimenti , o di conservarli molto tempo senza che si guastino. SALMI. Voce straniera, ma oramai co¬ mune in tutta Tltalia, a indicare un intinto con varie droghe assai forti, fra le quali il coriandolo, e che serve generalmente per le lepre o simile selvaggina. Il cibo stesso cotto in questa salsa, si dice Salmi. — « Una lepre in salmi. » — « Farla in salmi. * — « Una porzione di salmi. » SALSA. Specie di condimento semili¬ quido, preparato separatamente, e che poi si versa sopra una vivanda cotta, per migliorarne o per variarne il gu¬ sto. — « Salsa di pomidori — di cap¬ peri. » Alle varie salse si danno varii nomi, derivati dal colore, dal sapore, o in¬ trodotti dal capriccio. SALSA AGRODÓLCE. Quella in cui T agro di limone o l’aceto e lo zuc¬ chero sono insieme contemperati. In Toscana si dice piuttosto Salsa dolce e forte. SALSA BIANCA. Quella che è fatta con farina e con torli d'uova. SALSA DÓLCE E FÒRTE. Vedi Salsa AGRODÓLCE. SALSA FÒRTE o SALSA PICCANTE. Quella in cui sono capperi, peperoni, senapa, o altre cose che pizzicano e mordicano più o meno la lingua. SALSA PICCANTE. Vedi Salsa fòrte. SALSA VÉRDE. Quella in cui entrano erbe battute. Così dicesi più specialmente quella da mangiarsi col lesso, composta di prezzemolo, midolla di pane, inzup¬ pata nell’aceto, un po’ d’aglio e olio. Talora c’entrano anche i capperi, o è fatta quasi tutta con questi invece che col prezzemolo. SALSÉTTA. Dim. di Salsa. — « Sa far certe salsette da far tornar l'appeti¬ to ai morti. * — « Ci vuole su questo pesce una buona salsetta. * SALSETTINA. Dim. e quasi vezz. di Salsa. — « Una salsettina di capperi e d’acciughe. * — « Una salsettina da leccarsi i baffi. > SAPER DI LÉZZO. Dicesi di certo spia¬ cevole odore che mandano talora i piatti, le tazze e i bicchieri o mal la¬ vati, o non ben risciaquati in acqua chiara, specialmente quando in essi si è fatto cuocere uova o bollir latte. SAPÉR DI RIFRIGGOLATO. Lo stesso che Saper di rifritto ; ma pare che abbia più del dispregiativo. SAPÉR DI RIFRITTO. V. Rifritto, Sost. SAPÉR FAR DA CUCINA. Saper cuci- nare e bene. — « Mia moglie non sa far da cucina. * — « Una donna che sa far da cucina ha già una buona dote. » SAVÓRE. Denominazione generica di una specie di salsa sapida, appetitosa, 609 dell’ a che si serve fredda in piattino sepa¬ rato, affinchè ciascuno se ne prenda ad arbitrio sul proprio tondo, per in¬ tingervi i bocconi del lesso, deir ar¬ rosto o d’altro. Cosi il Savore differisce dall’Intinto, e ambedue dalla Salsa. Il Savore si fa di varie cose tritate e mescolate, come a dire noci, ovvero prezzemolo, capperi, aglio, acciughe, agresto, olio, ecc. SBUZZARE. Detto di polli, d’uccelli e di pesci, vale Aprirne il ventre e to- flierne gli intestini. — « Sbuzza su- ito quei polli se no con questo caldo c'è il caso che vadano a male. » SBUZZATO. Part. pass. e agg . da Sbuz¬ zare. — « Pesci bell’e sbuzzati, pron¬ ti per esser fritti. » SBUZZATÓJO. Piccolo coltello appun¬ tato, destinato a sbuzzare polli, pe¬ sci e uccelli. — Non comune. SCALDAVIVANDE. Vaso di latta o di ferro, per lo più traforato, dentro il quale si mette del fuoco per tener calde lo vivande nei piattelli che vi si chiudono. Ve ne ha di più foggie. Si fa anche in guisa di cassetta sotto il Lastrone del camino. Vedi per un altro senso di questa voce l’Articolo seguente. SCHIDIONARE. Infilare carne o uccelli nello schidione per arrostirli. — Non comune. SCHIDIONATA. Quella quantità di vi¬ vande che si arrostisce in una volta collo schidione. — « Una schidiona¬ ta d’uccelletti. » SCHIDIÓNE. Lo stesso, ma, nell’uso fa¬ miliare toscano, men comune di Sfiède (V.). SCHIUMA. V. Stùmmia. SCHIUMARE. Lo stesso che Stummia- re (V.), in Firenze e in tutta Tosca¬ na più comune. # SCIÒCCO. Nel senso proprio vale Sci¬ pito, senza sapore, e più particolar¬ mente Senza sale, o Non salato abba¬ stanza. « Brodo sciocco. » — - « Minestra sciocca. * — * È un po’ sciocca la salsa. » SCOPÈRTO. Part. pass, e agg. da Sco¬ prire. — « Lasciala scoperta la caz- zeruola. » — « Le bracioline sono scoperte perchè prendano meglio il colore. » SCOPRIRE. Detto di vasi da cucina, vale Toglierne dalla bocca [il coper¬ chio — « Scopri la pentola perchè Fanfani D. M. non dia di fuori ; bolle troppo forte. » — Dicesi anche della vivanda che sta cuocendo. — « Scuopri le bracioline. » SCOTTANTE. Part. pres . Che scotta, Che brucia. — « Ma che possono sen¬ tire, dice egli, gole lastricate, da ci¬ bi scottanti mortificate e incallite?» (Salvini). SCOTTARE. Neutro. Bruciare, Offen¬ dere dolorosamente col calore. — « La minestra scotta ; aspetta un momen¬ to per darla al piccino. » Attivamente Scottare si dice anche di una vivanda per Immergerla nel¬ l’acqua bollente, e tenervela tanto o quanto. — « I cardoni prima si scot¬ tano; poi s’infarinano, e si friggono. * SCOTTATA. L'atto e l’effetto dello Scottare. — « A quel pollo dagli una buona scottata prima di farlo in pa¬ della. » SCOTTATfNA. Dim. di Scottata; Leg¬ giera scottata. — « Da’ una scottati- na a que’cardoni nell’acqua a bollore per un par di minuti. » SCOTTATO. Part. pass, e agg. da Scot¬ tare. — « Pollo scottato prima di frig¬ gerlo. » SCOTTATURA. L* atto dello scottare, o Parte scottata. Scottatura chiamasi anche l’acqua in cui abbia bollito al¬ cuna cosa medicamentosa, special- mente erbacea. Scottatura di fiori di camomilla. Scottatura di rosolac¬ ci , ecc. La Scottatura si fa anche versando l’acqua bollente sulla cosa medica¬ mentosa posta su un pannolino col¬ locato sulla bocca di un recipiente. SCOTTATUR1NA. Dim. e vezz. di Scot¬ tatura. — « Scottaturina di tiglio. » SCROSCIARE. Fare scroscio, detto del¬ l’acqua a bollore e d’altri liquidi e dei recipienti stessi in cui bollono. — « La pentola scroscia. » — « Senti il brodo come scroscia. » SCRÒSCIO. Romore che fa 1’ acqua quando bolle fortemente. V. Bollire a SCRÒSCIO. SÉCCHIA, SÉCCHIO. Per la famiglia di questa voce e per tutto ciò che si riferisco al pozzo, all’ attingere a- cqua, ecc. Vedi l’Artic. 8°, Della Corte. SERVITÓRE. Lo stesso che Fattorino. SETÀCCIO. Lo stesso che Staccio. Vi¬ ve in alcune parti di Toscana e fuori ; non in Firenze. SFILARE. Detto di vivande arrostito 40 610 DELL’ ABITARE allo spiede, vale Toglierle da esso quando son cotte. — « Sarà ora di sfilarli quei tordi. * — « Ora sfilo l’arrosto e lo servo in tavola. * SGUÀTTERA. V. Sguattero. SGUATTERI NO. V. GuatterIno. SGUÀTTERO, SGUÀTTERA. Colui e Colei che fa le infime faccende della cucina, come spazzarla, lavare i piatti, portar acqua e legna, e far altri si¬ mili uffizi, quasi servente del cuoco. Guattero e Gunttera , sebbene si dica anc’oggi, è in Toscana, o almeno in Firenze, men comune. SIRINGA. Arnese per lo più di stagno, da cui per compressione si caccia fuo¬ ri il burro, figurato in piccolo cilin¬ dro variamente scanalato da servire in tavola. Quest’arnese è simile alla Canna da serviziale, se non che al cannello è sostituito un disco, traforato in figura di stella, o altra consimile (detto stampino o stampettina ) che dà la corrispondente forma al burro che se ne fa escire spingendo lo stantufo. La siringa serve anche per dare alle paste la forma che si vuole, cambiando lo stampino. SMANICARE. Rompere o Togliere il manico a’ vasi in generale. — « Per l’amor di Dio non mi smanicarci pen¬ toli e le marmitte, secondo il tuo so¬ lito, nel rigovernarli all’impazzata. » SMANICATO. Pari, pass . e agg. da Smanicare . — « Padella — pentolo — coperchi smanicati. * SOBBOLLIRE. Neutro. Bollire legger¬ mente e sotto la superficie. — « Ap¬ ena il brodo comincia a sobbollire utta giù la pasta. * -— Si dice e de* liquidi e de’vasi in cui stanno al fuo¬ co; ma di questi ultimi più raramente. SOFFRIGGERE. È Leggermente frig¬ gere. — Attivo e Neutro. — «t Metti quelle cipolline a soffriggere. — La¬ sciale soffriggere un cinque minuti. * — « Soffriggile bene quelle cipolle. * — « Soffriggere il battuto. » SOFFRITTINO. Dim. e quasi vezz. di Soffritto. — « Fa un soffittino per quelle braciuole. * — Non si direbbe mai il soffrittino ; sempre un. SOFFRITTO. Pari. pass, e agg. da Sof¬ friggere. — « Cipolla soffritta. — Triglie soffritte. » SOFFRITTO. Sost. La cosa che si è fatta soffriggere. Dicesi più partico¬ larmente di roba battuta e soffritta, posta .poi a condimento di vivanda da cuocersi insieme. Generalmente per Soffritto s’inten¬ de un- Battuto di cipolla, odori e an¬ che prosciutto, che si crogiola nel tegame o nella cazzeruola con olio e burro. — Fare il soffritto o un sof¬ fritto. SONAGLI. V. Bólle. S OTTEST ARE. V. Cuòcere, Arrostire, Rosolare sótto tèsto. SOTTOCUOCA. Femminile di Sotto¬ cuoco (V.). SOTTOCUOCO. È un cuoco subalterno, l’ aiutante del cuoco. — «Fra cuochi e sottocuochi fanno a chi più ruba in casa del Marchese. > SÓTTO TÈSTO. Vedi Cuòcere, Arro¬ stire, Rosolare sótto tèsto. SPIANATÒJA. Così dicono in alcune parti di Toscana e fuori, ma non in Firenze, la Tavola da spianare (V.). SP1ANATÓJO. Lo stesso che Matte¬ rèllo ; V. a questa voce. SPIEDATA. Per Schidionata (V.) non lo registrano i Dizionari^ ma è voce opportuno, e nell’uso familiare prefe¬ ribile a Schidionata. Il Nievo nelle Memorie d*un ottuagenario : « Qual¬ che volta mi toccò girare qualche spiedata di uccelli, i quali, nel vol¬ gersi a gambe in su, pencolavano a ogni giro fin quasi sulle bragie colle loro testoline scorticate e sangui¬ nose. * SPIÈ DE. Sottile asta di ferro, appun¬ tata dall'un de’ lati per infilzarvi le vivande da cuocersi arrosto. Dall’al¬ tro lato ha una girella, la quale, in¬ filata nella fune del girarrosto, serve a farlo girare, posato che sia dall’al¬ tra parte sul fattorino. Se lo spiede è molto grosso, si dice da carne grossa , se ò sottile sottile, si dice da uccelli. Lo spiede chiamasi puro, ma men frequentemente nell" uso familiare, Schidione e corrottamente Stùlione. SPIÈDE DA CARNE GRÒSSA. Vedi Spiède. SPIÈDE DA UCCÈLLI. Vedi Spiède. SPIEDINI. Vedi Spiedino. SPIEDINO. Dim. di Spiede. Piccolo spiede. — « Uno spiedino da uccelli. * Diconsi Spiedini anche una specie di spilloni d’argento o di simile me¬ tallo in forma di strette lamine acu¬ minate, ornate dalla parte opposta alla punta con un allargamento in forma d’ala o di freccia, e che servono deli/ per tenere infilzati uccelletti o altro cibo da portarsi in tavola. Talora si usano come semplice ornamento di grossi pezzi di carne cotta, come di teste di cinghiale, rosbiffe, e simili. SPIEDONE. Acer, di Spiede; Grande spiedo. — « Hai visto che razza di spiedone nella cucina de' frati? » — « Quello spiedone li per gii uccelletti non è buono; sarebbe quasi quasi troppo grosso anche per un tacchino. * SPRANGA. Cosi dicesi quel fìl di ferro che, introdotto nei fori fatti con un punteruolo negli orli vicini ai pezzi rotti delle stoviglie, servef a tenerli uniti sì che esse siano atte ancora al loro ufficio. — « Ci farò mettere una spranga a quel catino incrinato. » SPRANGAJO. Chi per mestiere spranga o raccomoda stoviglie rotte, — « Sta attento se passa lo spranga.] o, e senti se si possono sprangare que’due catini che mi ruppe l'altra serva. » — « Gii sprangaj gridano per le strade: Sprctn- gajoi donne ! Eccolo lo sprangalo! » SPRANGARE. Per mezzo di Spranghe (V.) riunire i pezzi rotti delle stovi¬ glie. — « È difficile che si possa sprangare quel catino: è andato in troppi pezzi. » SPRANGATO. Part. pass . e agg. da Sprangare . — « Catini e catinelle sprangati. » SPRANGATURA. L’atto e l’effetto dello sprangare. — E anche II luogo dove le stoviglie furono sprangate. — « S’è rotto proprio nella spranga- tura — dove c era la sprangatura. * — Vale anche La spesa fatta. — « Mi ci vuole una lira in sprangatura di cocci rotti da quella sversataccia di serva. » SPRONE. Così, per una certa similitu¬ dine, chiamasi un piccolo disco, o ro¬ tella metallica, la cui periferia è an¬ golarmente ripiegata in linea serpeg¬ giante, il cui centro è girevolmente imperniato tra le due branche paral¬ lele di un manichetto forcuto. Con uest’ arnesino si recidono i lembi egli agnellotti e d’altre paste, sì che rimangano frastagliati a smerlatura o a festoni. STACCARE IL BOLLÓRE. Lo stesso che Levare il bollore ; ma pare che dica qualcosa meno che Levare , e molto meno di Alzare il bollore. STACCIAJO. Colui che fa o vende gli stacci. — « Senti come grida quello staccialo: Stacciai o, donne ! Chi lo vuole lo staccialo ? » L BIT ARE . 611 STACCANO. Piccolo staccio ad uso di colar brodo, o passare altra materia tanto o quanto densa. STÀCCIO. È composto di due stecche di legno piegate in cerchio, che im¬ boccano strettamente l’una nell’altra, e prendono in mezzo il lembo circo¬ lare di una tela di crino, di seta o di filo metallico. Serve a colar liquidi sì che vi depongano ciò che in essi fosse sospeso, e ad altri usi della cu¬ cina. STADÈRA. Strumento col quale si pe¬ sano diverse robe, benché gravissime e di gran mole, sostenendole in bilico con un unico e piccolo contrappeso, chiamato Romano, fatto scorrere lun- o lo Stilo o Braccio. Qui si nota per uso che suol farsene nelle cucine. « La Stadera può considerarsi come una Bilancia a braccia ine¬ guali , e appunto per questa ine¬ guaglianza si possono pesare varii gra¬ vissimi corpi con un unico e piccolo contrappeso, che venga tanto più al¬ lontanato dal Fulcro , o centro del movimento, quanto maggiore è il peso della mercanzia, tenuta sospesa all’e¬ stremità dell’ altro braccio , di lun¬ ghezza invariabile e piccolissima. La ragione di questo equilibrio si espone più lucidamente con questa enerale proposizione: In una leva i primo genere (che tale appunto è la Stadera, come pure la Bilancia, masse, comunque disuguali, stanno fra loro in-equilibrio, quando sono in ragione inversa delle rispettive loro distanze dal Fulcro o pernio ; così il Romano che abbia, per es., come uno di peso, ma che sia posto alla distanza di cento , sosterrà in equilibrio un cor¬ po che abbia cento di peso, ma che sia sospeso alla distanza di uno; giacché uno moltiplicato cento, è uguale a cento moltiplicato uno ; sicché gli sforzi essendo perfettamente uguali dalle due parti, ed essendo, come di¬ cesi, i momenti eguali, vi sarà neces¬ sariamente equilibrio tra la pesante mercanzia, e il poco grave Romano. In ciò, il giovane studioso, che pur abbia per poco delibato i primi ru¬ dimenti del calcolo, non potrà non vedere il semplicissimo caso di una ordinaria Proporzione, cioè della così detta Regola del Tre, nella quale tre quantità note fanno conoscere la quar¬ ta quantità che era ignota. In fatti . nella Stadera, gravata di due corpi disuguali in equilibrio, chiamato P il noto peso del Romano; PF la nota distanza del Romano dal Fulcro F ; 612 dell’abitare R F la distanza pure nota del Fulcro dai punto cui è appesa l’ignota resi¬ stenza R ; il valore di codesto R, cioè il peso della mercanzia, lo troveremo distribuendo i quattro termini coll’or¬ dine espresso nella predetta proposi¬ zione, cioè dicendo: il peso R della mercanzia sarà tanto maggiore del peso P del Romano, quanto la distan¬ za PF è maggiore (Iella distanza RF , cioè scrivendo R: P = PF : RF; che si leg^e così : R sta a P come PF sta ad R F. Ora in ogni propor¬ zione il prodotto dei due termini estremi, cioè del primo e deH’ultimo, essendo sempre uguale al prodotto dei due termini di mezzo, avremo R moltiplicato per RF uguale a P mol¬ tiplicato per PF: e sostituendo i se¬ gni convenuti della moltiplicazione e dell’ugualità, cioè x, = avremo l’e¬ quazione R X RF — P x PF ; la quale equazione si trasforma in questa altra, che le è equivalente, cioè R P PF - -, e per ciò il valore di R del R F primo membro, cioè il peso della mer¬ canzia, cessa di essere ignoto, dacché trovasi equiparato alle qualità del se¬ condo membro, che son tutte note. La molta cortezza di uno dei bracci della Stadera, la rende meno sensi¬ bile della Bilancia: ma a questo di- fettoche pur non è grande, trattandosi sempre di grossi pesamenti, e di ma¬ terie più o meno ordinarie, fa largo compenso il non richiedersi se non un unico contrappeso, e questo an¬ che piccolissimo in paragone delle forti pesate, come di un carro di pie¬ tre, o d’altra cosa simile ; invece che la Bilancia richiede una grande va¬ rietà di contrappesi e questi sempre uguali al peso della roba che si ha a pesare, così che in ogni pesata viene a raddoppiarsi il carico sopportato dal Tagliente del Pernio. * Nota del¬ l'editore milanese . Della Stadera qui non si notano che le parti principali: le altre son da ve¬ dere nel Vocabolario d’arti e me¬ stieri all’Articolo Staderajo. STADERAJO. Fabbricante di Stadere. STADERÌNA. Piccola Stadera, Stadera di piccola portata, specialmente ad usi domestici. STADERÒNA. Acer, di Stadera; Gran¬ de stadera. Staderone ha un senso speciale (V.). STADERONE. Acer, di Stadera ; e per lo più intendesi di quella grossa Sta¬ dera pubblica, ad uso commerciale, colla quale per forza d’argano, di bur¬ bera o di verricello, si sollevano gli stessi carri col loro carico, del cui peso fa la stima legale un pubblico pesatore. STAGNAJO. Colui che fa o vende la¬ vori di stagno o di latta saldata con stagno. — « Va dallo stagnajo qui ac¬ canto a comprare un vasetto per il latto. » — • Dicesi anche Stagnino e anzi in Firenze più comunemente che Stagnaio . STAGNARE. In senso att., parlandosi di vasi di rame, vuol dire Coprirne l’interna superficie con sottil velo di stagno. Ciò si fa coU’avvivaro il ra¬ me raschiandolo con un pezzo d’ac- ciajo tagliente, quindi infondere nel vaso un poco di stagno fuso, che si va confricando con un batufolo di capeccliio inastato su di un corto ba¬ stone, aggiuntavi un po’ di polvere di colofonia por impedire l’ossidazione della superficie lustrata del rame. « Dare a stagnare i rami di cucina. — Fare stagnare una cazzeruola. * STAGNATA. L’atto dello stagnare. — « Farò dare una stagnata ai rami di cucina che ne hanno più bisogno. » STAGNATA. Vaso per lo più di stagno, o di latta, di varia forma, con bec¬ cuccio fatto a cannello a uso special; mento di tenervi certa quantità di olio per l’uso giornaliero della cu¬ cina. ' Vedi anche Stagn/na. STAGNATO. Part. pass, e agg. da Sta¬ gnare. — « Caldaja stagnata di nuo¬ vo. * Cazzaruola stagnata male. » STAGNATURA. L’azione e l’effetto del¬ lo Stagnare. Dicèsi anche II prezzo della stagna- tura medesima. — « Se la donna non mi tien bene il rame, fo pagare la sta- gnatura a lei. » — * Ho pagato due lire di stagnatura il mese passato. » STAGNfNA. Lo stesso che Stagnata e più comune oggi in Firenze. STAGNINO. Lo stesso che Stagna¬ jo (V.). STAGNUOLA. Vaso di latta, di forma conica, con un imbutino attaccato in cima, cannello a beccuccio da una parte, manico dall’altra, che conterrà circa mezzo litro di olio (Gradi). STAMIGNA o STAMfNA. Pezzo di tela rada o di pelo di capra, a uso di co¬ lare. La stamigna si stende lenta so¬ pra un telajetto, rattenutavi da quat¬ tro punte nei quattro angoli, in mo- dell’ do che faccia sacco nel mezzo, affinchè il liquido non esca sparpagliato, ma coli dal mezzo a goccie, o in filo con¬ tinuato. STAMÌNA. V. Stamigna. STAMPA. Sottile e stretta lamina di latta, ripiegata in cerchio, o a croce, o a stella, o in altra figura che si vo¬ glia dare a’pezzi che con essa s’ in¬ tagliano nella pasta spianata per farne minestra o pasticcerie. Dicesi anche, ma men comunemen¬ te in Firenze, Tagliapasta. STAMPETTINA. Y. Siringa. STAMPINO. V. Siringa. STANTUFFO. L’asticciuola che scorre nella siringa per ispingere la pasta o il burro verso lo stampino o stampet- tina onde prende 1 forma. È simile nella forma e nell’effetto allo stan¬ tuffo de’ serviziali. Vedi l’Articolo 1 di questo stesso Capitolo. STECCARE. I cuochi dicono Steccare lo stracotto, il rosbiffe o altra pie¬ tanza di carne grossa, per Fare in essa de’buchi qua e colà, ficcandovi aglio, garofani, ramerino od altro, per darle odore. — « Steccalo bene quel pezzo di montone. » STECCATO. Part. pass, e agg . da Stec¬ care. — «Rosbiffe — Stracotto — stec¬ cato. * STIDIÒNE. Corruzione volgare di Schi¬ dione. (V.). STOVIGL1AJO. Lavoratore e vendito¬ re di stoviglie. STOVIGLIE. Generalmonte diconsi a questo modo Tutti i vasi di terra, onde ci serviamo per uso segnata¬ mente della cucina e anche della ta¬ vola. STOVIGLIERIA. Term. collett. di ogni sorta di stoviglie. — « Ricca, gran¬ de stoviglieria. * — Non comune. STRACÒTTO. Part. pass, da Stracuo¬ cere. — « La gallina a quest’ora è cotta e stracotta. » — « Carne stra¬ cotta. * STRACÒTTO. Sost. Vivanda di carne cotta in umido con battuto di cipolla, odori e prosciutto. — « Un bel pezzo di stracotto. » — « Lo stracotto non mi piace. * STRACUÒCERE. Cuocer troppo; trop¬ po lungamente cuocere. — « Il Lesso bisogna cuocerlo, ma non stracuocer¬ lo, altrimenti non sa più di nulla. » STRIZZ ALIMÒNI. Arnese di legno, com¬ posto di due pezzi mastiettati insie¬ me all’un de'capi con un incavo nel mezzo delle due facce interne per col¬ locarvi il limone, e un canaletto per l’uscita dell’agro, che si preme fuori collo stringere i due manichetti. STRIZZARE. Fortemente stringere, e dicesi particolarmente dei limoni e degli spinaci cotti per fare uscire F agro dai primi e 1* acqua dai se¬ condi. « Strizzare s’adopera in più al¬ tre locuzioni : così i ragazzi strizza¬ no la neve fra le mani per appallot¬ tolarla, e scagliarsene di lontano le palle per giuoco. Si strizzano altrui le mani da chi troppo le stringe o per soprabbondanza d’affetto, o per eccesso di forza, o per isgraziatag- gine. » Nota delV editore milanese. — « Strizza un limone per il cibreo. » — « Quelli spinaci strizzali bene prima di metterli in padella. * STROFINÀCCIO. V. Strofinàcciolo. STROFINÀCCIOLO t che dicesi anche CÈNCIO DA RIGOVERNARE. Batuf¬ folo di cencio molle o pezzo di calza che serve per istropicciare le stoviglie quando si rigovernano. Dicesi anche, ina men comunemente in Firenze, Strofinaccio . STUFAJUÒLA. Specie di cazzeruola o Tegame più fondo degli ordinarii, con coperchio, nella quale si cuoce lo stu¬ fato. È generalmente di terra cotta, ma se ne vedono anche di rame sta¬ gnato. STUFARE. Cuocere in istufato. V. Stu¬ fato. Il Meini nel Dizionario Tori¬ nese : — « Certe pietanze i cuochi prima le stufano, e poi le rifanno con una salsa. » STUFAT1NO. Dim. e quasi vezz. di Stufato. — « Uno stul'atino alla ca¬ salinga da leccarsi i baffi. * STUFATO. Part. pass, e agg. da Stu¬ fare ; Cotto in istufato. — « Carne stufata e poi rifatta con una salsa. » STUFATO. Sost. Carne cotta a ta¬ gliuoli in vaso fondo di rame o di terra, come cazzeruola o bastardella, e ben condita con sale, pepe, aglio, e anche olio. — « Uno stufato nei muscolo. » — « Gli piace lo stufato alla contadina, cotto, non coll’olio, ma con acqua, molto pepe, sale e spicchi d’aglio. » ( Meini ). STUFATO ALLA CONTADINA. Vedi Stufato. STÙMIA e più comunemente STLLM- 614 dell’abitare MIA. Sebbene sia una vera e propria corruzione di Schiuma , pure io noto la voce sotto questa sua forma che è in Firenze e presso molti autori riserbata a significare Quella specie di spuma che viene a galla dell’acqua ove bollano carne, pesce e altre vi¬ vande. — « Leva la stummia alla pen¬ tola prima che vada a fondo. » Questa non si direbbe mai nè schiu¬ ma nè spuma , almeno da un Tosca¬ no; come egli non direbbe mai Stum¬ mia quella del mare o quel silicato di magnesia onde si fanno i cosiddetti bocchini di spuma. STUMIARE e STUMMIARE più comu¬ ne. Il toglier via dalla pentola, con la mestola bucata da ciò, la stummia che fa la carne o il pesce quando è sul principio del bollire. STUMIATO e più comunemente STUM- MIATO. Pari. pass. eagg. da Stum- miare. — « Brodo non bene stum- miato. * SUGO. Umore sostanzioso e saporito che si cava dalla carne, dall’erbe, ecc. per condimento. — Quindi le frasi Fare, Tirare il sugo , per Estrarnelo per via delia cottura. — « Risotto col sugo dello stufato. » — « Un cuoco che non sa tirare il sugo. * ^ « Fare il sugo per i maccheroni. » T TACCHE. Chiamansi quei tagli segnati con la lima lungo il braccio o stilo della stadera corrispondenti ad altret¬ tanti determinati pesi di roba coi quali si equilibra il Romano. TAFFERIA. V. Farinajuola. TAGLIAPASTA. V. Stampa. TAGLIÈRE. Asse di legno quadrilatera, grossa, spianata e liscia, con manico, che si adopera in cucina per pestarvi, tagliarvi la carne o altro. TAMBURLANO. Così dalla forma chia¬ mano un cilindro cavo, di ferro, in cui si tosta il caffè. 11 tamburlano è attra¬ versato da un’asticciuola di ferro in forma di spiede che si prolunga ai di fuori di ciascuna delle due basi, e su di essa si fa girare nella bocca del fornellino per tostare il caffè intro¬ dottovi da uno sportellino a coper¬ chio mastiettato nella fascia, e che si serra con piccolo saliscendo che va a forza. Una delle estremità dell’asse prolungato, corta e tonda, detta Naso , entra e gira in un occhio o foro, presso la bocca del fornellino, e sopra una opposta tacca posa e gira l'altra estre¬ mità dell’asse che termina in manico da volgere. In Firenze il Tamburlano si dice oggi generalmente Tostino. (V.). TAPPINO. Y. Cioccolatièra. TÀVOLA DA SPIANARE. Arnese qua¬ drato, composto di assi ben piallate, ed alle volte con sponde a’ tre lati, sul ouale si distende la pasta col mat¬ terello, o spianatoio. TEGAMÀCCIO. Pegg. di Tegame. — « Tegamaccio che puzza di rifriggo- lato. » TEGAMATA. Tanta roba quanta ne entra a cuocere in un tegame. — • « Si mangiarono una tegamata di patate in umido. » Vale anche Colpo dato con un te¬ game. « L’ha tocco più picchiato, Panate o piattellate e tegamata. Che non ha peli addosso. » Lasca. TEGAME. Vaso di terra cotta, con fon¬ do piano e circolare, con sponda di¬ ritta, più o meno alta, che si adopra in cucina per cuocervi uova, farvi salse, ecc. Il Tegame può anche essere di ban¬ done o di rame; ma allora si specifica : Tegame di bandone , Tegame di rame. TEGAMÌNA. Tegame un po’ più gran¬ de degli ordinarii, e con sponda più bassa. TEGAMINO. Dim. di Tegame ; Piccolo tegame. — « Uova nel tegamino. * TEGAMÓNE. Acer, di Tegame ; Gran¬ de tegame. — « Un tegamone spro¬ positato. » TEGLIA. Vaso di rame piano e stagna¬ to di dentro, con sponda bassa, ^ nel quale si cuociono alcune vivande come torte, migliacci e simili. Vi sono anche Teglie di terra cotta. È della forma stessa del tega¬ me ma meno fonda e più larga. TEGLIÀCCIA. Pegg. di Teglia. — « Te- gliaccia tutta pièna di fitte che non vai neanche la spesa d’accomodarlu. » TEGLIATA. Tanta quantità di roba quanta può cuocersi in una volta nel¬ la teglia. — « Fammi una bella te¬ gliata di baccalà col pomodoro. » DELL*, TEGLIÙNA. Acer, di Teglia; Grande teglia, ma non quanto il Teglione (V.) TEGLIÒNE. Acer, di Teglia , e più pro¬ priamente, Teglia grande, ma quadra¬ ta, e in generale di ferro, con sponda bassa, che s’adopra per cuocervi le paste in forno. TEGL1ÙCCIA. Dim. e dispr. di Teglia ; Teglia piccola o comecchessia non atta all’uopo. TÈSTO. Quel disco di terra cotta, con piccola presa sorgente dal suo mezzo, e che serve a coprire pentole e tega¬ mi. Volgarmente in Firenze dicesi anche Copricella. V. Copricella e Copèrchio. TIRAPRANZI. V. Calapranzi. TIRARE IL SUGO. V. Sugo. TONDINO. V. Cestino da portare in tavola. TORCIÓNI. V. Canovacci. TOSTARE. Si dice specialmente per Ab¬ brustolire il caffè nei Tostino. — « Non c’è più caffè : bisognerà to¬ starlo. * Dicesi anche delle mandorle e dei pane messo a riseccare in forno. TOSTATO. Part. pass, e agg. da To¬ stare. — « Caffè — mandorle — pa¬ ne tostato. » TOSTATURA. L’azione o l’effetto del tostare. — « Che il caffè venga buono dipende molto dalla tostatura. » TOSTINO. Dicono così alcuni quel For¬ nello col suo tamburlano che si ado¬ pera per tostare il caffè, ma in Fi¬ renze per Tostino si intende gene¬ ralmente il tamburlano stesso. — « Non lo riempir tanto il tostino, se no il caffè non si tosta bene. * TRABOCCARE. Neutro , che anche di¬ cesi Dar di fuori, è il Versarci fuori il liquido per la bocca del vaso, nel forte bollire, o perchè va in ischiuma, o perchè è soverchiamente empiuto. — « Guarda che il brodo non tra¬ bocchi. » — « La pentola trabocca. » TRAMÒGGIA. Apertura superiore del macinino nella quale si pone una manciata di caffè tostato, che poi va cadendo nella sottoposta campana. TREPPIÈDE. Arnese di ferro, fatto di una spranghetta ripiegata in figura triangolare equilatera con tre piedi, e sul quale si soprappone questo o quell'auro vaso di cucina, che non si possa o non si voglia appendere alla catena, o collocare sur una delle bu- cho del fornello, per farvi cuocere che che sia a fuoco di carboni. BIT ARE 015 — « Aveva sopra la spalla sinistra una padella , e sotto quel brac¬ cio medesimo un fascetto di legne, e nella mano un treppiede. « {Boc¬ caccio). TREPPIEDfNO. Dim. di Treppiede ; Piccolo treppiede. — « Per il tega¬ mino delle uova adopra quei trep- piedino lì. * TREPPIEDÓNE. Acer, di Treppiede , o più specialmente, Sorta digrosso trep¬ piede, tondo di sopra, con gambe più alte, affinchè la padella o aitro vaso, che vi si soprappone, stia sufflcien- mente distante dalla base della fiam¬ ma che vi si fa sotto, in una delle buche del fornello o sul piano del fo¬ colare. XJ ÙMIDO. Vivanda cotta nel proprio su- go, aggiuntovi olio e altri condimenti. — * Oggi a tavola ci avremo Tumi¬ do. » — . « Minestra, lesso, umido e arrosto. * UOMO DI CUCINA. Così, quasi per mo¬ destia, dicono il Cuoco. — « Tiene una serva per i grossi servizii e un uomo di cucina. » Dicasi lo stesso di Donna di Cu¬ cina per Cuoca. UTÈLLO. Vasetto di terra invetriata, a uso di tener olio, aceto e simili per condire. L’usano ancora, dice il Tommaseo, i contadini in alcune parti di Toscana, segnatamente nei Senese. In Fi¬ renze, però, non si capirebbe che cosa sia. UTENSILI. Così chiamansi quegli stru¬ menti, arnesi e mobili che vengono spesso ad uso nelle case, nelle offi¬ cine, e specialmente nelle cucine. v VASELLAME. Denominazione collettiva e generica di vasi d’ogni forma e di ogni maniera. Non comune nell’uso familiare. VASELLAME DA CUCINA. Tutti quei vasi in cui si fanno cuocere o si ap- 6 16 dell’abitare prestano le vivande, o vi si fanno altre operazioni di cucina. Codesti vasi sono o di terra, e si chia¬ mano più comunemente Stoviglie, ovvero son fatti di rame stagnato, e si dicono collettivamente il Rame , o i Rami . Non comune nell’uso familiare. VASELLAME DA TÀVOLA (V. Art. 12 DELLA CREDENZA, ecc.). VASELLAME DI TÈRRA. Denomina¬ zione generica di diversi vasi di terra cotta e invetriata, per varii usi (Vedi Voc. d’art. e mest., Art. STOVI- GLIAJO). Non comune nell’uso familiare. VASÉTTO DÉL CAFFÈ. V. Bricco e Caffettièra. VASI. Nome generico di tutti i reci¬ pienti che servono per la cucina, sia¬ no questi di rame, di ferro, di latta o di terra cotta. — « i vasi da cucina debbono sempre esser tenuti nettis¬ simi. » VÉLO REGINO. « Cosi chiamano in Fi¬ renze il velo degli stacci e dei bu¬ ratti, se di seta e più fine degli al¬ tri che s'adoperano a usi simili. For¬ se così detto, o perchè della miglior qualità, o perche di tal tessuto fosse qualche fabbrica rinomata in quel di Reggio. » ( Meini ). VERDERAME. Quella gruma verde che si genera nei rame per la umi¬ dità ( Ossido di rame), «li verderame è velenoso. » Dicesi che i vasi da cucina Fanno il verderame quando per l’umidità si forma in essi un tale ossido di rame. — « Se non le asciughi bene quelle cazzeruole faranno il verderame. » z ZIMINO. Vivanda di magro, come bac¬ calà, anguille o altro, cotta nel te¬ game con bietole trinciate o spinaci, prezzemolo, aglio, olio, pepe e sale. » — « Baccalà — anguilla in zimino. * — « Fare il pesce in zimino. » — « La Manetta sa fare lo zimino molto bene. » — « Calamaj in zimino. » CARO QUARTO DELL’ABITARE ARTICOLO XII. DELLA CREDENZA E DEGLI STRUMENTI DELLA MENSA. Indice ivietodieo. Credenza Credenzetta Credenzlna Credenzona Credenzone Credenzùccia Credenzàccia Credenziere Credenziera Biancheria da tàvola Tovàglia Tovaglietta TovagUna Tovagliona Tovaglione Tovagliùccia Tovagliàccia Tovagliuolo Tovagliolino Tovagliolùccio Tovagliolàccio Salvietta :Salviettina Apparécchio Finimento da tàvola Servizio Servito Argenteria Argenti Posata Posatlna Posatona Posatuccia Posatàccia Posata di legno Posata d’argento [Reggiposata Cavalletto Rocchettfno Ponticlno Cucchiaio Cucchiajetto Cucchiaino Cucchiaione Cucchia^uccio Cucchiajàccio Cucchiaiata Cucchiajatlna Cucchi ajatona Cucchiajera Forchetta Forchettina Forchettona Forchettone — ad asticciuola Forchettuccia Forchettàccia Forchettata Forchettatlna ( Rébbii ( Punte Forchettiera Coltello Lama Lametta Lamettina Lamùccia Lamàccia Céstola Tàglio Filo Punta Códolo Bilico Bottone Ghiera Mànico Coltello da tàvola da serrare da chiùdere da tasca Coltelletto Coltellino Coltello o Coltellino da frutte Coltellinata Coltellinaio Coltellinaja Coltellone Coltellàccio Coltellàccio Coltellata Coltellame Coltelliera Tacche Intaccare Intaccato Il coltello che ammazzò forse Taglia quel che vede Taglia come cuce V. 1’ Art. 3° Affilare Arrotare Coltello da trinciare Trinciante Trinciare ! 618 Scalcare Scalco Scalcatore Scavatrice Scalcherfa [ Ramajuolo (1) [ Romajuolo Tagliapesce Méstola da pesce Cifra Ì Astùccio da posate Busta Custòdia Vasellame Piatti Porcellana — del Giappone Maiolica Acciottolare Acciottolio Incrinare Incrinato Incrinatura Piatto Piattino — da frutte Piattello Piatterello Piatterellino Piattone Piatteria Piatta'] o Piattaja Tondi Tondini Scodella Scodelletta Scodellina Scodellino Scodellona Scodellone Scodellùccia Scodellàccia Scodellare Scodellato Scodellata Zuppiera Zuppieretta Zuppierina Zuppierona Zuppierone Zuppierùccia Zuppieràccia Giara Giarettina ( Tazza ( Tazza da brodo Ciòtola (1) Per la famiglia di questa ▼oce Vedi 1* Articolo prece¬ dente. INDICE METODICO {Ciòtola da guazzi Guazziera Compostiera Ciotoletta Ciotolina Ciotolona Ciotolone Pesciaiuola Insalatiera Fruttiera Portadolci Salsiera Mostardiera Vasetto della mostarda Ovajuolo Ovaruolo Caffettiera Lattiera Zuccheriera Mollette da zùcchero — da spàragi Tettiera Tejera Vassojo Vassojotto Vassoino Vassojata Sottocoppa Chicchera Chiccheretta Chiccherina Chiccherona Chiccherone Chiccherùccia Chiccheràccia Chiccherata Tazza Tazzetta Tazzina Tazzona Tazzone Tazzùccia Tazzàccia Tazziera Cristallame Scoppiare Bicchiere Bocca Orlo Pareti Fondo Culo Bicchiere col piede — a càlice — a bombò — da birra Bichieretto Bicchierino — da sciampagna Bicchiere da sciam pagna Tazza da sciampa gna Rocca — da rosòlio — da vermouth — da vino del Reno Bicchierotto BicChierone Bicchierùccio Bicchieràccio Bicchierata Bicchierajo Sbicchierare Càlice Calicetto Calieino Calicione Gòtto Bòccia Boccetta Boccettina Boccettino Bocciona ^ Boccione Bottiglia (1) Cavatappi — sémplice — composto — a cannella Cavaturàccioli ( Sturabottiglie Chiòcciola Fusto Mànico Grùccia Tappo - smerigliato Turo )v rART 7o Turàcciolo )V- 1 ART‘ ' Ampolla ( Ampolliera ( Oliera Saliera Salieretta Salierina Salierùccia Sciacquabocche ( Scaldapiatti ( Scaldavivande Panierina da pane ( Schiaccianoci ( Schiaccino Stecchi Stecchini Stuzzicadenti Nettadenti Portastecchi Servo muto Servitore di legno Bómbola Cantimplora (i) Vedi per la famiglia di questa voce l’Articolo 7®. DELL’ABITARE ACCIOTTOLARE. Far sonare nell’ur- tarli fra loro i piatti e le stoviglie. — « Ho sentito acciottolare i piatti, e non sono entrato subito pensando che erano a pranzo, » ACCIOTTOLIO. Il suono alquanto con¬ tinuato o frequente che fanno i piatti e le stoviglie urtati fra loro. — « Sen¬ ti che acciottolio ! » « So parli a tal elio l’aniraa baratta Col vario acciottolio delle scodelle. In grazia degli intingoli, la pelle Ti resta intatta. » Giusti. AFFILARE. Per quel che si riferisce all’affllare i coltelli, V. Affilare e famiglia nell’Articolo 3°. AMPÓLLA. Vaso di vetro o di cristal¬ lo, bislungo e ristretto un poco in verso la bocca, con manico da un la¬ to; e si dice specialmente di quelle che si adoperano a mettervi nell’una l’olio e nell’altra Faceto per portare in tavola. — « Porta le ampolle per condir l’insalata. » — « Riempi l'am¬ polla dell’olio. » AMPOLLIÈRA. Arnese di legno, di ma¬ iolica, di cristallo o di metallo, con manico alto nel mezzo, e a'iati due recipienti da mettervi le due ampolle l’una per l’olio, l’altra per Faceto, che si mettono sulla mensa. Dicesi pure Oliera . APPARÉCCHIO. Dicesi comunemente La tovaglia con adattato numero di tovagliuoli, che per lo più è di dodici o di ventiquattro. ARGENTERIA. Quantità d’argento la¬ vorato, posseduto da una famiglia, purché non sia in moneta, ma in po¬ sate, vasellami, ecc. : — « Hanno rubato stanotte tutta l’argenteria di casa Corsini. * Dicesi pure, ma non comunemente, gli Argenti . ARGÈNTI. V, Argenteria. ARROTARE. Per quel che si riferisce all’arrotare i coltelli, V. Arrotare e famiglia nell’Articolo 3°. ASTÙCCIO DA POSATE. Specie di cas¬ setta a scompartiménti e nicchiette , da riporvi, ritte o coricate, le posate di metallo fine, le quali poi vi si chiu¬ dono a chiave, abbassatone il coper¬ chio. Nelle grandi credenze, per mag¬ giore speditezza di servizio, o per di¬ minuire la mole di un unico astuccio, se ne hanno tre, in ciascuno dei quali si tengono separatamente le Forchet¬ te, i Cucchiai e i Coltelli, e si chiamano rispettivamente la FORCHETTIÈRA, la .CUCCHIAJÈRA e la COLTEL¬ LIERA. Alcuni dicono anche Custodia e Busta da posate, ma forse men bene, chè Custodia è più propriamente quella cassetta dove si custodiscono cose di maggior pregio, come reli¬ quie, giojelli e simili : Busta poi di¬ cesi più comunemente di astuccio di libro riccamente legato, di quello per esempio che le signore portano in chiesa. B BIANCHERIA DA TÀVOLA. Nome col- lettivo dei pannilini bianchi, tessuti, a opera, che s’adoprano o sulla mensa, o sulla credenza, o elio tengono i 620 dell’abitare commensali sulle ginocchia o i ser¬ vitori in rnano, per pulitezza di ser¬ vizio. — « Gli rubarono tutta la bian¬ cheria da tavola. » — « Bisogna ri¬ fare molta biancheria da tavola. » BICCHI BRÀCCIO. Pegg. di Bicchiere; e più specialmente di Bicchiere d’al¬ tro die di vetro. — * Bicchieracci comprati su un baroccino a tre soldi l’uno. * — « Beveva in un bicchie¬ raccio di legno — di latta. * BICCHIERAJO. Colui che fa bicchieri. Ha molti esempii; ma oggi si dice ge¬ neralmente Vetrajo. Può per altro ca¬ dere opportunissimo anc oggi. BICCHIERATA. Quanto liquido entra in un bicchiere. — « Beveva gran bicchierate di liquori. — « Gli rove¬ sciò addosso una bicchierata di vino. » In questo senso non ò punto comu¬ ne supplendovi con bicchiere , usan¬ do il contenente per il contenuto. Più comune nel senso di Colpo dato con un bicchiere. — « Se non smetti, ti tiro una bicchierata nella testa. » BICCHIÈRE. Piccolo vaso da bere, per 10 più di cristallo, alto otto o nove centimetri, o così, largo quanto può comodamente agguantare la mano, di figura per lo più cilindrica. Le sue parti, facili a comprendersi senza bi¬ sogno di definizioni, sono l’Orlo, la Bocca, le Pareti, il Fondo, che ha sotto di sè un risodo detto Culo; on¬ de per significar che un diamante è falso, si aice che è un cui di bic¬ chiere» Contiene circa un quarto di litro. Bicchiere pigliasi anche per Quella quantità di liquido che vi è o vi può esser contenuta. — « Mi dà un bic¬ chier d’acqua? » — « Ho bevuto un par di bicchieri di vino bianco. » S'adopera talora anche per L’uso, 11 vizio del bere. — « Gli piace un po’ troppo il bicchiere.» — « Dice un proverbio: Tavola e bicchiere tradi¬ sce in più maniere. » BICCHIERE A BOMBE. Così dicesi quel Bicchiere che si allarga nel mezzo, e fa pancia, per modo che ha forma come di una piccola botticina. BICCHIÈRE A CALICE. Bicchiere col piede, in forma del calice da messa. Dicesi anche Càlice (V.) semplice- mente. BICCHIÈRE COL PIÈDE. V. CAlice. BICCHIÈRE DA BIRRA. Bicchiere senza piede, di grosse pareti, più largo verso il fondo che verso la bocca, con grosso manico laterale ad ansa. BICCHIÈRE DA SCIAMPAGNA. Vedi Bicchierino da sciampagna. BICCHI ERETTO. Dim. di Bicchiere; più grande del Bicchierino. * Questa altera, questa mia Dionea bottiglieria Non raccetta, non alloggia Bicchieretti fatti a foggia. * Redi. E per II contenuto; ed ha allora del vezz. — « Un buon bicchieretto di vin vecchio dopo l’arrosto. » BICCHIERINO. Dim. di Bicchiere; Bicchiere più piccolo, generalmente cilindrico, e della tenuta di una sesta parte del bicchiere comune. E per II contenuto. — « Vuole un bicchierino di rosolio per rimettersi lo stomaco? * Vale anche L’ uso e L’ abuso del bere. — « Ci sta al bicchierino 1’ a- mico. * — « Gli piace il bicchie¬ rino. * S’usa più spesso in questo senso a significare I liquori. — « Tutte le mattine beve il suo bicchierino. » — « Va sempre a bere il bicchierino dal liquorista sulla cantonata. » BICCHIERINO DA ROSÒLIO. Più pic¬ colo assai de’ bicchieri da vino , col iede, e in forma di mezzo cono o a ombè. BICCHIERINO DA SCIAMPAGNA. È col piede ed in forma di cono arro¬ vesciato. È assai alto; e familiarmente i così fatti si chiamano Rocche. Oggi la forma dei bicchieri più di moda per bere lo sciampagna, è di largo bicchiere con piede alto un quattro dita o cinque e le pareti un par di dita; e quindi, piuttosto che Bicchierini , si dicono Bicchieri da sciampagna o Tazze da sciampagna. BICCHIERINO DA VERMOUTH. È eneralmente cilindrico, a calice, e ella tenuta di una sesta parte del bicchiere comune. BICCHIERINI DA VINO DEL RÈNO. Piccoli bicchieri col piede, colle pa¬ reti a bombò, generalmente di vetro verde o rossastro. BICCHIERÓNE. Acer. di Bicchiere; Grande bicchiere. — « Per chi è quel bicchierone? — Per il nonno. » — « Un bicchierone che tiene più di mezzo litro. » Nell’Ospedale di Santa MariaNuova in Firenze chiamano Bicchierone un purgante composto, credo, di manna e sena ; e quando , anche i medici, dicono Bicchierone, s’intende quel tal DELL ABITARE 621 purgante e in quelle tali dosi. — « Se nemmeno domani anderà di corpo, gli daremo il bicchierone. » BICCHIERÒTTO. Bicchiere alquanto grande. Più spesso del contenuto — « Un buon bicchierotto di vino ti ri¬ metterà in forze. * BICCIIIERIJCCIO. Dim. e dispr. di Bic¬ chiere. — « Nemico di alcuni stroz¬ zati carafflni e bicchierucci sfregiati.» (Fagiuoli) — Anche della poca quan¬ tità del liquore. — « Chi sa cosa gli are d’ aver fatto a averci dato un icchieruccio di vino. » BÌLICO. È lo stesso Bottóne (V.) al¬ quanto allargato, e a lembo sporgente all’intorno. Per effetto di questo sporto e della preponderanza del ma¬ nico, la lama non tocca la tavola, e la tovaglia non ne resta bruttata. A ciò si supplisce anche col Ponticino. BÓCCA. Vedi Bicchière. — « Metti il bicchiere a bocca all’ingiù. » BOCCÉTTA. Dim. di Boccia. Piccola boccia a uso specialmente di tenervi odori e medicine ; ma può dirsi anche di Boccia da tavola. — « Ogni bam¬ bino ha la sua boccetta di vino a tavola. » BOCCETTINA. Dim. e talora anche vezz . di Boccetta ; Piccola boccetta, anche da tavola. — « La sua boccet- tina di vino al bambino quando va a scuola. » BOCCETTINO. Sottodim. e vezz. di Boccia ; generalmente di boccettina piccola per acque d’odore. BÒCCIA. Specie di bottiglia, ma di cri¬ stallo non colorato , a uso di tenere in sulla mensa l’acqua e talora anche il vino. — « Porta subito una boccia d’acqua fresca. * — « E la boccia del vino perchè non la metti in tavola? » — • La Bottiglia è diversa dalla Boc¬ cia. Vedi Bottìglia nell’Art. 7°. BOCCIÓNA. Acer, di Boccia ; Boccia grande, ma non tanto quanto il Boc- cione. — « Mise in tavola due boc- cione che tenevano un tre litri di vino per lo meno. » BOCCIÓNE. Acer, di Boccia ; Bocciona molto grande. — « Quel boccione di vino se lo bove lui solo, il nonno. » — « Mettono il vino in certi boccioni che tengono un par di fiaschi. » BÓMBOLA. Fu già sorta di vaso di vetro con collo corto e di pancia rotonda per il vino ; oggi è un Vaso di rame o d’altro metallo, con grossa pancia rotouda per tenervi entro boceie o bottiglie d’acqua o di vino a ghiac¬ ciare. Non tanto comune. BOTTIGLIA, e famiglia con tutte le voci attinenti sonda vedersi nell’Ar¬ ticolo 7°. BOTTÓNE. Quella parte del coltello che è tra la lama e il codolo, ingros¬ sata e tondeggiante, per fare come ritegno e limite alla entratura del codolo nel manico, ovvero allargata a guisa di un fondello, o anima di bottone, per servire di bilico. V. an¬ che Bìlico. BUSTA. Vedi Astùccio da posate. c CAFFETTIÈRA. Vaso di porcellana con beccuccio , in cui si travasa il caffè dal bricco dove ha bollito , per por¬ tarlo in tavola. Ve ne sono anche di metallo più o meno nobile.- V. nel¬ l’Articolo precedente alla voce Caf¬ fettièra. CÀLICE o BICCHIÈRE CÓL PIEDE. È quello che ha un gambo e un piede tutti d’un pezzo col vaso più ristretto al fondo che all’orlo. Calice per Bicchiere a calice va oggi rendendosi comune. CALICÉTTO. Dim. di CAuce (V.); Ca- lice piccolo, ma non tanto quanto il Calieino. — « Un calicetto di vino d’Asti spumante. » CALICINO. Dim. di Càlice (V.); più piccolo dei Calicetto. — « Beva que¬ sto calieino di Marsala. » CALICIÓNE. Acer, di Calice; Grande calice. — « Che calieioni c’è in que¬ st’albergo !» — « si beveva certi ca¬ lieioni ai vino! » CANTIMPLÒRA. « Vaso per lo più di stagno , che si mette nel diaccio o nella neve per raffrescare l’acqua, o anche il vino, l’estate. » ( Rigutini ). Ve ne sono anche d’ altre forme ; ma la cosa e la voce vanno adagio adagio scomparendo.... tant’è vero ch’io sono stato costretto per darne una definizione e per non iscartarla da questo vocabolario , a ricorrere all’autorità del Riguttini. CAVALLETTO. V. Reggiposata. CAVATAPPI o CAVATURACCIOLI. In generale è arnese metallico con cui si cavano i tappi di sughero dalle bot- 622 DELL ABITARE tiglie, o altri simili vasi, da non po¬ tersi altrimenti strappare. Più pro¬ prio sembra Cavatappi, giacché quelli di sughero si dicono più specialmente Tappi. V. anche Sturabottìglie. CAVATAPPI A CANNÈLLA. E quello che più utilmente si adopera per le bottiglie di birra, di acque molto ga¬ sose o d’altri simili liquidi. gagliar¬ damente spumanti , i quali , appena cavato il tappo, sboccherebbero con tal impeto da non dar tempo a ver¬ sarli nei bicchieri. La chiocciola di questo Cavatappi ha nella direzione dell’asse un interno foro longitudinale, il quale in basso riesce presso la punta della chioc¬ ciola, e comunica coll’ interno della bottiglia, quando il tappo è stato in¬ teramente traforato dalla chiocciola; in alto poi si prolunga nel fusto e termina contro la chiavetta di una cannella saldata al fusto medesimo. Piantata la chiocciola interamente nel tappo, quindi voltatala chiavetta, il liquido per 1’ elasticità del com¬ presso gasse è spinto nell’interno foro del cavatappi, e spiccia fuori dalla cannella, o anche da una delle estre¬ mità della gruccia che ne facesse l’officio. « Non si sa comprendere come al¬ l’arnese suddetto V Alberti non ab¬ bia saputo dare altro nome che quello di Tirabuscione , e meno ancora s’in¬ tende come questa strana. e mal com¬ posta parolaccia sia stata ripetuta da alcuni posteriori Vocabolaristi e da qualche traduttore di Dizionario Tecnologico. I quali tutti non igno¬ ravano che la lingua nostra non ha il Buscione , da potersi tirare, cioè cavare, ma sì il Tappo e il Turac¬ ciolo, e che per altra parte essa ha il Cavastracci , il Cavabullette , il Cavamacchie , e il Cavadenti ; a imi¬ tazione dei quali nomi composti sa¬ rebbe pur stato facile di comporre lì su due piedi il Cavatappi , se ciò fosse stato necessario, chènon l’era punto, giacché questo vocabolo non è nuovo in Italia e nella Toscana stessa, come non vi è nuovo 1’ uso delle bottiglie di vini forestieri, da non potersi stu¬ rare se non con un Cavatappi. L’avere I’Alberti udito in Toscana, specialmente in Firenze, la parola Ti¬ rabuscione tutto dì in bocca dei lo¬ candieri e di mercanti di minuterie, per lo più forestieri , non è ragione che valga, ciò essendo il naturalis¬ simo effetto di più cause, deplorabili sì, ma forse inevitabili. » Nota del¬ l'editore milanese . In Firenze però è un fatto doloroso che quasi tutti (e non solo i locan¬ dieri e i mercanti di minuterie) di¬ cono Tirabosciò , e non Tirabuscione, il Cavatappi dal francese Tire-bou - chon . CAVATAPPI COMPÓSTO. È quello il cui fusto, fatto a vite, è girevole in un tubo cilindrico, internamente in¬ tagliato a vite femmina, e sulla esterna superficie di questo sono incavate in contrario verso alcune larghe spire, costrette a girare nei collo circolare di un più grosso tubo esteriore da applicarsi verticalmente alla bocca della bottiglia tappata, dopo tiratone fuori interamente il fusto, sì che la chiocciola sia tutta rientrata nella macchinetta. Volgendo allora la gruc¬ cia, il fusto si abbassa e fa entrare la chiocciola nel tappo; e sempre volgendo la gruccia nello stesso verso, il tubo medio è costretto a salire, e con esso il fusto, la chiocciola e il . tappo, che così è tirato fuori dal collo della bottiglia. CAVATAPPI SÉMPLICE. È un’ astic- ciuola di ferro, la cui parte inferiore appuntata e , spiralmente contorta chiamasi CHIOCCIOLA , e la parte superiore, liscia, che dicesi FUSTO, termina in MÀNICO e GRÙCCIA. La Chiocciola piantasi verticalmente e a modo di vite nel tappo , e questo si cava tirando. CAVATURÀCCIOLI. V. Cavatappi. CHICCHERA. Piccolo vasetto di por¬ cellana o altra terra cotta, della forma su per giù di un bicchiere, e alle volte di piccola ciotola, col manichetta o presa, che serve a bervi la ciocco¬ lata, il caffè, il caffè e latte, o simili bibite. Vale anche II contenuto in una chicchera. — « Beve ogni sera una chicchera di latte caldo. » Vedi Tazza. CHICCHERACCIA. Pegg. di Chicchera. — « Chiccheraccia sbocconcellata. » — « Come si fa a servire gli ospiti con quelle chiccheracce che usavano a’ tempi di Re Pipino? » CHICCHERATÀ. Piuttosto che di Quan¬ to liquido può stare in una chicchera, direbbesi di Colpo dato con una chic¬ chera. — « Se non ti cheti, ti tiro una chiccherata nella faccia. » CHICCHERÉTTA. Dim . di Chicchera ; Chicchera piccola, ma meno della Chiccherina. — « Una chiccheretta del Giappone. » — « Prenda una chic¬ cheretta di cioccolata a digiuno. » dell’abitare CHICCIIERINA. Bini, di Chicchera; più piccola della Chiccheretta . CHICCHERÓNA. Acer, di Chicchera ; Chicchera grande, ma non tanto quanto il Chiccherone. CHICCHERÓNE. Acer, di Chicchera; Grande chiccherona. u Di cioccolato un pieno chiccherone. • Fortiguerri. CH1CCHERÙCCIA. Dim. e dispr. di Chicchera. — « Chiccherucce da quat¬ tro soldi l’una. » — « Non ho preso in tutto il giorno che una chiccheruccia di caffè e latte senza pane. » CHIÒCCIOLA. V. Cayatappi sémplice. CIFRA. Le iniziali del nome del padrone nei manichi delle posate. General¬ mente la cifra non si fa che nelle posate d’argento. La cifra suol farsi anche nella Bian¬ cheria da tavola , ne’ piatti , nelle chicchere, nelle tazze, nelle boccie e ne’ bicchieri. CIÒTOLA. Vaso di porcellana o di ma¬ iolica, con piede piccolissimo o senza, che tiene su per giù quanto un’ordi¬ naria scodella. Serve generalmente per dare il brodo agli ammalati. Vale anche La quantità di liquido contenuta in una ciotola. — « Gli fac¬ cia prendere, due ore dopo il pur¬ gante , una bella ciotola di brodo non salato. » La Giara (V.) è su per giù la stessa cosa, ma può anche essere di vetro ed lia due manichi laterali così come la Tazza. La Ciotola non ha mani¬ chi, V. anche Tazza. CIÒTOLA DA GUAZZI. Specie di ciò- tola coperchiata . per lo più di me¬ tallo o di cristallo , ora liscio e an¬ dante, ora sfaccettato con molt’arte. In essa si servono in tavola i guazzi o conserve, cioè frutte nello spirito, col rosolio, sciroppo e simili. A questo vaso alcuni danno il nome di GUAZZ1ÈRA, altri di COMPO¬ STIÈRA. CIOTOLÉTTA. Dim. di Ciòtola. — « Giotoletta di porcellana a fregi do¬ rati per regalarla a una donna di parto. » CIOTOLlNA. Dim. e vezs. di Ciotola. — « Il piccino ha bevuto stamani la sua ciotolina di brodo. » CIOTOLÓNA. Acer, di Ciotola , me n grande del Ciotolone. CIOTOLÓNE. ^Lccr. di Ciotola ; Grand • o 623 ciotola; più grande della Ciotolona. — « M’ho altere quel ciotolone di brodo? » CÓDOLO. Così chiamano i coltellinaj quella parte più sottile, e non lavo¬ rata, drila lama del toltello o altro, la quale si ferma nel manico. COLTELLÀCCIO. Pegg. di Coltello. — « Coltellaccio pieno di tacche. » COLTELLAME. Quantità di coltelli as¬ sortiti. — « Negoziante — fabbrica di coltellami. — Coltellame col ma¬ nico d’osso. * COLTELLATA. Ferita di coltello. — « Gli detto una coltellata nel basso ventre. * COLTELLÉTTO. Dim. di Coltello ; men piccolo del Coltellino. COLTELLIÈRA. V. Astùccio da po¬ sate. COLTELLINAJA. Donna che vende coltelli, forbici e simili strumenti. COLTELLINAJO. Chi fa e vende col¬ telli , forbici e simili strumenti. — « Coltellinajo ambulante. » COLTELLINATA. Colpo dato con un coltellino. — « Avevo paura che quel brigante mi desse una coltellinata. » COLTELLINO. Dim. di .Coltello; fe¬ rialmente di coltello da frutte, e di uelli la cui lama si ripiega e si chiu- e nel manico. COLTELLINO DA FRUTTE. V. Col- TÈLLO DA FRUTTE. COLTÈLLO. Nome g crerico ogn strumento a uso di tagliare con mano premente e strisciante, la cui lama, diritta e tagliente da una parte sola, è alquanto più lunga del manico, e questo poco più lungo di un som¬ messo. « Questa dichiarazione del Coltello pensai di sostituire a quella dei Vo- cabolarii, i quali punto non me lo dif¬ ferenziano da una sciabola. Vero è che il Coltello è arnese di tal noto¬ rietà, che una men nitida definizio¬ ne di esso trovasi in certo modo ri¬ schiarata dallo stesso solo suo nome. E forse questo fu il motivo o il pre¬ testo, per cui gli antichi Compilatori scansarono talora la difficile fatica di dare a certe cose usuali definizioni più elaborate ; nel che essi furono da alcuni moderni editori troppo fre¬ quentemente imitati. * Nota dell’e¬ ditore milanese. 624 dell’abitare COLTÈLLO o COLTELLINO DA FRUT¬ TE. Più piccolo degli ordinari], e nei servizii di lusso con manico e lama tutta d’argento e talora anche d’oro o dorata. COLTÈLLO DA CHIÈDERE. V. Col- TÈLLO DA TASCA. COLTÈLLO DA SERRARE. V. Col¬ tèllo DA TASCA. COLTÈLLO DA TASCA, detto anche COLTÈLLO DA SERRARE o DA CHIÙDERE. Quello la cui lama è gi¬ revolmente imperniata nel manico, e dentro di esso è ripiegata quando il coltello è serrato. (V. TEMPERINO, nell’Articolo 3°). COLTÈLLO DA TÀVOLA. Chiamasi quello la cui lama è inastata e ferma sul manico, quale è anche il Coltello da cucina. COLTÈLLO DA TRINCIARE e più spes- so sostantivamente, TRINCIANTE. Coltello a punta, più grosso che quel¬ lo da posata, e col quale si trinciano le vivande nel vassojo o nel piatto grande che poi si fa girare di com¬ mensale in commensale. COLTELLÒNE. Acer, di Coltello; Gran¬ de coltello. — « Coltellone da trin¬ ciare. * — « Un coltellone con la la¬ ma lunga un par di palmi. * COLTELLÙCCIO. Dim. e dispr. di Col¬ tello ; Coltello meschino di forma o per l’uso a cui deve servire. — « Col- tilluccio buono a nulla. » COMPOSTIÈRA. V. Ciòtola da Guazzi. COSTOLA. Parte ingrossata della la¬ ma del coltello opposta al taglio. — « Schiacciare le noci con la costola del coltello. » — « Costola grossa. > CREDÈNZA. Stanza ove nelle case si¬ gnorili si tengono le cose da mangia¬ re e gli strumenti della mensa. È Credenza anche quel mobile di vario foggie che si tiene nella stanza da pranzo, e sul quale si distendono i piatti, i vini, i liquori, le frutte o altro che serve per uso della mensa. u Piena di cibi intanto una credenza Vien pari pari, aperta spalancata. « Lippi . Serve la Credenza anche per ripor¬ vi i cibi, i piatti, le posate e simili, ed ha a quest’uopo, sotto il piano ove si innalzano più palchetti, una cas¬ setta e una specie di armadietto con uno o più scompartimenti chiusi da due sportelli. Dicesi pure Credenza per « Tutti i generi di dolci e di simili cibi e per L’arto d’ammannirli : — La credenza di casa P. è una delle più squisite: — Generi di credenza : — Conserve per gli usi della cucina e della cre¬ denza. » {Rigatini). CREDENZÀCCIA. — Pegg. di Creden¬ za in tutti i sensi. — « Credenzaccia buja. » — « Credenzaccia tutta intar¬ lata dall’umido. * CREDENZÉTTA. « Dim. di Credenza . Luogo ove pongonsi cose da mangia¬ re. Può essere la stanza stessa men grande, può essere una Credenzina non piccola. Può denotare che l’una e l’altra è bene fornita. *- {Tom¬ maseo). « E doro stanzette e scrittoj E doro ripostigli e credenzette. r Sodtrini' — « Una credenzetta di abeto impial¬ lacciata di noce. * CREDENZIÈRA. Femminile di Creden¬ ziere. Men comune, essendo quello del Credenziere ufficio più da uomini che da donne. Può cadere per altro opportuno, massime come voce di scherzo familiare. — « La credenzie- ra è la figlia maggiore. * — « Io so¬ no la cuoca, la dispensiera, la cre- denziera... io son tutto. * CREDENZIÈRE. Colui che ha nelle grandi case la cura della Credenza. — « Tenne Faraone lungamente pri¬ gioni in fondo di torre due suoi pri¬ ma amatissimi familiari, il capo dei coppieri e il capo de’credenzieri. * {Segneri). — « È credenziere in casa del Principe T. *- CREDENZÌNA. Dim. di Credenza , più specialmente nel secondo senso. — « Una credenzina a vetri per riporvi i piatti e i bicchiori del servizio di lusso. » CREDENZÓNA. Acer. di Credenza ; Grande credenza. — « Credenzona antica tutta in noce a intagli bellis¬ simi di putti e di fogliami. » CREDENZÓNE. Acer, di Credenza; Credenza più grande della Creden¬ zona. — « Credenzoue pesantissimo e fuori di moda. * CREDENZÙCCIA. « Dim. atten . di Cre¬ denza in cui riporre roba da mangia¬ re. 0 meschina di forma o mal for¬ nita. * {Tommaseo). CRISTALLAME. Fornimento di vasi di cristallo per servizio della tavola, co- dell’abitare 625 meboccie, bicchieri, bicchierini, ec. — j « La credenza è fornita di cristallami • ricchissimi. » — « Il solo cristallame i di Boemia varrà un migliajo di lire j e più. * CUCCHIAINO. Dim. di Cucchiajo. Per lo più s’intende quello con cui si met- ! te nella tazza del caffè lo zucchero in polvere, e serve a sorbire la be¬ vanda q uando è troppo calda. — « Cuc¬ chiaini d'argento con la cilra. * CUCCHI AJACCIO. Pegg. di Cucchiajo. — « Cucchiaiaccio di legno — di ferro — di latta. * • CUCCHI AJATA. Quella quantità di roba che può stare in un cucchiajo. — « Prese una cucchiaiata di minestra. * — « Ci vuole un'altra cucchiajata di zucchero. * CUCCHI AJ ATfNA. Dim. di Cucchiajata. — « Prenda una cucchiajatina d’olio di mandorle dolci — di minestra — di crema — di olio di ricino. » CUCCHI AJATÓN A. Acer, di Cucchia¬ jata. — « Guarda la piccina che cuc- chiajatone di minestra che fa. * — Non comune. CUCCHIAJÈRA. V. Astùccio da po¬ sate. CUCCHIAJÉTTO. Dim. quasi vesz. di Cucchiaio ; più grande del Cucchiai¬ no. — « Un cucchiajetto di bossolo per le ciliege in guazzo. * CUCCHIAJO. Strumento di figura ovale e concava, per lo più di metallo, e tutto d* un pezzo col manico: serve a mangiare la minestra e alcuni al¬ tri alimenti o liquidi, o di poca con¬ sistenza. Cucchiajo dicesi anche per Cuc¬ chiaiata : — « Non ho mangiato che un par di cucchiaj di minestra. * — « Mettici un altro cucchiajo di fari¬ na — d’ aceto. * CUCCHIAJÒNE. È un cucchiajo più grande di quello da posata, e che ser¬ ve a prendere dal piatto e porre sul tondino la desiderata porzione di pie¬ tanza o di minestra asciutta. Dicesi anche per Romajuolo (V). CUCCHI AJÙCCIO. Dim. e dispr. di Cucchiajo. — « Cucchiaj ucci di poco valore. * CULO. Quel risodo che è in fondo al bicchiere. CUSTÒDIA. V. Astùccio da posate. FILO DEL TÀGLIO. L’estrema linea del taglio nel coltello. FINIMÉNTO DA TÀVOLA. È una quan- tità di strumenti assortiti pel servizio generale o parziale della mensa. Così diciamo : Finimento di bian¬ cheria : Finimento di cristalli : Fi¬ nimento di posate : Finimento di vasellame , per dire Tovaglie o to¬ vaglioli della stessa opera o disegno: Bocce o bicchieri assortiti; cioè ordi- narii per pasteggiare, minori per vini squisiti, minimi per rosolii, posate, piatti, vassoj, ecc. FÓNDO. V. Bicchière. — « C’è rimasto un goggiolo di vino in fondo a quel bicchiere. * — « Tanto vino da co¬ prire appena appena il fondo del bic¬ chiere. * FORCHÉTTA. Arnese da tavola, per lo più di metallo, a due, o tre, o quat¬ tro PUNTE dette anche RÉBBII, col quale, tenuto in mano pel manico, si infilza il boccone di vivanda solida per portarlo alla bocca. Nelle posate da frutta la forchetta suole avere meno punte, anche due sole. a A rao vien voglia Di veder so per terra Fosso riinasa alinoli qualche forchetta, Cucchiajo o cosa tale. » B.ton trroti , FORCHETTÀCCIA. Pegg. di Forchetta. — « Forchettaccia di ferro tutta rug¬ ginosa. » — « Forchettaccie di ferro col manico d’osso. * FORCHETTATA. Quanto cibo si può prendere in una volta con la forchet¬ ta. — « Ho mangiato un par di for¬ chettate d’insalata. » Vale anche Colpo dato con la for¬ chetta. — * Gli cavò un occhio con una forchettata. * FORCHETTATINA. Dim. e vezz. di Forchettata . — « Prenda almeno una forchettatina d’insalata. * FORCHETTIÈRA. V. Astùccio da po¬ sate. FORCHETTINA. Dim. di Forchetta ; Piccola forchetta. — « La forchettina per il piccino. * — « Forchettina di argento dorato per le frutte. * 41 Fanfani. D. M. 626 DELL ABITARE FORCHETTÒNA. Acer, di Forchetta ; Grande forchetta. Altra cosa dal For¬ chettóne (V.). FORCHETTÓNE. Grossa forchetta, per lo più a due sole punte e che si pian¬ ta in certe vivande, specialmente di carne, da tenerle ferme per trin¬ ciarle. FORCHETTÓNE AD ASTICOIUOLA. — Chiamasi quello sotto la cui inforca¬ tura è una piccola sbarra di ferro imperniata, a snodatura all* un dei capi, da poterla rialzare a squadra, affinchè faccia ritegno nell’infllzare un pollo arrosto o altra simile vivan¬ da soda, e meglio trinciarla. FORCHETTÙCCIA. Dim . e dispr. di Forchetta. — « Quattro cucchiajucci e quattro forchettuccie d’argento : ecco tutta la dote della moglie. * FRUTTIERA. Vassoio di maiolica o di porcellana, assai cupo, di forma come una navicella o come un panierino, nel quale si mettono le frutte per portarle in tavola. FUSTO. V. Cavatappi sémplici. Gr GHIÈRA. Cerchietto metallico che cin- e, orna e rafforza le due estremità el manico del coltello quando esso manico non è di metallo. GIARA. « Sorta di vaso di cristallo o di porcellana, senza piede e con due manichi, per uso di bere, specialmen¬ te il brodo. — E per La quantità' del liquido contenuto in una giara: — « Ho preso due giare di brodo. * (Rigutini). — Vedi anche Ciòtola e Tazza. GIARÉTTA. Dim. di Giara ; Piccola iara. — « Loderei che dietro al latte evesse un’altra giaretta di tre once di qualche acqua pura o acconcia. » (Redi). GIARETTÌNA. Sottodim. di Giara . — « Ha preso un par di giarettine di brodo in tutto il giorno. » GÒTTO. Bicchiere più grande degli or- di narii. — « Si beve certi gotti di vino! » — « Andiamo a beverne un gotto. * In Firenz » si dice più spesso dei bicchieri da birra. GRÙCCIA. V. Cavatappi sémplice. GUAZZIÈRA. Vedi Ciòtola da Guazzi. i IL COLTÈLLO CHE AMMAZZÒ FÓRSE. Cosi per un giuoco di parole (Forse, nome d’uomo immaginario e forse , particella dubitativa), dicesi un col¬ tello che non taglia. INCRINARE. « Segnatamente riflessivo, di vaso, più o meno fragile, danneg¬ giato in modo che minacci di più screpolarsi e o non tenga il liquore oramai, o paja non lo poter frappoco tenere. — Non dalla corruzione ({'In¬ clinarsi, ma forse dal suono di vaso percosso e che screpoli ; corno il Fare crich (D. 1,32). — « Un vaso di terra, di vetro, s’incrina. — S’incrina anche un cristallo non in forma di vaso. » — A modo di neutro assoluto : — « Quel colpo l’ha fatto incrinare. » Anche attivo. — « La botta non l’ha incrinato punto. » — ( Tommaseo). Forsel’etimologiadi Incrinare può, meglio che in Far crich , vedersi in crino, che rammenta il Far pelo dei muri, parendo che sulla superfìcie de’vasi incrinati stia un crino o un pelo. INCRINATO. Part. pass, c agg. da In¬ crinare . — « Bottiglia incrinata. * — « Questo bicchiere incrinato non lo voglio. » INCRINATURA. L’incrinarsi d’un vaso, o II segno dell’essere incrinato. — « L’ incrinatura è stata leggiera : si riconosce più al suono che al segno. » — « S’è rotto proprio nella vecchia incrinatura. » — « Non la vedi questa incrinatura? * INSALATIÈRA. Specie di vassojo, assai fondo, a modo di catinella, per con¬ dirvi l’insalata e servirla in tavola. INTACCARE. Far tacche al taglio del coltello o simile strumento. — « Per tagliare un bastone m’intaccò tutto il coltello. » INTACCATO. Part. pass, e agg. da In¬ taccare. — « La lama è tutta intac¬ cata. * LAMA (del coltello). È quella sottile piastra di ferro o d’acciajo solida- dell’abitare Cì2 7 mente piantata per il codolo (V.) nel manico, larga circa un dito o due e lunga un palmo o così, con la cima, per lo più rotonda, ma talora anche acuminata, a lati paralleli ( taglio — costola). — « Son belli i manichi di questi coltelli, ma lo lame non son buone a nulla. » — « Non lo pren¬ dere per la lama il coltello. * — * Lama rugginosa — consumata — inglese. * LAMÀCCIA. Pegg. di Lama; Lama non buona. — « Lamacce tutte rugginose. — Lamaccia piena di tacche. * LAMÉTTA. Dim. di Lama; ma più spesso di temperini che di coltelli. LAMETTÌNA. Sottodim. di Lama . — V. Lamétta. — «Mi si è rotta la lamettina più piccola del temperino. « LAMÙCC1A. Lim. e dispr . di Lama. — « Lamuccie buone a nulla. » — « La- muccie deboli. * LATTIÈRA. Vaso di porcellana o di metallo, generalmente senza coper¬ chio, con bocca un poco larga, nel quale si pone il latte per portarlo in tavola, sia per il thè, sia per il caffè e latte. MAJÒLICA. Sorta di terra, simile alla porcellana, che, mescolata con varie altre sostanze, serve a far vasi e piatti che pur si dicono Majoliche. — « Majoliche francesi — inglesi. * — « Un bel servizio antico di maio¬ lica. * — « Ricca collezione di ma¬ joliche antiche. * MÀNICO. Quella parte per la quale si tiene in mano il coltello nelì’adope- rarlo, e nella quale è piantato il co- dolo della lama. 11 manico può esser di legno, d’osso, d’argento o d’ altro metallo. MÀNICO. V. Cavatappi sémplice. MÉSTOLA DA PESCE. V. Tagliapesce. MOLLÉTTE DA SPÀRAGI. Hanno in piccolo su per giù la stessa forma delle molle per il fuoco (V. l’Art. 10°): sono generalmente d’argento o d’ar¬ gentone, con le estremità delle bran¬ che solcate da canaletti orizzontali acciocché gli sparagi, stretti fra esse, non si schiaccino. MOLLÉTTE DA ZÙCCHERO. Simili alle precedenti, senoncne sono al- quanto più piccole e l’estremità delle branche è generalmente in forma di piccoli cucchiaj fra’ quali viene stret¬ to lo zucchero in pezzetti, o termi¬ nano a forma di due artigli d'uccello. MOSTARDIÈRA. Cosi dicono alcuni il Vasetto della mostarda. Voce poco comune, ma ben formata e oppor¬ tuna. N NETTADÈNTI. Lastrettina d' acciaio terminata da una parte in una picco¬ la punta per nettare gii spazj tra dente e dente, e dall’altra in una spe¬ cie di cucchiajetta arrotata con la uale si toglie il tartaro o altra lor- ura di su’denti. Così il Fanfani. Non comune molto nè il nome nè la cosa. o OLIÈRA. Lo stesso che Ampollièra (Vedi). ÓRLO. V. Bicchière. — « Bicchiere rotto nell’orlo — che ha l’orlo arro¬ tato. » OVAJUOLO. Vasetto della forma di .'mezz’uovo, o di metallo o di maioli¬ ca o di legno, col suo piede. Vi si pone l’uovo scaldato nel quale s'in¬ zuppano piccoli pezzetti di pane. TP PANIERfNA DA PANE. Specie di pic¬ colo paniere di vimini, di metallo più o meno nobile, a pareti piene, o fat¬ to di filo metallico. Serve a tenervi il pane tagliato a fette per uso dei commensali. PARÉTI. V. Bicchière. — « Bicchier di pareti molto grosse. » PESCIAJUOLA. Vassojo bislungo o di porcellana, o d’argento, o d’altro me¬ tallo nel quale si mettono i pesci grossi che si portano in tavola. 628 dell’abitare Per un altro senso di questa voce, V. l’Articolo precedente. 1ATTAJA.V. Pi attajo. IATTAJO e PIATTAJA. Colui e Colei che vende piatti, segnatamente per le strade e al minuto. Per un altro senso speciale di Piat¬ taia. V. T Articolo precedente. PIATTÈLLO. Dim. di Piatto. Non co¬ mune nell’uso familiare fiorentino. PIATTERELL1N0. Sottodim. di Piatto , Più spesso del contenuto. — « Piat- terellini di poca sostanza. * PIATTERÈLLO. Dim. di Piatto y in sen¬ so affline a Vivanda. — « Piatterelli di dolci — di ciliege — di fra- gole. » PIATTERIA. Quantità o Assortimento di piatti di ogni sorta. — « Ricca piatteria di porcellana del Giappone. » PIATTI. Nome generico di tutti i vasi da mensa, comprendendo i piatti pro¬ priamente detti o tondi, le scodelle, le zuppiere e simili. — « Vendita di piatti. — Negoziante di piatti. * — « Rifornire di piatti la credenza. » — « Piatti antichi. » PIATTINO. Dim. di Piatto. — « Il piat¬ tino del cacio per la minestra. * — « Piattini per te tazze da caffè.» — Dicesi anzi segnatamente di questi ultimi, anche senz’altra aggiunta. — « Portami un piattino. * PIATTINO DA FRUTTE. È quello più piccolo dei piatti da vivande, ma si¬ mile a loro nella forma e negli orna¬ ti : più grande e meno cupo dei piat¬ tini da caffè. Si mettono in tavola quando vengono le frutte. PIATTO. Disco di porcellana o d’altra terra cotta, e anche di metallo, più o men largo, più o meno concavo, sopra cui si pongono le vivande. Piatto dicesi anche La pietanza, che si mette dentro al piatto; onde; — « Minestra, lesso e un altro piatto. » — « Piatto alla casalinga. * — « Ho già magiato tre piatti ai carne. » PIATTÓNE. Acer. di Piatto; Grande piatto. — « Che bel piattone antico ! » — « S’è mangiato un piattone di spi¬ naci. » PONTIClNO. V. Reggiposata. PORCELLANA. Sorta di argilla molto fina, che variamente impastata con altre materie, serve a fare stoviglie o vasi di maggior pregio che quelli di majolica. Così diconsi le stoviglie stesse lavorate e cotte a gran fuoco. — « Le porcellane del Ginori possono gareggiare con tutte le moderne che vengono dall’estero. * PORCELLANA DEL GIAPPONE. Por¬ cellana finissima e ottimamente lavo¬ rata, che viene dal Giappone. — « Servizio di porcellana del Giap¬ pone. » PORTADÓLCI. Arnese formato di due o tre piatti o dischi di cristallo, di porcellana, o d’argento, di grandezza decrescente, tenuti paralleli a qual¬ che distanza l'un dall’altro, e tutti infilati girevolmente in un unico fu¬ sto verticale che sorge dal centro del maggior piatto, il quale talora serve pure di base. La scelta che uno voglia fare dei dolci diversi è agevolata dal poter far girare ciascun disco, senza spo¬ stare l’intero portadolci. I piatti possono anche non essere infilati nel fusto, massime se di cri¬ stallo o di porcellana o simili, ma far tutto un corpo col fusto medesimo. PORTASTÉCCHI. Arnese variamente fi¬ gurato, nella cui superficie sono più forellini per piantarvi altrettanti stec¬ chi, quando questi non si pongono in un piattino o presso ciascun commen¬ sale accanto alla posata. POSATA. Denominazione collettiva dei tre arnesi, coltello, forchetta e cuc¬ chiaio, serventi a partire e prendere la parte della vivanda che uno ha da¬ vanti a sè in tavola. — « Vendè tut¬ te le posate d’argento. » — « Metti un’altra posata, perchè ci sarà a de¬ sinare anche lo zio. » « Il vocabolo posata, quando è det¬ to pluralmente, oltre la significazio¬ ne comune a tutti i plurali, un'altra ne ha più generale, che comprende anche gli strumenti consimili, d’or¬ dinario più grossi, come il Forchet¬ tone, il Trinciante, il Cucchiaio¬ ne , ecc.. coi quali si partono e si prendono dai piatti quelle parti di vivanda da servirne ciascun commen¬ sale. » Nota dell'editore milanese . POSATA DI LÉGNO. È generalmente di bossolo e consiste nella forchetta e nel cucchiajo. Serve per condire o rivoltare l’insalata. POSATÀCCIA. Pegg. di Posata. — «Po- satacce da contadini. » POSATE D’ARGÈNTO. Quelle che hanno la forchetta, il cucchiajo e il manico del coltello in argento. POSATINA. Dim. di Posata ; Posata piccola. — « Posatina d’argento per il piccino. » — « Ecco ia posatina dell’a che mi regalò la mamma quando co¬ minciai a mangiare da me. * POSATÒNA. Acer, di Posata ; Grande e pesante posata. — « Posatone d’ar¬ gento ereditate dal nonno e che con¬ verrebbe vendere , perchè oramai troppo antiquate, per comprarne del¬ le nuove. » POSATÙCCIA. Dim. e dispr . di Posa¬ ta. — <* Posatucce consumate. » — « Gli toccò a vendere quelle quattro posatucce d’argento, unico avanzo della dote della moglie. * PUNTA (del coltello). L’estremità della lama opposta al codolo, la quale nei coltelli da tavola suol essere rotonda, ma è talora anche acuminata, spe¬ cialmente nei Trincianti. — « Man¬ giava il dolce con la punta del col¬ tello. * — « Non lo prendere per la punta; prendilo per il manico. » PUNTE. V. Forchétta. R REGGIPOSATA. Piccolo arnese di me¬ tallo o anche di cristallo, che serve a tener sollevata l'estremità anteriore della posata, specialmente del coltello, affinchè da questa, intrisa di vivanda, non venga macchiata la tovaglia. 11 Carena notava Pomicino , Roc- chettino, Cavalletto ; ma io non so se siano dell’uso. RÉBBI I. V. Forchétta. RÓCCA. Così chiamano alcuni i bicchie¬ ri da Sciampagna, per la loro forma, che in qualche modo rende figura di una rócca da filare. ROCCHETTÌNO. V. Reggiposata. ROMAJUOLO. Specie di cucchiajone da tavola, di metallo, emisferico, appun¬ to come un romajuolo da cucina, ma più piccolo e con manico non uncina¬ to, il quale può essere della materia medesima della parte emisferica, e anche di legno. Serve sulla mensa a prendere dalla zuppiera la minestra. s SALIÈRA. Vasetto di varia forma e di varia materia, ma specialmente di ut are 629 cristallo, poco cupo, a larga boccs, tondo o ovale, da tenervi il sale per uso della tavola. SALIERÉTTA. V. SalierIna. SALIERINA. « Dim. vezz. di Salièra. Aureo Salinum. Ina è vezzeggiativo; Salierettay semplice diminuti vo, e po- trebb’essere anche ordinaria di mate¬ ria e di forma. Salieruccia denoterebbe ancora più povertà e piccolezza. Con¬ verrebbe meglio Salierina , laddove Orazio : « Vivilur parvo bone cui paternum 8plendet in mensa tenui salinum, • e intendo famiglia di condizione mo¬ desta, ma che conserva qualcosetta d’argento, memòria de'cari suoi pre¬ ziosa. « (Tommaseo). SALIERÙCQ1A. V. Salierina. SAI S1ÈRA. Vasetto di maiolica o an¬ che di cristallo o d’altro, per lo più di forma bislunga o a navicella, con maniglia ricurva e ferma, a uso di tenervi di quelle salse che si servono separate, come savore, senapa, acciu¬ gata e simili. SAI VIÉTTA. Lo stesso che Tova¬ gliuolo (V.ì. Usa in molte parti d’I¬ talia, ma pe’Fiorentini suonerebbe af¬ fettato. SALVIETTÌNA. Dim . di Salvietta. V. Salviétta. SBICCHIERARE. Intr. Lo dicono i vinai per Vendere il vino a bicchieri. — « Barile con quella bottega s'è arric¬ chito : compra tutto vino eccellente, e benché lo paghi caro, sbicehieran - do come fa, ci guadagna il doppio. » SCALCARE. Att. Fare in pezzi, secon¬ do l’arte che ciò insegna, gli animali cotti che si portano in tavola. — « Scalcare bene un pollo non è da tutti. * Anche assoluto. — « Scalchi lei : io non ci son buono. * — « A scalcare tocca a te. * SCALCATO RE. Chi scalca. — « Lui si che è un buono scalcatore. » SCALCATRICE. Colei che scalca. — « Mia moglie è una scalcatrice per¬ fetta di polli e di lepri. » SCALCHERIA. L’arte e l’uffizio dello Scalco. — Voce oramai fuor d’uso. SCALCO. Colui che nelle mense signo¬ rili ha l’uffizio di scalcare le vivan¬ de messe in tavola. Dicesi anche per Scalcatore . — un gran bravo scalco l’amico Pinella. * 630 dell’abitare SCALDAPIATTI. V. Scaldavivande. SCALDAVIVANDE. Arnese di metallo che si sottopone ai vassoj delle pie¬ tanze che sono in tavola, per conser¬ varne il calore mediante acqua calda. Sono come due piatti paralleli, te¬ nuti a qualche distanza l’un dall’al¬ tro da una fascia metallica, e l’inter¬ vallo si riempie d’acqua bollente, fat¬ tavi passare da uno sportellino stret¬ tamente mastiettato. Dicesi anche, e più comunemente, Scaldapiatti . SCHIACCIANÓCI. Strumento di ferro o d’argento o d’altro metallo, che serve a rompere il guscio delle noci, delle mandorle e simili. Dicesi anche sem¬ plicemente Schiaccino. SCHIACCINO. V. Schiaccianóci. SCI ACQU ABÓCCHE. Porcheria che usasi ancora in qualche casa di grandi si¬ gnori. Gli Sciacquabocche sono gene¬ ralmente di vetro o di cristallo varia¬ mente colorato, e consistono in una specie di tazza o ciotola entro la quale è un bicchierino senza piede che si riempie di acqua tiepida ac¬ concia -con limone o altro odore e si reca davanti a’convitati perchè, sciac¬ quatasi bene la bocca, sputino il li¬ quido nella tazza . . . Insomma una vera porcheria, e delle più stomaco¬ se. Talora aggiungono all' acqua tie¬ pida una fettina di limone per ripu¬ lirsi le dita e le unghie. Ohibò! C’è alle volte chi, ignaro di queste sudicerie, credendo che nello scia¬ cquabocche ci sia qualche liquore so¬ praffino, si beve quell’acqua calda... che gli fa l’effetto d’un vomitatorio. SCODÈLLA. Piatto più fondo degli or¬ dinarti. che serve per lo più a metter¬ vi dentro la minestra. Dicesi anche per La minestra con¬ tenuta nella scodella. — * Ti piace questa minestra? — Tanto. — Ne mangerò un’altra scodella. * — « Se ne mangia sempre un par di scodelle.» SCODELLÀCCIA. Pegg. di Scodella ; del solo contenente,' non del conte¬ nuto. — « Scodellacela incrinata. * SCODELLARE. Attivo e neutro . Met¬ tere la minestra o altra vivanda nelle scodelle. — « Scodella la mine¬ stra. * — « Ora scodello. » — « Chi scodella oggi ? » SCODELLATA. Tanta quantità di vi¬ vanda quanta ne sta in una scodella. — « Ho mangiato due scodellate di minestra. » — « Dettero a ogni povero una bella scodellata di fagiuoli con¬ diti. » SCODELLATO. Part . pass, e agg . da Scodellare. u Mandandovi una mensa apparecchiata Colla minestra bell' e scodellata. « Fagiuoli. SCODELLÉTTA. Dim. di Scodella. — « Una scodelletta di farinata. * SCODELLILA. Dim. e vezz . di Scodel¬ la. — « Venneli innanzi piccola sco- dellina di salsa. * ( Sacchetti ). SCODELLINO, Dim. e vezz. di Scodel¬ la; Scodella più piccola della Scodel¬ line r, Ha però sensi speciali che Sco - dellina non ha. SCODEl.LÓNA. Acer, di Scodella; men comune in Toscana di Scodellone. SCODELLÓNE. Acer, di Scodella ; Grande scodella. — « Che Scodello- ni! * — « Ti sei mangiato quello sco¬ dellone di minestra, e ne vuoi ancora un altro? * SCODELLÙCCIA. Dim. e un po 'dispr. di Scodella ; detto e della materia, e della capacità e della roba contenu¬ tavi. — «Una scodelluccia di brodo. » SCOPPIARE. Nel linguaggio comune, e parlando di bicchieri ò d’altri vasi di cristallo, Screpolarsi o anche Fen¬ dersi, quando in essi venga rapida¬ mente accresciuto di molto il calore, • o coll’infondervi liquido bollente, o coll’accostarli di troppo al fuoco. Codeste rotture accadono più fre¬ quentemente in que’cristalli che im¬ mediatamente dopo la loro fabbrica¬ zione non furono fatti gradatamen¬ te passare nella Camera della tem¬ pera , cioè in quel lungo spazio che soprastà alla fornace nelle vetraje, nel quale il calore che all’un dei capi è grandissimo, va a poco a poco sce¬ mando verso la bocca. SERVITO. Si diceatutti insieme i piatti, scodelle, e altri vasi piccoli e grandi, o di porcellana o d'altro, che possono occorrere a un pranzo. — « Mi regalò per le nozze un servito di porcellana del Giappone. * Dicesi anche Servizio. — « Servizio di bicchieri di Murano. * SERVITÓRE DI LÉGNO. V. Sèrvo muto. SERVIZIO. Lo stesso che Servito (V.) SÈRVO MUTO, SERVITÓRE DI Lɬ GNO. Piccolo scaffale, o tavolino a due o più palchi, collocato sul pavi¬ mento, presso gli angoli della tavola, a comodo dei commensali, per cam¬ biarsi da sè i piatti, prendervi pa- DELL* ABITARE 631 ne o altro, quando per questo ufficio non s’abbian servitori, o non si vo¬ gliano presenti. Poco comune oramai e i nomi e la cosa. SOTTOCÒPPA. Specie di vassojo sopra il quale si portano i bicchieri dando da bere. Diconsi cosi anche, ma non nell’uso familiare, quei Vassoini o Tondini che si mettono sotto le boccie e i bic¬ chieri sulla tavola perchè il vino non macchi la tovaglia. STÉCCHI. Sottili ruscelletti di legno lunghi mezzo sommesso, aguzzi ai due capi, e servono a stuzzicarsi i denti, cioè cavarsi i minuzzoli del cibo ri¬ masto tra’denti, o nelle cavità di essi. Diconsi pure Stecchini e compiuta¬ mente Stecchi o Stecchini da denti , o tutt’una parola Stuzzicadenti. — « Gli stecchini si comprano a mazzi. * — « Gli stuzzicadenti gli fanno ora anche di penna d’oca. * — « Ci sono dei temperinetti ne’ouali c’è lo stuz¬ zicadenti, ossia una lamettina sottile acuminata di osso a questo intento. » — « Talora lo stuzzicadenti è una lamettina come la sopradescritta con proprio manico nel quale rinchiu- chiuderla. » STECCHINI. V. Stécchi. STURABOTTIGLIE. « Potrebbe chia- inaisi e intenderebbesi chiaro, e a- vrebbe forma più italiana di Cavatu- raccioli che non dice espressamente la cosa, quel che gli Italiani dicono Tirabuscion , e i Toscani Tirabusciò , sciupando ancora peggio. Oltre alla corruzione, è a notare che .Tirare in italiano non significa Cacare e che Bouchon da Bocca è troppo generi¬ co. » (Tommaseo). STUZZICADÈNTI. V. Stécchi. T TACCHE. Diconsi Tacche que’ manca¬ menti che sono talvolta nel taglio del coltello o simile strumento. — « Col¬ tello tutto tacche. » — « Dada di non ini ci far delle tacche. » TÀGLIA CÒME CUCE. Di coltello non atto a tagliare; intendendo che come non è buono a cucire, così non è buono a tagliare. TÀGLIA QUÉL CHE VEDE. Di coltello non atto a tagliare ; intendendo che non taglia, così come non vede. TAGLIAPÉSCE o MÉSTOLA DA PÉ- SCE. Specie dì coltello, per lo più d’ argento, a lama corta, larghissi¬ ma, alquanto concava, a uso di trin¬ ciare il grosso pesce. TÀGLIO. Il lato assottigliato e tagliente della lama del coltello. — « Coltello a due tagli. » — « Non lo toccare dalla pdrte del taglio. » TAPPO. Pezzo di vetro variamente la¬ vorato che serve a chiudere le bocce. Vedi questa voce anche nell’ Art. 7° insieme con le sue affini Turo e Tu¬ racciolo. TAPPO SMERIGLIATO. È quel turac¬ ciolo di cristallo, che a forza di fre¬ garlo collo smeriglio dentro la bocca stessa del vaso, pur di cristallo, vi combacia esattissimamente. Il tappo smerigliato s’adopra nei vasi destinati a contenere liquori spiritosi, o altre materie gelose, liqui¬ de, solide, o polverizzate, special- mente se i vasi si abbiano a sturare frequentemente. S’ adopra anche nelle boccie deì- P acqua che si pongono sulla mensa, non perchè in esse sia necessaria una otturazione così esatta, ma perchè la uniformità e la pulitezza lo vogliono di cristallo, e sarebbe troppo imper¬ fetto se non fosse smerigliato. TAZZA. Sorta di chicchera , ma più bassa e con la bocca più larga del fondo, mentre la Chicchera può avere la bocca di dimensioni eguali al fondo. Serve più specialmente per il caffè, per il thè. — « Vale anche Quella quantità di liquido che sta in una tazza. * — « Si beve le sue tre tazze di caffè al giorno. * È anche una specie di Ciotoìa ma con manichi laterali, con piede o senza, per uso di bere il brodo , e dicesi quindi anche Tazza da brodo. Vedi Ciòtola e Giara. TAZZA DA BRÒDO. Vedi Tazza. TAZZA DA SCIAMPAGNA. Vedi Bic- chierìno da Sciampagna. TAZZÀCCIA. Pegg. di Tazza; e del contenente e del contenuto. — * A que’ poveri collegiali i giorni di vigi¬ lia non danno che una tazzaccia di caffè, chiamato puro per derisione. * — « Tazzaccia grossolana. » TAZZÉTTA. Dim. di Tazza; men pic¬ cola della Tazzina. — « Una tazze tta d'argento niellata. » — « Una tazzetta di brodo — di caffè. » 632 DELL ABITARE TAZZIERA. « Specie di cassetta aperta e con manico, scompartita da diversi regoli situati a traverso, dove nei Conventi mettono i piatti che hanno servito alla mensa dei Religiosi , quando sparecchiano. * ( Meini ). TAZZINA. Dim. di Tazza; Più piccola della Tazzettg. — « Una tazzina di caffè. * TAZZÒNA. Acer . di Tazza. Vedi Taz- zóne, che è oggi men comune. — « Manda giù certe tazzone di caffè! * TAZZÓNE. Acer, di Tazza. Più grande della Tazzona. — « Bevve tutto in un sorso quel grandissimo tazzone di vino. * ( Firenzuola ). TAZZÙCCIA. Dirti, e dispr. di Tazza. — « Tazzuccie di poco valore. * TEJÈRA. Vedi Tettièra. TETT1ÈRA o TEJÈRA. Voce barbara fin che si vuole, ma dell’uso, a indi¬ care quel vaso di porcellana, d’argento o d'altro metallo, nel quale hi prepara il thè. Più gentile e più comune Te¬ iera. TÓNDI, TONDINI. Quei minori piatti, pochissimo concavi, che ciascun com¬ mensale tiene davanti a sè per man¬ giarvi sopra, « In qq tondino nna porzion ne messe. * Fagtuoll. Piatti , è più generico, e compren¬ de anche le scodelle, i vassoj e simili. In Firenze però non è molto comune, in questo senso, e si dicono Tondini più specialmente que'piccoli vassoini .rotondi, di varie materie, sui quali si tengono bicchieri e bocce per impe¬ dir che la tovaglia si macelli col vino. Sottoroppe sarebbe voce troppo nobile per il linguaggio familiare. V. Sot¬ tocòppa. TONDINI. V. Tóndi. TOVÀGLIA. Panno lino bianco, per lo più a opera, che si stende sopra la tavola da desinare. — « Metti la to¬ vaglia — stendila. * — « Una tova¬ glia e dodici tovagliuoli di Fiandra. * TOVAGLIÀCCIA. Pegg. di Tovaglia. — « Tovagliaccia tutta buchi e macchie di vino. * TOVAGLIÉTTA. Dim. di Tovaglia . — « Una tovaglietta per la credenza. » TO VAGÌ INA. Dim. di Tovaglia ; più piccola della Tovaglietta. — « To¬ vaglia perii thè — per la credenza.» TOVAGLIOLÀCCIO. Pegg . di Tova¬ gliuolo. — « Tovagliolaccio di ca¬ napa. » TOVAGLIOLÌNO. Dim. di Tovagliuolo. Fu già usato, e in qualche luogo si usa ancora, per il positivo. — « Tovaglio- lini per la colazione. » — « A Firen¬ ze nei caffè portano un tovagliolino, che sarà un palmo quadrato, o poco più, a coloro che prendono il caffè e latte. » « Nell’affettare il pan tagliossi un dito, Sicch’egli insanguinò il tovagliolino. * Llppi. TOVAGI.IOLÙCCIO. Dim. e dispr. di Tovagliuolo. — « In quella trattoria danno certi tovagliolucci che pajono fazzoletti da naso. » TOVAGLIÓNA. Acer, di Tovaglia. — « Chi sa che tovaglione ci vogliono per il refettorio’ de’collegiali ! » TOVAGLIÓNE. Acer, di Tovaglia ; più grande della Tovagliona. — « Un to- vaglione che coprirebbe una casa. » TOV AGL IÙCCI A. Dim. e dispr. di To¬ vaglia. — « Tovagli uccia che ragna. » — « Per quella tavolona, una tova- gliuccia così? » TOVAGLIUOLO. Quel panno lino, ge¬ neralmente a opera, che seduti a mensa teniamo sui ginocchi, sia per non essere insudiciati da n-bachenel mangiare cadesse, sia per nettarci le dita e le labbra. — « Apparecchiava la tavola, piegava i tovagliuoli, lavava i bicchieri... » ( Segneri ). TRINCIANTE. V. Coltèllo da trin¬ ciare. TRINCIARE. Tagliar la vivanda che è in tavola, dividendola in pezzi o in fette, da servirne i commensali. Non tanto comune, bastando il ver¬ bo Tagliare o Scalcare , secondo i casi. TURÀCCIOLO e famiglia. Vedi l’Arti¬ colo 7°. TURO. Vedi nell’Articolo 7°. v VASELLAME. La quantità e l’assorti¬ mento dipiatti di varia grandezza, for¬ ma e materia che occorrono in un pranzo. Il vasellame d’argento dicesi pure collettivamente GLI ARGENTI, e an¬ che ARGENTERÌA, comprendendo- visi pure le posate. Vasellame così assoluto non è mol- dell’ abitare 633 to comune nell’ uso familiare . — « Vasellame d’argento — di porcel¬ lana. * Più comune Servizio. VASÉTTO DÉl-LA MOSTARDA. Pie- colo recipiente di terra cotta munito di coperchio per tenervi la mostarda a uso della tavola. Il Coperchio ha in un lato d ll’orlo che combacia col vasetto un’apertura per la quale esce fuori il manico d’un cucchiaino, a volte anch’esso di terra cotta, per uso di prender la mostarda. VASSOfNO. Dim. e vezz. di Vassoio; più piccolo del Vassnjetto. — « Vas- soino d’argento cesellato. * — * Vas- soino per il cacio grattato. * Diconsi Vassoiniy massime se di metallo, anche quei Tondini (V.) da mettersi sotto le boccie e i bicchieri. VASSOJATA. Quanta roba sta in un vasso.jo. — « Portarono una vassoiata di pesci fritti — di dolci. » — * Tre vassojate di sorbetti e di pezzi duri. » VASSOJÉTTO. Dim. di Vassojo; men piccolo del Vassoino. « Vassojetti miniati. Corbellóni inargentati. Per lo man di monachine Calmi un’altra a roselline. " Magalotti . VASSÓJO. Dicesi ciascunodi que’piatti, più grandie più fondi degli ordinarii, ne’quali si portano in tavola le vi¬ vande, e anco vi si scalcano. — « Man¬ giarono un vassoio pieno di macche¬ roni — di frutte — di dolci. * Dicesi Vassojo anche una specie di piatto d’argento, o d’altro metallo, o anche di latta colorita o dipinta e in¬ verniciata, di forma tonda, ovale o quadrangolare, a bassissime sponde: • serve a trasportare un certo numero di bicchieri o di tazze da caffè. — « Un bricco da caffè col suo vassojo di argento. * ZUCCHERIÈRA. Vaso cupo, di porcel¬ lana, d’argento, o d’altra materia, e di varie forme, nel quale si mette lo zucchero da portare in tavola. ZUPPIÈRA. Vaso molto fondo e pan¬ ciuto, di forma ora tonda, ora ovale, per lo più con piede e con coperchio. Serve a porre in tavola la zuppa, o altra minestra, che poi si mette nelle scodelle. Può essere di terra cotta e anche di metallo. — « Una zuppiera per quattro — per dieci persone. » ZUPPIERACCIA. Pegg. di Zuppiera. — * Zuppieraccia eli stagno piena di fitte. * — « Quella zuppieraccia sboc¬ concellata buttatela via. * ZUPPIERÉTTA. Dim. di Zuppiera. — « Vorrei una zuppieretta nè tanto piccola nè tanto grande. * — « Una zuppieretta di forma svelta e ele¬ gante. * ZUPPIERfNA. Dim. di Zuppiera. — « Una bella zuppierina di porcellana dipinta a fiori e uccellini.» — « Oggi che siamo soli a tavola basterà la zuppierina di tutti i giorni. » ZUPPIERÓNA. Acer . di Zuppiera ; men grande dello Zuppierone . — « Una zuppierona d' argento cesel¬ lato. » ZUPPIERÓNE. Acer, di Zuppiera; più grande della Zuppierona. — « Quello zuppierone pieno di mine¬ stra basta a malapena per tutti. » ZUPPIERÙCCIA. Dim. e Dispr. di Zuppiera. — * È possibile che quella zuppieruccia di minestra basti per tutti ? * — « Quando c'è gente a ta¬ vola quella zuppieruccia li non 1* a- doperare. » ARTICOLO XIII. DEL FORNO, DELLO STANZONE DEL BUCATO E DEL FARE IL BUCATO. Indice Metodico, Abboccatura Abboccatojo Chiusino Lastrone Volta Cielo Piano Primo infornato Ùltimo infornato Scaldare il forno Tirabrace Rèscio Braciajo (1) Spazzatojo Spazzaforno Spazzandolo Pozzetta ( Forno alto In forno Fornaio Fornaja Fornafno Fornaina Fornai ùccio Fornaj àccio Stanza o Stanzone bucato Panni sùdici Bucato Bucatino Bucatùccio Dare un bucato, due o più bucati Di bucato Bucataio Bucataja Lavandaio Lavandaia Lavandaja di colore Lavanderia Imbucatare Imbucatato Uste ) del bucat0 il bucato V. I’Arti- colo 10° Fare il riscontro del bu¬ cato Caldaia (1) Fornèllo Ammollare Mettere in molle panni Smollare Conca Bocciuolo Concata Fare la concata Inconcare Inconcato Inconcatura Rinconcare Sconcare Mastello Bollire il bucato Padella Romajuolo Ranno Ranno vérgine Rannata Dare i pajuoli Conchino Rannière | Colatoio | Rannajuolo Ceneràcciolo Cenerata Cenerone Ceneràccio Lavare il bucato (i) Per la famiglia di que. sta Toce, Vedi l’Articolo li® INDICE METODICO 635 Lavàbile Lavatore Lavatora Trògolo Lavatojo Sapone (1) Brusca Cassetta Risciacquare (2) Strizzare (4) Vedi per la famiglia di questa voce l’Articolo 4Q. (2) Vedi per la famiglia di questa voce l’Artic. 10°. Strizzato Strizzata Strizzatina Tòrcere Tèndere Teso Distèndere Disteso Stèndere Steso Imbiancare Imbiancato Imbiancatura Imbiancatore Imbiancatora Curare — a mezza cura Curato Curatura Cura Curandaio Curandaja Stanza da stirare Stirare (1). (1) Per queste voci e per tutto ciò che si riferisce allo stirare, Vedi l’Articolo 2°. DELL’ABITARE * -A. ABBOCCATÓJO. Così chiamasi l’aper¬ tura o la bocca del forno. — « Met¬ tilo in forno, e chiudi bene rabboc¬ catolo. * —Dicesi anche Abboccatura; ma il più comune però è Bocca. ABBOCCATURA. V. Abboccatóio. — Di- consi Abboccature i pani poco cotti, perchè messi sulla bocca del forno. AMMOLLARE. V. Méttere in mòlle. APPUNTARE IL BUCATO. Prenderne gli appunti, cioè Scrivere la nota dei singoli panni, ovvero dei mazzi, che si danno alla lavandaja. Vale anche Per mezzo di punti cu¬ cire insieme presso gli orli i varii capi che si danno alla lavandaja — « I fazzoletti di colore appuntali a tre per tre ; gli asciugamani a due er due. * — « Se non gli appunti ene que’ capi di biancheria, la la¬ vandaia te li perde. * APPUNTATO. Part . pass . e agg . da Appuntare. — Nel primo senso: — « Queste tovaglie non erano appun¬ tate nella lista. » — Nel secondo senso : — « Le calze non erano appun¬ tate, e ora ci vuole un pezzo a riap- pajarle tutte. * APPUNTATURA. L’atto e l’effetto del- l’Appuntare nel secondo senso. — « Le appuntature dei panni bisogna farle forti; se no si spuntano facil¬ mente nel lavarli. * B BÓCCA. Lo stesso, ma più comune in Firenze, di Abboccatóio e di Abboc¬ catura (V.). BOCCIUOLO. Pezzo di canna, piantato nel foro che è presso il fondo del Mastello o della Conca e per il quale esce il ranno quando si sturi. A te¬ nerlo chiuso basta un cavicchio di le¬ gno che entra a forza in esso ed è reso più aderente alle sue pareti per mezzo di un pezzetto di cencio. •— « Il bocciuolo è intasato, e il ranno non può venir fuori. * BOLLIRE IL BUCATO. Versare sui panni sudici, già preparati nella con¬ ca, l’acqua bollente con cenere, ac¬ ciocché si formi il ranno e porti via ogni sudiciume. BRACIAJO. Specie di cassetta di rame o di ferro nella quale sogliono i fornaj riporre e spengere la brace tolta dal forno. Vedi per questa voce e per la fa¬ miglia di Brace l’Art. 10°. BRONZA. Quel calore troppo vivo che, dopo scaldato il forno, si lascia un po’ passare, prima di mettervi il pa¬ ne, che altrimenti abbronzerebbe. — « Aspetta che passi la bronza, se no la torta ti si brucia tutta di fuori, e non cuoce nell’interno. » BRU SC A. Grossa spazzola simile a quella dell’j da cavalli con la quale le lavandaie stropicciano in alcuni paesi la bian¬ cheria. BUCATAJA. Y. Bucàtajo. BUCATAJO e BUCATAJA. Si dice Co¬ lui e Colei che fanno i bucati per mer¬ cede, andando per le case a prender la roba sudicia, e riportandocela pu¬ lita. Più comune Lavandaio e Lavan- daja , ma anche i primi sono dell’uso. — Notisi però che il Lavandaio, e più specialmente la Lavandaja, possono lavare i panni semplicemente con ac¬ qua e sapone senza metterli in bucato. Quel della Bucatala e del Bucatajo è quindi un mestiere più in grande come quello che richiede maggiori cure e maggior numero d’attrezzi. BUCATINO. Dim. quasi vezz. di Bu¬ cato. — « 11 bucatino della bambina. * — « Ella ha teso il suo bucatino dove io soglio tendere il mio. * (Gelli). BUCATO. È tutta quanta l’operazione che si fa per nettare o, come dicesi, Imbiancare i panni di lino o di ca¬ napa sudici, che prima si mettono nella conca, ricoprendoli general¬ mente di un pezzo di tessuto rado di canapa con uno strato di cenere, versandovi sopra acqua bollente, la quale poi diventa ranno; e dopo si lavano al lavatoio col sapone, si ri¬ sciacquano bene, e si mettono ad asciu¬ gare, il che si dice Distendere il bu¬ cato , o Tenderlo o Stenderlo. A Siena invece di Bucato dicono la Bucata , e così anche in altre parti d’Italia, ma non imitabilmente. BUCATÙCCIO. Dimin . di Bucato . — « Fanno in casa da sè il loro buca- tuccio tutte le settimane. » c CALDAJA. La Caldaja da bucato è un ampio vaso di rame o di ferro, col¬ locato, e talora fermato con stabile ingessatura, nel fornello, in cui si fa bollir l’acqua per fare il ranno, e si fa ribollire il ranno stesso per river¬ sarlo sul ceneracciolo. Per la famiglia di questa voce Y. l’Articolo 11°. CASSÉTTA. È appunto una specie di cassa di legno a tre sponde, consimile a quella della spazzatura, ma più gran¬ de, nella quale, con entro un po’ di pa- BITARE 637 glia, si inginocchia la Lavandaja per non bagnarsi le gambe e la gonnella, quando non lava al Lavatojo, ma alla sponda di fiume, di torrente, di gora, di rigagnolo, o simili. CENERÌCCIO. V. Ceneróne. CENERACCIOLO. Grosso panno di ca¬ napa, con cui si ricopre la bocca della Conca o del Mastello, e sul quale si versa la cenerata. — Dicesi anche la Cenerata stessa. Sul Ceneracciolo talora non si versa la cenerata, ma la sola acqua bollente che filtra attraverso la cenere dispo¬ sta su di esso. CENERATA. Acqua e cenere bollite insieme che si versano sui panni nella Conca o nel Mastello. Dicesi Cenerata anche la cenere che resta sul Ceneracciolo , ma più spesso Cenerone o Ceneraccio . CENERÓNE 0 CENERACCIO. La ce¬ nere sfruttata che ha servito al bu¬ cato, e non contiene più alcali. — « Il cenerone fa bene agli ulivi e ad altre piante. « — «Il ceneracciolo lo buttano ne* campi per ingrasso. » CHIUSINO DÉL FÓRNO. Chiamano i fornaj Quella Pietra o quella Lastra di metallo con la quale chiudono la bocca del forno. — « Mettici il chiu¬ sino. » — « Levalo. * — Lo dicono anche Lastróne. CIÈLO 0 VÒLTA. La parte superiore del forno, opposta al Piano, fatta a volta. COLATÓJO. V. l’Articolo 11». CÓNCA. Vaso di terra cotta, molto gros¬ so di pareti, più largo al fondo che alla bocca, di assai capacità, che suole usarsi per fare i bucati. CONCATA. Tanti panni quanti n’entra nella conca. — « Guardi che conca- ta. * — « Ci vuole un par di giorni a lavare quella concata di bucato. » CONCHINO. V. l’Articolo 11°. CURA. L’Azione del Curare; e fu u- sato anche per il Luogo dove si cu¬ rano i panmlini; quindi Le cure di¬ venne nome proprio di alcuni paesetti presso le città. CURANDAJA. V. Curandajo. CURANDAJO E CURANDAJA. Colui e Colei che per mestiere cura la tela greggia. CURARE. Parlandosi di tela greggia, vale Imbiancarla con spesse lavature e coll’azione alternata della rugiada e del sole, ajutata qualche volta da un po’ di calce. 638 dell’abitare CURARE A MEZZA CURA. Imbianchire tela, refe, o altro, quasi per metà, cioè non interamente, contentandosi di minore bianchezza, per avere una durata maggiore. CURATO. Part. pass, e agg. da Cura¬ re. — « Accia cruda o cotta, o rozza o curata, o in gomitoli o in matasse. » (Redi). CURATURA. Imbiancatura de’ panni o filati. — « La curatura è riescita per¬ fetta. * — « Tre lire per la curatura di tutta quella tela? Mi par poco. * cata prima d’andare a letto: i pajuoli glieli darai domattina. * FORNÀCCIO. Pegg. di Forno, più spe¬ cialmente nel significato di Bottega ove si vende pane non buono. — « Non ti servir più a quel fornaccio. » FORNAINA. Vezz. di Fornaja. — « La bella fornaina che fa cuocere il pane e i suoi avventori. » FORNAINO. Vezz. di Fornajo. Dicesi di Fornajo piccolo o in piccolo, cioè piccolo lui o il suo commercio. — Sull’analogia di Vinaino . Vedi l’Ar¬ ticolo 7°. D DARE IL BUCATO. Consegnare alla lavandaja i panni da imbucatarsi. DARE I PAJUOLI. Lo dicono le lavan¬ daie del versare a pajuoli il ranno o l’acqua calda sui panni disposti nella conca. — « Prima si danno tre o quattro pajuoli d’acqua tiepida, e poi bollente. » DARE UN BUCATO, DUE, PIÙ BU¬ CATI. Dicesi del mettere in bucato una, due o più volte un medesimo capo di biancheria. — « Per far an¬ dar via quelle macchie dall’asciuga¬ mano, bisogna dargli un par di bu¬ cati. * DI BUCATO. Aggiunto di panno non più adoperato dopo l’ultimo bucato. — « Lenzuola di bucato. » — « I to¬ vagliuoli non son di bucato, ma pu¬ litissimi. » DISTÈNDERE. Detto del bucato, lo stesso, ma men comune, di Stendere o Tendere. È però da notarsi che i primi due verbi sono più proprii quando il bucato, piuttosto che su funi, si sciorina in terra o sopra le siepi. DISTÉSO. Part. pass, e agg. da Di¬ stendere. — « Panni distesi al sole. * F FARE IL RISCÓNTRO DÉL BUCATO. V. Riscontrare il bucato. FAR LA CONCATA. Mettere nella corica i panni da imbucatare per ver¬ sarvi sopra il ranno. — « Fa’ la con- FORNAJA. Femm. di Fornajo. — « Il Bracciolini scrisse molti sonetti in lo¬ de di una bella fornaja pistojese. » FORNAJACCIO. Pegg. di Fornajo. — « Un fornajaccio che ruba sempre sul peso. » FORNAJO. Colui che per suo mestiere fa il pane e lo cuoce per venderlo. — « S’ è messo a fare il fornajo. » — « Sposò un fornajo. » Vale anche la Bottega, come nel proverbio: Chi compra pane al for¬ najo, legna legate e vino al minuto, non fa le spese a sè ma ad altri. FORNAJÙCCIO. Dim. atten. di For¬ najo ; e della persona e del negozio. — « Il Fornaretto storico, la cui me¬ moria è onore alla Repubblica di Venezia ed è forca negli occhi ai te¬ neri del patibolo, toscanamente di- rebbesi Fornajuccio. » (Tommaseo) FORNATA. Tanto pane quanto può cuocersene in una volta nel forno. — « Fornata andata a male, perchè il forno era poco caldo. » — « Una gran fornata di pane. » — « Quel fornajo fa tre o quattro tornate di pane al giorno. » FORNÈLLO. Opera in muratura adatta a farvi fuoco sotto la caldaja del bu¬ cato. FÓRNO. Luogo murato a mattoni, di forma generalmente rotonda, fatto a volta e con copertura semiovale o quadra detta Bocca , per uso di cuo¬ cervi il pane od altro. È anche la Bottega ove si vende il pane. — « Mi servo al forno che è qui sulla cantonata. » FÓRNO ALLÉGRO e FÓRNO ALTO. Cosi dicesi il forno quando è troppo caldo; e per contrario Forno basso , quando è poco caldo. FÓRNO ALTO. V. Fórno allegro. FÓRNO BASSO. V. Fórno allégro. dell’abitare 639 I IMBIANCARE. Att. Nettare, Pulire i panni mettendoli in bucato. — « La mia lavandaja imbianca male i panni. * — « Guarda d'imbiancar bene le fe¬ dere. * — « Un proverbio, caro alle lavandaje che strusciano i panni per lavarli presto, dice: Se t'imbianco, gli è onor mio; se ti rompo non t’ho fatt’io. » Anche assoluto: « In questi paesi imbiancano male. » — « Non sanno imbiancare. * IMBIANCATO. Part. pass, e agg. da Imbiancare . — « Polsini imbiancati male. * IMBIANCATÓRA. Femm. di Imbianca¬ tóre (V.). IMBIANCATÓRE. Chi imbianca tele di lino, curandole e lavandole. — Cu - randajo dice mestiere più in grande. IMBIANCATURA. Il lavare e far dive¬ nir bianchi i panni lini. v’essere fatta in modo che il ranno possa penetrare in tutti e soffermar- cisi alquanto. » — « L'inconcaturasuol farla la lavandaja più vecchia. » INFORNARE. Mettere in forno il pane da cuocersi o altro. Attivo e neutro. — « A momenti inforno. » — « Infornò il pane non ancora ben lievitato. * INFORNATA. Tanto pane o altra ma¬ teria quanta se ne può in una volta cuocere nel forno. — « Un’infornata di pane; e poi due di paste dolci. » INFORNATO. Part. pass, e agg. da Infornare . — « Pane infornato à for¬ no allegro. * Anche assoluto. — « Appena infor¬ nato, non si può sfornare sull’atto. » ( Meini ). INFORNATÓRE. Quel lavorante che inforna il pane. — « Era infornatore col tale di tale, e ora ha messo su un forno da sé. » IN FÓRNO. Co* verbi Fare , Cuocerei simili e anche assolutamente, suol dirsi di cibi non cotti al fuoco, cioè alla fiamma viva delle legna o sui carboni, ma nel forno caldo. — « Fa- giuoli cotti in forno. * — « Agnello in forno. * u Ho poi degli altri impicci senza fine : Speso di vitto e pili l’ imbiancatura De’ panni, e più *1 beccar dello galline. » Saccenti. IMBUCATARE. Att. Imbiancare o To¬ glier via il sudiciume da’ panni per mezzo del bucato. — « I pannilini che non hanno servito immediatamente all’infetto, per tre giorni si gettino nel ranno, poi s’imbucatino, lavandoli nell’acqua corrente. » ( Rondinelli ) — « Ordinò.... che li panni delle mona¬ che s’imbucatassero da loro mede¬ sime. » {Idem). IMBUCATATO. Part. pass, e agg. da Imbucatare. — « Avviene a’ lavatori e alle lavatrici de’ pannilini imbuca¬ tati. » {Andreini). INCONCARE. Si dice del Mettere i panni sudici nella conca dove si fa il bu¬ cato; ed usasi assolutamente a modo di intransitivo, come per esempio: — « Oggi ci ho da inconcare. » ed an¬ che come transitivo, « Oggi debbo in¬ concare i panni. » 1NCONCATO. Part. pass, e agg. da In¬ concare. — « Panni inconcati alla peggio. * INCONCATURA. Operazione dell’incon* care. — « L’inconcatura de’ panni de¬ ll. LASTRÓNE. V. Chiusino. LAVÀBILE. Che può lavarsi. — « Così ancora tutti i panni lani lavabili ed i gusci delle materasse e dei guancia¬ li. » {Cocchi). LAVANDAJA. Donna che a prezzo fa il bucato ai panni lini. — « A buona la¬ vandaja non mancò mai pietra, dice il proverbio. » V. anche Bucatajo. LAVANDAJA DI COLÓRE. Quella che lava panni variamente colorati. LAVANDAJO. Masc. di Lavandaja. — « In alcune Provincie italiane l'uomo per lo più non lava, ma è come mi¬ nistro alla Lavandaja nel portare e riportare col carro, con bestia da so¬ ma, o altrimenti, i panni sudici e im¬ bucatati. » Nota dell' editore mila¬ nese. V. anche Bucatajo. LAVANDERIA. Così dicesi con nuova voce e opportuna, non ancora notata dai Dizionarii, Quell'edifìcio o parte d’edifìcio, aggiunto spesso agli ospe- 640 dell’abitare dali, ove si lavano per mezzo di mac¬ chine i panni sudici. — « L’ospedale di Milano ha dalla parte del naviglio la lavanderia a vapore. * LAVARE IL BUCATO. È lo stropic¬ ciare nell’acqua, se si può corrente, e con sapone i panni sconcati. LAVATÒJO. Luogo dove si lavano i panni. Può essere una stanza della casa, o un fabbricato a parte, per uso di privati o del pubblico. Consiste ge¬ neralmente in un gran Trogolo IV.) coperto da una tettoja. — « in alcune città, come a Parigi, i Lavatoi sono grandi fabbricati ove si trovano tutti i comodi per lavare la biancheria. * LAVATURA. « Non Lavandaja f ma che lava certa specie di roba. — « Lava- tora di trine — di guanti. » (Tom¬ maseo). LAVATÓRE. Masc. di Lavatora . Vedi¬ ne l’esempio in Imbucatato. LISTA DÉL BUCATO. Lo stesso che Nota ; ma men proprio, secondo il Tommaseo, e men comune in Toscana. M MASTÈLLO. Gran vaso di legno, a doghe, cerchiato di ferro, consimile a un Tino, ma proporzionatamente meno alto. In molti luoghi fuori di Toscana e adoperato pel bacato in vece della Conca. « Il Mastello pare preferibile alla Conca, perchè non soggetto a rom¬ persi, perchè più manesco, e più a- gevolmente trasportabile, col farlo rotolare come una Botte. Solamente in alcuni casi occorre farlo rinvenire. * Nota dell* editore milanese. MAZZÉTTO. V. Mazzo. MAZZO, MAZZÉTTO. Unione di faz¬ zoletti, di solette, o di altre mi¬ nute robe tenute insieme da un punto di cucito, e formanti come un’unità fra la roba che si conta alla lavan¬ daia. — « La lavandaja m'ha perduto due mazzi di cenci. » — « E quel mazzetto di solette quando me lo ri¬ portate? * MÉTTER IN MÒLLE, AMMOLLARE. 11 porre e tenere per più ore i panni sudici immersi nell’acqua pura, per rammollirne il sudiciume. IG¬ NÒTA DÉL BUCATO. Quella carta, quel registro o quella tabella stam¬ pata, nella quale si segnano i capi di biancheria consegnati alla lavan¬ daja per farne il riscontro quand’essa li riporta. Vedi anche Riscontrare il BUCATO. F» PADÈLLA, e più comunemente ROMA- JUOLO. È un vaso emisferico, di rame o di ferro, con lungo manico, e serve a versare sul ceneracciolo T acqua o il ranno della caldaia. PALA. Stretta assicella, assottigliata in cima e da’ lati, con lungo manico, a uso di infornare e di sfornare. Per isfornare taluni si servono del Palino (V.), adoperando la Pala soltanto per infornare. PALINO. Così dicono alcuni fornaj quel¬ la pala più piccola dell’ordinaria, e che serve a sfornare il pane. PANNI SÙDICI. I capi di biancheria che, essendo stati adoperati e quindi non più netti, si danno alla lavan¬ daia perchè li metta in bucato. — « Quelle camicie mettile tra i panni sudici. * — • Cassa dei panni sudi¬ ci. * — « Tre sacchi di panni sudici. *• PIANO. La parte interiore e inferiore del forno, fatta a modo di pavimento, su cui si pone il pane o altro da cuo¬ cere. POZZÉTTA. Specie di catino nel quale si immollalo spazzatojo perchè il pia¬ no del forno infocato e la brace ar¬ dente non ne brucino i cenci o l’erba che vi è in cima. PRIMO INFORNATO. « Primo infor¬ nato , a modo di sostantivo, chiamano la parte sinistra del forno, perchè co¬ minciano a infornare il pane sempre dalla sinistra; Ultimo infornato , la parte destra. * — « Metti questo pane nel primo, nell’ultimo infornato; — quasi Tra i primi o gli ultimi da infor¬ narsi. » (Meini). DELL’ FI RANNIÈRE. V. l’ Articolo 11°. RANNAJUOLA. V. l’Articolo 11®. RANNATA. Quell’acqua che si trae dalla conca piena di panni sudici get¬ tatavi bollente sopra la cenere. — « La rannata che esco per il bocciuolo, è buona a buttarsi, riscaldata, un’altra volta sui panni inconcati. » RANNO. Acqua nella quale sia stata bollita della cenere. Dicesi verdine il ranno passato so¬ pra la cenere ma senza bollitura. RANNO VÉRGINE. V. Ranno. RÈSCIO. V. Tirabrace. RINCONCARE. Mettere nuovamente nella conca quei panni che non sono venuti netti al primo bucato. — « Mi tocca a rinconcarla tutta questa bian¬ cheria. » RINFGRNARE. Infornare di nuovo. — « Que' pani bisogna rinfornarli perchè son cotti a mala pena. » RIPORTARE II. BUCATO. È il rendere ai loro padioni le biancherie imbuca¬ tale. — « La lavandaja-non riporterà il bucato Ano a sabato. * RISCIACQUARE. Diguazzare nell’acqua o panni o altro, acciocché si nettino da ogni resto di sudiciume. RISCONTRARE IL BUCATO. Il con¬ tare i panni in presenza della La¬ vandaia die gli porta via sudici, o che gli riporta imbucatati. Questo si fa registrandone la specie e la quan¬ tità sopra un libriccino, o con intro¬ durre l’estremo di una spighetta in fori di un cartoncino sul quale sono registrate in una colonna verticale a mancina le varie specie di panni, e in una superiore linea orizzontale sono inscritti i numeri progressivi dall'uno innanzi. Dicesi anche Fare il riscontro del bucato ROMAJUOLO. V. Padèlla. s SAPÓNE. In generale è composto di un corpo grasso e d’un alcali. Quello che si adopera pel Bucato è una compo- Fanfani 2). M. 3ITARE 641 sizione d’olio d’uliva e di soda. Col Sapone e col Ranno caldo s’imbuca- tano i panni lini sudici. Per la famiglia di questa voce, V. l’Articolo 4?. SCALDARE IL FÓRNO. È ardervi sti¬ pa o fascine o altre minute legna per poi cuocervi il pane od altro. SCONCARE. At.t. < avar fuori dalla Con¬ ca o dal Mastello, i panni, dopo che si è terminato di bollire il bucato. — « Sconca il bucato. » — « I panni non gli ho ancora sconcati. » SClUVERK IL BUCATO. Lo stesso che Appuntarlo nel primo senso. SEGNARE IL BUCATO. Lo stesso che Appuntarlo nel primo senso. SFORNARE. Att . Togliere dal forno il pane o altri cibi quando siano cotti. — « Sfornare il pane prima del tem¬ po. * Anche a modo di neutro. — « A mo¬ menti sforno. * SFORNATO. Par t. pass. e agg. da Sfor¬ nare. — « Pane appena sfornato — sfornato d’ora. » SMOLLARE I PANNI. « Dicono le no¬ stre bucataje del Metterli in molle e quindi stropicciarli con un po’ di sa¬ pone per levare il primo sudicio, avanti d’inconcarli e imbucatarJi. » (Mei ni). SPAZZAFÓRNO. Lo stesso che Spaz- zatojo o Spazzandolo , ma non co¬ mune. « Ma dopo ch'ella v’ebbe spinti fuori Con quella, o fosse pala, o spazzaforno,... * Buonarroti. SPAZZANDOLO. Stanga assai lunga, in cima alla quale son legati pa¬ recchi cenci o dell’erba, cou la quale si struscia tutto il forno aflìne di net¬ tarlo prima di mettervi il pane. Cosi è chiamato nella montagna pistojese; più generalmente altrove Spazzatojo. SPAZZATÓJO. Lo stesso, ma più comu¬ ne, di Spazzaforno e Spazzandolo. SPUNTARSI. Dicesi dei panni del bu¬ cato che, appuntati troppo leggermen¬ te o confilo debole, si distaccano p$r rottura del filo o per lo sciogliersi del nodo. STANZA o STANZONE DÉL BUCATO. Così dicesi, a seconda delia grandezza, quella stanza che in alcune case serve a lavarvi i panni, ed ha il suo for¬ nello con la caldaja, il lavatojo o tro¬ golo, ecc. STANZA DA STIRARE. V. l’Artico¬ lo 2°. 42 642 dell’abitare STÈNDERE. Detto del bucato, è lo stesso che Distèndere (V.); ma s’adopera talora anche in senso contrario di Ten¬ dere, cioè per Raccogliere i panni asciutti che erano tesi in sulla corda. Men comune in questo secondo senso. STÉSO. Part. pass, e agg . da Stendere. — « Panni bianchi stesi sui prati. * E assoluto nel secondo senso. — « La Lina a quest’ora ha bell’e ste¬ so. » — « Non ha ancora steso. * STIRARE. Per questa voce e per tutto ciò che si riferisce allo stirare. Vedi l’Articolo 2°. STRIZZARE. Parlandosi di panni ba¬ gnati per lavarli o imbucataci, è quel Premerli fortemente con le mani per¬ chè ne esca l’acqua onde sono imbe¬ vuti. STRIZZATA. L’atto e l’effetto dello Strizzare. — * Dagli una buona striz¬ zata prima di metterli sulla corda. * STRIZZATINA. Dim. quasi vezz. di Strizzata. — « Una strizzatina e ba sta, senza stare a torcerli, quei fazzo¬ letti di tela batista, se no, si rom¬ pono. » STRIZZATO. Part. pass, e agg. da strizzare. — « Stendendo al 'sole i panni non bene strizzati ci mettono il doppio ad asciugare...* T TENDERE. Detto del bucato, vale Al¬ largare, spiegare su corda tesa i pan¬ ni lavati perché si rasciughino. Vedi anche Stendere e Distendere. TÉSO. Part. pass, e agg. da Tendere — « Bucato teso al sole perchè asci u ghi. » TIRABRACE. Ferro ricurvo con lungo manico di legno, a uso di cavar la brace dal forno, detto anche, ma men comunemente, Rescio. TÒRCERE. Detto de’ panni bagnati, va¬ le Avvolgerli con forza sopra di sè per ispremerne l’acqua. — « Chi ben non torce i panni, dice il proverbio, non s’asciugano in tre anni. * TRÒGOLO. Opera in muratura, di for¬ ma quadrangolare, generalmente tut¬ ta a mattoni, profonda circa un me¬ tro, col piano superiore delle spallette di cinta fatto di pietra e inclinate in dentro, per uso (li lavarvi i panni. — « Ci ho il trogolo in casa — nella corte. * — « Bollito il bucato, vanno a lavarlo al trogolo. * u ÙLTIMO INFORNATO. V. Primo in¬ fornato. V VÒLTA. V. Cièlo. CARO QUINTO DEL MANGIARE E DEL BERE ARTICOLO I. DELLA MENSA, DE1 PASTI, DELLE PIETANZE, DEL MANGIARE E DEL BERE. IL TUTTO IN GENERALE. IndLice Metodico. Mensa Desco Tàvola (1) Tavolata Apparecchiare Apparecchiato Apparecchiamento Apparécchio Sparecchiare Sparecchiato Sparecchiamento Imbandire Imbandito Imbandimento Imbandigione Refettòrio Tinello Tàvola rotonda Commensale Far penitenza con o da alcuno Andare a tàvola Méttersi a tàvola Méttere a tàvola Méttere in tàvola Portare in tàvola Servire a tàvola Servire in tàvola Dare in tàvola È in tàvola Buon appetito! Girare ({) Per lo parti di essa e per la suo vario formo, Vedi l’Art. 2° del Capo 4®. Gradire Vuol gradire? Favorire Vuoi favorire? Servire Servirsi Tirar giù Rifarsi In fin di tàvola A fin di tàvola Il convento non passa altro Buon prò Pròsit Rilievi Pasto Pasteggiare A pasto Fuori di pasto A tutto pasto Mangiare a’ pasti o a* suoi pasti Stare a’ pasti o a’ suoi pasti Guastarsi la colazione, il desinare, o la cena Colazione Prima colazione Colazionetta Colazioncfna Colazionciona Colazionùccia Colazionàccia Colazione in forchetta Colazione Colazionare Seconda colazione Asciòlvere Dejeuner Colazionare Desinare sost. Desinaretto Desinai ino Desinarone Desinaruccio Desinaràccio Desinare, verbo Pranzo Pranzetto Pranzettfno Pranzettuccio Pranzone Pranzuccio Pranzàccio Pranzare Merenda Merendina Merendino Merendona Merendone Merendùccia Far le merenducce Merendàccia Merendare Cena Conetta Cenettina Cenina Cenino Cenona Cenone f>44 Cenuccia Cenàccia Cenare Cenante Matta cena Pusigno Pusignare Reiezione Refezioncina Sciacquadenti Spuntino Ritoccano Rialto Trattamento Trattare Trattarsi Banchetto Banchettare Banchettante Convito Convitare Convitante Convitato, par', poss. Convitato, sost. Convitatore Ribotta Ribottfna Ribottona Ribottone Par ribotta Ributtare ( Bisbòccia ( Bisbòccio Bisboccione Bisbocciare Stravizzo Stravizio Straviziare Gozzoviglia Gozzovigliare Gozzovigliatore Bagordo Bagordare Crapula Crapulare Crapulone Òrgia Alimento Alimentare, agg . Alimentoso Alimentizio Alimentare, verbo Alimentarsi Alimentato Alimentatore Alimentatrice Alimentamento Nutrimento Nutrire Nutrito Nutritore Nutritrice INDICE METODICO Nutrice, agg. Nutriente Nutritivo Nutrizione Commestibile, sost. Commestibile, agg. Vettovàglia Vettovagliare Vettovagliato Vettovagliamento Viveri Vitto Cibo Cibària Cibàrio Cibare Cibarsi Cibato Cibamento Casalingo Alla casalinga Alla casali ngona Vivanda Vivandetta Vivanduccia Vivandàccia Vivandiere Vivandiera Razione Ràncio Ranciere Pietanza Pietanza dóppia Pietanzetta Pietanzlna Pietanzfno Pietanzona Pietanzone Pietanzuccia Pietanzàccia Porzione Porzioncella Porzionclna Porzionciona Parte Far la parte Companàtico Contorno Contornino Contornare Contornato Guarnizione Guarnire Guarnito Ripieno, sost. Ripieno, agg. Piatto (1) Piatto di complimento Piatto di compenso Un piatto di buon viso Il piatto del buon cuore (4) Per questa voce e fami¬ glia l’Art. li0 del Capo 4°. Portata Servito Manicaretto Borbottino Lacchezzo Lacchezzino Galanteria Tornagusto Mangiare una cosa per tornagusto Andare Tirare Far gola Tirar la gola Venire i Pacciuollna Far venire i in nocca Dir màngiami,màngiami Èsser la sua morte Far risuscitare i morti Lasciar la bocca buona Abbracciar lo stòmaco Far la bocca a un cibo, a una bevanda Rifarsi la bocca Leccarsi le dita — i baffi — le basette Bocca mia che vuo * Princlpii Minestra (1) — asciutta — brodosa — di grasso — sul brodo — di magro — maritata — delle tre erre Scodellar la minestra Minestrina Minestrino Minestrona Minestrone Minestruccia Minestràccia Minestrajo Brodo (2) ( Bròscia ( Sbròscia Bigutta Micca Starci ritto il cucchiaio Zuppa (3) Antipasto Frutte Giardinetto (1) Le specie varie di mine¬ stra sono da cerearsi nelPAr- ticolo 3°. (!'. Vedi l'Articolo seguente (3) Qui si nota nel senso francese. Vedi lo vario Zuppi nell'Articolo 3°. INDICE METODICO 64 5 Pospasto (1) Appetito Èsser di buon appetito Stuzzicar l’appetito Aguzzar l’appetito Mangiar d’appetito Appetitino Salsa di San Bernardo Appetitoso Appetitosissimo Appetitivo Appetitosamente Appetire Appetente Appetentissimo Appetenza Disappetenza Inappetenza Èssere in filo Èssere sempre in filo | come i rasoj Esser di buon pasto Fame Famèlico Affamare Affamato Affamatissimo Affamatore Èsser di buona fama Avere una fame che si vede La fame dice davvero Assaettar dalla fame Non ne poter più dalla ( fame ( Cascar dalla fame Morir dalla fame Morir di fame Fame da lupi Allupare Allupato Mal della lupa Aver l’arme di Siena in corpo Aver la lupa o Aver la lupa in corpo Aver la Consuma in corpo Venir dalla Consuma Venir dall’assèdio Ventre disabitato Inèdia Cavarsi la fame Sfamare Sfamarsi Sfamato (l) Le varie specie di pie¬ tanze, che pur non fossero siate dimenticate — « Dagli un’annaffiata se non vuoi che ti dia alla testa co- testo vino pesante. » ANNAFFIATILA. Dim. quasi vezz. di Annaffiata. — « Ha già avuto una buona annaffiatina prima di venire in tavola. » — « Beva pure a tavola un po’di Bordeaux, ma non si dimen¬ tichi di dargli un’annaffiatina, se non vuol ricader malato. » ANNAFFIATO. Part. pass, da Annaf¬ fiare. — « Vini annaffiati dalla pre¬ videnza dell’oste. » ANTIPASTO. « Sebbene si dicesse pro¬ priamente di Quella o di Quelle vi¬ vande che si servono in tavola in prin- 652 DEL MANGIARE E DEL BERE cipio del desinare avanti le altre, oggi s’adopra a significare Quella o Quelle vivande che si portano in tavola dopo la minestra e il lesso. — « Per due franchi si ha minestra, lesso, due piatti d'antipasto e frutta.» (Rig utini). L’ Antipasto nel vecchio e più ragio¬ nevole significato di Cibi che si man¬ giano prima della minestra, dicesi oggi in plurale Principii (V.). A PASTO. Modo avverbiale. In tempo del pasto, sia colazione, desinare o cena. — « Le frutte le mangerai a pasto. » — « Non mangi a pasto, e poi spilluzzichi tutto il giorno. » — — « Non bevo vino che a pasto. » APPARECCHIAMÈNTO. L’atto e II ri- sultato dell’ Apparecchiare. Non co¬ mune. V. Sparecchiaménto. APPARECCHIARE. Accomodar la tavo¬ la per mangiare, coprendola con la tovaglia e ponendovi sopra le posate, i piatti, ecc, Dicesi Apparecchiar la tavola , la cena , il desinare , la colazione , ecc. o anche assoluto Apparecchiare. — « Sarà ora d’apparecchiare. » — « Non è ancora apparecchiato. » — « Appa¬ recchierò per le due. » APPARECCHIATO. Part . pass, e agg. da Apparecchiare. — « Desinare ap- f>arecchiato da un pezzo. » — « Trovò a cena bell’ e apparecchiata. » E as¬ soluto : — - Entrarono nella sala dove era splendidamente apparecchiato. * APPARÉCCHIO. Tutto ciò che serve a apparecchiare la mensa, e anche ad ornarne la sala, la credenza, ecc., ma usasi sempre parlando di mense signorili. — * Fu splendido l’appa¬ recchio, ma il pranzo meschino. » u Non ci abbarbaglia Con l'apparocchio Perché del pnbblico S’etnyia l’orecchio Sulle stoviglie, Sul vasellame L’un panegirico Nat > di fame. ■ Giusti. APPETÈNTE. Detto di cibi che desta¬ no l’appetito, non è comune così co¬ me Appetitoso , che dice anche di più. — « Le vivande più appetenti non poteva mandarle giù. » APPETENTISSLMO. Superlativo non molto comune d’ Appetente. — « Ci¬ bi appetentissimi. » — Più dell’uso Appetitosissimo. APPETÈNZA. Disposizione al mangia¬ re : contrario di Disappetenza. S’usa più spesso nelle frasi Avere , Non avere appetenza. APPETIRE. A 55. Andare a genio una cosa: Piacerci. — « I funghi m* ap¬ petiscono molto. » — ■ « Il baccalà non m’appetisce. » — « Se potessi sapere quel che appetisce, glielo farei avere. » A modo d’attivo. — * Il mio sto¬ maco non appetisce il caviale. » APPKTITfNO. Vez'z. di Appetito più che dim. — « Certi cibi, come le ac¬ ciughe, fanno venire un appetitino! * — « Mettono un appetitino 1 » — « Quella passeggiata mi mise un ap¬ petitino! * APPETITIVO. Non comune, detto di cosa che desta, che aguzza l’appetito. — « Le acciughe sono appetitive. » — Appetitoso è più comune ma ha usi più varii. APPETITO. La voglia di mangiare, e il Piacere del soddisfare a questo bi¬ sogno. — « Ho molto appetito. * — « Mi comincia a venire un po’d’ap- petito. * — « Mangia, ma senza ap¬ petito. » — « Ho perso l’appetito. » Dicesi che mangia d’appetito Chi si ciba mostrando negli atti desiderio e gusto grande. APPETITOSAMÉNTE. Avv. Con appe¬ tito. Non tanto comune nell’ uso fa¬ miliare. — < Sostenuta lungamente la sete, non che i deboli vini, ma l’acqua... appetitosamente si beve. » (Boccaccio). APPETITOSISSIMO. Superi, à' Appe¬ titoso. — « Pietanzina appetitosis¬ sima. » APPETITÓSO. Detto di cibo, Che ecci¬ ta, Che aguzza l’appetito. — « Desi- naretto appetitoso. » — « Come sono appetitose queste salsettine ! » APPOGGIAR L’ALABARDA. Dicesi familiarmente dell’Andare a mangia¬ re in casa altrui. — « Oggi appoggio l’alabarda in casa vostra. » — « Vive appoggiando 1’ alabarda ora qui , ora là. » APPOZZ ARSI LO STOMACO. Suol dir¬ si dell’Empirlo così di liquido che se ne senta grave, e movendo la perso¬ na si senta diguazzare. — « Non be- ver tutta codest’ acqua ; t’appozzerai lo stomaco. » APPOZZATO. Part. pass, di Appoz¬ zare. — « Mi sento — ho lo stoma¬ co appozzato. * ARSIÓNE. Quel senso d’asciutto che si prova nella gola per gran sete, prò- DEL MANGIARE E DEL BERE 653 dotta dal caldo soverchio, o da feb¬ bre. — « Ho una grande arsione; non posso fare a meno di bere. » ARTEFATTO. Suol dirsi di sostanze ali¬ mentari e più spesso di bevande, le quali nonsieno quali le dà la natura, ma siano fatte dall’arte con materie diverse. — « Vini artefatti che fanno male. » — « Burro artefatto col grasso. » Più familiare e più schietto Fattu¬ rato . ASCIÒLVERE. Fuor che nel Modenese, credo che sia voce oramai morta per tutto, sia nell’antico significato di Pi¬ gliare il primo cibo la mattina, sia in quello di Dejeuner o Seconda cola¬ zione (V.) ciie taluni oggi vorrebbe¬ ro darle. ASSAETTAR DALLA FAME o DALLA SÉTE. Modo enfatico per Essere gran¬ demente atfauiato o assetato. — « As¬ saettavo dalla fame e non c’era mo¬ do di trovare un pezzo di pape. » — « Quei poveri soldati, sotto la sferza del solleone assaettavano dalla sete, e non potevano bere, per ordine dei comandanti, le acque malsane del la- ghetto. * Dicesi anche : « Ho una fame — una sete che assaetto. » ASSAETTAR DALLA SÉTE. V. As- SAETTAR DALLA FAME. ASSAGGIARE. Gustar leggermente di che che sia, Sentirne il sapore. Di¬ cesi pure del mangiare o bere pochis¬ simo di una cosa, anche senza l’in¬ tenzione di pregustarne il sapore. — « Assaggia la minestra se è salata. * — « Assaggi un po’ di questo ci- breino. » — « Ne prenda un poco, tanto per assaggiarlo. » ASSAGGIATO. Part. pass. e agg . da Assaggiare. — « Minestra — vino as¬ saggiato prima dal padrone. » ASSAPORARE. Gustare qualche cibo per distinguerne il sapore. È un as¬ saggiare più lungo e, dirò così, più analitico, più lungo, e specialmente fatto per riconoscere il buon sapore, non il cattivo. — « Prima di mangia¬ re quella roba, assaggiala, chè po¬ trebbe esser cattiva. * — * Assapori un po’ questo dolce. * — « Non lo stare a assaporare l’olio di ricino, se no, non lo mandi giù più. — « As¬ saporare il miele. * — « Bisogna ve¬ dere quel piccinùcciodi quindici mesi come assapora il vino. * ASSAPORATO. Part . pass, e agg. da Assaporare . — « La radice... assa¬ porata, pugne e mordica la lingua. * (Redi). ASSETARE. Nel significato attivo di Indur sete, Far venir sete, è ben po¬ co comune nell’uso familiare* — « Il caldo asseta. » • Un fonta sorgo in lei, ohe vaglio e monde Ha l’acquo si, che i riguardanti asseta. » Tasso. Men comune poi, anche nel lin¬ guaggio scritto, è nel significato neu¬ tro d^Aver sete, Patir la sete. ASSETATISSIMO. Superi, di Assetato . — « Arrivarono assetatissimi. * — « Sono assetatissimo. * ASSETATO Part. pass, e agg . da As¬ setare; Chi o Che ha sete. — « Co¬ storo assetati... cominciarono la fu¬ ne a tirare. * (Boccaccio). — « Il cervo assetato alla fonte, è il titolo d’una favola di Fedro. A modo di sostantivo. — « Una del¬ le opere di misericordia è: Dar da bere agli assetati. » V. anche Siti¬ bóndo. ASTÈMIO. Agg. Che non beve vino o >er ripugnanza naturale, o per vo- ontà. — « Io sono astemio. * — « 1 sacerdoti astemii, dico il Tommaseo, la Chiesa dispensa dall’uso del cali¬ ce. » Da quest’esempio si vede che Astemii si può essere anche per in¬ disposizione morbosa. A TUTTO PASTO. Modo avverbiale. Mangiare , bere un cibo, una bevan¬ da a tutto pasto , vale Mangiarne, Be- verne in gran quantità usualmente. — « Mangia tartufi a tutto pasto. * — « Bevono il Marsala e il Bordeaux a tutto pasto. * AVÉRE IL BUZZO PIÈNO. Modo fa¬ miliare per Avere abbondantemente mangiato. — « Tu che hai il buzzo pieno, non pensi a chi ha fame. » AVÉRE UNA FAME CHE SI VÉDE. Aver gran fame. — « Ho una fame che la vedo, e il desinare non è pron¬ to. » — « Arrivai sulla vetta del monte con una fame che la vedevo. » AVÉRE UN BRÀCCIO DI GOLÉTTA. V. Golétta. AVER BUONA BÉVA. V. Béva. A VÈR DA SBÀTTERE. V. Sbàttere. A VÈR LA BIÀSCIA. V. Riàscia. AVÉR LA CONSUMA IN CÒRPO. Così, per un giuoco di parole simile al¬ l’altro Aver Carme di Siena in cor¬ po dicesi a Firenze per Aver gran fame e più specialmente di Chi è 654 DEL MANGIARE E DEL BERE sempre in filo di mangiare e di molto. La Consuma è nome di un paese a poche miglia da Firenze. Lo Zanno- ni nella Vrezia Rincivilita : Zav. Ma con tutti chesti discorsi, i’ ho una fame eh* i* la eggo. Crez. Setu ti se’leacoora; e’s’in- tende ! Ch* ha* la consuma ’n corpo ? Eppure iersera e’ si cenò benino. * Dicesi pure nel significato mede¬ simo Venir dalla Consuma . — « Par che tu venga dalla Consuma. » — « Ma che vieni dalla Consuma ? » AVÉR LA GOLÉTTA TRÒPPO LUN¬ GA. V. Golétta. AVÉR LA LUPA o AVÉR LA LUPA IN CORPO. Dicesi familiarmente per Aver gran farne, e più specialmente di chi sia sempre in filo di mangiare e di molto. — « Ma che hai la lu¬ pa in corpo? Sono appena due ore che sei escito da desinare, e cominci di già a pensare alla cenai * Il popolo, essendo l’arme di Siena una lupa, dice anche nel significato medesimo Aver l'arme di Siena in corpo. — « Que’ ragazzi hanno sem¬ pre l’arme di Siena in corpo. » AVER LA PIPÌTA. Dicesi scherzevol¬ mente di chi abbia spesso sete e be¬ va molto. — « Ma che hai la pipita? Se hai bevuto un quarto d’ora fa! » V. Pipita nelPArtic. 8° del Capo 4°. AVÉR L’ARME DI SIÈNA IN CÒRPO. V. Aver la lupa. AVVINATO. Non comune per Avvinaz¬ zato, ma par che dica di più. AVVINAZZARE. Neutro assoluto . Far troppo bere taluno, Ubriacarlo. — « Lo fecero avvinazzare ben bene e poi lo condussero con loro. » E neutro passivo per Ubriacarsi, Divenir brillo. — « Era un gran pez¬ zo di notte, e Neron6 la consumava avvinazzandosi. » (Davanzati). — « Non ò dunque privilegio sol de’poeti l’avvinazzarsi, ma è còsa gradita an¬ cora dei filosofi. * (Salvini). Non è comune nell’uso familiare. AVVINAZZARSI. V. Avvinazzare. AVVINAZZATO. Part. pass, e agg. da Avvinazzare. — « Quando fu bene avvinazzato lo condussero a giocare. » « Torna sempre a casa avvinazzato. * Quasi a modo di sostantivo. — « Eran tre avvinazzati che facevano a’pugni. * B BAGNARSI IL BÉCCO. Familiarmente lo stesso che Bagnarsi la bócca (V.). BAGNARSI LA BÓCCA. Bevere al- quanto tanto per rinfrescarsi la boc¬ ca. Dicesi più spesso del vino, — « Si arrivò alla villa verso mezzogiorno stracchi morti e assetati, e quell’ a- varone d’un Cavaliere non ci dette neanche da bagnarsi la bocca. » — « Via, accetti, almeno per bagnarsi la bocca. * Più familiarmente dicesi anche Ba - gnarsi il becco. BAGORDARE. Neutro ass. Far bagor¬ di; Gozzovigliare. — « Andava ba¬ gordando per le bettole. » BAGÓRDO. V. Crapula. BALENARE. Neutro ass. Quell’ondeg- giare che fa chi non può ben reg¬ gersi in piedi per il troppo vino be¬ vuto. — « D’un ubriaco che andava balenando, dice il Gozzi che cammi¬ nava come si dipingono le saette. » Di chi balena suol dirsi anche Tutta la strada è sua , poiché va on¬ deggiando da destra a sinistra. BALLA. Lo stesso che Cotta ; ma par che dica Ubriachezza meno gravo e più allegra. — « Iersera tu avevi pre¬ so la balla, caro mio. » — « Non t*ò ancora passata la balla? » BALLA, TRABALLA E PÒSATI LÌ. Così proverbialmente si indicano i tre stadii dell’ubriachezza ; il primo è tutto allegria : nel secondo si comin¬ cia a barcollare o balenare ; nel terzo si cade a terra, o si rimane come stu¬ piditi. BANCHETTANTE. Part. pres. di Ban¬ chettare ; Che banchetta. — « I ban¬ chettanti Proci. * Anche a modo di sostantivo. « Le grida dei banchettanti. » BANCHETTARE. Neutro. Far banchet¬ to, Stare a banchetto. — « Mentre i principi banchettavano, Il popolo si levava a rumore contro di loro. » Nel senso attivo di Dare ad altri un banchetto, Invitarlo, Accoglierlo a banchetto, è quasi in tutto uscito dal¬ l’uso vivo, ma può talora cadere op¬ portuno in iscrittura molto soste¬ nuta. i BANCHÉTTO. Desinare o cena, serviti DEL MANGIARE E DEL BERE 655 con lautezza oltre l’usato. — « Atten¬ dono a far banchetti e conviti. * — « Apparecchiò loro uno splendido banchetto. » BARCOLLARE. Detto degli ubriachi è un Balenare (V.) più grave per u- briachezza maggiore. a E barcollando ne veniva in sella, Com’nn Tedesco ch'abbia ben bevuto, * Berni. — « L’amico comincia a barcollare : sarà meglio accompagnarlo a casa. * BATTÉSIMO. Dicesi familiarmente in ischerzo che il vino ha ricevuto o avuto il battesimo, quando è stato an¬ nacquato. — « Il vino degli osti ha sempre un po’di battesimo. » — « Que¬ ste bottiglie prima di venire in ta¬ vola hanno ricevuto il battesimo. » Senza battesimo , per contrario, suol dirsi di vino che non sia stato an¬ nacquato. — « Questo è senza bat¬ tesimo davvero. * Anche plurale* • Ma tutti asciugano Bottiglie a scialo, Senza battesimi Nò prese a calo. » Giusti. BATTEZZARE. Att. Detto giocosamente del vino, vale Annacquarlo, Allun¬ garlo con l’acqua. — « Gli osti che non battezzano il vino sono piu rari delle mosche bianche. » — « Ai bam¬ bini bisogna battezzarglielo il vino. » BATTEZZATO. Part. pass, e agg. da Battezzare. — « Vini battezzati. * — « In collegio ci davano sempre il vino battezzato. » — « Beva pure un po’di vino , ma battezzato per non accre¬ scere Tinflainmazione alla gola. » BEÓNA. V. Beóne. BEÓNE, BEVÒNE. — « Beone. Quegli che bee assai, e a cui soverchiamen¬ te piace il vino. Sta tra il Bevitore e l'Ubriacone ; gusta il vino tanto da mandarne giù più del primo, ma ne abusa men del secondo o lo reg¬ ge meglio. Beone pare che porti anco il femminile in modo più conforme al comune uso che Bevitore. Poi Beone non riguarda che il vino e i liquori, e quello forse più di questi. Bevitore d'acqua, direbbesi, di sci - roppi , di fandonie incredibili . (Tom- maseo). Beone è più dell’uso vivo familiare che Bevone , e pare indichi meglio con l’idiotismo jl vizio. — « Canti de’beo- ni. * — « È un gran beone. * i Bevone ha meno senso di spregio: — « Quest’ anno mi dicono tutti i buoni bevoni che i vini sono catti¬ vissimi. * (Redi). BÉRE o BÉVERE. Attivo e Neutro . Generalmente è Inghiottire un liqui¬ do. Più particolarmente intendesi di acqua, o di vino per cavarsi la sete o per una certa alternata o utile ac¬ compagnatura del mangiare. — «Chi non vuol restar canuto, Mangi un boccone dopo aver bevuto. » — « Be¬ veva come un Turco. » — « Beva la feccia chi ha bevuto il vino. * Detto assolutamente, inteudesi sem¬ pre del vino, e del vizio di beverne troppo. — « Tu bevi troppo. * E anche a modo di sostantivo : — « Ha il vizio del bere. » — « È il bere che lo rovina. » BÉRE Sost. V. Bere, Bévere. BÉR1S A CENTELLfNI. Lo stesso die Centellare o Centellinare. — « Be¬ veva il cognac a centellini. » BÉRE A GARGANÈLLA. Bere senza toccare il vaso con le labbra. — « Lui un fiasco di vino se lo beve così a garganella che non pare neanche suo fatto! * BÉRE ALLA SALUTE D’UNO. Quasi consacrare in voto per la sanità di lui un bicchiere di vino. — « Bevo, signora Verdiana, alla sua salute. * — Anche assoluto, nelPatto di bere: — « Alla sua salute. * — È talora modo gentile d’invitare altri ad ac¬ cettare un bicchier di vino. — « Que¬ sto bicchierino lo beva alla mia sa¬ lute. * ! BÉRE A SCIACQUABUDÈLLA. Bore del vino a digiuno, a corpo vuoto. — « Si bevve un par di bicchieri di vin bianco, così a sciacquabudella. » — « Io non posso bere a sciacquabudel¬ la ; mi fa venire gli stomachini. » BÉRE A ZINZÌNI. Lo stesso che Bere a centellini, Centellinare; ma è frase che oramai va scomparendo del tutto, mentre rimane in assai rigoglio di vi¬ ta Zimino per Piccolissima porzio¬ ne di checchessia, e in particolare di vino o d’altro liquore quanto appena basterebbe a coprire il fondo d’un bicchiere. E dicesi anche di cibi. • — « Il me¬ dico non mi permette che un zinzin di vino a pranzo. * — « Mi dai un zinzin di pane per mangiare questo spicchio di noce? » BÉRE LE BELLÉZZE. Dicesi con scher¬ zo garbato quando si beve nel bicchia- <;:f> DEL MANGIARE E DEL BERE ro dove altri ha bevuto, massime se donna. — « Non si stia a incomodare er far venire un altro bicchiere: everò le sue bellezze. » BEUOCHIARE. V. Bevucchiare. BÉVA. Detto dei vini, vale 11 tempo in cui sono più buoni a beversi. — « La beva'di questi vinettini è sui primi deirinverno. » — « La sua beva e in agosto. Dicesi che ha buona beva. o che è di buona beva il vino che si beve vo¬ lentieri. — « Ha una gran buona beva questo vino. » — «È proprio di buona beva : ne ho già in corpo un mezzo fiasco. » BEVANDA. Ciò che si beve per disse¬ tarsi, per ristorarsi o per medicina. — « Buoni cibi ed eccellenti bevan¬ de. * — « Bevande spiritose. » — « Tassa sulle bevande alcooliche * BEVANDÀCCIA. Pcgg. di Bevanda.— « Si guastò lo stomaco con tutte quel¬ le bevandacee medicinali, che gli or¬ dinava il suo dottore, un asino cal¬ zato e vestito. » BEVANDlNA. Dim. e vezz. Bevan¬ da; Bevanda buona, delicata, gusto¬ sa. — « Inventano certe delicate be- vandine gustosissime. * ( Andreini ). BÉVANDÙOCIA. Dim. di Bevanda ; — « Non ripugni il signor abate dal pren¬ der di quando in quando con la do¬ vuta moderazione qualche piacevole bevanduccia evacuante. * (Redi). BEVENTE. Part. pres. di Pevere ; Che beve. — * Due colombe beventi. » — « I mangiaufi e i beventi. * BEVERÀGGIO. Non comune per Ciò che serve per uso di bere, Bevanda. — « La neve è il loro beveraggio. » (Algarotti). — « Strani beveraggi. * Oggi s’usa piuttosto a indicare La mancia che si dà a’ vetturini, a’ fac¬ chini, e simili, perchè vadano a bere; ma non molto comune neanche in questo senso. BEVÉRCI BÈNE o MALE SÓPRA UNA CÒSA. Dicesi di cosa mangiando la quale ci si beva poi su volentieri e il vino paja anche più buono : e per contrario. — « Sul prosciutto ci si beve bene. * — « Sull’uva non ci si beve bene. » Nel senso medesimo, ma non comu¬ nemente oggi nel linguaggio parlato, dicesi pure che una cosa Dà o non dà buon bere , o dà cattivo bere. BÉVERE. V. Bére. BEVERÉCCIO. Sull’analogia di Man¬ gereccio, Che è buono a beversi. Il comune è Bevibile. BEVERINO. Familiarmente, Piccola re¬ fezione nella quale si beva vino. Lo nota anche il Tommaseo nel Dizio¬ nario del Pomba; ma è voce non tan¬ to comune. BEVERON ÀCCIO. Pcgg. di Beverone. — « A dispetto di quegli ostichi be- veronacci che vi fanno ingozzare ogni mattina que’ due medici vostri amici. * (Redi). BEVERÓNE. Dicesi per dispregio di Bevanda medicinale; ma oggi più spesso di quella Bevanda che si dà agli auimali per ristorarli e ingras¬ sarli, composta d’acqua e di farina. Vedi questa voce nell’Articolo^)0 del Capo 4". BEVIBILE. Atto a beversi, Buono a beversi, Che si può bere. — « Non e un vino bevibile a tutto pasto : c’è da ubriacarsi. * — « Non è un gran vino, ma è bevibile. * BEVIBILISSIMO. Superlativo di Bevi¬ bile. — « A me pare bevibilissima quest'acqua di cisterna. » — « Vino bevibile, bevibilissimo. * BEVICCHIARE. Attivo e Neutro. Be- vere non molto, dice il Tommaseo, e adagio adagio; ma talvolta un po’più del dovere. Di que* diminutivi che, sotto vista di attenuare, caricano la dose. Più comune Bevucchiare, ma dice Bere un po’ meno frequente e meno adagio, ma forse in maggior quantità. V. anche Bevucchiare. BEVITÓRE. Chi o Che beve; ma dicesi più specialmente di Chi beve molto vino. — « Il tale è un gran bevitore. » — « Quelli son bevitori! » Anco Chi beve liquori ; ma allora non s’usa cosi assolutamente e vi si aggiunge il nome del liquore. — « Be¬ vitori di gin — d’acquavite — di zozza. » V. anche Beóne. BEVITRICE. Femm. di Bevitore. — « Ella era solenne . bevitrice del buon vino cotto. » ( Boccaccio ). — « Bevitrice di liquori. * BEVÓNA. V. Beóna. BEVÓME. V. Beóne. BEVUCCHIARE e più comunemente in Firenze BEUCCHIARE, cosi come Beone e Sbeucchiare . Più frequen¬ tativo che diminutivo ; Bere a più riprese e piuttosto molto che poco. Dicendosi d’uno che beucchia o Ha beucchiato s’ intende generalmente DEL MANGIARE E DEL BERE 657 che ha il vizio del bere o che è mezzo brillo. V. anche Bevicchiare. BEVUTA. L'atto del bere. • Dolce vino Del qual ne fece cinque o sei bevute. « Fortiguerri , — « Ho fatto una buona bevuta. » Anche la cosa che si beve. — « Sul¬ l’ora del desinare si piglia un’ altra bevuta di latte. » {Redi). Vedi un altro senso speciale di que¬ sta voce nell’Articolo 4°. BEVUTINA. Dim. e un po'vezz. di Be¬ vuta. — « Ho fatto una bella bevu- tina all'osteria a piè del monte. » BEVUTO. Pari. pass, e agg. da Bere. — « Vomitava il molto vino bevuto. » — « Una mosca bevuta nel vino di¬ cono che può produrre le coliche. » BIÀSCIA. « Quella saliva che viene alle labbra per quel moto della bocca si¬ mile al biascicare. — E come chi ha poco appetito ed ò disgustato fa spes¬ so l'atto di biascicare svogliatamente, suol dirsi, per esempio, Oggi ho la bia¬ scia, a significare svogliatezza e di¬ sappetenza. » ( Rigutini ). BIASCIAMÉNTO. Da Biasciare; Il bia- sciare. — Non comune. BI ASCI AMI DÓLLE. Dicesi di persona sdentata che mastichi a stento, quasi non possa biasciare o non biasci al¬ tro che midolle di pane. BIASCIARE. « Ridurre il cibo come in una pasta ravvolgendoselo tra la boc¬ ca ed il palato perchè incorpori la saliva. Lo fa generalmente chi non ha denti ; ma si fa anche per altre ragioni: ed anche chi mangia svo¬ gliatamente, e quasi non ha cuore di mandar giù il cibo. — « A desinare biasciava, e si vedeva proprio che mangiava contraggenio. * [Rigutini). BIASCIATICCIO. Cibo biasciato e poi sputato. Dicesi anche per Avanzi di roba mangiata. — « Io non voglio mangiare il biasciaticcio degli altri. * BIASCIATO. Part. pass, e agg. da Bia¬ sciare. — « Gli voleva dare un pez¬ zetto di carne biasciato da lui. » — « Le balie sogiion dare ai bambini il pane già biasciato da loro. * BIASCIATÓRE. Chi o Che biascia. Non comune. Ora s’userebbe piuttosto nel traslato. — * Biasciatore di poesie — di parole che egli non intende. » BIASCICARE. Lungo e più imperfetto Biasciare. — « La biascica un po’la Fanfani. D. M. carne e poi la sputa, perchè senza denti e con le gengive infiammate non può disfarla. » BIASCICATO. Part. pass . e agg . da Biascicare . — « Pane biascicato. » — « Confetti biascicati dalla piccina. * BIASCICATURA. L’azione del Biasci¬ care, e anche La cosa biascicata. — « Santi e caricature attaccate a’muri della bottega con un po’ di biascica- tura di pane. » BI ASOICCHIARE. Lo stesso, dice il Mei ni, che Biascicar e< ma tiene un po’ più del dispregiativo. — « Fa schifo a vederlo sempre biascicchiare in quella maniera. » — Non tanto comune. BIASCICÒNA. V. Biascicóne. BIASCICÓNE e BIASCICÒNA. Colui e Colei che ha il vizio di biascicare, o che biascica per mancanza di denti. BIASCICÒTTO. V. Busciòtto. BIASCINO. « Agg. quasi a modo di So¬ stantivo ; Troppo delicato e schifil¬ toso nel mangiare; Che biascia i cibi, e par che non degni mandarli giù. » {A. Conti). BIASCIÓNA. V. Biascióne. BIASCIONÀCCIA. V. Biascionàccio. BIASCIONÀCCIO , BIASCIONÀCCIA. Pegg. di Biascióne e di Biasciona. BIASCIONCfNA. V. Biascioncìno. BIASCIONCfNO, BIASCIONCfNA. Dim. e vezz. di Biascióne. Specialmente di bambini che non hanno ancora tutti i denti. BIASCIÓNE e BIASCIÓNA. Colui e Colei che hanno il vizio di biasciare. Dicesi specialmente di bambini e di vecchi senza denti. BIASCI ÒTTO e BIASCICÒTTO. La cosa biasciata o biascicata che poi si to¬ glie di bocca; generalmente pane, ma può essere anche d’altro. — « I ragazzi si tirano dei biascicotti di carta l’uno con l’altro in tempo di scuola. * — « Alle volte si pigliano il gusto di attaccare a’soffitti delle stan¬ ze certi omini di carta appesi con un filo a un biasciotto di pane o di car¬ ta che tirano forte verso il soffitto. » BIASCIUCCHIARE. Lo stesso, dice il Meini, ma più comune di Biascic¬ chiare. — « Il nonno biasciucchia tutto il giorno. * BÌBITA. Bevanda, specialmente d'acque acconcie, per rinfrescarsi. — « Vuole, un caffè o una bibita ? * — « Entria- 43 DEL MANGIARE E DEL BERE 658 mo in quel caffè che c’è scritto fuori: z= bibite in ghiaccio. » — « In quella botteguccia danno delle bibite eccel¬ lenti e freschissime. » BIGUTTA. Suol dirsi di pietanza rozza e mal cucinata, e più specialmente di Minestra grossolana in gran quantità. — « Come vuoi fare a digerire tutta cotesta bigutta? » — « Ci portavano certe bigutte da far venire gli archi di stomaco a un porcellino. * BIRILLO. Lo stesso che Brillo , ma pare che dica un po’ meno. BISBÒCCIA. Allegra mangiata d’amici a bocca e borsa, ma indica sempre qualcosa di eccessivo. — « Gli piac- cionole bisbocce, i teatri, i cavalli, ed ogni genere di galanteria. » — Dicesi anche Bisboccio , ma men comune¬ mente. Far bisboccia suol dirsi comune¬ mente a Firenze per Darsi bel tempo scherzando e gavazzando. BISBOCCIARE. Attendere a bisbocce.— « Quando si tratta di bisbocciare lui è sempre in capo lista. * BISBOCCIO. Lo stesso che BISBÒC¬ CIA. V. BISBOCCIÓNE. Colui che si diletta in bisbocce. — «.In compagnia di quei bisboccioni non si muore nè di fame ne di malinconia. » BÓCCA LÈRNIA. Dicesi familiarmente di persona di difficile contentatura in fatto di cibi. — « Tu se’pure la gran bocca lernia! chi ti può contentare? » — « Il mio padrone è una bocca lernia, e ci vuol proprio tutta la mia pazienza per contentarlo.» — V. anche Lèrnia. BÓCCA MIA CHE VUO’ TU. Modo uasi proverbiale a indicare abbon- anza e varietà squisita di cibi. — « Bisognava vedere che apparecchio a quella festa da ballo! Vini d’ ogni specie; capponi in galantina, pasticci di Strasburgo, ostriche, dolci; insom¬ ma, bocca mia che vuo’tu. » — « Quan¬ te galanterie nella pasticceria del Giacosa ! si nuò proprio dire : bocca mia che vuo’tu. » — « S’è maritata bene la Giulia; e in quanto al man¬ giare, bocca mia che vuo’ tu, * BÓCCA SCÉLTA. Chi è molto delicato noi mangiare, cosi che non gli piac¬ ciono che cose ricercate. — « Mia moglie è una bocca scelta, o di fa- giuoli non ne vuol sapere. * — « Cosa vuol dir l’appetito! Una bocca scelta come te mangiare il baccalà fritto ! » BOCCATA. Tanta materia quanta se ne può tenere in bocca. — « Faceva certe- boccate di minestra ! * E anche Quanta materia si rece in una volta. — « Rifece un par di boc¬ cate di vino. * — « Gli venne su una boccata di minestra. * — « Gli veni¬ vano di quando in quando delle boc¬ cate di sangue. * BOCCHEGGIARE, Scherzevolmente si dice di chi mangia di nascosto e non vorrebbe esser veduto da’circostanti. « I ragazzi boccheggiano in tempo di scuola. » Vale anche semplicemente Mangia¬ re, ma poco alla volta e spesso. — « Saverio dice nella Crezia Rin¬ civilita dello Zannoni, che i signori non sono allupati come lui, perchè sempre boccheggiano : o piglian quel ninnolo, o qiielraltro ; e poi non duran fatica. * • BOCCONATA. Quanto cibo può in una volta mettersi in bocca, Di quanto si fa un boccone. — « Grandi boccona- te di carne. » — « Gli avanzarono sul piatto due bocconate di spinaci. * — Non molto comune. BOCCONCELLfNO. Sottodim. di Boc¬ cone. — « Bocconcellini di carne — di pane. * BOCCONCÈLLO. Dim. di Boccone . — « Bocconcelli di pane per i poveri. » — * Non ho mangiato neanche un bocconcello di carne. » Di chi fa pasti moschi ni,.' Mangiare un bocconcello vale Andare a desinare. — « Verso mezzogiorno le donne della filanda vanno a mangiare un boccon¬ cello, e ritornano alle due al lavoro. * — « Mangio un bocconcello e vengo. » BOCCONCÉTTO. « Dim. di Boccone ; Non tanto piccolo e non cattivo, non però così ghiotto come può essere il Bocconcino ; ma sempre pare meno meschino del Bocconcello . * ( Tom¬ maseo ). — « Que’ frati facevano certi buoni bocconcetti! » — Non tanto comune. BOCCONCINO. Dim. di Boccone. — * Un bocconcino di pane intinto nella sal¬ sa. » — « Mangiò solamentè un par di bocconcini di carne. » Dicesi specialmente di cibo squi¬ sito. — * Mia moglie sa Lire certi bocconcini! •> — « Bocconcini ghiotti. » — « I beccaflchi sono un gran buon bocconcino. * — « Bocconcini daghiotti — da preti. » BOCCONCINO DÉLLA CREANZA. Quel piccolo avanzo di una pietanza che nessuno prende dal piatto comune per non parer più ghiotto degli altri. — « Bisogna sempre lasciare il boc- concin della creanza. * — « Non tornò in cucina per la servitù che il boc- DEL MANGIARE E DEL BERE 659 concino della creanza. » V. Discre- zión de’contadIni. BOCCONCIÒNE. Acer . di Boccone. — « I bambini fanno certi bocconcioni che pare impossibile possano man¬ darli giù. » — « Come vuoi fare ' a arlare con quel bocconcione in occa? * BOCCÓNE. Tanta quantità di cibo sodo quanta in una volta si mette in boc¬ ca.— «Dammi quel boccone di pane.» — « Non no ho mangiato che un par di bocconi. » — « Prima di parlare manda giù il boccone. » — « Prenda almeno un boccone di lesso. * BOCCÓN SANTO. Di cibi squisiti. — « Gli ortolani sono un boccon santo. * Dicesi boccon santo anche il far di un uovo sodo un solo boccone. . BOCCUCCIA. Suol dirsi Chi è, più che delicato, diffìcile e schifiltoso nel man¬ giare. — « Sei una gran boccuccia. » — « È difficile contentar te : sei trop¬ po boccuccia. » BORBOTTINO. Si dice così familiar¬ mente qualunque pietanza, special- mente in umido, fatta con ogni cura, acciocché sia appetitósa e gustosa; quasi sia stata lungamente a borbot¬ tare sul fuoco. — « Il mio cuoco mi fa certi borbottilo, che farebbero ri¬ suscitare un morto. * BRIACA*. Lo stesso, ma men comune, che Sbornia , e dice Ubriachezza non tanto grande. — « Iersera avevi la briaca. » — Generalmente s'usa col verbo Avere o Prendere . — « Pren¬ de sempre la briaca. » Si dice anche dell'essere sopraffat¬ ti dalla gioia, dal diletto, che pure si dice Èbbro di gioja e simili. — « Andò alla festa a corte: e tanto ri¬ mase incantato che proprio aveva la briaca. » BRIACÀCCIO. Pegg. di Briaco , e si dice specialmente di chi si ubriaca per vizio abituale. « Così que’brlacacci empi e ribaldi. « Neri. BRIACHÈLLA. Leggiera ebrietà, quasi diminutivo di Briaca. — « Ha preso la briachella. » — « Ieri sera avevi un po’ di briachella. * Dfcesi anche della Persona che per solito piglia la briachella. — « Ecco qua il nostro briachella. » — « Al Professore di storia avevano dato il soprannome di Briachella. » — *« 11 Curato era conosciuto da tutti per Don Briachella. » BRI ACHÈI. LO. I)im. di Briaco , più specialmente di ragazzi. — > È un briachello. * — « S’avvezza un gran briachello. » BRIACHÉZZA. Non comune per Ubria - chezza . BRIACHINA. V. Brachino BRIACHINO. Dim. e vezz. di Briaco. Dicesi celiando di bambino a cui piac¬ cia il bere. — « È un briachino.* — « Un gran briachino. » — Di bam¬ bina Briachina . BRIACO. Familiarmente lo stesso che Ubriaco , e porta anche negli scritti maggior senso di spregio sì _ nel pro¬ prio che nel figurato. — « È sempre briaco. * — « Era briaco fradicio. * BRIACÓNA. V. Briacóne. BUIACONÀCCIA. V. BriaconAccio. BRIACONÀCCIO, BR1ACONÀCCIA. Ac- cr. e pegg. di Briacóne. Colui e Colei che ha il vizio abituale di ubriacarsi. — « Briaconacci che spen¬ dono tutto il guadagno della setti¬ mana in una serata all’osteria. * — « Sua moglie è una briaconuecia peggio di lui. » BRIACÓNE , BRIACÓNA. Acer . di Briaco ; più specialmente Colui e Colei che si inebria per abito. — « È un briacóne maledetto. * — « Son due briaconi lui o la moglie. » — « Briacona che è sempre per le oste¬ rie coi soldati. * BRI [.LO. Alquanto briaco, Che inco¬ mincia a ubriacarsi. — « Mezzo brillo dal vino. » — « Eran tutti brilli. » — V. anche Birillo. BRINDARE. Verbo neutro di recente formazione, che si legge, più che al¬ tro, su’ giornali e che, non essendo stato finora notato da alcun vocabo¬ larista, non voglio essere il primo io a dargli patente sporca di neologi¬ smo o di francesismo, per Far Brin¬ disi, Propinare, che sono certamente preferibili. Si costruisce col terzo caso. — « Brindò all'esercito — alla Casa di Savoja. » BRINDISI. È un invito a bero a ono¬ ranza, o come più comunemente si dice, alla salute di qualcuno anche non presente ; è un augurio di pro¬ sperità. Generalmente s’usa col verbo Fare. — « Furono fatti molti brin¬ disi in onore del Re. » — « Fece un brindisi alla sposa. » — « Il brindisi, dice il Tommaseo, si fa con atti toc¬ cando il bicchiere, quasi senza pa¬ role, si fa in versi più o meno un- DEL MANGIARE E DEL BERE 660 nacquati, in prosa più o meno stuc¬ chevole. » BRÒDO. V. r Articolo seguente. BRÒSCIA e SBRÒSCIA. Dicesi per di¬ spregio di Brodo e più specialmente di minestra mal fatta o troppo bro¬ dosa o scipita. — « In collegio ci davano per minestra una certa bro¬ scia che non se ne sarebbero giovati i cani. » — « Quella sbroscia m’ha gonfiato lo stomaco. » — « Come si fa a mangiare tutta quella sbroscia? » BUCCÒLICA. Così volgarmente si dice Il mangiare per V assonanza con Bocca. — « A lui non preme che la buccolica. » — « Non pensa che alla buccolica. * — « La buccolica è il genere di poesia più sublime per i pagnottisti. * BUONA BÓCCA. Chi mangia di grande appetito, e anche Chi mangia d’ogni cosa sebbene non perfetta, Chi, in fatto di cibi, è di facile contentatura. — « lo sono una buona bocca. » BUON APPETITO. Augurio solito a farsi a chi s'appresta a mangiare o sta mangiando. — «È ora che io me ne vada. Lei sta per andare a desi¬ nare, A rivederlo, e buon appetito. * È di buon appetito chi mangia molto volentieri. BUONGUSTAJO. Colui che in ogni cosa ha buon gusto, presa questa voce in tutti e tre i sensi, proprio, traslato e figurato : cioè Che sa di¬ scernere il buon sapore degli ali¬ menti, Che sa bene scegliere i colori # e le forme degli abbigliamenti, e Che è atto a riconoscere il meglio nelle opere d'arte e nelle produzioni dello spirito. — * Pietro Fanfani era un buon¬ gustai in fatto di lingua e di buc¬ colica. » — « A* buongustai piacciono i tartufi di Piemonte. » — « I veri buongustaj amano le beccaccie molto frolle. » BUON PRÒ. Formola d’augurio che si suol fare a chi mangia, o ha termi¬ nato di mangiare, per esprimergli il desiderio che il cibo gli giovi. Non infrequentemente vi si ode sostituito il latino PRÒSIT. Per celia volgare dicesi Buon prò e Prosit a chi fac¬ cia quel che faceva Polifemo ubriaco nell’antro .... sonanti orrendi rutti , come traduce il Pindemonte. BUZZÒNA. V. Buzzóne. BUZZÓNE e BUZZÓNA. Colui e Colei che mangiano molto e ingordamente. — « È un gran buzzone. » — « Chi lo può mantenere quel buzzone? È capace di mangiarsi un chilo di pane così per istuzzicare i denti. » c CASALINGO. Di cibo semplice e come suol farsi d’ordinario. — « Piatti ca¬ salinghi. » — « Pane casalingo. » — « Cucina — mangiare casalinghi. » CASCAR DALLA FAME. Dicesi di chi si senta venir meno dalla fame. — « Cascava dalla fame quando l’accolsi in casa mia. » — « Cascassi anche dalla fame , non gli chiederei un soldo. » CAVAL1ÈR DEL DÈNTE. Così dicesi scherzevolmente per satira Colui che va scroccando pranzi da questo e da quello. — « Cavaliere il tale? sì, ca¬ valiere del dente !» — « Aveva din¬ torno tre o quattro cavalieri del dente die gli facevan la corte per amore del cuoco. » b Accorto ciarla il cavalier del dente. » Guadagnili. CAVARE IL CÒRPO DI GRINZE. Vedi Levare o Cavare il còrpo di grinze. CAVARSI LA FAME. Mangiar tanto da non soffrirne più gli stimoli. — « Mi son cavato la fame con un par di scodelle di minestra. » — « Non so come cavarmi la fame. » — « Non ha tanto da cavarsi la fame. » — « Non se la può cavar tutti i giorni. » CAVARSI LA VÒGLIA D’UNA CÒSA. V. Levarsi, Cavarsi la vòglia d’una còsa. CÉNA. Uno dei due minori pasti gior¬ nalieri, che si fa la sera, o anche a notte inoltrata, da coloro che riten- fono l’uso di desinare verso la metà el giorno. — « Vo a cena tardi. » — « Chi va a letto senza cena, tutta notte si dimena. » — « È a cena. » « Mi son alzato ora da cena. » CENÀCCIA. Pegg. di Gena. — « Che cenaccia stasera! Un’insalata e un po’ di prosciutto rancido. » CENANTE. Part. pres , di Cenare ; Che cena. — « Tiberio cenante con Druso. » ( Davanzati ). E in forza di sostantivo. — « I ce¬ nanti in casa del Marchese. » — « Le grida e le risate de' cenanti. » CENARE. Neutro ass. Mangiar da sera DEL MANGIARE E DEL BERE la cena. — « Cenò con la famiglia e poi se ne andò a letto. » — « Vanno sempre a cenare per le osterie. * — « Chi la sera non cena tutta notte si dimena. » CENÉTTA. Dim. di Cena ; Piccola cena; ma può talora aver senso di lode. — « Una buona cenetta. » — « Ci pre¬ parava certe cenette !» — « Eh che cenette si faceva da giovanotti alle Cinque lampade in Firenze! * CENETTINA. Sottodin'., evezz. di Cena. — « Cenettina in famiglia — con gli ' amici. » — « Fa la sua cenettina, il piccino, e poi se na va a nanna. » CENINA. Dim. di Cena ; quasi sempre senza idea di lode. — « Vi farò una cenimi lesta lesta. » — « Bimbi, fate la vostra cenina e poi a cuccia. » CENINO. Dim . di Cena ; e dicesi più spe¬ cialmente di piccola cena gaja in com¬ pagnia d’amici, piuttosto che di quella solita fatta in famiglia. In certi luoghi di Toscana dicono propriamente Cenino la Cena che si suol far la notte di Natale dopo le funzioni di Chiesa. CENÓNA. Acer, di Cena; Cena abbon¬ dante. — « Ci preparò in quattro e quattr’otto una cenona che sarebbe bastata a un reggimento. * CENÓNE. Acer, di Cena ; più lauta e più ricca della Cenona. — « Che ce¬ none quello di iersera in casa Birol- di! » — « Era un gran cenone dav¬ vero. » CENTELLAREo CENTELLINARE. At¬ tivo e Neutro. Bere interrottamente a piccoli sorsi, assaporando gustosa¬ mente. — « Stava centellando un bic¬ chierino di vecchio Madera. * — « Cen¬ tellinava il caffè, » — « A forza di centeliare, ha veduto il fondo a quei fiasco. » — « Dopo cena riman li a centellinare per una mezz’oretta. » CENTELLINARE. V. Centellare. CENTELLINO. «Dim. vezz. di Centello . Quel po* di vino che in una volta as¬ saggiasi adagio adagio. — « Un cen¬ tellino di vino. » — o assolutamente: — « Un centellino. * — Il Gocciolino può essere meschino o versato, o ri¬ maner nel bicchiere: nel Centellino ri¬ guardasi l’atto del bere. » ( Tommaseo). Dicesi non del solo vino, ma d’ogni altro liquido da beversi. CENTÈLLO. Men comune del diminu¬ tivo Centellino. (V.) CENÙCCIA. Dim. e un po’ dispr. di Cena; Cena meschina. — « Una ce- 661 miccia da poveretti. » — « Preparava da sè la sua cenuccia. » CHE SANTA LUCfA TI CONSÈRVI LA VISTA o GLI ÒCCHI ! Cosi suole escla¬ marsi per burla vedendo altri man¬ giar molto o sentendolo raccontare del molto cibo mangiato. Talora si aggiunge: V appetito non ti manca o i denti o lo stomaco gli hai buoni. CHIACCHIERINA. Quello stato che pre¬ cede la ubriachezza e nel quale si parla allegramente più del consueto. — « Io ubriaco ? Avevo un po’ di chiac¬ chierina, ecco tutto. » CIBAMÉNTO. Il Cibare o Cibarsi; Nu¬ trimento. — Non comune. CIBARE. Att. Dar cibo, Nutrire. — « Lo cibarono per tre mesi di sola carne, brodi ristretti e vino ge¬ neroso. » — « Andava a caccia dello fiere e ne cibava le carni. » Neutro passivo ; Cibarsi, Prender cibo, Prendere in cibo. — « Si cibava di soli legumi. » — « Cibarsi lauta¬ mente, parcamente — male — bene. » CIBÀRIA. Sost. Tutto ciò che serve di cibo. — « La scelta delle cibarie eil il tempo di valersene, appartiene alla regola di sanità. » ( Las tri ). CIBÀRIO. Agg. Che serve di cibo, d’a¬ limento. — « Materie — sostanze ci¬ barie. — Leggi cibarie presso i Ro¬ mani. » CIBARSI. V. Cibare. CIBATO. Pari. pass, e agg. da Cibare . « E cibato di lor, sul terren nudo Cerca adagiare il travagliato fianco. » Tasso . — « Contadini — soldati — cibati male. » CIBO. Tutto ciò che si mangia per nu¬ trimento. — « Cibi e bevande sane. » — « Gli manca il cibo per sè e per i figli. » — « Cibo che sazia presto. » — « Cambiare i cibi. » — « Poco cibo o nullo affanno, sanità nel corpo fanno. » — « È un cibo che non gli fa prò’. » — « Cibi indigesti. » CIONCARE. Neutro generalmente; Be¬ re avidamente in gran quantità. — « Cioncava da un' oretta buona. » — « Cionca e ricionca, s’ ubriacò. » — « Cioncavano tutti come Tedeschi. » Talora anche attivo. — « Ha cion¬ cato un fiasco intero. » — « Lui que¬ sto fiasco se lo cionca tutto da sè. » CISCHERO. Non tanto comunemente , ma si dice talora di chi è mezzo ubriaco, incominciando a sentirò gli DEL MANGIARE E DEL BERE W2 effetti del vino col vederci poco di¬ stintamente. COLAZIONÀCCIA. Pegg. di Colazione ; Cattiva colazione. — « Ilo fatto una colazionaccia all’osteria tanto per non stare a corpo vuoto. * — « Vino cattivo, carne pessima, pane stantio: insomma, una colazionaccia. * COLAZIONARE. Neutro. Far Colazione. Non comune nell’uso, ma s’ode di quando in quando. — * Quando avre¬ mo colazionato partiremo. » — Per noi toscani è, più che altro, voce di scherzo, sonandoci pesante e sgar¬ bata. COLAZIONCfNA. Dim. di Cola zio ne; Piccola ma gustosa colazione. — « Una colazioncina squisita. » — « La co¬ lazioneina per i bambini è pronta? * — « Quando avranno fatto la loro cola¬ zioncina, conducili a spasso. * — « Ci preparò una bella colazioncina sotto gli alberi della villa. » COLAZIONCIONA. Acer, di Colazione; Buona e abbondante colazione. — « Ci dette una buona colazionciona che non finiva mai. » — « Avete fatto stamani una gran bella colazionciona, veli! » COLAZIÓNE. È propriamente il primo pasto che si prende la mattina. — « Fo’ colazione con un po’ di caffè e latte. » — « Stamani per colazione ho mangiato due fichi col prosciutto. » Vedi Prima colazióne e Secónda co¬ lazióne. COLAZIÓNE IN FORCHÉTTA. 0 prima o seconda che sia, o Quella colazione nella quale si mangiano cibi solidi da pigliarsi colla forchetta. — « Verso mezzogiorno fo colazione in forchetta, e sto bene fino alle sette della sera. » COLAZIONÉTTA. Dim . di Colazione; Piccola colazione, ma discreta, e ta¬ lora anche buona e abbondante. — « Una bella colazionetta. * — « Co- lazionetta senza lussi, ma di cibi scelti. * COLAZIONÙCCIA. Dim. e dispr . di Colazione. — « Quella colazioni! c'ci a di stamani non mi ha toccato un dente: non vedo l’ora d'andar a man¬ giar un boccone a casa mia. » COMMENSALE. Ciascuno di coloro che mangiano alla stessa mensa. — « Era mio commensale in casa del Conte — alla trattoria. * — « Le grida dei commensali. * — « Commensale al¬ legro o perciò desiderato. » COMMESTIBILE. Sost. Cibo, vivanda da mangiarsi. — « Vendita di pane e altri commestibili. » COMMESTÌBILE. Agg. Che ò mangia¬ bile; Buono a mangiarsi. — « Frutti commestibili. » — « Non tutte le carni sono commestibili. * — Più comune come sostantivo. COMPANÀTICO. Si dice di ogni cibo die si mangia col pane. — « La paga gli basta appena per comprare il pane; ma il companatico non c'entra. * — « Mangiano un po’ di pan nero; senza companatico. » — « Ora che hai mangiato tutto il companatico, ti mangerai il pane solo. * Anche plurale — * I companatici. » CONTORNARE. Fare il contorno. — « Il lesso contornalo di spinaci — o — con gli spinaci. » — Più comune Fare il o un contorno di. CONTORNATO. Pari. pass, e agg. da Contornare. — « Lesso contornato di patate passate. * — « Lingua con¬ tornata di fagiolini in erba. » CONTORNINO. Dim. e vezz. di Contor¬ no. — « Contornino di lenti in umido allo zampone di Modena. » CONTÓRNO. Quella come corona di cibi vegetali variamente cucinati che si suol mettere intorno alle pietanze di carne che si portano in tavola. — « Lesso senza contorno. * — « Cote- ghino col contorno di spinaci. * — « Io non ho mangiato che un po’ di con¬ torno. * — * Vuole un po’ di con¬ torno? » CONVITANTE. Part. pres. da Convi¬ tare; Che convita. — « Convitati e convitante erano di pessimo umore. » CONVITARE. Attivo. Chiamare a con¬ vito. — « Convitò gli ambasciatori di Firenze. » — « Convitava ogni sorta di gente. * CONVITATO. Part. pass, e agg. di Convitare. CONVITATO. Sost. Chi interviene odò è chiamato al convito. — « Quanti saranno i convitati? » — « I convitati fecero molti brindisi al padrone di casa. * CONVITaTÓRE. Verbale di Convitare; Chi invita o Che invita. Non comune. CONVITO. Splendido desinare o cena a cui sieno chiamate persone di alto grado. — « Dette un convito a tutti i Ministri. * — « Fece un gran con¬ vito agli ambasciatori. » CORPACCIATA. Lo stesso, ma men co¬ mune, di Scorpacciata (V.). DEL MANGIARE E DEL BERE 663 CÒTTA. Ubriacatura. — * Aveva una cotta che non si reggeva più ritto. » — « Prese ima bella cotta all’osteria. » Chiamandosi cotta anche quella cor¬ ta sopra vveste bianca che portano gli ecclesiastici nell* esercitare i divini uffici, il popolo suoi dire degli ubria¬ chi, con un giuoco di parole, che il prete rivuoi da loro la cotta o che debbono riportare la cotta al prete . — Vedi anche Balla . C0TT1CCI0. Mezzo ubriaco. — « Era cotticelo l’amico, e durava una gran fatica a strascicar le gambe. » CÒTTO. Ubriaco addirittura. « E quando egli era ubriaco e ben cotto E* cicalava per dodici putto. « Pulci . Colto fradicio e Cotto spolpato suol dirsi di ubriachezza anche maggiore per maggiore dispregio. Ed è a no¬ tarsi che mentre degli innamorati suol dirsi Cotto e Cotto fradicio, non si direbbe mai Cotto spolpato. Del resto, Cotto spolpatole men comune anche detto degli ubriachi. # CÒTTO FRÀDICIO. Vedi Còtto. CÒTTO SPOLPATO. V. Còtto. CRAPULA. • Crapula ò vizio abituale di chi si dà tutto al vizio della gola e del vino. — Lo stravizio o stravizzo è eccesso di bere e di mangiare, fatto in qualche occasione, e che spesso porta seco l’ubriachezza e qualche malattia. Lo stravizzo non è assolu¬ tamente vizioso e grave; e alle volto si chiama, scherzando, stravizzo il mangiare o bere un poco più del consueto o fuor dell’ ora solita. — Bagordo è ritrovo romoroso di per¬ sone, che mangiano, bevono, cantano e scherzano senza riguardi, e spesso con poca decenza. — L’Orata è cosa da signori; ed è fatta apposta per abusare della carne e della gola. Non è voce dell’uso comune; e anche la cosa è più rara che ne’ secoli prece¬ denti, specialmente nel XVI. » CosiilFanfani nei Sinonimi. Quanto a ciò che egli dice della voce stra¬ vizzo debbo con la reverenza dovuta all’illustre filologo, soggiungere che oramai stravizio e stravizzo non si confondono più nell'uso, riserbandosi quest’ ultima a indicare come memo¬ ria storica, letteraria o archeologica che s’abbia a dire, soltanto Quel con¬ vito che l’Accademia della Crusca faceva in una data stagione dell’anno, dopo il quale un accademico leggeva la sua cicalata. — « Voi dovete sa¬ pere che ’l solenne stravizzo dell’Ac¬ cademia della Crusca era arrivato a tanto lusso- ed a tanta sontuosità, che pareva oramai con iscandalo uni¬ versale piuttosto una cena da Sarda- napali e da Eliogabali che un mode¬ sto convito da gente letterata e filoso¬ fica. * (Redi). CRAPULARE. Neutro ass. Far cra- ula; Soverchiamente mangiare e ere. — « Giocando e crapulando si ridusse sul lastrico. * CRAPULÓNE. Chi è dedito alla cra¬ pula. — « Crapuloni quorum Deus venter est. » 3D DAR CATTIVO BÉRE. Vedi Béverci BÈNE O MALE SÓPRA UNA CÒSA. DARE 0 NON DAR BUON BÉRE. Vedi BÉVERCI BÈNE O MALE SÓPRA UNA CÒSA. DARE AL CAPO. Il vino, la birra o altre bevande danno al capo quando per i fumi di esse viene come ad an¬ nebbiarsi l’intelligenza, o riscaldano o fanno dolere la testa. — « È un vino troppo alcoolico; mi dà subito al capo. » — Dicesi anche nel senso medesimo Dare alla testa. DARE ALLE GAMBE. Dicesi dei vini che, bevuti in troppa quantità, fanno risentire i loro effetti specialmente alle gambe che reggono a stento il peso del corpo. — « La testa la lascia libera questo vinetto; ma dà terribil¬ mente alle gambe. » — « Il vino un po’ forte mi dà subito alle gambe. » DARE IN TÀVOLA. Lo stesso che Mettere , Portare in tavola. DARE RIPIÈGO. Parlandosi di vivande, vale Ingoiarle tutte quante avida¬ mente, Consumarle. — « Darebbe ripiego a una forma di cacio parmi¬ giano. » — « Dettero subito ripiego a ogni cosa, e non ce ne rimase più respice per la servitù. » DAR SÓTTO A UNA CÒSA. Detto di cibo, Mangiarne di molto con gusto. — « Lui non dà sotto che alla mine¬ stra. » — « Del lesso non ne voglio: darò sotto piuttosto a’ fagiuoli. » — « Io a' dolci gli do sotto. » — « Come gli hanno dato sotto a quella polenda: non n’è avanzata quasi punta. » DEJEUNER, che i Fiorentini pronun- 064 del mangiare e del bere ziano sempre DIGIUNE, può benis¬ simo tradursi in italiano Secónda co¬ lazióne (V.). DÉSCO. Mensa o Tavola, e propria¬ mente Quella sulla quale si mangia. In questo senso non è più dell’uso comune familiare, se non forse in qualche coutado e in alcuni proverbi. — « Chi non mangia a desco , ha mangiato di fresco. — Gran traditore è il desco. » DESINARACCIO. Pegg. di Desinare ; Cattivo desinare. — « È riuscito un desinaraecio. » — « Desinaraccio da osterie di campagna. » DESINARE. Neutro ass. Fare il mag¬ gior pasto della giornata — « Torna presto a desinare. * — « Yo a desi¬ nare da mio cognato. » — « Stanno desinando. * — «A che ora desina? — Verso le cinque. » DESINARE. Sost. Il maggioro de’ pasti giornalieri che si fa a mezzogiorno o poco dopo , e generalmente, nelle grandi città, verso la sera. — « Pre¬ para il desinare per le due. » — « Che cosa ci abbiamo per desinare? — Minestra o lesso. » DESINARE ALLA CROCÈTTA. Lo stesso che Far sequentia sancti evan - gelii. Modo basso. È d’uso anche in Fi¬ renze ; ina più specialmente a Pistoja dove il modo è caro al popolo per il iuoco di parole originato dal nome ’un colle, non molto distante dalla città, detto la Crocetta. DESINARÉTTO. « Dim. quasi vezz. di Desinare. Non dice scarsezza, come direbbe Desinaruccio; nè tanta squi¬ sitezza quanta potrebbe Desinarino. — « Desinaretto alla buona, ma gu¬ stoso, gioviale. * {Tommaseo). DESINARINO. Dim. di Desinare. — « Un buon desinarino. » — * Ed un desinarin quando gli danno, A cantar durerebbe per un anno. « Pananti. Vedi Desinaretto. DESINARÒNE. Acer, di Desinare; Ab¬ bondante desinare e di lusso. — « Un desinarone da principi. * — « È stato un gran desinarone, sai. » DESINARÙCCJO. Dim. e un po’ dispr. di Desinare. — « Desinaruccio da povera gente. * — V. Desinaretto. DIÈTA. Regola di vitto, e por lo più Astinenza di cibo a fine di sanità. — « La sola dieta può guarire da certe malattie. » — « Val più la dieta, alle volte, che le medicine. » — « Acqua, dieta e serviziale , guarisce d’ ogni male. * DIGERÈNTE. Part. pres. di Digerire; Che digerisce, Che ha facoltà di di¬ gerire. — « Canale — forze dige¬ renti. * DIGERIBILITÀ. Astratto di Digeribile. — « I fisiologi sono discordi sulla maggiore o minore digeribilità di al¬ cuni cibi.* — « Cibi di dubbia dige¬ ribilità. * — « 11 Bellini di certi cibi scrisse : Non sono digeribili sino al¬ l’ultima digeribilità. * DIGERIRE. Att. e n. ass.; Convertire, mediante la digestione, in succhi as¬ similabili dal nostro organismo i cibi e le bevande. — « Il nostro stomaco, dice il Redi , digerisce più facilmente l’acqua che il vino. * — « Le cipolle non le posso digerire. * — « Digeri¬ sce male. » — « Non poteva più di¬ gerire. * DIGERITO. Part. pass, e agg. da Di¬ gerire. — « Pranzo — cibo digerito. * — « Ben digerito — Mal digerito. * DIGESTIÓNE. Quella complicata fun¬ zione fisiologica, che qui non occorre descrivere, per la quale i cibi e le bevande si convertono in sostanza del nostro corpo e lo mantengono in vita. — « Fare una buona digestione. » — « Cibi di facile digestione. * DIGESTIVO. Che digerisce, Che è atto a digerire, Che ajuta la digestione. « Forza — virtù digestiva. * — « Ca¬ lore digestivo. » — « Medicine — be¬ vande digestive. * — Non molto co¬ mune. DIGRUMA. Sost. * Voracità cagionata da facile smaltimento dei cibo. Voce dell’uso. — « Costui mangia sempre; ha la digruma in corpo * {Meini.) — Rammenta Aver la consuma e Aver la lupa in corpo. DIGRUMARE. Attivo e neutro. Fami¬ liarmente dicesi di Chi mangia con una certa voracità. — « Lo trovai che digrumava allegramente. » — « Hai digrumato tutti quei fagiuoli? * É anche semplicemente Mangiare. — « C’è nulla da digrumare? * DIGRUMATÒRE. Verbale di Digru¬ mare; Chi o Che digruma. — « Gran digrumatore. » — « Un digrumatore da fare spavento alla Fame. * Non si direbbe Digrumatora e Di- grumatrice , se non fòrse.quest’ultimo per ischerzo. DEL MANGIARE E DEL BERE G(£ DILUVIARE. Attivo q neutro; Mangiare voracemente e presto. — «Diluviavano allegramente. » — « Diluviarono ogni cosa. » DILUVIATÓRE. Colui che diluvia. Più comune Diluvióne (V.). * DILUVI ATRICE. Colei che diluvia. Più comune Diluvióna (V.). DILUV1ÓNA. Femminile di Diluvióne. — « Ragazze diluvióne. » — « Son tutte diluvióne queste convittrici. » — : Più comune, a onore del sesso debole, il maschile. DILUVIÓNE. Colui che mangia vorace¬ mente e presto. — « Quei tre dilu- vioni si mossero in corpo tutto il de¬ sinare preparato per sei. » — « A mangiar con noi non ce lo vogliamo quel diluvióne del professor Dèntice. * DIPANARE. Attivo e neutro. Dicesi scherzevolmente per Mangiar molto. — « Come dipanano i tuoi figliuoli ! * — « Dice d’ esser malato ; ma, veda, a tavola dipana cli’è un piacere. » — « Dipanarono ogni cosa in quattro e quattr’otto. » DIR MANGIAMI MANGIAMI. Un cibo dice o par che dica mangiami mangiami , quando eccita colla vi¬ sta desiderio di sè, quando è molto appetitoso, — « Via, si serva; questi agnellotti dicono proprio mangiami mangiami. * — «Certe pietanzine elio dicevano mangiami mangiami. » — « Que’ fichi parevan dire mangiami mangiami. » DISAPPETÈNZA. Mancanza d’appetito, Contrarietà al prender cibo. — « Di¬ sappetenza invincibile. » — « Ho sempre una gran disappetenza. * — « Combatta la disappetenza con de¬ cotti di china. » — V. anche Inappe¬ tènza. DISCREZIÓN DE’ CONTADINI. Quella piccolissima porzione di vivanda che i contadini, invitati a mangiare, la¬ sciano nel piatto, immaginandosi così di passare per discreti e non ingordi. Quindi per canzonatura si dice a chi, senza essere, voglia apparire discreto. — Vedi anche Bocconcìno della di¬ screzióne. DISSETARE. Att. Cavare la sete. — « Lo dissetò e lo sfamò. » — E ri¬ flessivo. — « Si dissetarono alla fonte. » Anche assoluto. — « Il vino non disseta. » — « Il latte annacquato disseta benissimo. * DISSETARSI. Vedi Dissetare. DISSETATO. Part. pass, e agg. da Dissetare. DIVORANTE. Part. pres . di Divorare. u La divoranto bocca o *1 crudo artiglio. » Alamanni . DIVOR/VRE. Attivo. Mangiare con ec¬ cessiva ingordigia. u Qual’ò quel cane che abbajando agugna, E si racqueta poi che il pasto morde, Chè solo a divorarlo iutendo o pugna. « Dante. — « Divorò la sua porzione e quella del compagno. » E assoluto. — « Tu non mangi : divori. » — « Non pensa che a divo¬ rare. » DIVORATO. Part. pass, e agg. da Di¬ vorare. — « Divorato dalle Aere. * — « Divorato il pasto, s’acquietò. * DIVORATÓRA. Vedi Divoratrice. DIVORATÓRE. Colui che divora. A modo di sostantivo e di aggettivo. — « Ragazzo divoratore. » — « È un divoratore. » — « Ci vuol altro per questi divoratori! » DIVORATRICE. Colei che divora. Più sposso in senso traslato. — « Fiamme — passioni — cure — divoratrici. Nel senso proprio qui notato di Di¬ vorare , più comune Divoratora. E EBBRÉZZA, EBRIETÀ. Nel linguaggio scelto lo stesso che Ubriachezza. EBRIETÀ. V. Ebbrézza. ÈBRO. Nella lingua scritta e piuttosto scelta lo stesso che Ubriaco. È IN TÀVOLA. Maniera di dire con la quale il padrone di casa o un servi¬ tore o altri avvisa che il pasto è pronto, sia colazione, desinare o cena. — « Signori, è in tavola. » — « Venne il servitore a dire che era in tavola. » EMPIERSI o EMPIRSI IL BUZZO. Mangiar molto. — « Alla cena del principe M. si empì il buzzo per quattro giorni. * — « Non pensa che a empirsi il buzzo. * — « Quando s'è empito il buzzo, rovini pure il mondo.» EMPIERSI o EMPIRSI IL GÓZZO. Mangiare a sazietà. — « Quel pa¬ rassito non pensa che a empirsi il gozzo. * ÉMPIERSI o EMPIRSI LA TRIPPA. Mangiare di molto, da averne pieno DEL MANGI AB E E DEL BERE 666 il ventre. — * Non t’empir tanto la trippa. » — « s’empie la trippa e poi va a dormire, per levarsi a riempirla ancora e tornare a dormire. » ÈSSER BOCCÙCCIA. V. Bocoóccia. ÈSSER DI BUON APPETITO. V. Ap¬ petito e BUON APPETITO. ÈSSER DI BUONA BÉVA, V. Béva. ÈSSER DI BUONA FAMA. Giuoco fa- miliare di parola che si dice . di chi ha buon appetito, che è sempre pronto a mangiare. Il giuoco intero di parola suona : — « È di cattivo parentado, ma di buona fama. » ÈSSERE DI BUON PASTO. Dicesi di chi mangia molto e di tutto. — « Il Curato, che era di buon pasto, non si sapeva adattare a viver col Pievano che viveva con uno stecco unto. * ÈSSERE DI PÒCO PASTO. Mangiar poco. — « Mia moglie è di poco pa¬ sto; lo basta un po’ di minestra e un pezzettino di lesso. » Per enfasi dicesi anche scherze¬ volmente nel senso medesimo di chi sia di poco pasto Uccelliti eli poco pasto. — « Sono un uccellili di poco pasto: non potrei mangiar di più di quello che ho mangiato. » ÈSSER DIFFICILE. Dicesi assoluta- monte che è diffìcile Chi è di bocca molto delicata e non si contenta così per fretta de’ cibi e del modo col quale son cucinati. — « Se di quei cuoco era contento il marchese B. che è tanto difficile, dev’essere un gran bravo cuoco davvero! » ÈSSERE ÉMPIO. Cosi familiarmente per un giuoco di parola dico chi è pieno, chi e fatto. ÈSSERE IN FILO. Dicesi dell’ esser disposto a mangiare, e più special- mente di chi si trovi quasi sempre in questa disposizione. — « Oggi sono in filo davvero, e vedrai che bella mangiata di tortelli che farò. * *— « Pietrino è sempre in filo: non fa¬ rebbe che mangiare. » Con un modo proverbiale, fondato su un giuoco di parole, suol dirsi pure : — « È come i rasoi : sempre in filo. » — «È sempre in filo come i rasoi. » ÈSSERE IN GLÒRIA. Essere ubriaco. — « Quando è in gloria è tutto tene¬ rezza. » — « Quando è un po’in gloria chiacchiera per cinquanta. » ÈSSERE IN PERNÈCCHE o BERNÈC- CHE più comune. Modo volgare per Essere ubriaco . — « Tornava sempre a casa in bernecche. » — Dicesi an¬ che Andare in bernecche per U- briacarsi. — « Appena beve un po’più del solito, va subito in bernecche. » ÈSSER FATTO. Suol dirsi . familiar- m£hte e un po’bassamente per Esser pieno ; Aver mangiato più che ab¬ bondantemente. — « Son proprio fatto; non mi ci entrerebbe nèanco un briciolino di pane. » ÈSSER LA SUA BÉVA. V. Beva. ÈSSER I,A SUA MÒRTE. Detto di una vivanda si dice a significare che un tal modo di cottura ò quello che più le si affà, e che la rende più gustosa che in qual altro modo si voglia. — « La lepre, la sua morte è in salmi. » — « Per me i funghi, la sua morte è in padella. » — « L'anguilla la sua morte è arrosto con le foglie d'alloro. » ÈSSER PIÈNO. Meno basso che Es - ser fatto (V.) : Aver mangiato so- prabbondantemente. — « Ero già pieno dopo il secondo piatto. * — « Son pieno, grazie ; non ne man¬ gio più. » ÈSSER SÈMPRE IN FILO CÓME I RASÓJ. V. Èssere in filo. ÈSSERE SFONDATO. Volgarmente di¬ cesi di chi mangia moltissimo. — « Hai mangiato due scodelle di mi¬ nestra, il lesso, due piatti, un pezzo di cacio, e ti lamenti che hai fame? Ma che sei sfondato? » — V. anche Sfondato. ÈSSER SUA TUTTA LA STRADA. V. Balenare. ÈSSERE UN ÀCQUAJO. V. Góla d’ac- ^ QUAJO. ÈSSERE UNA FÓGNA. Lo stesso e forse un po’più che Essere un acquajo o una gola d'acquajo. FAME. Bisogno e voglia grande di mangiare. — « Aveva una gran fame. » — « Ho più fame di prima. » — * La fame non conosce legge. » — « La fame è il condimento dei cibi. * FAME DA LUPI. Gran fame. — « Tor¬ nai in città, con una fame da lupi. * FAMÈLICO. Del linguaggio nobile ; Grandemente avido di mangiare. — DEL MANGIARE E DEL BERE 667 « Lupi famelici. * — Famelico e as¬ setato. * a Errò famelico Strappato cd egro : Si sogna il boja,. Ila dormo allegro. » Giusti . FAR BALLARE I DÈNTI. Modo basso per Mangiare. — « Non c’è nulla da far ballare i denti ? * « Interrogato un uom che sudi e stenti A lavorar, perchè fa ciò ? rispondo : Ah ! signor mio, per far ballare i denti, u Fagluoli. Nello stesso senso dicesi anche, ma men comunemente, Far ballare il mento. — « Lo dice anche il pro¬ verbio : A voler che il mento balli, Alle man gna ( bisogna ) fare i calli : ossia Per mangiare bisogna lavorare. » FAR BALLARE IL MÉNTO. V. Far BALLARE I DENTI. FAR BRINDISI. È bere alla salute di altrui. V. Brindisi. FAR CROCÈTTA. Modo proverbiale : Star senza mangiare. — « Quella povera gente fanno crocetta un dì sì e un dì no. * — « Oggi quel colle¬ giale bisogna che faccia crocetta per gastigo d’una sua biricchinata. » Lo stesso che Far sequentia sancti eoangelii (V). FAR DI GRASSO. V. Mangiar di grasso. FAR DI MAGRO. V. Mangiar dì magro. FARE A MICCINO. Mangiar poco e adagio. — « Dei cacio — delle noci — bisogna fare a miccino. » — « Fà a miccino con quel dolce, chè è molto pesante. » FARE IL CHILO. Si dice comunemente per Starsene in riposo dopo pranzo. — « Mentre se ne stava sulla poltrona facendo il chilo, gli fu portata la lettera che gli annunziava il naufragio del bastimento che conteneva la mag¬ gior parte delle sue ricchezze. » FARE INDIGESTIÓNE. Dicesi di cibi che per la loro qualità o per la sover¬ chia quantità producono indigestione. — « Il popone mi fa indigestione. » — « Non mangiar tanto pan solo, o — tanta polenta gialla — tanto bac¬ calà — ti farà indigestione. » — « 11 macco fa indigestione. » FAR FÓGO. Si dice di cibo o bevanda che vada a traverso alla gola, e co¬ stringa a tossire con grande sforzo. Far fogo o Metter fogo si dice an¬ che figuratamente per Provare effetti tristissimi e gravissimi da una cosa da noi desiderata e ottenuta. — « Potè arrivare al suo intento; ma gli fece o gli messe fogo; dopo un mese era pieno di guai. * Per imprecare ad altri che una cosa che ci si dica da esso gustata ed ot¬ tenuta gli faccia mal prò, suol dirsi; Fogo. Per esempio uno dirà: Pietro ha comperato due belle starne : e l’altro che non le ha, dirà per istizza: Fogo! cioè; gli metta, o gli possa metter fogo. FAR GÓLA. Dicevi de'cibi che eccitano in noi desiderio di mangiarli. — « Que’flchi mi facevano gola. * — « La tua polenda non mi fa gola : preferisco un pezzo di pane. * FAR LA BÓCCA A UN CIBO, A UNA BEVANDA. Assuefarci adagio adagio il gusto così che piaccia, mentre in sul principio non ci andava. — * Bi¬ sogna farci un po’ la bocca a queste salse. » — « Non ci avevo ancora fatto la bocca a quel vino. » — « Quando ci avrai fatto la bocca al vino amaro, non ti piaceranno più quelli dolci. * FAR LA CÉNA DEL GALLÉTTO : UN SALTO E A LÈTTO. Modo prover¬ biale per Non cenare. FAR LA CÉNA DE’ PASSERÒTTI o DEL PASSERÒTTO. Mangiare la sera un poco di pane bagnato nel¬ l’acqua. FAR LA PARTE. V. Parte. FAR LE GAMBE GIACOMO GIACOMO. Con modo proverbiale plebeo diciamo in Firenze che a chi si regge poco bene in gamba per il soverchio vino bevuto, le gambe gli fanno giacomo giacomo. Le gambe fanno giacomo giacomo anche per debolezza non prodotta dal vino o per paura. FAR LE MERENDUCCE. V. Meren- DÙCCIA. FAR LO SPÒSO. Modo proverbiale che s’usa parlando di chi per compli¬ mento o per vergogna non mangia, invitato in casa altrui, che ben poco. — « Andiamo, via, non faccia lo sposo : si serva di questi tordi. » FAR NÒDO. Un cibo, un boccone fa nodo quando, perchè troppo grosso o troppo duro, rimane alquanto nel¬ l’esofago minacciando soffocamento, quasi nodo di corda che stringa il s 668 DEL MANGIARE E DEL BERE collo. — « I maccheroni — gli gnoc¬ chi, mangiati troppo affollatamente, possono far nodo. » — « M’ha fatto nodo un boccone di pane — un pezzo di midolla. * FAR PENITÈNZA CON o DA ALCUNO. Frase che suole usarsi per cerimonia da chi inviti altri a pranzo o a cena. — « Oggi rimarrà a far penitenza con noi. » — • « Stasera venga a far penitenza da me. » FAR PÒCO GUASTO. V. Nón far TRÒPPO GUASTO. FAR PRÒ. Dicesi che fa prò il cibo o la bevanda quando, facilmente dige¬ rendoli, ci ristorano piacevolmente. — « Oggi il desinare m’ha fatto prò: mi sento forte e leggiero. » — « M’ha fatto prò quel bicchierino di marsala. * — « Mangi troppo affollato : non ti può far prò. » FAR RIBÒTTA. Fare allegria di man¬ giare e di bere; ma include sempre idea di stravizio, di crapula, o al¬ meno di soverchio. — « È sempre a far ribotta. » — « Dissoluti che fanno quasi tutti i giorni ribotta insieme per le osterie di campagna. * FAR RIPIENÉZZA. V. Ripienézza. FAR RISUSCITARE I MÒRTI. Dicesi che un cibo o una bevanda farebbe o è da far risuscitare i morti , quando è eccellente nel genere suo, quasi che i morti ritornerebbero a vita per gustarne. FAR SEQUÈNTIA SANCTI EVAN- GÈLII. Modo proverbiale familiare equivalente a Far crocetta e Desi¬ nare alla crocetta e simili, cioè Non mangiare. Il modo ha origino da questo che, parlandosi di chi non possa o non debba mangiare, a in¬ dicare che deve quasi tener la bocca chiusa, si suol fare col pollice una croce sulle labbra, così come sulla fronte, sulla bocca e sul cuore la fanno gli ecclesiastici nel principio del Vangelo pronunziando le parole sequentia sancti evangeli i, secun- dum , ecc. Dicesi anche assolutamente Far sequentia. FARE SPRACCHE. V. Spracciie. FAR VELÉNO o MÉTTER VELÉNO. Dicesi dei cibi che non facciano prò, sia perchè di cattiva qualità, o non adatti al nostro stomaco o che ci rimangono agri o indigesti a cagione d’arrabbiature, dolori o simili. — « L’aglio ch’era negli spinaci m’ha fatto — m’ha messo veleno. * — — « Quel vinaccio mi messe veleno. * — « Mi arrabbiai tanto colla moglie che il desinare mi fece — mi messe veleno. » FAR VENIRE L’ ACQUOLINA IN BÓCCA. V. Venir i/acquolina in bócca. FATTURATO. Lo stesso che artefatto (V.), e preferibile come più familiare e più schietto. FAVORIRE. ^4ss. Accettare qualche cibo. — « Prenderò un pezzetto di dolce tanto per favorire. » — « Non gliene offrire a quel ghiottone, per¬ chè favorisce subito. * Vedi anche Vuol favorire? FÓGO V. Far fógo. FORTÓRI. V. Fortóri di stòmaco. FORTÓRI DI STÒMACO e anche as¬ soluto Fortóri. Que’flati agri che vengono dallo stomaco alla bocca per cibo indigesto. Lo dicono più spesso le donne che gli uomini. — « L'aglio mi produce i fortori di stomaco. * — « Soffro spesso i for¬ tori di stomaco. » — « Cibo che produce — che fa venire i fortori. * — « Quella maledetta minestra di magro m’ha fatto avere i fortori per tutta la giornata. » — Più comune così assoluto che Fortori di stomaco. FRUGALE. Agg. Che nel cibarsi si contenta di poco, Che vive di cibi comuni. — « Era uomo frugale. » — « Visse sempre sobrio e frugale. » Anche di cose. — « Vitto — mensa — cibo — frugale. * FRUGALISSIMO. Superi, di Frugale. — « Vitto frugalissimo. » — « Lo invitò alla sua mensa frugalissima. » FRUGALITÀ. Temperanza nel cibarsi, astenendosi da ogni squisitezza. — «Lodava la frugalità e l’astinenza. * — « La frugalità è madre della sanità. » FRUGALMENTE. Avv. da Frugale; Con frugalità, Secondo frugalità. — « Vivere frugalmente e sobriamente. » FRUTTE. Parlando di mensa, è quel¬ l’ultimo servito nel quale, oltre le frutte propriamente dette, come pere, mele, susine, uva, ecc., si comprende anche il formaggio, confetti, zuc¬ cherini, e simili. Vedi anche l’Articolo 3°, ove sono notate molte varietà di frutte. DEL MANGIARE E DEL RERE 669 FUORI DI PASTO. Nello ore che se¬ guono o precedono i pasti ordinarii. — « Fuori di pasto non posso bere nè vino nè acqua. * — « Fuori di pasto non bevo vino. » — « Mangia — beve sempre fuori di pasto, e però si rovina lo stomaco. * Cr GALANTERIA. Cosa molto buona a mangiare; squisita. — « Per me il cappone freddo è una galanteria. » — « Quelle pernici erano una galan¬ teria. » — « Dolce eh’ è una galan¬ teria. * GHIOTTÀCCIO. Superi, di Ghiotto . — Più spesso come sost. — « È un gran ghiottaccio. » — « Quella ghiottaccia s’è mangiato tutto il dolce per sè. * u Ma torniamo di grazia a quei ghiottaccl Ohe lasciammo alla nave di Pretojo. « Neri. GHIOTTAMÉNTE. Acer, di Ghiotto. — « Mangiava ghiottamente di quegli intingoli. » GHIOTTERELLINO Dim. e vezz. di Ghiotterello. Non tanto comune, se non parlando di bambini. GHIOTTERÈLLO. Dim. e vezz. di Ghiotto. — « Bambino un po’ ghiot¬ terello. * — « Non vorrebbe che cose dolci, il ghiotterello. * — « Ah come son ghiotterelle le tue bambine ! * GHIOTTERIA. Ingordigia, Golosità. Non comune in questo senso; piuttosto in quello di Galanteria per Cosa ghiotta. — « Gli piacciono tutte le ghiotte¬ rie. » GIIIOTTISSIMAMÉNTE. Avo. superi. di Ghiottamente. — « Si mangiava le lumache ghiottissimamente come una cosa prelibata. » GHIOTTISSIMO. Superi, di Ghiotto. — « Uomo ghiottissimo. » — « Con quella bevanda facevano buona cera quei ghiottissimi sacerdoti. » (Redi) — « Cibi — bevande ghiottissime. * GHIÓTTO. Sost. e Agg. Parlando di persona, Chi o Che è avido di cibi e di bevande delicate. — « Era molto ghiotto. *— « Come le hanno avvez¬ zate ghiotte quelle bambine ! » — « I ghiotti si scavano la fossa coi denti. » — « La povertà gastiga il ghiotto. * Vale anche Appetitoso, Gustoso. — « Gli piacevano le cose ghiotte. » — « Bocconi ghiotti. * GHIOTTONÀCCIO. ^Iccr. e pegg. di Ghiotto. — « Ghiottonaccio che vuol finire il suo patrimonio per il vizio della gola. » — « Ghiottonaccia che mangia tutto senza offrir nulla alle sorelle. * GHIOTTONCÈLLO. Dim. e quasi vezz . di Ghiottone . Più spesso di bambini. GHIOTTÓNE. ^4ccr. di Ghiotto. — * In chiesa co’santi e in taverna co’ghiot- toni. » — « Le cucine de’ghiottoni. » — « Quelle ghiottone delle mie so¬ relle. * GHIOTTONERIA. Astratto di Ghiot- tone. — « Abito vizioso ; peggio di Golosità. Gola è il vizio e il pec¬ cato. La Ghiottoneria fa commettere, oltre al peccato di Gola, atti sgar¬ bati c ridicoli. * (Tommaseo). Dicesi anche per Cibo ghiotto. — « Non mangerebbe che ghiottonerie. * — «Ghiottonerie che poi fanno male. » — « Va dietro allo ghiottonerie. * V. anche Ghiottornìa. GHIOTTORNIA. Lo stesso, ma mcn co¬ mune nell’uso familiare, di Ghiot¬ tonerìa (V.). GHIOTTUME. Le cose ghiotte a man¬ giarsi. — « Ti piacciono tutti i ghiot- tumi. * — « Rovinano più lo stomaco i ghiottumi che i cibi rozzi. * GIARDINÉTTO. Quel piatto dove sono frutte di varie specie, fresche e sec¬ che, con un pezzetto di cacio, e che si mangia in fin di tavola. — « Per due lire, alla trattoria Morisetti, dan¬ no pane, vino, minestra, due piatti di carne e un giardinetto. » — « Vuol altro, signore? — Un giardinetto. » GIRARE. Att. Dicesi de" piatti in cui son le vivande e delle vivande stesse quando coloro che servono a tavola, o i commensali stessi fra loro, li fanno passare dall’uno all’altro perchè cia¬ scuno si serva. — « Gira ancora quel Piatto di maccheroni. » — « Fa’ girare insalata. * — « Ora faremo girare l'arrosto. » — « Giri quel pasticcio alla signora Adele che ne vuole un altro pochino. » Assoluto : « Ma i piatti girano Tre volte almeno. Non si può muovere Chi non ò pieno. » Giusti. G70 del mangiare e del bere GÓLA. Desiderio ^moderato di cibi; Peccato di gola. Golosità. — « La gola è il sesto dei peccati mortali. » u La gola, il sonno e l'oziose piume Hanno del mondo ogni virtù sbandita. » Petrarca. — « Ne ammazza più la gola che la spada. * GÓLA. Dicesi familiarmente di persona golosa. — «È una gran gola ! » — « Dico la verità, io son gola. — Sono un po ’gola. » GÓLA D’ACQUAJO. Dicesi di mangio¬ ne che manda giù ogni sorta di cose, come fa l’acquajo che riceve tutte le acque sudicie. Nel senso medesimo è pure dell’uso Essere un acquajo . GOLÀCCIA. Pegg. di Gola nel senso di Vizio, Peccato della gola. — « Ti ro¬ vinerai per la tua golaccia. » GOLÀCCIA. Detto di persona, peggio¬ rativo di Gola . — « È una golaccia * — « Sei diventato una golaccia. » Anche maschile : — « Sei un gran golaccia. » — « Non t’avvezzar così golaccia. » GOLÀGGINE. Vizio della gola, Golosità. — « Sei di una golaggine schifosa. — « Lo fa per golaggine. * Anche per Cibo ghiotto, ghiottume. — « Conosce tutte le golaggini. » — * Non lo tirano che le golaggini. » GOLERIA. Astratto di Gola per il Vizio della gola. — * Lo fa per goleria. « — « È di una goleria favolosa. » Vale anche Cosa ghiotta, Ghiotto¬ neria. — « Spende tutti quei pochi che ha in golerie. » — « Gli piaccio¬ no le golene. * GOLÉTTA. Dieesi scherzevolmente Go¬ letta chi è ghiotto. — « Goletta che sei! » — « Non hai ancora finito di mangiare, goletta ? » — Più spesso di bambini. Dicesi anche nel senso medesimo Avere la goletta troppo lunga e Avere un braccio di goletta , scher¬ zando sul doppio significato di goletta che è Quella parte dell’ abito che cuopre il collo o sta intorno al collo. — « I# contadini mangiano in casa ane è coltello:, ma fuori hanno un raccio di goletta : cosi la pensava la ’Crezia dello Zannoni. » — « Questo bambino ha la goletta troppo lunga; bisognerà tagliargliela. * GOLETTÀCCIA. Pegg . di Gola , detto di persona. — « Sei una golettaccia. » — « Eh golettaccia, smetti un po’di mangiare tante frutte. » GOLETTfNA. Dim. di Goletta , detto di persona ghiotta. % — « Diventi golet- tina, sai. » — « È una golettina che non pensa altro che a ghiottumi. » GOLOSÀCCIO. Pegg . di Goloso. — « Quel golosaccio di mio fratello. » — « È un golosaccio. » GOLOSAMÉNTE. Avv. da Goloso; Con golosità, Avidamente. — « Sceglie go¬ losamente le migliori pietanze. * — « Mangia di tutto golosamente. » GOLOSINO. Dim, . di Goloso ; segnata- mente di bambino. GOLOS1SSIMAMÈNTE. Superi, di Go¬ losamente. — « I quali animaletti dai marinari livornesi son chiamati car- numi, e da essi son mangiati crudi golosissimamente (Redi). GOLOSISSIMO. Superi, di Goloso. ~ « Golosissimo e bevitore grande. * (Boccaccio). GOLOSITÀ. Avidità di gola, Peccato di gola: qualità astratta di chi è goloso. — « Si lascia trascinare dalla sua go¬ losità ad atti sconvenienti. » — « Go¬ losità smisurata. » — « Lo mangia per golosità. Dicesi anche per Cosa ghiotta. — « Tutte le golosità lo tirano. * — « Non pensa che alle golosità. « — « Non mangiare tutte quelle golosità.» GOLÓSO. Agg. e Sost. Che ha il vizio della gola — « Bevitore e goloso al¬ l’ultimo segno. » — « I bambini son quasi tutti golosi. » — « Una ne pen¬ sa il cuoco, una il goloso. » Cose golose diconsi i cibi appeti¬ tosi che tentano la gola. GOZZOVIGLIA. Stravizio nel quale si mangia e si beve smoderatamente. — « Era sempre in cattive compagnie, a bagordi, a gozzoviglie. » — « Speso tutto il suo in gozzoviglie. « GOZZOVIGLIARE. Neutro. Stare in gozzoviglia. — « Gozzovigliarono tutta la notte. » « E tra noi gozzovigliando, Gavazzando, Gareggiamo a chi più. imbotta. « Redi. G0ZZOVIGLIATÓRE. Chi ha il vizio di far gozzoviglie ; Chi sta gozzovi¬ gliando. Non comune, ma opportuno. GRADIRE. Ass. in senso simile ad Ac¬ cettare, parlandosi di cibi e di be¬ vande. Gradisca suol dirsi offrendo ad altri qualcosa; oppure Vuol gradire? o Se gradisce . — « Accetti un DEL MANGIARE E DEL BERE gocciolino di Marsala, tanto per gra¬ dire. * — « Prenderò una ciliegia in guazzo tanto per gradire. * E talora a modo d’attivo : — « Gra¬ disca almeno un fico. » — « Gradirò una pesca. » GUARNIRE. Lo stesso, ma men bello e men proprio, che Contornare (V.). — « Guarnisci il lesso con un con¬ torno di fagiolini in umido. » GUARNITO. Part. pass . e agg. da Guarnire. — « Pietanze di carne ben guarnito di erbaggi squisiti. * — « Due piatti guarniti. » GUARNIZIÓNE. Lo stesso, ma men comune e men proprio di Contórno (V.). — « Arrosto con una guarni¬ zione di patate nella ghiotta. * — « Tre piatti di carne con la guar¬ nizione. * GUASTARSI LA COLAZIÓNE, IL DE¬ SINARE o LA CÉNA. Dicesi, che guasta il desinare o la cena chi, prima di questi pasti, mangia qual¬ cosa che può togliergli poi l’appetito per essi. — « A mangiare ora quei dolci, ti guasti il desinare. * — « Beverei volentieri un bicchier di vino; ma ho paura di guastarmi la cena. » — * Con quel maledetto bic¬ chierino, ti guasti sempre la co¬ lazione. » GUSTÀBILE. Da potersi gustare, Che può esser tollerato dal gusto. — « Cose visibili, toccabili e gustabili. » GUSTÀCCIO. Pegg. di Gusto. — * Ti piace quella roba lì? Che gustaccio! * — « Quella pietanza m’ha lasciato in bocca un gustaccio !» — « Sento ancora il gustaccio di quella me¬ dicina! » GUSTAMÉNTO. Il gustare. Non co¬ mune. GUSTARE. Att . e neutro. Discernere per mezzo del gusto la qualità dei sapori. — « Gusti un po’questo vino, per veder se le piace. * — « Ilo gu¬ stato la salsa per sentire se era buo¬ na. » — In questo senso è però più comune nell'uso familiare Assaggiare. Per semplicemente Mangiare. — «.Non ho gustato neanche un bri¬ ciolo di pane da ventiquattro ore. » ■— « Non voleva più gustare cibo di sorta. » Vale anche Piacere, Dilettarsi nel gusto di un cibo, d'una bevanda. — « Come gustava quel vino ! * — « Si vede proprio che lo gusta. » E col terzo caso. — « Ti gusta questo piatto? — « No, non mi gusta.» — « Il migliaccio non mi gusta. » 671 GUSTATO. Part. pass . e agg. da Gu¬ stare. GUSTETTfNO. Dim. e vezz. di Gusto nel senso di Sapore. — « Vino che ha un certo gustettino di lamponi. » — « Ila un gusto ttino amarognolo che non mi dispiace. » GUSTÉVOLE. Piacevole al gusto ; un po’meno che Gustoso. — « Medicine gustevoli. » — « Cibi poco gustevoli — resi gustevoli con l’aggiunta di qualche sostanza. » GUSTEVOLISSIMO. Superi, di Guste¬ vole. — « Cibi gustevolissimi ma in¬ digesti. » GUSTEVOLMÉNTE. Aoo. Con gusto. — « Tutti questi vini si corregge¬ ranno di modo che si potranno assai gustevolmente bere. » ( Soderini ). GUSTO. Uno de’cinque sensi per mezzo del quale si discernono i sapori, e che ha la sua sede nel palato e nella lingua. — « Cibo, bevanda piacevole al gusto. * — « Hai il gusto guasto dalle bevande alcooliche e dal fu¬ mare. » — « Dopo la difterite ho perduto il gusto. » — « Gusto deli¬ cato — ottuso. » E per Sapore. — « Dar gusto a un cibò con i condimenti. « — « Vino che ha un gusto d’amaro. » — « Cibo pieno di gusto. » — « Frutte senza gusto — che non hanno gusto. * GUSTOSAMENTE. Avv. da Gustoso ; Con gusto. — « Mangiava di tutto gustosamente. » — « Bere gustosa¬ mente. » — « Cibi preparati gusto¬ samente. » GUSTOSISSIMAMÉNTE. Avo. superi. di Gustosamente. — « Bere e man¬ giare gustosissimamente. » GUSTOSISSIMO. Superi, di Gustoso. — « Pietanze — frutto — vini — gustosissimi. » — « Cucina gusto¬ sissima. » GUSTOSITÀ. Astratto 'di* Gustoso. — ■ « Conditi così, acquistano i cibi una maggiore gustosità. » — « Che gu¬ stosità queste albicocche! » GUSTÓSO. Agg. Piacevole al gusto, Grato al palato. — « Cibi — liquori gustosi. » — « Pietanza — vino — poco — molto — punto gustoso. » i IL CONVÈNTO NON PASSA ALTRO. Suol dirsi scherzevolmente nel lin¬ guaggio familiare per significare che, oltre le pietanze già portate in tavo- 672 DEL MANGIARE E DEL BERE la, non ne verranno altre, o per si¬ gnificare a chi non si contenti del trattamento, che quella è l’usanza del¬ la famiglia o del convitto o simili e che bisogna ci si adatti. IL MAGNÌFICAT e più volgarmente LA MAGNÌFICA. Giuoco grossol ano di parole a indicare il Mangiare, che pur dicesi plebeamente Magnare . — « É l’ora del magnificat, e tutti gli impiegati vanno a casa. » — « Lo fa per la magnifica. » IL PIATTO DÉL BUON CUORE. Vedi Un piatto di buon viso. IL PRÈTE RIVUOL LA CÒTTA. Vedi CÒTTA. IMBANDIGIÓNE. La solennità dell’im- bandire e Le vivande stesse imban¬ dite. — Voce sbandita dal linguaggio familiare, ma che può talora cadere opportuna in certe scritture molto sostenute e in poesia. 1MBANDIMÉNTO. Lo stesso che Imban¬ digione; ma men comune ancora e forse non necessario neanche negli scritti. IMBANDIRE. Att. Mettere in assetto le vivande per portarle in tavola : per lo più di apparecchio fatto con lautezza e con splendidezza. — Dicesi tanto della mensa quanto delle vivande e dei pasti, — « Imbandirono le mense sotto gli alberi. * — « Imbandirono le vivande. » • D’uraan carni s’imbandian le cene. » Foscolo — - « Gli imbandì un suntuosissimo pranzo. » IMBANDITO. Part. pass .e agg . da Im¬ bandire . — « Gli avanzi deile mense imbandite dai debitori. » ( Segneri ). — « Trovarono le mense splendida¬ mente imbandite. * IMBRIAC AMÉNTO. Imbracatura. Po¬ co comune. IMBRIACARE. Att. Far divenire ubria¬ co, Inebriare. — « Il Marsala lo im¬ briaca. » — « Il vin di casa non im¬ briaca. » — « Lo imbracarono per farlo cantare. * E Neutro pass. Divenire ubriaco; rocurarsi 1* ubriachezza. — « S’im- riacò come un facchino. * — « S’im- briaca coi liquori. » — « S’imbria- cavano tutte le sere. * IMBRIACARSI. V. Imbriacare. IMBRIACATO. Part. pass, e agg. da Imbriacare. — « Imbracato dal vino troppo alcoolico. » IMBRACATURA. Effetto dell’ubriacar- si e Stato dell* ubriachezza, — « Pren- ; de tutte le sere una solenne ubria¬ catura. * — « Non gli è ancora passata l’imbriacatura. » — « A indicare cho gli effetti deU’imbriacatura si fanno risentire all’organismo per più giorni dopo di essa, un proverbio dice : Una buona imbracatura , nove giorni dura. » IMBRIACO. Agg. e Sost. Ubriaco. Po¬ co comune in Toscana così come il suo accrescitivo Imbriacone. — « Era imbriaco. > — « Quei due imbrachi se la volevano prendere con me. * — « Aveva un cuoco imbriacone. * — E più specialmonte di chi ha il vizio dell’ubriacarsi. — È un imbriacone. * — «Non ti fidare di queU’imbriacone. * IMBKIACÓNE. V. Imbriaco. IMBUSECCHIARE. Att. Affine a Im- pippiare. — « Non lo imbusecchiate tanto quel ragazzo. » IMBUZZARE. Att- Dicesi familiarmen¬ te del Far mangiare troppo alcuno, massime ragazzi — «Non lo imbuzzar tanto, se no c’è il caso che prenda una solenne indigestione. * Anche neutro pass. Mettersi nel buzzo tanta roba da empirlo. — « S'imbuzzò conia polenda. » — « Non t’imbuzzar tanto di minestra. * — « Tu t’imbuzzi troppo, e dopo stai male. » IMPIPPIARE. Att. e n. pass. Empiere altri o sè di cibo soverchio. Dicesi anche con maggior forza Rimpip - piare. — « Impippiare un bambino colla minestra. » — « Impippiarsi o Rimpippiarsi di gnocchi. * « Il bue s'alza, s’ingrassa e si rimpippia. » Fag inoli. IMPIPPIARSI. V. Impippiare. INAPPETÈNZA. Mancanza d’appetito ; contrario di Appetenza. La Inap¬ petenza in questo par differire dalla Disappetenza , che la prima non in¬ clude come la seconda l’idea di con¬ trarietà al cibo, e può essere momen¬ tanea, mentre la Disappetenza dura per solito piuttosto a lungo. IN CHIÈSA, MA NON ALL’OSTERÌA CON LUI. V. Alla méssa. INDIGERIBILE. Agg. Che non si può digerire. L’assoluta impossibilita è denotata da questo: ma cibo diffici¬ lissimo a digerire suol dirsi più co¬ munemente Indigesto. (Tommaseo). DEL MANGIARE E DEL BERE 673 INDIGESTIONÀCCIA. Pegg. di Indige¬ stione ; Forte, grave Indigestione.— « Ha preso un’indigestionaccia, che ha dovuto purgarsi per tre giorni. Mangi meno! » (Afeini). INDIGESTIONCÈLLA. Dim. di Indige¬ stione; ma può dire anche indigestione assai grave. — « Non è mica un’in- digestioncella da ridere ! » — « Una indigestioncella co’flocchi da non vin¬ cerla cosi facilmente. * INDIGESTIÓNE. Male di stomaco o dei primi intestini prodotto dal troppo cibo mangiato o dalla qualità di esso cibo. — « Leggiera — grave indige¬ stione. * — « Indigestione da curarsi colla dieta — co’purganti. * INDIGÈSTO. Detto di cibo, Che non è digeribile o Che è difficile a digerire. — « La midolla è indigesta. » — « La carne di majale ti è indigesta. * « I fagiuoli mi sono indigesti. » INEBRIAMÉNTO. Ebbrezza. Non comu¬ ne nel senso proprio; piuttosto nel figurato. — « Inebriamento de’sensi. » INEBRIANTE. Part. pres. di Inebria¬ re ; Che inebria. — « Vini inebrianti . * — Più comune nel figurato che nel proprio. INEBRIARE. Alt. e neutro ass. e pass. Ubriacare ; ma nel significato proprio men comune che nel figurato. — « Lo inebriò d'amore — di gioja. » — « Canto — poesia che inebria. » — « S’inebriava d’orgoglio. » INEBRIATO. Part. pass, e agg. da. Ine¬ briare — Più spesso nel traslato che nel proprio. INÈDIA. Il non mangiare e le soffe¬ renze e gli effetti prodotti da tale asti¬ nenza. — « Inedia continuata. » — « Moriva d'inedia. * — « Era il ri¬ tratto dell’inedia. » IN FIN DI TÀVOLA o A FIN DI TÀ- VOLA. Sul terminare del pasto. — « In fin di tavola vennero serviti for¬ maggi finissimi di molte qualità. » — « Arrivò in fin di tavola e rimase a denti secchi . * a Se a fin di tavola E a naso rosso, Una facezia V’arriva aU’osso, Non fate broncio Come taluno. Che se nel muoversi Lo tocca un pruno, Soffia, s’inalbera E si scoruccia, E per cornaggine Si rincantuccia. » Giusti. INGHIOTTIMÉNTO. L’atto e l’efTetto dell’inghiottire. Poco comune nel pro¬ prio. INGHIOTTIRE. Att. Spingere il bocco¬ ne o la bevanda giù per l’esofago. — « Inghiottire la minestra bollente. » — « Inghiottì, senza accorgersene, un nocciolo d’albicocca. * — «Inghiottiva un calicione di vino tutto d’un fiato.* Assoluto. — « Non può inghiottire. * — « Sento male a inghiottire. » INGHIOTTITO. Part . pass . e agg. da Inghiottire. — « Ed invero potrei scrivere di essermi accertato che quel¬ le piotruzzole inghiottite dagli uccelli non conferiscono alla loro nutrizione.* (Redi). INGHIOTTITÒRE e INGHIOTTITRI- CE. Chi o Che inghiotte. Più comune nel traslato che nel proprio. INGHIOTTITRICE. V. Inghiottitóre. INGHIOTTONIRE, Usato attivamente per Render ghiotto, non è comune. — « La nonna inghiottonisce i nipo¬ tini. * Più comune a modo di neutro asso¬ luto e di neutro passivo. — « Inghiot¬ tonisce ogni giorno di più quel vec¬ chio cucco. * — « S’inghiottonì degli ananassi, e ne voleva ogni giorno. * — « Ma sai che t'inghiottonisci in un modo schifoso! » INGHIOTTONITO. Part. pass, e agg. da Inghiottonire. — « Bambino in¬ ghiottonito. * — « Inghiottonito dalla nonna.* — « Inghiottoniti de’flchi. * — « Inghiottonì fa de’tartufl. * INGOBBIARE e INGUBBIARE. « Ver¬ bo attivo e riflessivo; familiarmente, Empire di cibo il gozzo e lo stomaco. È diverso da Inzeppare ; perchè s* in¬ zeppa uno anche mangiando poco, ma continuamente, e s’ ingobbia chi man¬ da giù gran quantità di cibo in una volta. — « Quella mamma ingobbia il suo bambino dandogli gran cucchia- jate di pappa. * E neutro : — « Colui, quando mangia, ingobbia come i tacchini. * (A. Conti). Dicesi anche Ingubbiare , e il Rigu - tini non registra che quest’ultima forma, forse più comune in Firenze. INGOJAMÉNTO. L’atto dell’ingojare. Non comune. INGOJARE. Mandar giù per l’esofago cibo o bevanda. Affine a Inghiottire ; ma il più delle volte è Inghiottire con maggiore avidità e in maggior quan¬ tità. u Molti no squarta, o vivo alcun ne ingeja. » Ariosto . 44 Fanfani. D. M. 674 DEL MANGIARE E DEL BERE E assoluto. — « Non posso ingoia¬ re senza dolore. » — « L’intlainma- zione e il gonfiore dell'ugola gli im¬ pedisce d’ingo.jare. » 1NGOJATO. Part. pass, e agg . da In¬ goiare. — « lutino a tanto ctie il capo del luccio, ingojato ed introdotto nello stomaco, a poco a poco s’inte¬ nerisca. * [Ridi). INGOJATÓRE, INGOJATRICE. Verbali di Ingoiare. Chi o Che ingoja. Più comuni nel figurato che nel proprio. INGOJATRICE. V. Ingojatóre. INGOLLARE. Ingojare cibi quasi senza masticare e con grande avidità. — « Bisognava vedere quel contadino corno ingollava i midolloni di pan bianco. * Aiiche delle bevande : * Colà tra gli Arabi E tra i Gtanniziori Liquor sì ostico (// caffè). Si noro e torbido Gli schiavi ingollliuo. » Redi. INGOLLATO. Part . pass . e agg. da Ingolla re. INGOLOSIRE. Attivo. Rendere altri go¬ loso. — - « Lo ingolosì facendogli ve¬ dere "un piatto ui pesche. * — « Lo ingolosì de’dolci. * Neutro. — Divenir goloso. — « Que¬ sto piccino ingolosisce sempre più. * — Meu comune. Riflessivo. — « S' ingolosì gran¬ demente di tutto le leccornia. » INGOLOSITO. Part. pass, e agg. da Ingolosire. INGORDÀGGINE. Lo stesso che Ingor¬ digia. Non comune, ma dell'uso. — « È di un’ingordaggine schifosa. * — « Ti farai sempre canzonare per la tua ingordaggine. * INGORDAMENTE. Avv. da Ingordo; Con ingordigia, Golosamente. — « Di¬ vorare — bere ingordamente. * INGORDIGIA. Estrema avidità e brama sì di cibi che di bevande che somma¬ mente s’appetiscono, ma più special- mente di cibi. — « L’ingordigia è il suo debole. * — « Mangiava con gran¬ de ingordigia. » — « Mangiava, non per fame, ma per ingordigia. » INGORDIGIÀCCIA. Pegq. di Ingordi¬ gia. Voce quasi di celia e non comu¬ ne. «L'appetito vi si è convertito in fame, e la fame in una ghiottis¬ sima ingordigiaccia trangugiatola. * (Redi). INGORD13SIMA.MÉMTE. Aov. super- latioo di Ingordamente. — ♦ Ingor¬ dissimamente se lo divorò. » — « Be¬ re ingordissimamente. » INGORDISSIMO. Superi, di Ingordo. — « Era ingordissimo de’flchi. * — * Gen¬ te ingordissima. * INGÓRDO. Agg. e Sost. Avido in estremo grado di cibi e bevande, ma più di quelli che di queste. — « In¬ gordo delle frutte — della minestra — delia carne. » — « Bambino in¬ gordo. * — « ^Gli ingordi e i tempe¬ ranti. * — « E diventato un grande ingordo. » INGOZZARE. Att. Di senso affine a In¬ gabbiare, ma con l’idea di far ciò con una certa pena di chi è insubbiato, quasi Empirlo fino al gozzo in modo che ne soffra alquanto, se non altro er la troppa quantità. — « Povero ambino, tu l’ingozzi! * — «Non lo ingozzar tanto. • E del far ciò da sè. — « Ingozzava tutto. » a Con gli occhi volti a chi del fango ingozza. * Dante. Riflessivo. — Affollarsi troppo, man¬ giare sì che il cibo faccia quasi nodo. — « Guarda come s’ingozza. * — « Non t’ingozzare a cotesta maniera; scoppierai. » E neutro. — « Badava a ingozza¬ re. » Non comune. INGOZZATO. Part. pass, da Ingozzare. « D’allora in qua non ne ha più in¬ gozzati ( dei medicamenti ), ed ha fat¬ to bene. » (Redi). INGUBBIARE. V. Ingobbire. INSAZIÀBILE. Che non si sazia mai. — « Fame — uomo — bestie insa¬ ziabili. » INSAZIABILITÀ. Astratto d'insazia¬ bile. — « L’insaziabilità della gola. » INZEPPARE. Att. Empire altri di cibo. — « La balia inzeppava il bambino di minestra. * — « Non lo inzeppar tanto, se no una volta o Paltra gli farà male. * E anche neutro passivo. — « Sogni sempre male, perchè la sera a cena t’inzeppi troppo. » — « S* inzeppa tanto, che poi prenderà un’ indige¬ stione. » INZEPPARSI. V. Inzeppare. INZUCCARE. Ass. Dicesi nel linguag¬ gio famdiare del vino che dà al capo. — « Questi vini inzuccano facil¬ mente. » E neutro passivo : Ubriacarsi — « Bevi bevi t’inzuccherai. » — « Si DEL MANGIAI inzuccò maledettamente. » — «Mi pareva un vinettino leggiero, e mi inzuccai come un minchione. * INZUCCARSI. V. Inzuccare. INZUCCATO. Part. pass . e agq. da Inzuccare e Inzuccarsi . — « Eri un po’ inzuccato ieri dopo desinare. * — « Mi sento inzuccato. » X, LACCHEZZfNO. V. Lacchézzo. LACCHÉZZO e LACCHEZZfNO. Dicesi familiarmente di Cibo appetitoso che solletica la gola. — « Prenda questo lacchezzo. » — « Che buon lacchez* zino ! * — « Il cuoco gli preparava certi lacchezzi da leccarsi i baffi. * — « Lacchezzini appetitosissimi. » LA FAME DICE DAVVÉRO. Modo quasi proverbiale a indicare quel senso più o meno doloroso che prova chi ha gran fame. — « Erano dieci ore che non s'ora mangiato, e la fame cominciava a dire davvero. » LA MAONfFICA. V. Il magnificat. LASCIAR LA RÓCCA BUONA. Dicesi di cibo o bevanda che dopo mandati giù lascian nella bocca un gusto pia¬ cevole. — « I vini amari lascian la bocca buona. » — « Quel dolce non lascia la bocca buona. * LAUTAMENTE. Av o. da Lauto ; Con lautezza. — « Ranchettare — Con¬ vitare — Mangiare lautamente. » — « Li trattò lautamente. » LAUTÉZZA. Splendidezza neìl’appa- recchiare conviti e simili. — « La lautezza delle mense reali. » — « Lau¬ tezza di cibi. * LAUT1SSIMAMÉNTE. Aov. superi, di Lautamente. — « Mense lautissima¬ mente imbandite. » — « Li trattò lautissimamonte. » LAUTISSIMO. Superi, di Lauto . — « Lautissime cene di Lucullo. » LÀUTO. Detto di conviti e simili , Magnifico, splendido, soprabbondante. — « Pranzo — cena — trattamento lauto. » LECCAPIATTI. Parassito, Ghiottone. LECCARLO. Non più tanto comune nelPuso parlato e nello scritto per Ghiotto y Goloso , e simili. LECCARSI I BAFFI e più volgarmente E E DEL BERE 675 LE BASÉTTE. Dicesi parlando di cibo o bevande squisite; quasi che, aven¬ do finito di mangiare o di bere, per prolungarne il gusto, ci si lec¬ chino anche i baffi e le basette. — • « È un intingoletto — una salsettina da leccarsi i baffi. » — « Un vino da leccarsi le basette. * LECCARSI LE BASÉTTE. V. Leccarsi i BAFFI. LECCARSI LE DITA. Lo stesso, che Leccarsi i baffi o le basette . — « Borbotti ni — lacchezzi — bocconi santi — ghiottonerie — da leccarsene le dita, tanto son buoni. » LECCÓNE. Più comune di Leccardo per Ghiotto, Goloso e simili. LECCORNIA. Vive negli scritti più che nel linguaggio famigliare, per Ghiot- tornia, Vivanda da lecconi, da ghiotti. LÈRNIA. Sost. Dicesi familiarmente di Chi sia schifiltoso nel mangiare, o meglio di Colui al quale solo po¬ che cose piacciono, e le altre non può o non vuole mangiarle. — « Il Conte è una lernia : non si sa mai quel che gli piace. » LEVARE o CAVARE IL CÒRPO DI GRINZE. Modo familiare e un po' volgare per Mangiare, specialmente se dopo lungo digiuno. LEVARSI , , CAVARSI LA VÒGLIA D’UNA CÒSA. Mangiarne per asse¬ condare il gran desiderio clie no ab¬ biamo, e talora Mangiarne in così gran quantità che ci passi la vo¬ lontà di cibarsene ancora. — « Non mi sono ancora potuto' cavar la vo¬ glia de’calamaretti in zimino. » — « Ho mangiato tanta polenda da ca¬ varmene la voglia per un mese — per sempre. » L’ÓRA DÉLLA PÉNTOLA. Suol dirsi dal popolo per L’ora del desinare ; e lo scrisse anche il Giusti : « L’ora delle cinque, che è l’ora della pen¬ tola, ci mette la smania addosso, e ci pare non venga mai. » LÙCIA. Lo dicono nel Pistoiese per Balla , Sbornia , Ubriachezza. — « Prese una bella lùcia. » — « Iersera Francesco aveva la lùcia. » M MACINARE A DUE PALMÉNTI. Di- cesi di chi mangia avidamente. — G7G DEL MANGIARE E DEL BERE « A guisa di coloro che, avendo un pezzo digiunato.... se la congiuntura lor porta una mensa di lauto appa¬ recchio, macinano, come si suol dire, a due palmenti. » (Menzini). — « Ora¬ mai più della lingua scritta che della parlata. * MAL DELLA LUPA. Modo proverbiale ad indicare gran fame insaziabile. — « Che hai il mal della lupa, che sei sempre affamato? » MANDAR GIÙ. Più spesso in modo negativo, Non poter mandar giù una cosa , quando non piace o per ma¬ lattia non si può mangiare. — « Il pollo allesso non lo posso mandar giù. * — « Il cibo non lo posso più mandar giù. * — « Non può mandar iù più nulla. » — « Oggi non ho man¬ ato giù nulla, eppure non ho fame.» Anche senza la negativa. — « Si provi a mandar giù qualcosa, tanto per sostenersi un po’. » MANGERÈBBE I CHIÒDI. Si dice di chi ha grande appetito, e di chi mangia di tutto. v MANGERÈBBE IL BÈNE di SÈTTE CHIÈSE. V. MANGERÈBBE LA CÓPOLA DEL DUOMO. MANGERÈBBE LA CÙPOLA DÉL DUOMO o IL BÈNE DI SÈTTE CHIÈSE. Suol dirsi di un gran man¬ giatore. MANGERÉCCIO. Agg. Atto a man: giarsi, Da mangiare. — « Funghi mangerecci. » — « Vendevano pane, salumi, burro, formaggio e altre cose mangerecce. » MANGERINO. V. Mangiarino. MANGIÀBILE. Che può mangiarsi, Atto a esser mangiato, u La strage che ognun d’essi oggi qui fa Delle cose mangiabili e boibili. *» Oor8Ìni. — « Non è una gran buona carne, ma è mangiabile, via. » — « Questa minestra sa tanto di fumo, che non è proprio mangiabile. » MANGIA MENO, BUDELLÓNE. Suol dirsi familiarmente in ischerzo a chi si lamenti di qualche invale prodotto dal soverchio mangiare. MANGIAMINÈSTRE. « Si suole usare per Parassito, Persona che uccella a pranzi e a cene. — « È uno dei man¬ giaminestre di Casa Z. » (Rigutini). MANGIANTE. Part. pres. da Mangia¬ re ; Che mangia, Che sta mangiando. Più spesso a modo di sost. — « Voi mangianti e beventi a spese d’altri. » MANGIAR CÓLL’IMBUTO. Dicesi che mangia coll * imbuto Chi manda giù il cibo in gran fretta senza masti¬ carlo. MANGIAR CÓME LE CIVÉTTE. Cioè Senza bere. MANGIAR D’APPETITO. V. Appetito. MANGIAR DI GRASSO. Alimentarsi di carne proveniente da qualunque ani¬ male che non sia pesce, e dicesi per contrario a Mangiar di magro , al¬ ludendo ai precetti della Chiesa. — « Il venerdì e il sabato non si do¬ vrebbe mangiar di grasso. » — « Chiese la dispensa per poter man¬ giar sempre di grasso. * Dicesi anche nel senso medesimo Far di grasso. — « In quaresima i frati del tale Ordine non fanno mai di grasso. » — « Fa sempre di grasso tanto di quaresima che di carnevale. * MANGIAR DI MAGRO. Alimentarsi di cibi non appartenenti al regno ani¬ male, esclusi i pesci, i latticmii e le uova. Dicesi per contrario di Man¬ giar di grasso . alludendo ai precetti della Chiesa. — « Mangio di magro solamente il venerdì. * — « Mangia di magro tutta la quaresima. » Dicesi anche nel senso medesimo Far di magro . — « Domani bisogna far di magro : è la vigilia della Ma¬ donna. * MANGIARE. Att. e neutro ass. Pigliare il cibo in bocca, e mandarlo masti¬ cato nello stomaco. — « Mangiò una gran quantità di minestra. » — « Mangiar male — bene. » — « Man¬ gia bene e dorme. » — « Mangia da sano e bevi da malato. * E a modo di Sost. — « Gli ha fatto male il mangiare. » — « Guadagnarsi il Mangiare. * — « 11 cervello fritto è un buon mangiare. » MANGIARE. Sost. V. Mangiare Att. MANGIARE A BATTISCARPA. Modo familiare a indicare il cibarsi in iedi, quasi continuando a camminare attendo le scarpe sul suolo. — « Ho mangiato un po’di pane e salame così a battiscarpa sotto l’ombra di un albero. » — «Torno a casa; man¬ gio un paio d’uova a battiscarpa, e torno all’uffizio. » MANGIARE A CREPAPÀNCIA. V. Man¬ giare A CREPAPELLE. MANGIARE A CREPAPÈLLE, A CRE¬ PAPÀNCIA o A STRIPPAPÈLLE che è il men comune. Locuzioni enfatiche j per dire Empiersi soverchiamente di cibo. 677 DEL MANGIARE E DEL BERE MANGIARE AFFOLLATAMÉNTE. Y. Affollato. MANGIARE AFFOLLATO. Y. Af¬ follato. MANGIARE A’PASTI o A’SUOI PASTI. Lo stesso che Stare a’pasti o a’suoi pasti (V.). MANGIARE A SCRÒCCO. Lo stesso che Scroccare (V). MANGIARE A STRIPPAPÈLLE. V. Mangiare a crepapelle. MANGIARE A UFO. Mangiare senza pagare; e dicesi più specialmente di chi viva a spese altrui senza potere, o piuttosto senza voler lavorare e quindi provveder da sè al proprio sostentamento. — « Mangia a ufo in casa del Conte — del padre — della cognata. * MANGIARE IN CAPO A UN TIGNÓSO. Dicesi tauto di chi si giova di tutto o di tutti, quanto di cibo che som¬ mamente ci piaccia. — « Io non ho lo stomachino delicato come te, che se non hai tutto nettissimo non ti accosti nulla alla bocca: nojaltri, avvezzi a fare il soldato, si mange- rebbe in capo a un tignoso. » = « Come mi piacciono i tartufi ! Gli mangerei anche in capo a un ti¬ gnoso. » MANGIARE PER RIFLESSIÓNE. V. Per riflessióne. MANGIARE UN BOCCONCÈLLO. V. Bocconcétto. MANGIARE UN BOCCONCÉTTO V. BOCCONCÈLLO. MANGIARE UN BOCCONCINO. Man- giar qualcosina tanto per non stare a corpo vuoto. — « Mangiamo un bocconcino verso mezzogiorno, e così potremo desinare alle quattro? senza star a fare la seconda colazione. » — « Ho mangiato un bocconcino prima di partire; ma ora mi sento una fame da lupi. * MANGIARE UN BOCCÓNE. Nel senso medesimo che Mangiare un boccon - celio o un bocconcino ; ma dice un pasto più abbondante, e può usarsi anco da chi ne faccia de’ lauti. — « Torno a casa dall'uffizio per man¬ giare un boccone, e trovo la moglie in pianti e in lacrime. » — « Se viene da noi verso le tre, mangeremo un boccone insieme, » MANGIARE UNA CÒSA PER TORNA¬ GUSTO. V. Tornagusto. MANGIAR FÒRTE. Dicesi di chi mangi molto, non per ingordigia, ma per bisogno naturale. — « Il mio bam¬ bino mangia forte come un uomo. * — » Gli uomini mangiano piu forte delle donne. » — Chi fatica molto ha bisogno di mangiar forte. MANGIARINO. Sost. « Il mangiare poco e spesso. — « Tanti mangiarini gua¬ stano lo stomaco : Bisogna mangiai ^ alle sue ore. » — Dicono anche Mangerino nello stesso senso. (Affini). MANGIATA. Atto del mangiare in grande quantità; affine a Scorpac¬ ciata . — « Fece una gran mangiata di funghi in umido. * MANGIATÀCCIA. Pegg.e accr . di Man¬ giata; Straordinaria, eccessiva man¬ giata. — « Dopo quella mangiatacela, s’ammalò. » — « Fare — > dare una mangiataccia. » MANGlATfNA. Dim . e vezz . di Man¬ giata; Mangiata fatta con appetito e abbondante. — « Fecero una bella mangiatina all’osteria e poi si rimi¬ sero in cammino. » — « Faremo una buona mangiatina prima di partire per esser più forti in gamba, perchè sacco vuoto non sta ritto. » MANGIATO Pari. pass, e agg. da Man¬ giare. — « Dopo mangiato verrò da te. » — « Forma di cacio mangiata da’ topi. * MANGIATÓRA. Verbale di Mangiare . Donna che mangia di molto, più per bisogno che per vizio. — « Mia so¬ rella è una gran mangi atora. * — • « È molto — e poco mangiatora. » MANGIATÓRE Verbale di Mangiare; Chi mangia molto. — « Era gran mangiatore e gran bevitore. » — « Mangiatore di fagiuoli. » — « È un mangiatore che ce n’è pochi. » MANGIATRICE. Verbale di Mangiare. Lo stesso che Mangiatora, ma non ne ha il senso antonomastico di Mangiona. — « Mangiatrice di cavoli fiori — di insalata. * — « Non è una mangiatora, ma una gran mangia¬ trice di dolci. * MANGIAUFO o MANGIA A UFO. Usato a modo di sostantivo ; Colui che Mangia a ufo. V. Mangiare a ufo. — « È un mangiaufo » — « in casa mia non voglio mangiaufi. » — « Lè- vati di torno quel mangiaufo. » MANGIONA. V. Mangióne. MANGIÓNE e MANGIÓNA. Colui e Colei che mangiano molto e anche troppo. — « Un mangione che non si sazia mai. » — « Sei pur la gran mangiona I » DEL MANGIARE E DEL BERE 678 MANGIUCCHIARE. Attivo. Mangiare i poco e svogliatamente. — « Man- | giucchia un po’di carne tanto per riflessione. » Anche assoluto. — « Ricomincio dopo un mese di disappettenza, a mangiucchiare. » Talora è semplice frequentativo di Mangiare: Mangiar poco alla volta ma spesso. — « Mangiucchia tutto il giorno. * — « Ti vedo sempre a mangiucchiare. » MANICARÉTTO. Più dellalingua scritta che della parlata familiarmente. — « Cuoca che fa eccellenti manica¬ retti. *> — « Un manicaretto da lec¬ carsi i baffi. » Nel linguaggio familiare si direbbe più volentieri Borbottino (V.). MASTICÀBILE. Da potersi masticare. — « Lesso un po auro, ma mastica¬ bile. » — « Non è masticabile ; è troppo duro. » MASTICARE. Att. È il tritare o altri¬ menti assottigliare il cibo co’denti, specialmente mascellari , prima di inghiottirlo. — « Masticala bene la carne prima di inghiottire. » — « La mastica e poi la sputa. » Assoluto . — « Mi duole i denti non posso masticare. * — « Quando man¬ gia non mastica. » E scherzevolmente per Mangiare. — « È l’ora d’andare a masticare. * — « Non trovò nulla da masticare. » — « Dammi qualcosa da masticare. » MASTICATO. Pari. pass, e agg. da Masticare. — « Sputava nel piatto la roba masticata. « MASTICAZIÓNE. Il masticare. — « La masticazione è la prima digestione. » — « Dopo quella ferita gli rimase impedita — gli divenne diffìcile — dolorosa — la masticazione. » MATTA CÉNA. Così dicono alcuni una seconda cena che si faccia dopo la ordinaria. — « Usciti dal teatro Ni- colim, andarono a fare una matta cena al Falcone. » Più abbondante di cibi che il Pu- signo. MÈNSA. Tavola apparecchiata sopra la quale si posano le vivande e vi siedono giro giro i convitati. — « Mensa carica di cibi squisiti. » Dicesi anche della Quantità e della qualità de’cibi che si mangiano alla mensa. U E questa greggia o Forticci dispensa Cibi non compri alla mia parca mensa. » Td330. — « Date a’poveri gli avanzi della mensa. » — « Mensa frugale. »> MERÈNDA. La refezione che si fa mas¬ simamente dalla gioventù e dai lavo¬ ranti, tra il desinare e la cena, special- mente nelle giornate lunghe. Quindi il proverbio San Luca , la merenda nella buca , poiché, venendo la festa di S. Luca a’ 18 d’ottobre e lo giornate divenendo allora corte, si smette di far la merenda. — « Fare in campagna la merenda sulPerba. » — « Serbare una cosa per la merenda — Mangiarla a merenda. * Anche i Cibi da mangiarsi per me¬ renda. — « Portare la merenda con sè. » — « Gli mangiò tutta la meren¬ da lui. » MERENDÀCC1A. Pegg. di Merenda ; Cattiva, sgradita merenda. — « Fu una merendacela. » MERENDARE. Neutro ass. Far me¬ renda. u Dolce cosa ognor mi pare Con Licinda e con Lisetta Lo sdraiarmi sull’erbetta b’un bel prato, o merendare, n Redi. — « I ragazzi merendano verso le quattro, e vanno a cena alle otto. * MERENDINA. Dim. quasi vezz. di Me¬ renda. — « Una merendina sull’er¬ ba, * — « Fare una merendina. » — « Portava con sè la sua merendina. » MERENDINO. Dim. di Merenda ; più piccola della Merendina. u Io mi era veramente figurato Semplice refezion, cosa discreta, Un merendino, n Pananti. — « Metter nel panierino il meren¬ dino per i piccini. » MERENDÓNA. Acer. di Merenda ; Grande, abbondante merenda. — « Una merendona che equivaleva a un pranzo. » MERENDÓNE. Acer. di Merenda; Me¬ renda più grande della Merendóna (Vedi). MERENDÙCCIA. « Dispr. di Merenda. — « Una povera e magra meren- duccia. * Fare le merenducce dicono i bam¬ bini quando si accordano a stendere una pezzuola o altro in terra o su una seggiola, e lì pongono alcune cose che sembrino un apparecchio da mensa, e fìngono di essere a mangia¬ re facendone tutti gli atti. » ( Rigu - DEL MANGIARE E DEL BERE 679 Ha in q uesto senso un esempio del Lippi nel Malmantile . u Chi fa le merendacce in sul bavaglio. * MÉSCER DA BÉRE. V. Mescere. MÉSCERE. Att. Versare il vino o altri liquori o liquidi nel bicchiere per bere. — « Mesci il vino alla si- ! gnora. » — « Mescere la cioccolata nelle tazze. » E assoluto. — « Mescerò io. » — « Non si mesce mai colla sinistra. * — « Su*pesci, mesci. * Dicesi anche Mescer da bere . — « Chi mesce da bere? » — « Il cop¬ piere, tutto intento a’cenni della re¬ gina, non pensava a mescer da bere al re. » E neutro pass. « Mescer da bere. — Mescersi da sè. — Mescersi il vino nel bicchiere. » MÉSCERSI V. Méscere. MESCITÓRE. Verbale m. di Mescere ; Chi o Che mesce, nei senso di Cop¬ piere. Non comune. MESCIXRICE. Verbale f. di Mescere ; Colei che mesce. — « La mia gentile mescitrice. » MESCIUTO. Part. pass, e agg. da Me¬ scere. — « Mesciuto il vino ne' bic¬ chieri. » — « Vino mesciuto in larga copia. » MÉTTERE A TÀVOLA. Suol dirsi dei cuochi che preparano il pasto, special- j mente se per molte persone o se mol- ! to ragguardevoli. — « Il cuoco di casa B. è capace in tre o quattro ore di mettere a tavola anche venti per- ! sone. » — « Lui in quattro e quat- 1 tro otto li mette a tavola. * — « Quand’ero a servizio in casa del conte K.ho messo a tavola fior di si¬ gnoroni. » MÉTTERE IN CÒRPO. Familiarmente, Mangiare. — « C'è nulla da mettere in corpo ?» — « Ti metti in corpo . tutta quella minestra? » — « Non ho messo nulla in corpo da stamattina in qua. * MÉTTERE IN TAVOLA. Dicesi più specialmente del portare alla mensa de'convitati il primo servito, e più specialmente la minestra. » MÉTTER FÓGO. V. Fógo. MÉTTER VELÉNO. V. Far veleno. MÉTTERSI A TÀVOLA. Sedersi intor- no ad essa per mangiare. Differisce quindi assai dall’ A ndare a tavola e grandemente dal Mettere j a tavola. —- « Si messere a tavola j alle cinque, e finirono il pranzo dopo le otto. * — «Non si sono ancora messi a tavola. • — « Si mettono a tavola ora. » MI OCA. Minestra asciutta e mal con¬ dita. Voce usitata per antico, e ri¬ masta viva a Siena ed altrove per la Toscana. MINÈSTRA. Sorta di vivanda, compo¬ sta di paste o di riso, o di pane, o di erbe, o di legumi, o di parecchie di queste cose miste insieme, cotte in brodo, o in acqua comecchessia con¬ dita. — « Minestra, lesso e due piat¬ ti. * — « Non mangiò che la mine¬ stra. » MINÈSTRA ASCIUTTA. Con poco bro- do o punto. MINESTRA BRODÓSA. Con molto bro¬ do. — « Troppo brodosa. » — « La minestra la voglio brodosa. » MINÈSTRA DÉLLE TRÉ ÈRRE. Mine- stra sui brodo, fatta di riso, rape e rocchi (salsicce). MINÈSTRA DI GRASSO. Fatta sul brodo di carne. MINÈSTRA DI MAGRO. Fatta senza brodo di carne. MINÈSTRA MARITATA. Fatta con pa¬ ste di due qualità, o di paste è riso, o di riso e erbaggi. MINESTRA SUL BRÒDO. S’ intende sempre Col brodo di carne, chè altri¬ menti si specifica; — Sul brodo di fagiuoli — sul brodo di ranocchi. MINESTRÀOCIA. Pegg. di Minestra ; Minestra cattiva, mal cucinata. MINESTRAJO. Agg. Si dicedi persona cui piaccia la minestra e ne mangi di molta. — « Non son minestrajo io: me ne dia poca. » — « Son divenuto minestrajo per forza dopo che mi son cascati quasi tutti i denti. » MINESTRINA. Dim. di Minestra. Pic¬ cola ma buona minestra. — « Una minestrina eccellente. » — « Certe minestrine! » Più spesso di quelle leggerine che si danno agli ammalati. — « Per ordine del medico non mangiavo che minestrine. » — « Due sole mine¬ strine al giorno. * MINESTRINO. Dim. di Minestra : Mi¬ nestra più piccola della Minestrina. MINESTRÓNA. Acer, di Minestra. — « Mangiava certe minestrone! » MINESTRÓNE. Acer. di Minestra; Grande minestra. È anche Una specie di minestra DEL MANGIARE E DEL BERE 680 milanese asciutta ma cotta nel brodo, composta di riso, fagiuoli , cavolo bianco e cotenne di majale. — Si è resa comune in tutta Italia insieme col nome usato a modo di positivo. — « All’albergo del Bove in Firenze fanno il minestrone meglio che a Milano. * — « il minestrone per me è la miglior minestra del mondo. » MINESTRINOCI A. Dim. di Minestra con dispr. — « Minestruccie scipite — da malati. » MÒRDERE. Dar di morso a un cibo ; Afferrarlo e romperlo co’denti. Per Mangiare usasi soltanto nella locuzione interrogativa C’è nulla da mordere ? o nella negativa Non tro¬ var nulla, da mordere . MORETTINA. Vale, dice il Fanfani, Ebrietà in secondo grado. Io, per me, non ho mai sentito usar questa voce in tal senso. MORIR DALLA FAME. Aver gran fa¬ me. — « Prepara subito il desinare : muojo dalla fame. * Morir di fame vale invece Soccom¬ bere alla morte per causa della fame. MORIR DALLA SÉTE. Aver gran sete. — Morir di sete è più proprio invece del soccombere alla morte per causa della sete. MORIR DI FAME. V. Morir dalla FAME. MORIR DI SÉTE. V. Morir dalla. SÉTE. MORSELLÉTTO. Dim. di Morsello . Bocconcello di cosa buona a mangia¬ re e anche di materia medicinale. — Nel primo senso è men comune an¬ cora che nel secondo nel linguaggio familiare. MORSELLINO. Dim. di Morsello . Può esser anche più piccolo del Morsel - letto e forse più comune di questo. — «Un morsellino di pane — di carne.» MORSÈLLO. Bocconcello di cosa buo¬ na a mangiare o medicinale. Men co¬ mune forse de’suoi diminutivi nel lin¬ guaggio familiare toscano. MORSÉTTO. Lo stesso che Morsello per Bocconcello . È più comune e si sente talora, ma raramente, nella frase Andare a mangiare un mor¬ setto per Andare a mangiare un boccone. MÒRSO. L'azione del mordere, in tutti i significati di questo verbo. Morso è anche il boccone spiccato co’denti. Talora vale Pezzetto anche più grosso di un boccone e anzi da potersene fare talora tre o quattro. — « Gli dette per elemosina un morso di pane. * — « Mi dà un morso di carne? » MURARE A SÉCCO. Per similitudine iocosa, dicesi del mangiare senza ere. — « Beva un po’, tanto per non murare a secco. » — « Un fiasco per ogni pasto? Tu non muri a secco davvero. » N NON FAR TRÒPPO GUASTO. Dicesi di chi mangia poco. — « Invita pure a cena anche la Giulietta, tanto non fa troppo guasto. * — Lo stesso quindi Far poco guasto , che è forse più comune. NON NE POTÉR PIÙ. Così assoluto s’usa spesso a indicare che, avendo già mangiato o bevuto in gran quan¬ tità, non ci è più possibile /frangiare o bere di più senza danno. — « An¬ cora un altro piatto ? Ma io non ne osso più. * — « Prenda un altro icchiere di vino. — No, grazie, non ne posso più. * NON NE POTÉR PIÙ DALLA FAME, DALLA SÉTE. Provare gran bisogno di mangiare, di bere. NON NE POTÉR PIÙ DALLA SÉTE. V. Non ne poter più dalla fame. NON POTÉR MANDAR GIU. V. ; Man- dar giù. NON POTÉRSI ACCOSTAR NULLA ALLA BÓCCA. Si dice di chi ha di¬ sappetenza, e qualunque cibo gli fa afa o gli dà noja. Es. : Mi son ridotto che non posso accostarmi nulla alla bocca. Pare che non sia nell’uso al¬ tro che in questa forma negativa, e pare che stia bene così, perchè si¬ gnifica che il solo accostar il cibo alla bocca fa noja: ma tuttavia il Rigutini lo usò nel suo Plauto per il semplice Mangiare, in questa for¬ ma : « Tristissimo poi a chi, avendo appetito non ha da accostarsi nulla alla bocca. * (Fanfani). NON TOCCAR NEANCHE L’ÙGOLA. Si dice che un cibo o una bevanda non ci ha toccato l’ugola, quando furono troppo scarsi al desiderio o al bisogno. Dei cibi piuttosto Non toccare nean¬ che un dente e delle bevande Non t DEL MANGIARE E DEL BERE 681 toccar neanche l’ugola. — « Quel bicchier di vino non m’ha toccato neanche l’ugola : mi ce ne vuole un altro paio. » — « Ho fatto colazione in casa del Marchese, ma non mi ha toccato neanche un dente. * — « Un piccione per lui non gli tocca nean¬ che un dente. » NON TOCCAR NEANCHE UN DÈNTE. V. Non toccar neanche l’ùgola. NUTRICE. Agg . Che nutre. Detto ge¬ neralmente della terra. — « La terra nutrice — La patria nutrice. * NUTRIÈNTE. Part . pres. e agg . da Nutrire ; Che nutrisce. Forse meglio Nutritivo ; ma è oramai del linguag¬ gio scientifico e delle persone anche mediocremente colte. — « Cibi nu¬ trienti. » — « Vitto molto — troppo — poco nutriente. * NUTRIMÉNTO. Il nutrire o L’atto o L'effetto del nutrire. — « Le frutte sono il loro nutrimento. * — « Non ha abbastanza nutrimento. * — «Pren¬ der nutrimento. » — « Nutrimento scarso — buono — abbondante. * NUTRIRE. Neutro , detto di cibi, vale Che sono atti a sostenere e mantenere la vita. — « Il pane e la carne nu¬ triscono più d’ogni altro cibo. » — « L’erba nutrisce poco. •* Ansile attivo per Dare altrui cibo, alimento. — « Lo accolse in casa’ sua e lo nutrì per due mesi. * — « Nu¬ trire i bambini con cibi sani. * NUTRITIVO. Agg. Che ha virtù di nutrire, Nutriente (V.). — « Alimenti poco — molto nutritivi. * — « Pie¬ tanze saporite e molto nutritive. * NUTRITO. Part . pass, e agg. da Nu¬ trire. — « Nutrito di carne. » — « Bene — mal nutrito. * Ben nutrito vale anche In tale stato del corpo da esser piuttosto grasso che magro ; ma allude piut¬ tosto allo sviluppo de’ muscoli che del tessuto adiposo. NUTRITÓRE, NUTRITRICE. Verbale masch. e femm. di Nutrire ; Che nutre. Più spesso nel figurato che nel proprio. NUTRITRICE. V. Nutritóre. NUTRIZIÓNE. « Quella operazione na¬ turale per cui gli alimenti si con¬ vertono in cibo, e quindi nelle sostanze che servono di accrescimento e di mantenimento al corpo umano. — « La nutrizione non si fa a dovere, se i visceri non sono sani. » — « Senza la buona digestione, la nu¬ trizione non avviene. * ( Rigutini ). o ÒRGIA. V. Crapula. 3? PACCHIA. Lieto vivere; Il mangiare e bere senza pensieri. — « Gli preme — gli piace — ha preso gusto alla pacchia. » — « In casa del Principe chi sa che pacchia! » PACCHIAMÉNTO. Il pacchiare. Non comune nell'uso familiare. « 0 co’tripudii, i pacchiaraenti o*l vino. V’entrò la sagra poesia nel corpo ? • Gonzi, PACCHI ANTE Part. pres. di Pacchiare; voce piuttosto di celia. — « Nella Tavola Ritonda si dice che in un aese le donne son grandi bevitrici; ugiarde e ghiotte, e bene pacchiana di roba. • PACCHIARE. Mangiare del buono in gran quantità. — « A lui basta di pac¬ chiare. » — « Pacchiavano insieme al¬ legramente. * PACCHIATO R A. Femm. di Pacchia- tare ; Colei che pacchia. In ischerzo direbbesi anche Pacchiatrice ; ma nessuno dei due può dirsi molto comune così come è Pacchiona. PACCHIATÓRE. Colui che pacchia. — « È un gran pacchiatore. » — « Vol¬ lero que’temerarii pacchiatori che facesse a’ pugni con quell’Irone. * (Alberti). PACCHIATRICE. V. Pacchiatóra. PACCHIÓNA. Femm. di Pacchione ; Colei che pacchia ; Mangiona. V. Pacchiatóra. PACCHIÓNE. Colui che pacchia; Man¬ gione. — « Eccolo questo pacchione.*, — « Che pacchione ! * — « Chi è quel pacchione che va sempre a de¬ sinare in casa V. ? » — « Sei diven¬ tato un gran pacchione. * PANÀTICA. Dicesi scherzevolmente per Il mangiare, così come Buccolica . — «„La panatica in casa del Conte non ti mancherà. * — « Pensa ad DEL MANGIARE E DEL BERE 682 assicurarsi la panatica. * — « Senza panatica si lavora male. » — « Fa tutto per la panatica. » Buccolica paro inchiuda idea di maggiore abbondanza e di maggior delicatezza. — « A chi lavora preme la panatica. — Gli agiati spesso non pensano che alla buccolica. » PAPPARE. Att. e neutro . Smoderata- mente, ingordamente mangiare. — « Non parla che di pappare. * — « Pappò tutto il desinare per sè. » — « Papparono il lesso in un mo¬ mento. » Col si dice maggiormente il pap¬ pare con gusto. — « Si papparono tre polli arrosto. » — « Se lo pappò tutto quel piattone di funghi in umido. * PAPPATA. Lo stesso che Scorpacciata, nella frase Fare una pappata per Mangiare saporosamente e lauta¬ mente in una data occasione. — «Si andò alla Torre del Gallo, e lassù si fece una bella pappata. » — « Ora a settembre vo’ fare una gran pap¬ pata di beccafìchi. » PAPPATO K A. V. Pappatóre. PAPPATÓRE. Chi o Che pappa; Smo¬ derato mangiatore. — « 11 Pappatore , dice il Tommaseo, è mangiatore più ricercato del Pappone. 11 Pappone si contenta d’ ingollar molto, ne sta più che tanto sulla scelta de’cibi. L’altro vuol mangiar molto e bene. * Di donna, Pappatora o anche Pap- patrice ma men comunemente. PAPPATÒRIA. Voce familiare di ce¬ lia; 11 mangiare. — « Quando si tratta della pappatoria, diventa un oratore. » — « Gli preme la pappa¬ toria. * PAPPATRICE. V. Pappatóre. PAPPÒNA. V. Pappóne. PAPPÓNE e PAPPÓNA. Colui e Colei che mangiano molto. V. Pappatóre. PAIIASITÀCCIO Pegg. di Parasito. — « Parasitaccio senza pudore. * PARASITO e PARASSITO men proprio. Sost. Colui che mangia il più spesso che può alla mensa altrui. — « La turba de’parassiti adulatori alle mense de'grandi. » — « Adulatori e paras¬ siti sono come i pidocchi, dice un proverbio, perchè campano sulla pelle altrui. * PARASSITO. V. Parasito. PARCAMÉNTE. Acer. da Parco. Con risparmio, con parsimonia. — « « Ci¬ ba ibi parcamente. * PARCHISS1MAMÉNTE. Superlat. di Parcamente. — « Mense parchissi¬ mamente imbandite. » — « Si cibano parchissimamente. » PARCHISSIMO. Superi, di Parco. — - « Se il Padre Gottignes vuol campare più lungamente che sia possibile, sia parco parchissimo, e auanto mai si può dir parchissimo nel mangiare. » (Redi) — « Parchissimo desinare — Cena parchissima. * PARCO. Agg. Che mangia con parsi¬ monia ; frugale. — « Uomo molto parco. » — « Desinare — cena — pasto — parco. » PARTE. Quella porzione di vivanda che tocca a ciascun commensale. — « Questa è la mia parte di minestra. » — « Ne prenda una parte anche per il figliuolo. » — « Gli messe davanti la sua parte. » — « Non ho mangiato neanche la mia parte. » — -Mangia la sua parte e quella degli altri. * Quindi la frase Far la parte , Dare a ciascuno quella porzione che gli spetta di vivanda. — « Non son più un bambino, che mi s’abbia a far la parte : vo’mangiar quanto mi pare. » PASTEGGIARE. Neutro. « Mangiare la tale o tal cosa nel pasto. — « Il signor B. pasteggia a pernici e a pasticci di Strasburgo. » (Rigutini). Non comune. Più specialmente s’usa parlando di vini. Vedi l’articolo 4*. PASTO. Talora vale semplicemente Ci¬ bo: detto assolutamente significa Quel più copioso mangiare che si fa in determinate ore del giorno, cioè la Colazione, il Desinare e la Cena. — « Fu pasto dei lupi. * — « Il suo pa¬ sto è la carne e il vino. * — « Fa tre — quattro pasti al giorno. * — « Fa un pasto solo in tutta la gior¬ nata. * — « Prima del pasto — a pasto — dopo pasto — o il pasto. » PÈRDER L’ÈRRE. Modo familiare e di celia; Ubriacarsi, giacché chi è ubriaco difficilmente può pronunziare la lettera erre. u Un vecchio era quest’uom di vista corta, Che l’erre ognor perdeva aH’osteria. • Lippi. PER RIFLESSIÓNE. Coi verbi Man - giare , Prendere e simili, s'usa a in¬ dicare il cibarsi non per appetito, ma per conservarsi le forze. — * Devi mangiare per riflessione. » — « Ho preso un po’di minestra — un par i l uCYà — per riflessione. * DEL MANGIARE E DEL BERE 683 PIATTO. Vedi questa voce e famiglia nel capo 4Q, articolo 12°. PIATTO DI COMPENSO. Quello che si aggiunge al pasto solito perchè i commensali sopraggiunti all* improv¬ viso ne abbiano assai. — « Se oggi viene in villa a desinare da noi tuo zio, faremo un piatto di compenso, o una frittata con gli zoccoli, o un pollo arrosto, o un fritto di funghi. » PIATTO DI COMPLIMENTO. Quello che si aggiunge al desinare o alla cena già pronta per festeggiare i commensali. — « Non ho fatto faro nulla di più; altro che questo dolce, come piatto di complimento. * PIETANZA. Qualunque vivanda cuci¬ nata e portata in tavola, fuori che la minestra. — « Pietanze rozze — de¬ licate — saporite. » — « Tre pietanze di carne. » — « Una pietanza di magro. » Pietanza doppia dicono nei convitti Quella pietanza che si suol dare oltre le ordinarie in occasiono di feste ci¬ vili o religiose. — « Per la festa dello Statuto ci daranno — c’è pietanza doppia. » — « Che cosa c’è per pie¬ tanza doppia? » — « A chi legge nel tempo del desinare o della cena, si dà la pietanza doppia. * Vale talora Porzione . — « La pie¬ tanza è troppo piccola. » Men comune in questo senso. PIETANZA DÓPPIA. V. Pietanza. PIETANZÀCCIA. Dispr. di Pietanza . Pietanza cattiva o mal cucinata. — « Non le potevo mangiare quelle pietanzaccie alla tedesca, * — * Pie- tanzaccia che non ne vorrebbero i cani. * PIETANZÉTTA Dim. di Pietanza; ma vale talora Abbondante e gradita. — « Una bella pietanzetta. » — « Pie- tanzette gustose — appetitose. » PIETANZINA. Dim. e vezz. di Pie¬ tanza. — « Saporite pietanzine. * — « Una pietanzina da far risuscitare i morti. » PIETANZINO. Dim. di Pietanza ; Pie¬ tanza più piccola della Pietanzina. PIETANZÒNA. Acer, di Pietanza; Grande pietanza, ina non tanto quanto il Pietanzone. PIETANZÙNE. Acer, di Pietanza; Più grande della Pietanzona. PIETANZÙCCIA. Dim . con dispr. di Pietanza ; Pietanza meschina per quantità o per qualità. — « Con tante pietanzucce non mi sono ancora le¬ vato l’appetito. » — « Pietanzucce che valgono poco — di poco prezzo.»» POPPARE. Att. e neutro. Detto del vino, Beverlo, assaporandolo gusto¬ samente. — « Guarda come poppa quel vinetto il nonno !» — « So l’è poppato tutto. » — « Chi lo vuole, poppa l’amico. » — « È sempre a poppare. » PÒRCO PULITO NON FU MAI GRAS¬ SO. Suol dirsi per mordere l’altrui schifiltà nel mangiare, e per ammo¬ nire che nel cibarsi non bisogna esser tanto delicati, nè badare alle più piccole cose. PORTARE IN TÀVOLA. Dicesi del portare dalla cucina o dalla dispensa le vivande alla mensa de’convitati. — « Chi porta in tavola oggi ? Il ca¬ meriere del padron vecchio. » — « Dì alla donna che porti in tavola. » — <11 cuoco portava in tavola da sè. * PORTATA. Ciascuna vivanda che volta per volta si porta in tavola a’con- vitati. — « Il pranzo reale fu di quin¬ dici portate. » PORZIONCÈLLA. Dim. di Porzione ; Piccola porzione, ma non tanto quanto la Porzioncina ; talora anzi abbon¬ dante. Non molto comune nel senso in cui si nota Porzione in questo articolo. — « Una discreta porzion- cella di lesso. » — « Porzioncella passabile. » PORZIONCINA. Dim. e vezz. di Por¬ zione. — « Porzioncina di carne in umido col suo contorno. » — « In quella trattoria danno delle porzion- cine eccellenti. » PORZIONCIÓNA. Acer, di Porzione ; Grossa porzione. — « Mi portarono una porzionciona di lesso che faceva per tre. » — « A Milano nelle trat¬ torie danno certe porzioncione ! »» PORZIÓNE. Quel tanto di vivanda che si dà a ciascuna persona ne’conventi, ne’convitti o nelle trattorie. — « Por¬ tano a’collegiali le porzioni bell’e fatte. » — « Quanto costa una por¬ zione di fritto? » — « Buone queste triglie. Portamene un’altra porzione. » — « Due porzioni di lesso per tre persone. » — < A Milano nelle trat¬ torie danno delle porzioni molto più abbondanti che a Firenze. Quelle di Perugia a un Milanese non toccano neanche un dente. »» POSPAsTO. Denominazione di qualsiasi cosa che si mangi prima delle frutte, I 6 depe il pasto, sia questo di un so .0 684 DEL MANGIARE E DEL BERE servito, ovvero di due. Il popone, i fichi con salame, e altre consimili cose, che in alcuni luoghi si man¬ giano per Antipasto, in altri si ser- von in Pospasto, in altri alle frutte. Così il Carena. Il Tommaseo dice che vive in qualche dialetto: Fruite per pospasto : Minestra , un piatto e pospasto. Io, per me, non l’ho mai sentito usare nè in Toscana nè fuori. PRANZÀCCIO. « Pegg. di Pranzo. Cat¬ tivo, anche quando la quantità sia di molta, anche troppa. » {Tommaseo). — « Fu un gran pranzacelo. » — « Ci dette un pranzacelo da provinciale — da osteria. » PRANZARE. Neutro. Fare il pranzo. — «Pranzarono tutti nella villa reale.» — « Pranza sempre fuori di casa. » PRANZETTl'NO. Dim. e anche vezz. di Pranzo . — « Un prauzettino in tutte le regole. » — « È stato un pranzettino allegro quanto mai. » — « Certi pranzettini numero uno ! » PRANZÉTTO. Dim. di Pranzo ; Piccolo pranzo. — « Fece un bel pranzetto. » — « Darò un pranzetto agli amici. » PRANZETTÙCCIO. Sottodim. atten. con un che talora di vezzeggiativo. — « Venite; avrete un pranzettuccio, ma il buon cuore non mancherà. » {Le Brun). PRANZO. Desinare piuttosto signorile. — « Vo a pranzo verso le sei. » — « Inviterò a pranzo anche la cugina. » — « Oggi in casa L. gran pranzo. » — « Verrò dopo pranzo — verso Fora del pranzo. » — « Dette un gran pranzo. » PRANZÓNE. Acer, di Pranzo; Grande, lungo pranzo. — « Un pranzone che sarà durato un pajo d’ore buone. » PRANZCJCCIO. Dispr. di Pranzo ; Me¬ schino o insufficiente. — « Ci dette un pranzuccio proprio da marchese spiantato. » PRÈNDERE UN’ INDIGESTIÓNE. Pro- curarsela col mangiar troppo o cibi indigesti. — « Prese una indigestione che gli produsse una grave malattia da andare in fil di morte. » — « Man- iane meno di quelle fruttacce : pren- erai un* indigestione. » PRIMA COLAZIÓNE. Traducendo molti il francese Dejuner con seconda co - lozione , è venuto doll'uso chiamar prima colazione il pasto della mat¬ tina fatto poco dopo alzati. — « Alla prima colazione non piglio che un po’di caffè. » PRINCIPII. Que’cibi generalmente fred¬ di e salati, che si sogliono mangiare prima della minestra o subito dopo. V. anche Antipasto. PROPINARE. Lo stesso che Far brin¬ disi, Bere alla salute d’alcuno. « Propinare non è parola di lingua familiare, ma dello stil grave o poe¬ tico, e per ciò ha dovuto mutare la sua significazione lati a, anzi greca, secondo la quale si propinava coll’ac- costare al labbro il bicchiere, assag¬ giarne alquanto, e porgerlo altrui in rova di molta familiarità e di grande enevolenza: il qual atto non è ap¬ untino la stessa cosa che il fare un rindisi. » Così 1* annotatore milanese; ma fatto sta che oggi il Propinare è di gran moda su pe’giornali nel senso ai Bere alla salute d’alcuno. Far brindisi , massime parlando di ban¬ chetti politici. — « Propinò allTtalia — alla Francia — al Re — alla Re¬ pubblica — alla Ragione — al dia¬ volo che se lo porti. » PRÒSIT. V. Buon prò. PURGÀRCISI. Dicesi che con un cibo o una bevanda una tal persona ci si purga . quando ne mangia o ne beve molto e spesso, facendone uso quasi costante. — « Lui con gli spinaci — con la birra — ci si purga. » — « Io col rhum mi ci purgo.» — * Lui ci si purga col prosciutto. » PUSIGNARE. Neutro ass. Mangiar dopo cena cose ghiotte e appetitose. — « Andremo verso le undici e mezzo a pusignare dal Meli ni. » — « I nostri vecchi, cenando presto, pusignavano spesso nelle ore più tarde della notte. * — Voce di uso non comune; ma che pur vive insieme con la cosa. PUSIGNO. Il mangiare che si fa dopo cena, che pur dicesi da alcuni Matta cena. Vedi l’osservazione fatta in Pusignare , che cade opportuna an¬ che per questa voce. V. anche Matta céna. r RANCIERE. Di questa voce così il Pantani e l’Arlia nel Lessico della corrotta italianità. « Ranciere è formato da Rancio , di cui vedine qua sotto tutta la storia. DEL. 3*Ar«uiAui!i £ DEL BERE 685 Con essa voce non si addimanda il Capo mensa, come disse il generale d’Ayala, ma sì bene colui che ^attende a cuocere il pasto o rancio. È ormai di uso comunissimo come termine militare, e bisogna lasciarlo stare. » RÀNCIO. Anche di questa voce così il Fanfani e 1* Arifa nel Lessico della corrotta italianità. — « Il generale d’Ayala osservò su questa voce Così : « Rancio, Vitto, Desinare, Mensa. In marineria evvi la mensa degli ufficiali , fra’ quali eleggesi un capo mensa ( Capo ran¬ ciere). La parola Rancio ci e venuta dalla Spagna ; Rancho è in ispagnuolo il vitto anche de’contadini e di tutti coloro che mangiano in comune; in uella lingua la parola Rancho vuol ire insieme e mucchio. * Si vera sunt exposita, la voce Rancio ri¬ scontrerebbe esattamente alla nostra Combutta. Ma il Rancio ha oramai preso posto alla predica; sicché nel comune linguaggio, ma per signifi¬ care il pasto ordinario de* soldati e’ c’è, e ci stia. » RAZIÓNE. Quella parte che d’ ogni cosa da mangiare o da bere deve toccare a ciascun soldato. — « Una razione di pane.* — « Ho mangiato due razioni di carne ; la mia e quella del caporale. * — «Non ho avuta la mia razione di vino. * REFETTÒRIO. Luogo dove nei con¬ venti e in generale nei convitti si fanno i pasti alle ore stabilite. — « Nel Refettorio de’ frati c’è una magnifica Cena d’antico pittore um¬ bro. * — « I collegiali facevano il teatrino nel refettorio. » REFEZIONCINA. Dim. quasi vezz . di Refezione; Piccola refezione. — « Una buona rcfezioncina.* — « Gli basta una refezioncina leggiera leggiera. » REFEZIÓNE. Piccolo pasto che si fac¬ cia per riprendere o per non perdere le forze. — « Farò una piccola refe¬ zione verso mezzogiorno, e poi mi rimetterò in viaggio. * — « Fu una refezione piuttosto abbondante. » — « Leggiera refezione. » — Può farsi in tutte le ore della giornata; ma più generalmente o la mattina o la sera. REFCCILLARE. V. Rifocillare. RÈGGERE. Att. Detto del vino, vale Poterne tener molto e digerirlo fa¬ cilmente. S’usa più spesso in forma negativa. — « I vini grossi non li posso reggere * — « II mio stomaco non li regge. * — « Non regge il vino il nostro padrone.»—* Quel piccinuccio regge il vino come un uomo. » — « Donna che regge molto il vino.* RIALTO. Pasto più abbondante del¬ l’ordinario che si fa in qualche sin- olare occasione, come di feste pub- liche o private, d’arrivo d’amici, d’inviti e simili. — « Oggi in casa mia c’è rialto perchè è tornato lo zio dall’America. * — Quindi le frasi Far rialto, Fare un po’di rialto : quasi Rialzare il solito pasto con ag¬ giunta di vivande e di maggiore al¬ legria. u II buono zio dalla consolazione Che a casa il flgliuol prodigo è tornato, Fe’rialto : pelar fece un cappone... » Pananti. RIBÒTTA. Dicesi il lieto mangiare o bere d’amici, specialmente all’osteria. — « Faremo una ribotta in cinque o sei. * — « Spende tutto nelle ri¬ botte. » RIBOTTARE. Neutro. Far ribotta. Non comune. — « È sempre a ribottare con gli amici. * — « Andarono a ribot¬ tare in un paesello vicino a Prato. * IMBOTTINA. I)im. e un po’ vezz. di Ribotta ; Ribotta allegra ma senza crapula. RIBOTTÓNA. Acer, di Ribotta; Ri¬ botta nella quale si beva e si mangi di molto. Allude al molto mangiare e a lungo, più che all’allegria. RIBOTTONE. Chi si compiace nelle ribotte e ne fa spesso. — « Non lo voglio per servitore quel ribottone. * — * Un ribottone che si vuol ri¬ durre alla miseria. * RIFARSI. Ci si rifà quando si torna a servirsi d’una medesima pietanza. — « Andiamo, si rifaccia : son tanto buoni questi maccheroni. » — «Mi rifarò, non dubiti. * RIFARSI LA BÓCCA. Mangiare o bere qualcosa di buono, dopo aver man¬ giato o bevuto cose più o meno di¬ sgustose. — « Questo pesce è andato a male. Dammi un bicchier di vino per rifarmi la bocca. * — « Dopo l’olio di ricino, prenda un bicchierino d’alchermes per rifarsi la bocca. * — « Mi rifarò la bocca con un po’di pasticcio. * RIFOCILLARE e men comunemente Refocillare. Att e n. pass. Risto¬ rare altri o sè con cibi o bevande o DEL MANGIARE E DEL BERE 686 con ambedue insieme. — « Una buona minestra — un buon gotto di vino che rifocilla lo stomaco — o una persona stanca e affamata. » — «Mi rifocillai all’osteria. » — « Si rifocil¬ larono nell’Eremo che sorge sulla vetta della montagna. » RIFOCILLARSI. V. Rifocillare. RIFOCILLATO. Part . pass, e agg. da Rifocillare . — « Rifocillati si rimi¬ sero in viario. * — « Collo stomaco un po’ rifocillato si cammina meglio.» RIGOVERNARE. Dicesi per enfasi che rigoverna i piatti o assolutamente che rigoverna , Chi mangia avida¬ mente le vivande senza che ne avanzi più nulla nel piatto. — « Rigoverna ogni cosa lui. » — « Guarda come hanno rigovernato i piatti ! * — « Bi¬ sogna vederlo come rigoverna. » — E anche: « Non c’è bisogno di ri¬ governarli questi piatti. * Sotto que- st’ultima forma iperbolica si adopera più specialmente parlando di chi, dopo mangiata tutta la pietanza, ri¬ pulisce il piatto col pane così da ren¬ derlo netto da ogni segno di salsa o di intinto. RIGOVERNARE I PIATTI. V. Rigo¬ vernare. RILIÈVI. Plurale. Quello che avanza alla mensa. — « I rilievi della mensa del ricco. » — « Date a’ poveri i rilievi. » — « Avanzarono sette sporte di rilievi quando il Signore sazio con dieci pani e cinque pesci cinquemila persone. * RIMPIPP1ARE. V. Impippiare. RIMPIPPIARSI. V. Impippiare. RIMPINZARE. Att. e n. pass. Empire soverchiamente di cibo altri o sè stesso. — « Non lo rimpinzar tanto quel povero piccino. » — « Ti rim¬ pinzi troppo. * — « S’era rimpin¬ zato di maccheroni e non ne po¬ teva più. * RIMPINZARSI. V. Rimpinzare. RIMPINZATO. Part. pass, e agg. da Rimpinzare . RINFRESCARSI. Dicesi del bere un po’di vino massime quando si sia ri¬ scaldati dal camminare. — « Passino a rinfrescarsi in casa mia » — « Grazie, tante; ci siamo rinfrescati dal Curato. * — Ci ha dato da rin¬ frescarci il Curato. * RINFRÉSCO. Apparecchio di bevande gelate, di liquori, paste, confetti, canditi e simili, che si fa in occa¬ sione di qualche festa o allegria, fuori dell’ore de’pasti ordinarli. — « Dopo lo sposalizio andranno a un rinfresco in casa della madrina. » — « 11 rinfresco per il battesimo del maggiorino mi costò novanta lire. » — - Ci sarà un bel rinfresco. » — « Dare un rinfresco. » Diconsi rinfreschi anche le bevande che servono a questo apparecchio. « Vi trovai preparati diversi rinfre¬ schi di acque ghiacciate, ne* quali tutti coloro che avea condotto meco fecero un bello e solennissimo as¬ salto, ed io non mondai nespole. » (Redi). RIPIENÉZZA. Quel senso di gravezza che dà allo stomaco l’aver troppo mangiato. — «Costuma di dire il ca- valier Girolamo Maffei, che quando egli si sente ripienezza, non trova meglio che andarsene a letto senza cena, e quivi cenar co’suoi comodi.» (Dati). — « Senso di ripienezza. » — « Effetto di ripienezza. » — «Mali prodotti da ripienezza. » Far ripienezza dicesi di cibo che aggrava troppo lo stomaco, che si digerisce difficilmente. — « Gli gnoc¬ chi fanno ripienezza. * — « La polenda mi piace, ma mi fa ripienezza. » RIPIÈNO. Agg. Molto pieno, parlan¬ dosi del mangiare. — « Giovali Maria Montemagni usa dire che per ripieno e senza appetito che Tuoni si trovi, non bisogna mai dire: io non voglio cenare, io non voglio andare a ta¬ vola, ma sempre farsi animo, perchè, quando s'è lì, Dio aiuta. » (Dati). V. anche Ripièno sost. RIPIÈNO. Sost. Quella mescolanza di varie carni, o d’erbe, o di frutte, o di q< este o di più altre cose insieme che i cuochi mettono nelT interno di volatili, di pasticci, di pasticcini e simili. — « Cappone col ripieno. » — « Anatra, tacchino col ripieno di sal- siccie, mele e castagne » — « Pa¬ sticcio col ripieno di fegatini di pollo — di rigaglie. » — « Buono il ri¬ pieno. » — « Mangerò un pochin di ripieno. » In questo senso anche a modo di aggettivo. — « Pollo — tacchino — pasticcio ripieno. * RIPORTAR LA CÒTTA AL PRÈTE. V. CÒTTA. RIPUI IRE I PIATTI. Divorare rapida¬ mente le pietanze sino alTultimo briciolo. u I to?zi Veggo sparire o ripulirò i piatti. * Fagiuoli. Vedi anche Rigovernare. DEL MANGIARE E DEL BERE 687 RITOCCHINO. Leggiero mangiare e bere tra pasto e pasto ; più piccolo della Refezione. — « Faro un ritoc¬ chino verso le dieci, tanto per arri¬ vare all'ora di desinare. » — * Ab¬ biamo fatto un ritocchino a mezza strada. * s SALSA DI SAN BERNARDO. L’appe¬ tito. — • « La salsa di san Bernardo fa parer gustose tutte le vivande, anche le più grossolane. * SATÓLLA. Sost. Un po’meno che Cor¬ pacciata: Tanta quantità di cibo che satolli. Farsene , Prendersene (di che che sia) una satolla. Voce e frasi quasi del tutto sparite dal linguaggio familiare. Vive però, dice il Tom¬ maseo, in qualche luogo di Toscana Dormir la satolla p6r Dormire dopo il pasto. (Vedi anche l’Articolo 4° del Capo 4°). SATOLLAMÉNTO. L’atto e l’ effetto del Satollare. Non comune. SATOLLARE. Att. e neutr. pass. Ca¬ vare altrui o a sè l’appetito, la fame. — « Satollò tutti i poveri della città. » — « Chi lo può satollare quei lupo affamato d’un vetturino? » — « Mi son satollato con la minestra. » — * Non si satollano mai. * SATOLLARSI. V. Satollare. SATOLLATO. Part . pass, e agg. da Satollare. — « Le turbe già satol¬ late. » — « Uomo satollato , uomo spensierato. * SATOLLÉZZA. Astratto di Satolla- mento. « Satollezza, secondo il Vocabolario, è voce antica, cui supplisce Satol- lamento ; pure questa voce morta parrebbemi degna di rivivere, sic¬ come più atta , che non Satolla- mento, a separarsi dall’ idea concreta del verbo, cioè dall’azione materiale del Satollare , e perciò più acconcia a esprimere l’astrazione. Come ap¬ punto accade nelle parole Inebria¬ mento, Agiamento , Contentamento , ecc., il cui astratto pare meglio ac¬ cennato coi vocaboli Ebbrezza , Agia¬ tezza , Contentezza. » Così l’editore milanese. Tutti i gusti son gusti ; ma a nessun To¬ scano girerebbe mai per la testa di servirsi di questa Satollezza. SATÓLLO. Part. pass, o agg. da Sa¬ tollare , contratto di Satollato. — « Quando ha il ventre satollo, lui è felice. » — * « Corpo satollo non crede al digiuno. » — « Le agnelle che tornan satolle all’ovile. » SAZIABILE. Atto a saziarsi, Che si sazia. Cade più spesso opportuno nel figurato che nel proprio. SAZIABILITÀ. Qualità astratta di Sa¬ ziabile. Dicasi lo stesso che dell’ag¬ gettivo. SAZIAMÉNTO. Il Saziare . Non co¬ mune nel proprio e poco anche nel figurato. SAZIARE. Att. e n. pass, o ass. Inte¬ ramente satollare o satollarsi da non sentir più il bisogno di mangiare. — « Saziare la fame. » — « Saziare un affamato. » — «Mi son saziato col secondo piatto, * — « Divora¬ tore che non si sazia mai. * — « To' : saziati. » Dicesi anché di cosa che stucca mangiandone in quantità. — « I dolci saziano presto. » — « Mi piace il ri¬ sotto, ma mi sazia. » SAZIARSI. V. Saziare. SAZIATO. Part . pass, e agg. da Sa¬ ziare. — « Ventre — fame saziata. » SAZIETÀ Lo stato di chi è sazio : Ces¬ sazione di ogni appetito per sover¬ chio mangiare. — « Quando il ventre per sazietà si stende, i pungiglioni della lussuria sono isvegliati. * (Fra B . da S. Concordia ). — « Ne man¬ giarono tutti a sazietà. * SÀZIO. Part. pass, e agg. da Saziare, sincopo di Saziato. — « Non ò mai sazio. » » Lo dolce ber che mai non m’avria sazio. * Dante. — « Oramai di queste pietanze ne son sazio ( nel senso di stuccato). SBÀTTERE. Aver da sbattere , lo stesso che Aver di che vivere, il cui pieno, pure usitato, è Aver da sbat¬ tere il dente ; come Sbattere il dente vuol dir Mangiare, È di uso comune a Firenze, e lo scrisse il Clasio nella Cicalata dell’asino: « Ritiratosi in Rodi a fare il maestruccio di retto- rica, per aver tanto da sbattere e da ricoprirsi il melarancio, recitò ecc. * — «C’è nulla da sbattere? o da sbattere il dente? » u Chi del compagno a ufo il dento sbatte. * Lippi. 688 DEL MANGIARE E DEL BERE SBÀTTERE IL DÈNTE. V. Sbattere. SBEUCCHIARE. V. Sbevucchiare. SBEVACCHIARE. V. Sbevazzare. SBEVAZZAMÉNTO. Lo sbevazzare. Non comune, ma opportuno talora negli scritti. SBEVAZZARE. « Bere di molto e con avidità. Nello Sbevacchiare è l’avi¬ dità sconveniente, non la quantità tanta : e si può sbevacchiare a ri¬ prese. Nello Sbevicchiare è il gusto del bere un po’troppo, a riprese o no ; ma non tanto da far cose sconce. Nello S bevicchiare è la frequenza del bere più del bisogno, anco che sia poco; è però un’eufemia cortese o accorta, per non dire addirittura Sbevacchiare o Sbevazzare . » ( Tom¬ maseo ). — « Gli Spagnuoli s’accor¬ dano a bravare, i Francesi a gri¬ dare, gli Inglesi a mangiare, i Te¬ deschi a sbevazzare. » — « Sbevaz¬ zarono tutta la notte. » — « Giuoca e sbevazza. * SBEVAZZATÓRE. Chi sbevazza per abito. Non comune. — « Alceo poeta, taverniere e sbevazzatore distempe¬ rantissimo. » ( Bartoli ). SBEVAZZATRICE. Femm. di Sbevaz ’ zatore . Colei che ha il vizio di sbe’ vazzare. — « Donnacce sbevazzatrici.» SBEVICCHIARE. V. Sbevazzare. SBEVUCCHIARE e più comunemente in Firenze Sbeucchiare, cosi come Beone. Neutro . Bere spesso, e poco alla volta, quasi a centellini, chiac¬ chierando tra amici. — « Dopo cena restan li a sbeucchare fino a verso mezzanotte. » V. anche Sbevazzare. SBEUCCHIARE. V. Sbevucchiare. SBOCCONCELLARE. Att. e neutro . An¬ dar leggermente mangiando a pic¬ coli bocconi. — « Intanto che stavo aspettando gli altri invitati sboc¬ concellavo un po’ di pane, * — « Non c’è nulla da sbocconcellare? » « Sbocconcellando, intanto il fiasco sbocca. » Lippi. u In quel tempo così sbocconcellavano Ma la pancia però giammai s’empievans. n Fagiuoli. SBOCCONCELLATO. Part. pass, di Sbocconcellare . — Più spesso del pane. — « Quei pani sbocconcellati mettili da parte. » SBOCCONCELLATURA. La parte di¬ visa dal tutto, sia pane o altro. — « Quante sbocconcellature di pane hanno lasciato i ragazzi sulla tavola! » — « Gli dette una sbocconcellatura di torta. » E anche II segno che rimane nella cosa sbocconcellata. — « Queste sbocconcellature ce le deve aver fatte il bambino. » SBÒRNIA. Voce familiare per Ubria¬ chezza, Cotta. — « Aveva una sbor¬ nia solenne. » — « Prese una bella sbornia. » — « Prende la sbornia quasi tutte le sere, e per digerirla bastona la povera moglie. * SBORNIARSI. Prendere la sbornia. — « Si sbornia tutte le sere che Dio manda in terra. » — « Si sborniarono subito con quel vino tanto grave. » — « Io che non son solito a bere fuori di pasto, mi sborniai al secondo bicchiere. » SBORNIATO. Part. pass, e agg. da Sborniare. — « Tornarono a casa sborniati. * SBORNIÉTTA. Dim. di Sbornia. — « Una sbornietta leggiera. » — « Prese una bella sbornietta. » SBORN1ETTINA. Sottodim. di Sbornia • — « Iersera tu avevi una bella sbor- niettina. » SBORNIÓNA. Femm. di Sbornione ; Colei che per abito prende sbornie. SBORNIÓNE. Chi piglia per abito la sbornia. SBRÒSCIA. V. Bròscia. SCIACQUADÈNTI. Voce bassa. «Cola¬ zione, e propriamqnte II mangiare qualche cosa per bere con gusto. * ( Rigutini ). u A lei fece Baldone Quivi portar uu po’di sciacquadenti, 0 volete chiamarla colazione, * Lippi. Non credo sia dell’uso comune. V. anche Stuzzicadènti. SCODELLAR LA MINÈSTRA. Vedi l’Art. 12°. del Capo 4°. SCOPPIARE. Neutro. Suol dirsi per enfasi da chi abbia molto mangiato. — « Non ne posso più : scoppio. * — « No grazie; se ne mangiassi ancora scoppierei. » E a chi mangi troppo: « Tu scop- Eierai ! * — « Ma che vuoi scoppiare ? * Iodi volgari. SCORPACCIATA. Grossa, abbondante mangiata di checchessia. — « Fece una scorpacciata di funghi. » — « Vo’fare una bella scorpacciata di fichi. » — « Vo’ prenderne una scor¬ pacciata. * — Più comune col fare. DEL MANGIARE E DEL BERE SCROCCARE. Att. Parlando del man¬ giare e del bere, vale Farlo a spese altrui. — « Scroccava sempre il de¬ sinare o la cena da questo o da quello.» — « M’ha scroccato un par di desi¬ nari. » Assoluto . — « Vive — mangia scroc¬ cando. » Nel senso medesimo si dice Man¬ giare a scrocco . SCROCCATO. Part. pass . e agg . da Scroccare, — « Desinare, — colazio¬ ne — cena — scroccati. * SCROCCATÓRE. Colui che scrocca. Men comune di Scroccóne (V.). SCROCCONÀCCIO. Dispr. di Scroccone. — « Scrocconaccio spudorato. » SCROCCÓNE. Colui che scrocca per abito. Questa voce suona a un di¬ presso quanto Parassito, se non che il Parassito è di solito commensale di poche persone, con le quali è le¬ gato da vincoli di almeno apparente amicizia, o per diuturna dimesti¬ chezza; lo Scroccone invece è un Parassito avventizio, che s’attacca, or con uno or con altro pretesto, a diverse persone anche di recente co¬ noscenza, e, quando si dia l’oppor¬ tunità, sconosciuto affatto, u Se a lauta mensa e grande Qualche scroccon famelico s’asside, n Quadagnoli. « In casa mia non voglio scroc¬ coni. » SCUFFIARE. N. ass. Mangiare con prestezza e assai. Modo basso. a Vedrai com’egli scuffia quel ghiottone. » Pulci . * Or montre ch’ella scuffia a due palmenti, Pigliando un pan di aodici a boccone... » Lippi. SECÓNDA COLAZIÓNE. Così si co¬ mincia a chiamare italianamente in Toscana e fuori Quel pasto che molti soglion fare la mattina verso le un¬ dici o il mezzogiorno, dopo la cola¬ zione di caffè o caffè e latte fatta in prima mattina, desinando poi verso sera. — Taluno a tradurre il francese Déjeuner propone Asciolvere , ma è voce morta quasi da per tutto, e in Toscana farebbe ridere chi l’usasse. Quando non possa dar luogo ad anfibologie, dicesi semplicemente Co¬ lazione. SÈNZA BATTÉSIMO. Y. Battésimo. SERVIRE. Att. S’usa da chi offre ad altri a mensa qualche cibo o be¬ vanda o da chi la metta o la versi Fanfani. D. M. 689 nel piatto o nel bicchiere altrui. — « La servirò io la signora. » — « Le posso servire un po’ di vino? — Un po’ di questo dolce? » — « Posso ser¬ virla? » E riti. ■— « Si serva pure. » — « Si serva meglio. » — « Si serva da sè come le pare. » — « Resti ser¬ vita. » SERVIRE A TAVOLA. Dicesi di chi reca in tavola le vivande, e provvede a tutto ciò che fa di bisognò a chi è a mensa. — « Oggi serve a tavola la cameriera perchè il servitore è malato. » Servire in tavola può valere lo stesso ; ma ha anche l’altro senso di semplicemente Portare in tavola. — « È il cameriere del padrone che serve a tavola, ma il cuoco volle in quel giorno servire in tavola da sè il pasticcio. » — « Fece servire in tavola il caffè invece di far passare, secondo il solito, i convitati a pren¬ derlo nel salotto. » SERVIRE IN TÀVOLA. V. Servire a TAVOLA. SERVIRSI. V. Servire. SERVITO. Lo stesso ma men comune di Portala (V.) — « Il primo, il se¬ condo servito. » — « Pranzo di quin¬ dici serviti. » SÉTE. Appetito, desiderio di bere. — « Aver sete — una gran sete. » — « La sete fa parer buona anche l’acqua. » — « Moriva dalla sete. » — « Non ne posso più dalla sete. » — « Sete ardente. » SFAMARE. Att. e n. pass. Cavare a sè o ad altri la fame. — « Lo sfamò e lo rivestì da capo a piedi. » — * « Si sfamò con un po’ di pane di tritello. » — « Non ha pane da sfamarsi. » — « Prendi e sfamati. » SFAMARSI. V. Sfamare. SFAMATO. Part. pass, da Sfamare . SFONDATO. A modo di sost. nel senso di Essere sfondato. — «È uno sfon¬ dato. * — « Come si fa a saziare de¬ gli sfondati come vojaltri? » SGANASCIARE. Neutro ass. Mangiare con molto appetito e in gran quan¬ tità. — « Guarda come sganasciano! » — « È più bravo a sganasciare che a lavorare. » — « Dice che è malato, ma è un gusto a vederlo sganasciare.» SGRANARE. Att. e n. ass. Mangiare con molto appetito. Include 1 idea del suono che fanno i denti o le cose che si mangiano. — « Guarda coma 45 690 DEL MANGIARE E DEL BERE sgrana ! * — « C’è nulla da sgra¬ nare? * — * Andare a sgranare (a tavola , a mangiare). * — « Bisognava vedere come sgranava que’cantucci di Prato ! » • Nisciuno da sgrana ci dark a affo. » Meo Patacca. E neutro pass. — « S’è sgranato da sè solo un mazzo di tordi. » SGRANOCCHIARE. Att. Mangiare con una certa avidità cibi che mastican¬ doli mandino un certo suono come di cosa che si sgretoli. • Come la gatta, quando ha preso il topo. Te lo sgranocchia come un beccafico. » Lippi. « Stava sgrauocch iando una cor¬ teccia di pane. » — « S’è sgranoc¬ chiato un tacchino intero. » E anche assoluto. — Mangiare con gusto e Mangiare in genere. — « Guarda quel piccino come sgranoc¬ chia. * — « Senti come sgrauocch ia ! » — « Sgranocchia tutto il giorno. » SGRETOLARE. Att. e Neutro. Rom¬ pere co’ denti cibo che scricchioli o mandi un certo rumore. — «Sgreto¬ lare una corteccia di pane — un cantuccio di Prato — ae’confetti. * Neutro , di cosa. — « Pane che sgre¬ tola sotto i denti. » u Oh come scricchiola Tra i denti e sgretola. » Pedi. Anche di persona. — « Senti come sgr etola ! » SIGILLARE. Neutro ass. Quando, dopo aver mangiato abbastanza, ci viene offerto qualche altro cibo o qualche altra bevanda, a indicare che non l'accettiamo, si suol diro : Grazie , ho sigillato. E per sigillare suol dirsi del man¬ giare o bere come ultima alcuna cosa. — « Prenderò un pezzetto di cacio — un bicchierino di Marsala per sigillare. * — « È noto l’aned¬ doto del quale il Pananti fece un epigramma, e che mi duole di non poter adesso riscontrare, in cui si narra d’un gran divoratore che, con¬ tinuando sempre a mangiare e a protestare Ora sigillo ; adesso ho sigillato , gli fu detto : Ma che siete il libro dell’Apocalisse, che de’sigilli ne aveva sette ? » SITIBÓNDO. Che ha sete. Dice piut¬ tosto l’ansia del trovar l’acqua che l’effetto o il sensov della sete che è detto da Assetato. E degli scritti più che del linguaggio familiare. — « Siti¬ bondo d’acqua. * — « E il popolo si¬ tibondo non trova acqua. » ( Segneri ). SMALTIRE. Att. Concuocere il cibo nello stomaco, digerirlo. — « Non ho ancora smaltito il desinare — il pe¬ sce — la colazione. » — « Smaltirebbe il ferro. » E assoluto. — « Non può più smal¬ tire. » — « Smaltisce difficilmente. * Men comune così assoluto. SMALTITO Part. pass, e agg. da Smaltire. — « Desinare — cena — colazione smaltita — bell’e smaltita. » SOBRIAMÉNTE. Avv. da Sobrio ; Con Sobrietà. — « Sobriamente mangiare — bere — vivere. * SOBRIETÀ. Moderazione nel mangiare e nel bere. — « La sobrietà del cibo — delle bevande. * — « Mangiare con sobrietà. » — « La sobrietà è madre di sanità. * SOBRIISSIMAMÉNTE. Superi, di So- briamente. SOBRISSIMO. Superi, di Sobrio. — « Quella Corte era divenuta più simile alla Corte di Sardanapalo, che di un re che tenesse guerra e nimicizia contro un potentissimo e sobriissimo Imperatore. * (Segneri). SÒBRIO. Parco nel mangiare e nel bere; ma dice maggior virtù, seb¬ bene Parco indichi minor quantità di cibo. — « Donna sobria e pudica. » — « Popolo sobrio e amante del la¬ voro. » — « Vita sobria. » — « Vis¬ sero sobrii. » SORBIBILE. Da potersi sorbire. — « Si vorrebbe che il vitto fosse di sole materie sorbibili, cioè da pren¬ dersi col cucchiajo. * (Cocchi). SORBILLARE. Att . Bere a sorsettini e gustando. — « Sorbiliare una tazza di moka. » — « Sorbillava un bicchie¬ rino di moscado. * SORBIRE. Att. Bere i liquidi o le cose quasi liquide a sorso a sorso o a cucchiaini, gustandole saporitamente. — « Sorbiva il caffè — la cioccolata. * « Ma già, il ben pettinato entrar di nuovo Tuo damigello i* veggo. Egli a te chiede Quale oggi più delle bevande usate Sorbir ti piaccia in preziosa tazza. » Parini. SORBITO. Part. pass, da Sorbire. SORSARE. Att. Bere a sorsi : più co¬ mune Sorseggiare. — « Ne’ conviti reali.... ottimi vini sorsavi. * (Boc¬ caccio). SORSATA. Quanto si può bere in un sorso. — « Prese una sorsata di vino DEL MANGIARE E DEL BERE e partì. » — « Bevine un par di sor¬ sate. » — « Ce n’ è rimasto appena una sorsata. » SORSATÌNA. Dim. di Sorsata ; Piccola sorsata. — « Ho preso un par di sorsatine di brodo. * — «Ne beva un’altra sorsatina. » SORSEGGIARE. Att. e neutro . Bere a piccoli sorsi. — « Sorseggiare il vino. » — « Sorseggiava l’olio di merluzzo come se fosse alchermes. * — « Sor¬ seggiando — a forza di sorseggiare — vide il fondo a un par di bottiglie. » SORSELI.fNO. Men comune di Sorset - tino (V.). u S’usava bon la mattina a digiuno Pigliaro un sorsellin di malvagia, Per sanità, non per diletto alcuno. » Leopardi. SORSÈLLO. « Dim . di Sorso. Tutti questi diminutivi son d’uso ; e le de¬ licate varietà son segnate dal luogo e dal tempo e dalla qualità o umore della persona che parla o a chi si parla. Può dirsi she Sorsettino è d]ordinario men di Sorsino ; Sorsetto più di Sorsello ; che Sorsetto può più esprimere il gusto che ci si prova o si spera, ond’ha del vezzeggiativo: Sorsello è attenuativo. » (Tommaseo). Quest’ultimo però ò il men comune di tutti ; anzi, il solo non comune. SORSETTfNO. Dim. di Sorsetto. — « Un sorsettino d’acqua. » V. Sor- Sèllo. SORSÉTTO. Dim. di Sorso. — « Man¬ dava giù un boccone e poi un sor¬ setto d’acqua. » — « Ne gustò appena un sorsotto. * V. Sorsello. SORSINO. Dim. di Sorso. — « Beva — prenda almeno — un sorsino di caffè. * — « Lo beveva a sorsini. » SÓRSO. Quella quantità di liquido che si aspira in bocca in un tratto senza riprendere il flato. — « Bere il caffè — il vino a sorsi. » — « Non ho bevuto che un sorso di vino. * — « Non si trova neanche un sonso d’acqua. » — « Non ce n’è rimasto che un sorso. * SPANCIATA. S’usa per quel mede¬ simo che Scorpacciata, cioè II man¬ giar tanto di checchessia da empir¬ sene la pancia. — « Ho fatto una spanciatadi fichi. * — Dicesi anche me¬ taforicamente ; e il Giusti scrisse: — « Nel novembre passato ne abbiamo fatto delle belle spanciate. * Parla di un libro, per significare che lo lessero spesso e molto. 601 SPARECCHI AMÉNTO. I/atto e II ri¬ sultato dello Sparecchiare. — « Lo sparecchiamento della tavola. » — « È stato più il tempo dell’apparecchia¬ mento e dello sparecchiamento, che non quello del desinare. » ( Afeini ). Non comune in questo senso nel quale direbbesi piuttosto a modo di sostantivo V apparecchiare e Lo spa¬ recchiare. Ha uu esempio del Fa- giuoli nel senso di Forte e lesta mangiata. • Un tal non credcnd' io sparocchiamonto, A spettacolo talo uscii di sesto. * SPARECCHIARE. Att. e neutro ass . Contrario di Apparecchiare. Levar via le vivande, la tovaglia, e lo altre cose poste sopra la mensa nell’appa- recchiarla. — « Sparecchia la ta¬ vola. » — « Sparecchia ogni cosa. * — « Una serva che non sa neanche sparecchiare. » — « Sparecchio e vengo. * SPARECCHIARE. Att. e neutro ass. Familiarmente, Mangiare assai. — « Sparecchiarono in un momento tutte le pietanze. » — « Sparecchia in un momento ogni cosa. * — « Spa¬ recchia per due. * — -« Come spa¬ recchia ! * — « Poco vive, dice il proverbio, chi troppo sparecchia. * SPARECCHIATO. Part . pass, o agg. da Sparecchiare. — « Tavola spa¬ recchiata. » — « S’arrivò a tavola spa¬ recchiata e si rimase a denti asciutti. * SPELLUZZICARE. V. Spilluzzicare. SPILLUZZICARE e SPELLUZZICARE. Att. e neutro ass. Levar pochissimo alla volta di una cosa e mangiarla. — « Spilluzzicava tutte le pietanze. » — « Spilluzzica un po’ di tutto. » — « Chi spelluzzica non digiuna. » — « Spilluzzica sempre, e poi dice che non ha fame. « — Più comune Spil - luzzicare. SPILLUZZICATO. Part. pass, o agg. da spilluzzicare. — « Uva spilluzzi¬ cata — pietanze spilluzzicate. » SPILLUZZICIlfNO. Chi spilluzzica, se¬ gnatamente di ragazzetto che lo fac¬ cia per ghiottoneria. SPOLVERARE. Attivo e neutro ass. Lo stesso che Sparecchiare nel senso di Mangiare, Consumare voracemente ogni cosa; ma ha maggior forza. — « Spolverò quei polli in un baleno. * — « Spolverarono tutto. * — « Bi¬ sogna vedere come spolvera! * SPRACCHE. Parola imitativa del suono che fa la bocca aprendola con forza, 692 DEL MANGIAR e stringendo la lingua verso il palato dopo aver bevuto dei vino. S’usa ge’ neralmente nella frase Fare strac¬ che. Lo scrisse anche il Saccenti : • . Gl' iicauti incanta Con quel liquor che mi fa faro spraccbe. SPRÀNGHÉTTA. Dolore alla fronte (quasi spranga che la cinga stretta) che si sente la mattina appena sve¬ gliati, prodotto dal troppo vino be¬ vuto la sera o dalla qualità di esso. « E per lui mai non molesta La spranghetta nella testa. » ludi. Quindi le frasi Aver la spranghetta , Vino che dà, che fa venire la spran¬ ghetta. Dicesi anche Stanghetta . SPUNTINO. Piccolo mangiare che si fa prima de’pasti ordinarii tanto per sostenere lo stomaco. Lo Spuntino si fa generalmente prima del mezzo¬ giorno. — « Mi son levato stamani alle tre e non ho ancora mangiato nulla. Farò uno spuntino tanto per arrivare all’ora di desinare. » STANGHÉTTA. Lo stesso .che Spràn- GHÉTTA. (VJ. STARCI RITTO IL CUCCHIAJO. Suol dirsi per enfasi di minestra molto soda, ossia con pochissimo brodo, e talora di minestra molto sostanziosa, ma men comunemente. STARE A DIÈTA o IN DIÈTA. Cibarsi più parcamente del consueto per cagion . di salute. — « Per oggi an¬ cora stia in dieta, e domani cominci ad accrescere il vitto. » — « M’hanno fatto stare a dieta troppo tempo, e mi sono indebolito così. » STARE A’ PASTI o A* SUOI PASTI. Dicesi del non mangiare fuori delle ore assegnate a’ pasti ordinarii, cioè Colazione, Desinare e Cena. — « Non ha appetito perchè non sta a’pasti. » — « Bisogna stare a’suoi pasti chi vuol far buone digestioni e viver sano. » — « I bambini debbono stare a’ loro pasti come i grandi, se no si rovinano lo stomaco ed è più facile che diventino ghiotti. » STARE IN DIÈTA. V. Stare a dièta. STÓPPA. Sbornia, Ubriacatura. — « Ha preso la stoppa. » — « Una bella stoppa. * — « Che stoppa! » — Modo basso. STRAVIZIARE. Neutro. Commettere stravizii, Disordinare in checchessia, ma specialmente nel mangiare e nel bere. — « È un uomo che stravizia. » 2 E DEL BERE — « Passano la vita straviziando. * — « Straviziò molto nella prima gio¬ ventù e ora ne risente gli effetti. * STRAVÌZIO. Disordine che si faccia nel mangiare e nel bere 'fuori del consueto o del bisogno, e anco in altro. — - Si dette agli stravizii. * — « S’è rovinato la salute per gli stravizii. * V. anche Crapula. STRAVIZZO. V. Crapula. STRIPPARE. Neutro ass. Empier molto la trippa, cioè il ventre. — « Va a strippare da questo e da quello. » — « Strippa a spese altrui. » — « Strippare per le osterie. * — « Non pensa a altro che a strippare. * A modo d’attivo non è comune; ma fu usato dal Fagiuoli nelle Commedie. — « Erano li fuora, strippando ciam¬ belle e berlingozzi. * STRIPPATA. Mangiata a sazietà, da averne piena la trippa. — « Fare — Dare una bella strippata. * — « Ho fatto una strippata di macche¬ roni da cavarmene la voglia per un auno. » STRIPPATÀCCIA. Dispr. di Strippata. — « Fai quella strippatacele, e però ti ammali. * — « Fa delle strippatac¬ ele, e poi si lamenta che ha lo sto¬ maco guasto ! Chi è cagion del suo mal pianga sè stesso. * STRIPPO. Non comune. Lo dicono nel Senese per Strippata . Il Fortiguerri nel Ricciardetto : « Hanno la lussuria Per numo loro e '1 gran bere o 1« strippo. » STRIPPÓNA. V. Strippóne. STRIPPONÀCCIA. V. Stripponaccio. STRIPPONACCIO e STRIPPONÀCCIA. Pegg. di Strippone e Strippona. — « È uno stripponaccio che non pensa a altro che a empirsi la pancia. * — « Stripponaccia maledetta. » STRIPPÓNE e STRIPPÓNA. Colui e Colei che per solito strippa. — « K uno strippone che mangerebbe la cu¬ pola del Duomo. » — « Una strippona che passerebbe tutto il santo giorno a tavola. » STUCCARE. Di cesi de’ cibi e delle be¬ vande che producono nojosa sazietà. — « Il vino dolce stucca. » — « La carne troppo grassa stucca. » Anche col pronome. — « Il dolce mi stucca. » — « Mi stucco subito. » — « Ti stucca questo pasticcio ? » STUZZICADÈNTI. V. Stuzzicare i dènti 603 DEL MANGIARE E DEL BERE STUZZICARE I DÈNTI. Suol dirsi del- l’avviare a mangiar qualcosa più per aguzzar l’appetito che per biso- no di cibo. — « Mangero un par ‘acciughe — un par di crostini — per istuzzicare i denti. » — « Ho man¬ giato un pochino per istuzzicare i denti. » — « Tanto per istuzzicare i denti. * Dicesi anche per il semplice Man¬ giare, specialmente nella locuzione interrogativa: — « C’è nulla da stuz¬ zicare 1 denti? » E a modo di sostantivo. — « Per uno stuzzicadenti. * — « Questo pan fran¬ cese lo mangio per uno stuzzica¬ denti. » Ironicamente. — « Per lui due polli sono uno stuzzicadenti e gli vanno tra la camicia e la gonnella. * STUZZICAR L’APPETITO. Dicesi di cibi che destano il desiderio di man¬ giarli o eccitano il gusto del man¬ giare, che pur dicesi Far venire ap¬ petito o l'appetito — « Le acciughe stuzzicano 1* appetito — lo fanno venire. » Quando prima de’pasti si mangia qualcosettina leggiera e appetitosa, suol dirsi che si mangia per istuzzicav l'appetito o per farsi venire appetito. Quindi per ironia. — « Si mangiò un cappone intero tanto per istuzzicare l’appetito. * SVENTRARE. N . ass. Mangiare e bere assai. Non comune. Ha esempi del Lippi, del Miaucci e del Fagiuoli. SVENTRATA. Scorpacciata, Mangiata a crepapelle. — « Ho fatto una sven¬ trata di fichi dottati. * — « Ieri sera fecero all’osteria una sventrata di fagiuoli. * — Ha senso più dispregia¬ tivo di Scorpacciata , e dice Scor¬ pacciata più grande. SVENTRATÀCC1A. Pegg. di Sventrata. — « Sventrataccie da scoppiare — da farci una malattia. * SVENTRATÀCCIO. Pegg . di Sventrato. — « Sventrataccio che più mangia e più mangerebbe. » SVENTRATAMÉNTE. Avv. da Sven- trato. — « Mangiare e bere sventra¬ tamente. * Non comune. SVENTRATO. Agg. Chi mangia e beve in sì gran copia da parere che il suo ventre non abbia confini. — « È uno sventrato che non si sazia mai. » — « Sventrati che mangerebboro fino alla consumazione de’secoli. * T T AFFI ARE. Neutro ass. Mangiare ab¬ bondantemente e ingordamente. È pur dell’uso di altri dialetti, e nel Affo Patacca , X, 16: • Taffia con nn cncchiaro certa bobba Ch’ò messa pò minestra in t’una tiella. « — « Va spesso a pranzo da questo e da quello: e bisogna veder come taflìa. * — Viene dalla voce Taffio del dialetto romanesco, che vale Mangia¬ mento. Meo Patacca . III, 54 : • Chò qui pel taffio può sborzà più ponno. * E Taffio c Taffiare hanno in questo senso esempii del Salvini ; ma Taffio non credo che viva più in Toscana. TÀVOLA. Arnese di più assi connesse in piano, che si regge per lo più su quattro piedi. Serve a più usi do¬ mestici, e tra essi a quello di appa¬ recchiarvi la mensa. Si piglia anche per la Mensa stessa. Quindi — « Essere a tavola — andare a tavola — mettersi a tavola, » che non hanno bisogno di alcuna dichia¬ razione. Per le parti della Tavola e per le sue varie forme, vedi l’Articolo 2? del Capo 4®. TÀVOLA ROTÓNDA. Il pranzo eguale per tutti che a certe ore determinate si dà nelle locande e in certe trat¬ torie. — « La tavola rotonda nell’al¬ bergo della Patria è alle cinque. * — « Desinerò alla tavola rotonda. * — « Il pranzo a tavola rotonda costa sei lire. * TAVOLATA. Gran numero di persone sedute a mangiare a una medesima tavola. « Però lasciami andar, ch'io ho faccenda, Avendo sopra un’altra tavolata. » Lippi. « S’era una tavolata di trenta per¬ sone. » TENÉRE A DIÈTA. Dare altrui vitto scarso per cagion di salute. — « Mi raccomando : tenga il ferito a dieta. » — « Mi tennero a dieta per sette giorni a cagion dell’ infiammazione. * TENÉRE IN FILÉTTO. Modo che va scomparendo dall’uso per Tenere al¬ tri a dieta. Dargli poco da mangiare. 694 DEL MANGIARE TINÈLLO. Quella stanza dove mangiano in comune i familiari di una casa signorile. Nelle case signorili di città l’uso di tal voce si va perdendo; ma nelle Fattorie si continua ad usare, e s’intende quella stanza, general¬ mente presso la cucina, dove mangia il fattore, il sottofattore, la ratto- ressa, il guardiano, ecc., e -c. TIRARE. Dicesi che un cibo o una bevanda ci tira o non ci tira quando ci piacciono molto o poco. — « I funghi fritti mi tirano. * — « Il dolce non mi tira. » — « I pasticcini non 10 tirano; gli piace di più un bel pezzo di manzo. * TIRAR GIÙ. Dicesi del prendere dal piatto ove è la pietanza per tutti una porzione di essa per noi. — « Tirò giù un quattro tordi per lo meno. * — « Ma lei non ha tirato giù nulla; si serva ancora. * — E ripetuto a incoraggiare chi prenda poca pie¬ tanza: « Tiri giù, tiri giù. » Tirar giù è anche Ingojar presta¬ mente cibi, ma più specialmente be¬ vande. — « Tirò giù un par di gotti di vin pretto. » — « Come tira giù 11 vino quel beone ! « — E assoluto: « Guarda come tira giù. » TIRAR LA GÓLA. Dicesi di cibo che piaccia, che ecciti desiderio di sè. — « Come mi tiran la gola quegli orto¬ lani arrosto !» — « A me poi non tiran punto la gola. » La gola tira anche noi , ossia di¬ venta agente invece che esser pa¬ ziente, nella frase assoluta La gola mi tira o simili, a indicare che quasi ci trascina a mangiare la cosa deli¬ cata. — « La gola mi tirava ; ma, pensando che que’fìchi m’avrebbero fatto male, me ne astenni. » « La ciccia ò cotta. E la gola mi tira. * Giusti. TIRATA. Bevuta fatta per lo più di un fiato. « E fatte due tirate da Tedesco, La tazza batta via sabito in terra. » Lippi. TOCCARE. V. Toccare il bicchière. TOCCARE IL BICCHIÈRE, e anche semplicemente Toccare, è Quell’ac- costare il proprio bicchiere a quello d’altrui, e leggermente urtarlo prima di bere. È atto festevole, in se¬ no d’amicizia, e quasi un tacito rindisi. — « Toccarono i bicchieri alla salute del Re. * — « Adesso toc¬ E DEL BERE chiamo per la padrona. » — « Chi tocca con me? * — « Tocchiamo. » TORNAGUSTO. Ogni cibo che pel suo grato sapore o per la sua azione sui nervi dello stomaco, giova a risve¬ gliarne le forze, e quindi l’appetito. — «Le acciughe sono un tornagusto.» — « Avrei bisogno di mangiare qual¬ che tornagusto. » S’usa più spesso col per, special- mente nella frase Mangiare una cosa per tornagusto nel senso di Man¬ giarla così a ore rotte fuori de’pasti, quasi per non lasciar dormire lo stomaco. E ironicamente : « E’ fa quattro pasti al giorno ; e poi, così per tornagusto, e capace di finirsi un filoncino di pane. » — « Dice il Salvini che gli antichi mangiavano le cicale per tornagusto. » « Pensò per tornagusto Certe fratto a un amico profferire, n Jf affinoli, TORNARE A GÓLA. I cibi tornano a gola , quando, non essendo ben dige¬ riti, ne sentiamo ancora come venir su dallo stomaco il sapore in bocca. — « I cetriuoli mi piacciono, ma mi tornano a gola. » — « Non mangio le cipolle perchè mi tornano a gola. » TRABALLARE. Neutro ass. Detto di chi ò in istato di ubriachezza che non può ben reggersi in piedi, lo stesso che Balenare , ma par che dica Balenamento maggiore. TRACANNARE. Att. e n. ass . Bere avidamente fuor di misura e preci- itosamente. — « Tracannarono un asco di vino. » — « Tracannava gran bicchieroni di birra. » — « Tu non bevi, tracanni. » — «Tracanna come un facchino. » E col si, — « Si tracannarono tutto il vino. » — « Bisognava vedere come se lo tracannavano quel vi- naccio. » TRACANNATO. Part, pass, e agg, da Tracannare. — « Per il gran vino tracannato non si reggevano più in piedi. » TRACANNATÓRE e TRACANN ATRI- CE. Colui e Colei che tracanna. — « Tracannatore di birra. » — « Se prima era bevitore, diventò tracan¬ natore. « ( Sacchetti ). — « Tracanna- trice di liquori. » TRACANNATRICE. V. Tracannatóre. TRANGUGIARE. Att. Inghiottire in¬ gordamente e con fretta. — « Tran¬ gugiò la cena e partì. » — « Trangu- DKL MANGIARE E DEL BERE 695 giò tutto. * — « Trangugiava la mi¬ nestra bollente. * E assoluto. — « Questo non si chia¬ ma maugiare : è un trangugiare. » — « Come trangugiavano 1 Era un gusto a vederli. E col si. — « Si trangugiò ogni cosa. » — « Se le trangugiava le portate una dopo l’altra che pareva una gola d’acquajo. » TRANGUGI ATÒRE e TRANGUGIA- TRICE. Colui e Colei che trangugia. — « Non sono nè goloso nè trangu- giatore. » — « Solenne trangugiatnce di minestre. » TRANGUGIATRICE. V. Trangugia¬ to re. TRATTAMÉNTO. S’ usa talora per Pranzo, Convito. — « In casa N. oggi c’è trattamento. > — « Dette un trattamento agli amici per la sua festa. * — « Fece un gran tratta¬ mento a tutti i parenti e agli amici. * Vale anche Vitto in genere. — « In quel collegio danno un cattivo trat¬ tamento. » — « Il trattamento è di¬ screto. » — « Bisogna migliorare il trattamento. » TRATTARE. Att. Nel senso di Tratta¬ mento. Dar da mangiare, parlandosi specialmente di invitati. — « Li trattò splendidamente. » — « Lo alloggiò in casa sua e lo fece ben trattare. * E neutro passivo. — Trattarsi nel senso di cibarsi, nutrirsi. — « Come si trattano bene — delicatamente que’due vecchietti !» — « Ora che può trattarsi bene, dopo l’eredità dello zio, guarda come s* è rimesso in carne ! * — « Si trattano male per avarizia, e però son secchi in quel modo. » TRATTARSI. V. Trattare. TRILLO. Voce di scherzo per Più che brillo ; quasi Tre volte ubriaco. « Sul principio del ber diventò brillo, E fu veduto tutto rallegrato : Col dargli sotto poi diventò trillo. » Casotti. « Altro che brillo ! È trillo l’amico. » TRINCA. Lo stesso che Trincone ; ma più spesso come soprannome, o nel modo proverbiale lo sono il trinca , e gli altri bevono , in senso affine all'altro Io ho le voci e gli altri hanno le noci, cioè Io ho nome d’avere o di fare una tal cosa, e gli altri l’hanno o la fanno davvero. u Evviva ! Io sono il trinca e gli altri bevono. » Guadagnali. TRINCARE. Att. e n. pass. Bere assai e con avidità. — « L’hai trincato tutto te questo fiasco. » — « Come trincano la birra quelle donne ! * — >, « Trincava come un Tedesco. » — « Bisogna lasciarlo trincare e pap¬ pare quanto gli pare e piace. » TRINCATA. L'atto del trincare. — « Abbiamo fatto una bella trincata. » — « Con un par di trincate mandò il fiasco più che a metà. » TRINCATÓRE e TRINCATRICE. Colui e Colei che trinca. a Ella però forzata per timore, E più per avarizia, si congiunse In matrimonio a questo trincatoro. • Fortiguerri. « Trincatrice solenne di liquori — di vino — di birra. » — Vedi anche Trincóne. TRINCATRICE. V. Trincatóre. TRINCÓNA. V. Trincóne. TRINCONÀCCIA. V. Trincóne. TRINCONÀCCIO. V. Trincóne. TRINCÓNE e TRINCÓNA. Più fami¬ liare e più comune di Trincatóre e Trincatrice. Che trinca e di molto. — Se ne formano anche i peggiora¬ tivi Trinconaccio e Trinconaccia. TRIPPÒNA. V. Trippóne. TRIPPONÀCCIA. V. Trippóne. TRIPPONÀCCIO. V. Trippóne. TRIPPÓNE e TRIPPÒNA. Uomo o donna che mangia di molto. — « Quel trippone non si sazia mai. » — «Chi la può mantenere quella trippona ? » Se ne formano anche i peggiorativi Tripponaccio e Tripponaccia . TUTTE LE BÓCCHE SÓN SORÈLLE. Proverbio che si cita quando altri vuole scusarsi con noi del farci bere nel suo bicchiere. TJ UBRIACÀCCIO. Pegg. d 'Ubriaco. — « Ubriacacelo che passa la notte per le bettole. » UBRIACARE. Att. e n. pass. Far di¬ venire altri o sè stesso ubriaco. — « Lo ubriacarono col marsala. » — « È il marsala che l’ha ubriacato. » — « S’ubriaca tutte le sere. » — « S’ubriacano facilmente. » — « Ha il Vizio di ubriacarsi. » 696 DEL MANGIARE E DEL BERE UBRIACARSI. V. Ubriacare. UBRIACATO. Part. pass . e agg. da Ubriacare. — « Ubriacato da'liquori.» — « Ubriacatosi con quel vino grave, andò a letto e dormì come un ghiro sino alla sera del giorno dopo. » UBRIACATURA. L’ubriacare e l’ubria- car«i. — « Quell’ubriacatura gli co¬ stò cara, perchè si ruppe un braccio cadendo in piazza del Duomo. » — « Prese una bella ubriacatura. » UBRIACHÈLLO. Dim. d’ Ubriaco ; Al- quanto ubriaco. Più spesso quasi a modo di soprannome, specialmente di giovinetto. — « Ecco qua questo ubriachilo. » — « Che cosa dice il nostro ubriachilo? * — « Non bever tanto, ubriachilo. » — Più comune Briachèllo e Briachèlla (V.). UBRIACHÉZZA. Stato di chi è ubriaco, Vizio dell’ubriacarsi. — « Era in istato di ubriachezza. * — « Grave ubriachezza ; — leggiera. * — « La crapula e V ubriachezza lo resero stupido. » UBRIACO. Agg. e sost. Chi è alterato dal vino, da liquori spiritosi o da bevande fermentate. DEL MANGIARE E DEL RERE uniforme, se il brodo fu lasciato freddare. — « Per le donne di parto ci vuole il brodo digrassato, * BRÒDO FATTO. Quello che ha bollito colla carne sufflcentemente per poter essere bevuto, o altrimenti adope¬ rato, benché il lesso non sla ancora cotto. — * Portami una tazza di brodo. — Signore., ancora non è fatto. » BRÒDO GRASSO. Quello fatto con carni grasse e che ha gii occhi o le stelle . BRÒDO LUNGO. Quello nel quale sia soverchia quantità d’acqua. — « Brodo lungo e non salato da darsi ai ma¬ lati dopo che hanno preso certe me¬ dicine. » — « Oggi il brodo m’ò venuto troppo lungo. * BRÒDO MAGRO. Contrario di Grasso . Quello fatto con pezzi di carne magra. BRÒDO RISTRÉTTO. Quello dal quale a forza di bollire è evaporata molta acqua o Quello prodotto da carne che è molta relativamente alla quan¬ tità dell’acqua nella quale si fa cuo¬ cere a lungo. — « Non mangi carne, ma si nutrisca con brodi ristretti. * V. anche Bròdo consumato. * BRÒDO TIRATO. Non comune per Brodo ristrétto (V.). BRODOSÉTTO. Dim. di Brodoso . — . « La minestra mi piace piuttosto brodosetta. » BRODOSINO. Dim. vezz. di Brodoso. — « Minestra brodosina — piuttosto brodosina — Mi piace broaosina. » Per celia, di chi mangi minestra in gran quantità: « Gli piace brodo¬ sina con di molta pasta. » BRODOSISSIMO. Superi, di Brodoso. — « Le minestre sieno brodose bro¬ dosissime, e faccia conto d’esser di¬ ventato frate. * ( Redi ). BRODÓSO. Detto di minestra, Abbon¬ dante di brodo. — « Mangi una mi¬ nestra molto brodosa e un petto di pollo. * — « Non mi piace brodosa la minestra. » — « Dammela brodosa, chè mi piace metterci dentro un po’ di pane. » BÙCCIA. L’involucro esterno, general¬ mente un pezzo di budello, dei sa¬ lami, mortadelle, salsiccie e simili. — « Butta via quelle buccie di sala¬ me. * — « Mangiava lo salsiccie con la buccia e tutto. * BÙCCIA. V. Cròsta. BURfSTIO. V. Buristo. BUIIISTO. « I contadini dicono anco Buristio. E certa Pasta fatta di sangue di majale, con grasselli, uve asciutto e pinocchi, condita con sale e spezie, la quale, insaccata ne’bu- delli, s’allessa, poi freddata, s’affetta e si mangia. Si chiama Buristo sol¬ tanto se il recipiente è un budello di bove; Buristo in costola , se il recipiente è l’ intestino gracile del majale; Buristo in cuffia, se lo stomaco del majale. » {Gradi). La credo voce e cosa molto comune a Siena, ma nota, sebben non co¬ mune anche nel resto di Toscana. BURISTO IN CÒSTOLA. V. Buristo. BURISTO IN CÙFFIA. V. Buristo. BURRAJA. Chiamasi nelle cascine, o in genere nelle case campestri. Quella stanza ove si fa il burro. — « Cadde un fulmine nella burraja. » — « La burraja è scura o umida. » BURRAJA. La moglie del burrajo o Colei che fa il burro o va attorno vendendolo, come costuma in alcuni luoghi. BURRAJO. Colui che fa il burro o va attorno, vendendolo, come costuma in alcuni luoghi. BURRATO. Spalmato di burro. Più comune Imburrato. Dicesi talora Pan burraio. — « Far colazione col caffè e latto e pan burrato. * — « Ho ' mangiato alla cascina un par di fette di pan burrato. Che delizia! * BURRO. Voce comune in Toscana invece di Butirro, come dicono in quasi tutta l'Italia. È la panna addensata insieme in una massa compatta per l’azione dell’aria e per il lungo sbattimento | nella zangola. Può servire di ali¬ mento, masi usa più spesso per con¬ dimento. — « Il burro di Milano è eccellente. » — « Il fritto fatto col burro è molto delicato. » BURRO CÒTTO. « È detto nelle Tariffe fiorentine, Quel burro che fu strutto a lento calore e fatto passare a tra¬ verso un filtro per liberarlo affatto dai principii caciosi e sierosi, e ciò perchè si serbi lungo tempo, senza che irrancidisca e si guasti. Dicesi anche burro salato , perchè nel fonderlo vi si mescola del sale. Posto in caratelli o vasi simili, si spedisce in commercio sotto il nomo di manteca , ed è un condimento molto in uso sui vascelli e nelle grandi cu¬ cine. * (Palma). BURRO FRÉSCO. Quello levato di re¬ cente dalla zangola, e che è ancora fragrante e molto piacevole al gusto. DEL MANGIARE E DEL BERE 707 BURRO RANCIDO 0 VIÈTO. Quello che non è più fresco o va quindi a male. BURRO SALATO. V. Burro còtto. BURRO VIÈTO. V. Burro ràncido. BURRÓSO Pieno di burro, Con molto burro, Che è grasso e della natura del burro. — « Latte burroso. * BUSÈCCHIA. Non molto comune, ma ancora vivo per indicare il bu¬ dello degli animali nel quale s* in¬ sacca la carne pestata e salata di raajale. BUSTO. V. Carcassa.^ BUTIRRO. Lo stesso ^che Burro (V.), ma non comune in Toscana. BUTIRRÓSO. Lo stesso che Burroso; non comune in Toscana. — « Cacio — latte butirroso. » c CACCIUCCO. Minestra (ìo’marinari, fatta con pane e varie specie di pesci, con¬ dita con molto pepo o altre droghe. Dicesi pure Cacciucco una Pietanza fatta con varie specie di pesci. — « A Livorno ci sono delle trattorie fa¬ mose per il cacciucco. » — In modo proverbialo Far tutt * un cacciucco , vale Far tutta una confusione, una mescolanza. CACIAJA. « Chiamasi, nelle grandi ca¬ scine, quella stanza 6 magazzino, dove si ripongono a stagionare o. per¬ fezionare le forme di cacio. — « Nella caciaja qualunque formaggio deve star disteso in piano, ma accasellato una forma sull'altra per un terzo della medesima, in modo che vi cir¬ coli l'aria ; la caciaia sia fresca, perchè il calore non faccia ribollire e andar a male il cacio. » Nelle capanne pastorali, si met¬ tono le formelle di cacio sopra una specie di graticcio di paglia, e que¬ sto pure dicesi Caciaja . Caciaja , può essere anche femm. di Caciajo. » ( Palma ). CACIAJA. V. Caciajo. CACIAJO e CACIAJA. Colui o Colei che fa il cacio. — Colui o Colei che lo vende si dicono più propriamente Caciajuolo e Caciajuola. CACIAJUOLA. V. Caciajo. CACIAJUOLO. V. Caciajo. CACIMPÈRIO q CACIMPÈItO. Formag- gio sbattuto con burro e uova e un poco di brodo, e tutto agitato insieme perchè si assodi un poco. Non molto comune nè il nome nè la cosa. CACIMPÈRO. V. Cacimpèrio. CACINO. È questo un di que' diminu¬ tivi che accennano gustosità. — « Mangia un po' di questo cacino ! * — « Ah che cacino 1 * CÀCIO. Noto cibo e condimento fatto principalmente colla parte caciosa del latte, privato del siero, poi qua¬ gliato con presame, quindi cotto, premuto, salato e messo in forme rotonde, dalle quali si cava quand'è rasciutto. — V. Formàggio. CÀCIO BACATO. Quello che, o per vecchiezza o per troppa grassezza, fa de’vermicciuoli. A certi ghiotti piace appunto cosi. CÀCIO BUCHERELLATO. Quello pieno di caverne tte, o, come suol dirsi propriamente, d'occhi. Non è molto reputato. CÀCIO CAVALLO. Sorta di cacio che si fabbrica nel Napoletano e in altre parti della bassa Italia, il più comu¬ nemente, credo, con latte di bufala. — « 1 Napoletani ancora ne fanno uel cacio che chiamano cavallo , i figura tonda a guisa di palla, molto accreditato, se bene alquanto duro. * {Lastri). — Non è sempre in forma di palla, ma anche di Battaglio da campana, nella parte inferiore assai largo e via via restringendosi a ino’ di collo di bottiglia e terminando in un piccolo rigonfiamento sotto il quale generalmente vien legato quando si voglia appenderlo a uncino o simile, o portar in mano penzoloni. CÀCIO CHE PIZZICA o CÓL PIZZICHI¬ NO. Quello forte che ha sapore molto acuto. — « Per bere ci vuole il cacio che pizzica. » — « Sul cacio col piz¬ zichino ci si bevo bone e di molto. * CÀCIO CÒL PIZZICHINO. V. CACIO CHE PIZZICA. CÀCIO DA GRATTARE. Quello duro e secco che, stritolato fine fine con la grattugia, serve a condire la mi¬ nestra o altri cibi. CÀCIO DA MANGIARE. Quello che serve più come alimento che come condimento. CÀCIO DI CRÉTA o DELLE CRÉTE. V. Càcio marzolino. CÀCIO DÓLCE, CÀCIO FIÓRE. Quello fatto col presame vegetale e princi- 708 !>EL MANGIARE E DEI* RERE palmento coi fioretti del carciofo saivatico : ò più dolco 0 più delicato del cacio forte. Dolce però dicesi in generale il cacio che, anche fatto con presame animale, ò di sapore leggiero senza ombra di pizzico. In questo senso non si direbbe fiore . CACIO DURO, CÀCIO SÉCCO. Dicesi il cacio fatto per lo più a cottura, cioè manipolato al fuoco, prosciugato nelle forme, assodato e da potersi perciò conservare lungo tempo e trasportare dappertutto. Duro e Secco , dei caci da mangiare, possono avere senso di spregio; senso di lode dei caci da grattare. — Secco poi è più che duro . Il cacio fabbri¬ cato duro diviene secco col tempo. CÀCIO FIÓRE. V. Cicio dólce. CÀCIO FÒRTE. Quello fatto col caglio animale, per cui piglia un certo odore grave c un sapore piccante. — « I caci forti si conservano più a lungo dei caci dolci. * CÀCIO FRÉSCO o TÈNERO. Quello umido o poco sodo e da mangiarsi subito, che si prepara senza assog¬ gettarlo alla cottura. Fresco può significare anche Che è fatto di recente, senza che sia te¬ nero o molle. CÀCIO GRASSO. Quello che si ha dal latte intero, per modo che risulta composto di una mistura di materia caciosa e di materia burrosa. CÀCIO MAGRO. Quello che si fa col latte spannato e colla sola materia caciosa. CÀCIO MARZOLINO, ed assol. Marzo¬ lino. « Cacio di ottimo sapore, in forme ovali e di piccola mole, che si fa col latte di pecora; così detto per¬ chè si comincia a fare per lo piu di marzo. * — « I marzolini talvolta rie¬ scono alquanto sappienti, e pel solo palato dei gran bevitori. * Si fabbricano marzolini in più luo¬ ghi della Toscana, ma sopra tutti hanno credito quelli della Valdelsa e principalmente di Lucardo, detti perciò Lucardini , e quei che si fanno col latte delle pecore mandate a pa¬ scolare nelle Crete (terreni cretosi ove non nasce se non qualche filo d’erba) del Senese, detti comunemente Cacio di creiamo delle crete» (Palma). CÀCIO PARMIGIANO, ed assol. Par¬ migiano. « Cacio duro e magro, che si fa in grossissime formo tonde, e colorato di giallo collo zafferano. È così chiamato da Parma, benché se ne fabbrichi in altre parti della Lombardia, come nel Lodigiano, nel basso Milanese, ecc. Anche si è preso a farne in alcune cascine della To¬ scana. * (Palma). — « Il miglior cacio parmigiano si fabbrica nel territorio di Lodi. » — « Sui maccheroni ci vuole il parmigiano. * CÀCIO PECORfNO. Quello fatto con latte di pecora. — «Il cacio peco¬ rino pizzica sempre la lingua. * CÀCIO RAVIGGIUOLO, ed assol. Ra¬ viggiuolo. « Specie di cacio tenero, in forme piccole„schiacciate, fatte per lo più col latte di capra, di pecora, o talora anche di vacca, o con più d’uno di tali latti commisti : suole mangiarsi fresco o alquanto appas¬ sito. Vedi sotto Giuncata . Si è cercata l’etimologia di Ravig¬ giuolo nel latino barbaro rabiolce , esprimente una specie di vivanda delicata. Questa origine sarebbe an¬ cor più evidente nelle robiole , o ra¬ viggiuoli dei Piemontesi o dei Lom¬ bardi ; e si noti anche che i raviuoli si fanno, almeno in Toscana, coi ra¬ viggiuoli. » (Palma). In Firenze si dice più comune¬ mente Raveggiuolo, assoluto. CÀCIO SÉCCO. V. CAcio duro. CÀCIO SERRATO. Quello la cui pasta è senz’occhi, cioè fitta e densa. — « Cacio serrato e pan bucherellato, dice il proverbio, a indicare che il cacio dev’essere di pasta fitta e com¬ patta, e il pane soffice e spugnoso. — Nel medesimo senso si dice: Cacio cieco e pane alluminato ; o : Cacio senz’occhi e pane cogli occhi. » CÀCIO STRACCHINO. Piu comune¬ mente detto in modo assoluto Strac¬ chino. (V.). CÀCIO STRAGRASSO. Quello che si ha dal latte intiero aggiuntavi della panna ricavata da altro latte. CÀCIO TÈNERO. V. Cacio frésco. CACIÒLA. V. Caciuola. CACIOLÌNO. Piccola forma di cacio fresco da mangiarsi subito o poco dopo fatto. Si disse e si dice talora anche per Cacio tenero o Cacio fresco in genere, ma accenna sempre alla piccolezza della forma che gli vien data. CACIÓSO. Agg. da Cacio : Di materia o apparenza o qualità di cacio. — « La parte caciosa del latto. » — « Latte divenuto cacioso per l’ag- DEL MANGIARE E DEL BERE 709 giunta d’un acido. » — « Il siero non contiene quasi nulla di caciosQ. * CACIUOLA e CACIÒLA. Cacio piccolo, di forma tonda, piuttosto basso e di pasta tenera. • Ma lo lor vittovaglio eran caciolc, Noci o castagne e sorbe secche al sole. » Tassoni. CACIUOLO. Si dice in alcuno parti di Toscana per Raveggiuolo e per Grumo di latte cagliato. CAGLIARE. N. ass . Il rappigliarsi del latte per effetto del caglio. — « Il latte non vuol cagliare perchè il caglio è poco buono. * CAGLIATO. Part. pass, o agg. da Ca¬ gliare. — * Latte cagliato. » CAGLIO, PRESAME. « Nomi di certe sostanze acide, vegetali od animali, che hanno la proprietà di rappigliare o condensare il latte, e sono adope¬ rate da’ caciaj nel fare il cacio. Benché queste voci, generalmente parlando, significhino una stessa cosa, e si trovino negli scrittori ado¬ perate Luna per l’altra, pure l’uso toscano insegna a distinguerle. Il caglio (che anche dicesi quaglio ), si ha dalla materia lattea che si trova nei ventricolo degli animali rumi¬ nanti lattoni, particolarmente dei vitellini o degli agnelli, e conservasi saleggiata e seccata dentro il ventri¬ colo stesso, per servirsene al biso¬ gno ; il presame , o la presura , si ha dal sugo spremuto dal flore di al¬ cune piante dei genere cardo. — « I pastori usano il caglio, e i contadini il presame ; col caglio si ottiene maggiore quantità di cacio, ma que¬ sto coi presame riesce più perfetto. (Palma). * CAMPANÈLLO. Taglio di carne che si cava dal quarto di dietro delle bestie grosse là dove termina il lu¬ certolo. — « Mi dà un par di libbre di carne nel campanello? » — « Vuole questo pezzo di campanello? » CANDÉLE. Dicesi in senso di spregio del grasso che si rappiglia alla su¬ perficie del brodo quando si raffredda o è già freddo. — « Leva quelle candele al brodo prima di metterlo a scaldare. > — « Che credi eh’ io voglia far l’ illuminazione in corpo con tutte queste candele che son sulla minestra? » CANNÈLLA. Cosi chiamano i macellaj quell’osso pieno di midollo nella co¬ scia o nella spalla. — « Mi dia per buon. peso un pezzo di cannella per levarne il midollo. » — « La can¬ nella non è buona come l’osso spu¬ gnoso per fare il brodo. * CAPÀCCIA. Il capo del majale com¬ presa la lingua e il cervello. CAPO. V. Tèsta. CAPPÈLLO DA PRÈTI. V. Nìcchio. CAPPÓNE DI GALÈRA. « Sorta di vi¬ vanda fatta di midolla di pane in¬ zuppata con l’aceto, pezzetti di varii pesci, uova, capperi e altri ingre¬ dienti, detta cosi perchè ha la forma d’un cappone, ed e usata dai mari¬ nari, ai quali la lasciamo volentieri. * (Rigutini). CAPPÓNE IN GALANTINA. V. Ga- LANTfNÀ. CARCASSA. Da’ non Toscani si con¬ fonde col Busto. Carcassa dicesi del pollo, senza piedi, senza capo, senza interiori e senza i muscoli del petto; — - Busto , dei pollo al quale sien tolti i piedi, il capo e gli interiori, ma non i muscoli del petto. CARNÀCCIA. Dispr. di * Carne; Carne non buona a mangiarsi. — « Car- naccia dura — che non vuol cuo¬ cere. * — « Di’ al macellaro che se anche domani mi manda della car- naccia così, mi servo da un altro. » CARNAJO. Chiamano i macellari Quel luogo dove conservano la carne ma¬ cellata. Non è più tanto comune. CARNE. Propriamente La parte polputa ed il più sovente rossa (muscoli) dell’animale, ma si chiaman così talvolta anche tutte l’altre parti molli del corpo. — « Non mangia che carne. » — « Non gli piace la carne. » S’ intende più spesso la carne delle bestie grosse, ma spesso intendesi an¬ che quella della selvaggina, dei pol¬ lami e degli uccelli. -— « Non mangiar carne nè il venerdì nè il sabato. * CARNE ÀLIDA. Quella che per non essere stata bastantemente sotto pelle, è risecca, prosciugata, rasciutta, e riesce di men buona cottura. CARNE BATTUTA. Nel senso più ge¬ nerale, presso tutti gli Italiani, è quella che è stata picchiata sul ta¬ gliere con mazzuolo di legno, sì che cocendo rimanga frolla. In alcune provincie, specialmente Toscane, Carne battuta e quella che fu tagliuzzata minutamente col Col¬ tello da battere, o colla Mezzaluna : anzi in Toscana si dice solo in que¬ sto senso. 710 DEL MANGIARE E DEL BERE CARNE BIANCA. Quella del pollame. — « La carne bianca è forse meno nutriente ma di più facile digestione.» Non tanto comune, ma vivo in To¬ scana. Nota che mentre Carne col becco comprende uccelli e pollami, carne bianca , esclude i primi. CARNE CÓL BÉCCO. Quella d’uccelli e di pollame. u Carne col becco, o sonza becco, ed anco, Oltro il vin rosso vi sarà del bianco. » Cicognini. Vedi anche Carne bianca. CARNE CRUDA. S’ intende quella che, variamente preparata, ma più spesso tagliata fine fine e battuta con un coltello, condita con olio, sale, pepe e agro di limone o aceto, servo di nutrimento sostanziosissimo, senz’al- tra cucinatura. — « Il medico m' ha ordinato la carne cruda. » — « Bi¬ sogna vedere come s’è rimesso colla carne cruda. » — « Facendo la cura della carne cruda c’ è il pericolo della tenia. * CARNE DA MACÈLLO. Propriamente è quella che proviene da animali macellati, e che si vende a pezzi ; essa comprende la carne bovina, la pecorina e la porcina. Più comunemente per Carne da macello intendesi quella della specie bovina solamente. CARNE FILACCIÓSA. V. Carne filósa. CARNE FILÓSA, e per più dispregio filacciósa. Quella i cui filamenti mu¬ scolari si disuniscono, dopo cotta. — « Ieri il macellaro mi dette la carne dura e filosa. » — « Carne filacciosa che rimane tra' denti. » CARNE FRÉSCA. Quella di bestia che è macellata da poco. Anche dicesi fresca a distinzione di Carne salata, cioè lungamente conservata col sale. — « La carne troppo fresca è quasi sempre un po' dura. » — « Ora sui piroscafi si mangia quasi sempre carno fresca anche nei viaggi più lunghi. » — « I marinari dell’ Alcione non avevano da quattro mesi mangiato carne fresca; sempre carne salata. » CARNE FRÒLLA. Quella che per esser di bestia macellata da qualche giorno, è facile acuocersi, e tenera a mangiar¬ si; contrario di Carne tigliosa. CARNE GRASSA. Quella che ha unito del grasso al muscolo. — « La carne grassa ritira molto e fa il brodo con le candele. » CARNE GRÒSSA. Suol dirsi a signifi¬ care la Carne macellata di bestie grosse, come bovi e vitelle, per di¬ stinguerla dalle carni di bestie più piccole, come agnelli, lepri, e da uccellami e selvaggina. — « E che si fa oggi da desinare ? bisogna ri¬ correre alla carne grossa. » — « In mercato non ho trovato che carne grossa. » — « Per fare il brodo buono ci vuole la carne grossa. » Per Carne grossa s’ intende talora soltanto quella di bove e di manzo, esclusi gli animali giovani. CARNE INSACCATA. Quella del porco, tagliata minutissima, salata e messa in budelli di majale, che piglia varii nòtni secondo la forma e il condi¬ mento che le si dà. CARNE MAGRA. Quella che non ha grasso unito al muscolo. — * Un ezzo di carne magra per fare il rodo al padrone malato. » CARNE PICCOLA. Contrario di Carne grossa ; Quella d’uccelli, lepri, coni¬ gli e altra simile selvaggina. — * Di questa stagione è difficile trovar carne piccola in mercato. * — « Un pranzo tutto di carne piccola. * — Non comunissimo. CARNE SALATA. Contrario di Carne fresca; Quella conservata per mezzo del sale e specialmente quella di porco. — « Fecero grandi provviste di carni fresche e salate. » V. Carne frésca. CARNE SÉCCA; Lo stesso, ma men comune che Carne salata (V.) Per carnesecca (tutt’una parola) s’ inten¬ de in Firenze un cibo speciale tra le carni di porco salate. V. Carnesécca. CARNE STANTIA. Quella che, macel¬ lata da troppo tempo, ha perduto la sua perfezione. Contrario di Carne fresca. — « Di’ al macellaro che la carne stantìa se la tenga per sè : io non voglio saperne. Pago come un banco, e mi deve servircene. » CARNE STOPPÓSA. Quella con poco sugo e che in bocca dà una sensa¬ zione simile a quella di molti fili appallottolati. Dicesi anche del bac¬ calà e d’altri pesci. CARNE TIGLIÓSA. Quella che, cotta, ha la fibra o tiglio molto apparente, facilmente separabile in piu minuti filamenti nel verso longitudinale, ma difficilmente divisibile col col- 711 DEL MANGIARE E DEL BERE fello o co’denti nel senso trasversale. Contrario di Frolla. « fili quando l’appetito a un s’aguzza,- Non vaio a dir che la carne è tigliosa. » Buonarroti. CARNE TIRANTE. Quella che, comun¬ que cedevole in ogni verso, resiste a esser divisa co’ denti, e con essi s’ha a tirare per istaccarne il boc¬ cone. S’usa più spesso questa locuzione nei proverbio Carne tirante fa buon fante , a indicare che la carne non molto cotta è più sostanziosa, o per modo di scherzo a chi si lamenti che la carne è dura. CÀRNEGGIARE. N. ass. Mangiar carne; ma non usa che ne’ proverbi Chi festeggia carneggia e Chi non cor¬ neggia non festeggia , a indicare che chi fa festa deve mangiar carne. CÀRNEO. Agg . Di carne; e dicesi nel linguaggio medico più specialmente del vitto in cui predomini la carne. — « Meglio si conserva col vitto er¬ baceo che col carneo. » (Cocchi). CARNESÉCCA. La parte del majale tra la spalla e la pancia che si con¬ serva salata por condimento , per soffritti, battuti e simili usi della cucina. — « Frittata con la carne¬ secca. » — « Eccellenti i piselli in umido con la carnesecca. * CASCINA. V. Fórma. CASCINO. V. Fórma. CAVIALE. Uova di storione e di altri pesci, salate, compresse più o meno, che vengono in piccolo botti dalla Russia o dall’Olanda. Si mangia con¬ dito con olio e un po’ d’agro di li¬ mone. u Como suol dispiacerò il carialo, Che par sì schifa cosa por uu pezzo. * Berni . « Essendo il caviale un cibo assai costoso, di persona piccola, o spe¬ cialmente di ragazzo, suol dirsi che È alto quanto un soldo di caciaie , il qual modo paro indicare maggior piccolezza dell’altro È alto quanto un soldo di cacio. » CENTOPÈLLE. Il terzo stomaco de’ru- minanti, che riceve il cibo dopo la digrumazione e lo manda poi all’ in¬ testino retto, detto anche Ventre (V). Si dà a mangiare a’ gatti. CERVELLATA. Specie di salsiccia alla milanese, fatta di carne e di cervelli di majale triturati e insaccati con aromi in un budello. Non so se sia ancora dell’uso ; ma credo di si. — « Non era meglio dimandare della mortadella di Bologna, quattro car¬ ciofi di Parma, una buona filza di cervellata di Milano? * ( Lorenzini .) CERVÈLLO. Sostanza molle, bianchic¬ cia, rinchiusa nella cavità del cra¬ nio. Si fa generalmente fritta. — « Una frittura di cervello e d’ani¬ melle. • — « Il cervello d’agnello è molto delicato. » — « Cervello di be¬ stia grossa. * CHIARA. Così dicesi familiarmente l’Albume dell’uovo quando ò crudo. — « Butta via la chiara e bevi il torlo. » — « Per fare quel dolce ci vogliono quattro torli e un pajo di chiare. » V. Albume e Bianco. CHIARATA. Medicamento fatto di chiare d’uovo sbattute nelle quali s’ intinge stoppa o altro, e s’applica a ferite o a percosse. — « Le chia¬ rate, secondo i medici, non hanno nessuna efficacia, ma il popolo crede che l’abbiano grandissima. » — « La moglie gli fece subito una chiarata sul punto dove aveva battuto. » CHIARO. Lo stesso che Chiara , ma in Toscana non comune. — « Dare il chiaro d’uovo a un quadro antico per ripulirlo. * , — « Il chiaro m’è indigesto. * — È forse men comune perchè usato assolutamente non è sempre chiaro. CIAMBÈLLA. V. MANICO. CIBRElNO. Dim. vezz. di Cibreo. — « Colle rigaglie di que’ due polli fammi un cibreino. » — « Un buon cibreino. » CIBRÈO. Pietanza fatta di fegatini, creste e fagiuoli di pollo con una salsa di uova, farina o sugo di limone. Per estensione dicesi Cibreo anche d’altre pietanze cucinate con la detta salsa, e allora dicesi più specialmente in cibreo. — « Agnello in cibreo. » — « Un cibreo d’animelle. * CIBREÙCCIO. Dim. dispr. di Cibreo. — « Cibreuccio scipito — che sa di poco — che non sa di nulla. * CICATRICOLA. È una macchietta cq- spicua in un punto della superficie del torlo, e contiene l’embrione del pulcino. . In alcuni luoghi questa Cicatricola è chiamata volgarmente Segno del gallo , perchè credesi che codesto segno, nell’uovo non fecondato, non si veda. V. anche Òcchio. 712 DEL MANGIARE E DEL BERE « Vi si vedo benissimo : bensì la cicatricola nell’uovo non fecondato è più piccola, non sempre rotonda come nell’uovo gallato, raramente, o non mai, cinta da ben distinto Alone. Paro da dirsi che il vero embrione non si trovi compiuto, se non nella cicatricola dell’ uovo gallato. * Nota dell' editore milanese . Cicatricola non è del linguaggio familiare; in esso si dice segno del gallo o Òcchio . CfCCIA. Voce infantile per Carne ; ma talora suol dirsi familiarmente anche dagli adulti. — « Tu mangi troppa ciccia. » — « Non vuol saperne della ciccia. * CICCIÀCCIA. Dispr. di Ciccia . — « Cic- ciaccia dura — tigliosa — poco cotta.* — « Mangia tanta di quella cicciac- cia! » Qui, più dispregiativo della quantità e della carne in genere che della qualità. CICCIAJO. Dicesi volgarmente in Fi¬ renze Colui che va per le strade vendendo il cibo pe’gatti, altrimenti detto più comunemente Trippaio e anche Gattajo . CICCfNA. Dim. vezz. di Ciccia. È solo del linguaggio infantile. — « Perchè non la mangi laciccina? * — « Senti come è buona la ciccina ! * CÌCCIOLI e in Firenze più comune¬ mente SIccioli. L’avanzo del grasso di majale dopo che per mezzo del fuoco* se n’è tolto lo strutto. Son piccoli pezzi di filamenti muscolari, di membrane , di cartilagini e si¬ mili che il fuoco non può struggere. — « I siccioli a Firenze sono la cena della povera gente. » — « La schiacciata co’ siccioli è gustosissima, ma molto indigesta. * Si dicono Siccioli anche que’grup- petti che si cavano dal grasso di vaccina dopo estrattone il sego. Que¬ sti si sogliono usare per cibo a’maiali e per ingrasso alla terra. CIPÒLLA. Per similitudine II ventri¬ glio de’polli e degli uccelli. — « Le cipolle mettile nella minestra e co’ fe¬ gatini e co’ fagiolini insieme a’cuori e alle creste fa’ de’crostini. » CÒLLO. Generalmente in plurale. Quella E arte de’polli che è tra il capo e il usto, e che a Firenze si vende an¬ che separata dal resto dell'animale. — « Compra un po’di colli. * — - « Colli di pollo in istufato. * CONSOMMÉ e familiarmente in Firenze Consumè. Francesismo che sarebbe bene, ma che è difflcile? togliere, per Quel brodo ristrettissimo e consu¬ mato che si assoda come una gela¬ tina, e si vende in tavolette. Consu¬ mato sarebbe la voce da sostituirgli, ma non è propriamente la stessa cosa. CONSUMATO. A modo di sostantivo Eer Brodo consumato non è comune enchè abbia esempii, e nonostante che si possa sostituire italianamente a Consommé o, come pronunziano a Firenze, Consumò, pure non è gene¬ ralmente adottato in questo senso. CONSUMÈ. V. Consommé. COPÈRCHIO. V. Mànico (della zangola). CÒPPA. Lo stesso che Soprassata, più comune in Firenze. Còppa l’ho sen¬ tito a Pistoja, nelle Marche e nel¬ l’Umbria. CORATÈLLA, e più spesso in plurale, Coratèlle. Il fegato degli uccelli c degli animali quadrupedi piccoli ; e si dice anche degli altri visceri con¬ tenuti nella cavità del petto verso la regione del cuore. — « Coratelle di agnello fritte. * — « Frittura di co¬ ratelle. » — « Mangerò un pezzettino di coratella. * CORATÈLLE. V. Coratèlla. CORDIALE. Brodo con torli d’ uova sbattuti e agro di limone. Più co¬ mune di Brodetto. — « Il medico gli ha ordinato di non prendere che cordiali e minestrine. » CORDIALÌNO. Dim. vezz. di Cordiale. — « Prenda almeno un cordialino. » — « Fare un cordialino per un ferito, » CORTÉCCIA. V. Cròsta. COSCÉTTÀ. Dim. di Coscia. Non si direbbe elio di volatili. — « Una coscetta di pollo — di tacchino — di tordo. * COSCETTfNA. Dim. e vezz. di Coscia. Non direbbesi che di volatili. — « Per colazione prenderà una coscet- tina di pollo allesso e un dito di vin vecchio, ma nient* altro. » COSCETTINO. Sottodim. di Coscio. Non si direbbe che d’agnello. COSCÉTTO. La coscia di piccoli qua¬ drupedi, massime d’agnello. — « Un coscetto arrosto. * Essendo il Coscetto uno de’migliori tagli, Servire uno nel coscetto , vale servirlo bene. CÒSCIA. La parte del corpo animale dal ginocchio all’anguinaja. Parlan¬ dosi di tagli di carne grossa, questo capostipite della famiglia è il men DEL MANGIARE E DEL BERE comune ; non si dice propriamente che desolatili. — « Una coscia di pollo arrosto. » — « La coscia e l’ala son ritenuti i migliori bocconi. » COSC1NA. Dim . e vezz. di Coscia . Solo desolatili. — « Una coscina di pic¬ cione — di tortora — di pettirosso — di tordo. » CÒSCIO. La coscia di bestia grossa macellata. — « Un coscio di manzo. » — « Due libbre di coscio — nel coscio. » COSCIÒTTO. È una coscia d’agnello, o di castrato, separata dall'animale per esser cotta arrosto. Men comuue di Coscetto. COSTERÉCCIO. Quella carne che è appiccata alle costole del porco, stac¬ cata per insalare. Poco comune, ma sempre vivo. CÒSTOLA. L’estremità della lombata, senza filetto. — « Una costola di manzo. * — « Costole di vitello. * CÒSTOLA PIÈNA. V. Còstola VUOTA. CÒSTOLA VUOTA. I.a costola con poca carne; se ne ha molts, si dico ‘piena. COSTOLÉTTA. La costola di agnello, di montone o di vitella, fritta in padella o arrostita sulla gratella. — « Tre costolette di montone son la sua cena. » — « Costolette panate. » COSTOLÉTTA ALLA MILANÉSE. È propriamente una costola di vitella col suo osso, panata e fritta in pa¬ della; ma si dice anche d’altri tagli di carne di vitella cucinati così come la vera costoletta. — « Prendi un pezzo di filetto e levane quattro o cinque costolette alla milanese. » COSTOLÉTTA PANATA. Lo stesso a Firenze che Costoletta alla milanese , oramai quasi più comune. COSTOLETTA. Dim. e vezz. di Co¬ stoletta. — « Costolettine d’agnello in umido. * — « Costolettina alla milanese. » COTEGHINO. Carne di majalo insac¬ cata, che si mangia lessa, general¬ mente con qualche contorno, come di spinaci , lenti, patate passate e simili. Varia da paese a paese la sua composizione e il condimento. COTÉNNA. La pelle del porco, sia che si venda appena staccata dall’animale o che si tolga dalla mezzana salata. — Nel plurale vai Pezzetti di essa pelle per condimento e raramente per cibo. A Firenze si vendono anche bell’ e cotte. — « La povera gente cena a 713 volte con un par di soldi di co¬ tenne, » — « Nel vero minestrone alla milanese ci vogliono le cotenne (tolto in generale al mezzano salato) che a Milano si dicono codeghe. » COTÉNNA DÉL LARDO. È la cute stessa del majale, dalla quale il lardo è ricoperto. — « Quelle che si met¬ tono nel minestrone alla milanese son proprio le cotenne del lardo. * CRÈMA. Oltre la significazione di Fior di Latte, ha pure , quella di una vi¬ vanda fatta di panna, mista con torli d’uovo, anche con cioccolata o caffè, zucchero e aromi, il tutto rimestato per farlo incorporare, o rappigliare al fuoco. — « Òggi per dolce c’ è la crema. » — « Si mangiò un piatto di « crema che non finiva mai. * CRÉSTA. Quella carne rossa smerlata che hanno sul capo i galli e lo gal¬ line. Vedi l’Articolo 8Q del Capo 4^. — « Metti da parto lo creste per il cibreo. » — « Un piatto di creste e di fegatini. * CROCCHÉTTE o CROCCI! ETTf NE. Così chiamano comunemente una specie di polpettine, di forma bislunga a uso rocchetto, più gentili delle or¬ dinarie, e fatto anche di riso, di pa¬ tate, di carne pesta di pollo che, in¬ dorate e panate, si friggono in padella. — * « Mi dà una porzione di crocchette di pollo ?» — « CroCchettine di riso cavato ora dalla padella. » — Le dicono anche dalla forma, ma molto men comunemente, Rocchettine. V. anche Crocchettìne. CROCCHETTINE. Lo stesso che Croc¬ chette ; ma ha qualcosa di vezzeggia¬ tivo nel diminutivo. CRÓCE. Così dicesi la parte più grassa della Trippa. — « La trippa mi piace nella croce. » — « Di’ al macellaro che te la dia nella croce. » CRÒSTA o CORTÉCCIA detta anche in Firenze, ma men propriamente, Bòcci 4. La superficie dura delle forme di cacio. — « Nella minestra di riso alcuni sogliono mettere un pezzetto di crosta di cacio. » — « Grattare le corteccie del cacio. » — « Butta via la buccia del cacio. » — « Buccia sarebbe più proprio dei formaggi molto teneri nei quali è piuttosto sottile. » — « Corteccia par che dica crosta più dura. » CÙFFIA. La parte increspata della trippa da mangiare. CULACCINO. La parte estrema che rimane d’un salame, d’una morta- DEL MANGIARE E DEL BERE 714 della e simili, affettati, che è piana dal lato ove si tagliano le fette e tondeggiante da quella ov’ è la le* atura. — « Vuole questo culaccino i salame? » — « Mi dia anche il culaccino. » — « Di mortadella non ci ho che questo culaccino. » CULÀCCIO. La parte deretana delle bestie che si macellano, separata dai tagli della coscia. — « Un bel pezzo magro di culaccio. » — « Glielo ta¬ glierò nel culaccio. » Dicesi anche Culatta. CULAJA. Il buzzo degli uccelli stantii, ingrossato per il calare degli inte¬ stini. Negli uccelli che debbono man¬ giarsi ben frolli, come le beccaccie, * le pernici e simili, è un pregio ; por quelli da mangiarsi freschi, un di¬ fetto. — « Guarda che bella culaja hanno queste beccacce. » — « Non li comprare que’ tordi : non vedi che culaja hanno? » — Non tanto comune. CULATTA. Lo stesso che Culaccio (V.). CULO (dell’ uovo). V. Punta (del¬ l’uovo). CUORE. Noto viscere situato in mezzo al petto fra’ polmoni, e organo prin¬ cipale della circolazione. Non so se quello de’ grossi animali serva di cibo altro che alia povera gente, e ignoro come si cucini. Quanta igno¬ ranza del cuore.... vaccino o bovino ! non dell’umano, che so per espe¬ rienza esser molto tiglioso in qualun¬ que modo venga cucinato. T> DA MACÈLLO. V. Macellabile. DIGRASSARE. AH. Togliere il grasso alla carne prima di cuocerla o al brodo sul quale il grasso soprannuoti rappreso, DIGRASSATO. Part. pass, e agg. da Digrassare . — « Carne — brodo — digrassati. » DISOSSARE. AH. Detto della carne, Vale Toglierne, o cruda o cotta, le ossa. — « Disossare un pollo per farne le crocchette. » — « Disossare la carne per pestarla fino fine. » DISOSSATO. Part. pass, e agg. da Di¬ sossare. — « Cappone — pollo carne — disossati. » DÓLCIA. Il sangue dei porco, raccolto appositamente per farne Ro ventini. Non tanto comune, ma ancora vivo in qualche parte di Toscana. E ÈSSERE UN BURRO. Dicesi di vivanda tonerà, morvida, ben cotta. — * Quel lesso — quella carne, era un burro. » — « Ne può mangiare anche chi non ha denti: è proprio un burro. » FAGIOLINI. Dim. e vezz. di Fagiuoli (V.) — « I fagiolini di pollo sono un mangiare delicato e squisito. » FAGIUOLI. Due glandule bianche (che non occorre distinguere) in forma del noto legume, che si trovano nel ven¬ tre de’ polli. — -f Cibreo di creste, fegatini e fagiuoli. * FALDA. Taglio di carne attaccata alla lombata c alla coscia. « Un pezzo di falda. » — « Glielo darò nella falda. » FAR BUON BRÒDO. Dicesi delle carni o dei tagli di esse che danno un brodo saporito e nutriente. — « Lo spicchio di petto fa buon brodo. * — « 11 cap¬ pone fa buon brodo. » — « La carnè di montone col tacchino fa buon bro¬ do : c in proverbio di doppio senso: Gallina vecchia fa buon brodo. * FARE A SCOCCÉTTO. V. Fare a SCOCCfNO. FARE A SCOCCINO. Giuoco che si fa tra due, 1* uno tenendo dentro il pu¬ gno un uovo, e mostrandone solo una punta, e l’altro percuotendolo ugual¬ mente con la punta del proprio; sic¬ ché vince colui che rompe l’uovo del compagno. Si fa tanto con uova sode quanto con uova crude. In alcuni luo¬ ghi dicono anche Fare a scoccetto. FAR FARE IL CÒLLO. Parlandosi d’uccelli arrostiti sullo spiede, vale Tenerli al fuoco senza voltarli, sino a che i colli rimangano intirizziti. Detto de’ polli, è, dopo ammazzati, attaccarli in alto co' pièdi e col capo penzoloni perchè affluisca tutto il sangue nel collo e questo rimanga flessibile mentre il resto del corpo rimane dissanguato. DEL MANGIARE E DEL DERE FAR LE FILA. V. Filare. FAR SANGUE. Dicesi della carne che, poco cotta, rimane molto rossa e ta¬ lora n’esce ancora un po’ di sangue. — « La carne mi piace che faccia sangue. » — « La carne che fa sangue è più nutriente. » FEGATÈLLO e più spesso in plurale FEGATÈLLI. Pezzetti di fegato di majale, che sogliono cuocersi arrosto rinvoltati in un pezzo di rete o omento, pur di majale. È cibo da inverno, e specialmente da carnevale ; e va at¬ torno tuttavia una storiella assai an¬ tica, la quale comincia cosi: C'arnoval, non to n'andaro, Ch’io t’ho fatto un bel cappello, A ogni punto un fegatello; To n'arresti a contentare. — « Tra un fegatello e un altro ci va una foglia d’alloro. » — « Fega¬ telli arrosto nel tegame. » Pare un fegatello rinvoltato nella rete suoi dirsi per beffa di chi ha un abito che gli cinge quasi tutta la persona. FEGATINI. Ordinariamente s’usa in plu¬ rale: sono i Fegati di polli o piccioni? cotti in un dato modo, o adoperati comecchessia per la cucina. General¬ mente si cuociono in cibrèo o so ne riempiono pasticci di. sfogliata. FÉGATO. Grossa ghiandola che occupa tutto l’ipocondrio destro, la parte su¬ periore dell’ epigastrio e anche una parte dell’ipocondrio sinistro. — « Un mezzo chilo di fegato. » — « Il fe¬ gato la sua morte è fritto in padella o alla veneziana. » FÉGATO ALLA VENEZIANA. Fette di fegato infarinate e cotte in padella con burro e cipolle. FELCIATA. V. Ricòtta. FILARE o FAR LE FILA. Si dice di alcune specie di formaggi grassi che, messi grattati in vivande calde , e specialmente nella minestra, si di¬ stendono come in fili. FILÉTTI. Sempre in plurale. La midolla della spina del bove o della vitella ta¬ gliata a pezzi e fritta. Diconsi anche Schienali. — « I filetti sono una gran buona frittura. » — « Animelle non ce n’ho più. Se vuole un par di lib¬ bre di filetti, posso servirla: son de¬ licati quanto le animelle, sa? » FILÉTTO. Quel taglio del Culaccio che resta sotto la groppa. È ritenuto co¬ me uno dei migliori. — « Fattela dare nel filetto. » — « Un bel pezzo di 715 filetto di bove da farci delle bistec¬ che. * — « Costolate alla milanese tagliate nel filetto di vitella. » FILZA. Detto di salsiccie, vale Un certo numero di esse in un medesimo bu¬ dello, divise da una legatura. — « Quante gliene ho a comprare delle salsicce? — Comprane un par di filze. * — « Ce n’ ha più di quelle salsicce che mi diede l’altro giorno? — Me n’è rimasta una filza sola. * FINOCCHIONA. Mortadella molto or¬ dinaria nella quale è mescolato del finocchio. — « La finocchiona è un cibo grossolano ma molto appetitoso. * FIÓRE DEL LARDO. Lo stesso che . Lardo vérgine. (V.). FIORIRE IL BURRO. Lo dicono con leggiadra metafora ne’ monti del Pi¬ stoiese per Bollarlo . FOLLICOLO DELL’ARIA. Quel vano che si vede nell’estremità più ottusa dell’uovo, tra la membrana dell’al¬ bume e il guscio. Il follicolo, piccolo nell’uovo fresco e pieno, si va facendo maggiore in proporzione che l’uovo diventa scemo e stantfo. L’ampiezza del follicolo nello uova si riconosce collo sperarle. Non è dell’uso familiare, nè l’ho mai letto. Lo noto notandolo il Ca¬ rena. Il Palma dice avere udito nel contado fiorentino chiamare Scemo questo follicolo dell’aria. V. Scémo. FÓRMA. « Assicella di abete o di fag¬ gio, ben piallata, ripiegata in cerchio, entro la quale si mette la pasta del cacio a rasciugare e a prender con¬ sistenza: il cerchio si fascia con una cordicella, regolando la grandezza del medesimo a seconda (Iella quantità del cacio che si giudica possa riescire dal lattj quagliato. I Toscani chiamano cascine certe sottili assicelle onde si fanno forme da cacio, stacci, scatole, ecc., e danno comunemente il nome di cascino , ed anche di cascina , alla forma stessa. Le forme, o i cascini, pei piccoli caci freschi , sono fatti di un sol pezzo di legno lavorato al tornio; c possono essere anche quadri, ova¬ li, ecc. Forma , dicesi anche del cacio, in quanto è stato nella forma e ne ha preso le dimensioni. — « Forma andata a male per troppa cottura. — Formo che avventano, cioè rigonfiano in qualche parte della loro superficie. * {Palma). FORMAGGIAJA. Lo stesso e più nobile di Caciaja (V.) noi due sensi notati» 716 DEL MANGIARE E DEL BERE FORM AGGI A JO. Lo stesso e più nobile di Caciajo . FORMAGGINI. Piccolissimi formaggi fatti con latte di capra. Vengono ge¬ neralmente di Lombardia. FORMÀGGIO. Lo stesso che Cacio ; ma non è voce popolare in Toscana come in altre parti d’Italia. FORMÈLLA. Piccola forma — « For¬ melle di cacio pecorino. » FRATTAGLIAJO. Colui che vende le Frattaglie (V.) della bestia macellata. — « Ora va in tiro a quattro, ha ville, poderi e il titolo di barone, pagato non so quanti mila franchi, e mio nonno lo vedeva quindici anni sono andare, quando ne aveva, a comprarsi il desinare o la cena dal frattagliajo di Borgo San Frediano. * FRATTÀGLIE. Quelle parti della bestia macellata che si vendono dal Fratta¬ gliajo, come la guancia, i ninfoli, il gozzo e il pasto. FRITTATA. Vivanda d’uova sbattute, e versate in padella con poco olio, burro o strutto , cotte celermente, in forma più o meno sottile, larga e piana. — « Una frittata di due, di quat¬ tro, di dieci uova. » — « Per cena mi basta una frittata e un po’ di cacio. » FRITTATA AVVÒLTA. Vedi Frittata TRIPPATA. FRITTATA CON GLI ZÒCCOLI. Vedi Frittata in zòccoli. FRITTATA CÓN LE FÉTTE. Lo stesso ma men comune in Firenze che Frit¬ tata IN PEDULI (V.). FRITTATA D’UN FÒGLIO. Frittata sottile di un uovo solo e ben roso¬ lata. FRITTATA IN PEDULI. Quella in cui si mettono delle fette di pane, che pur dicesi, ma men comunemente a Firenze, Frittata con le fette . FRITTATA IN ZÒCCOLI o CÓN GLI ZÒCCOLI. Quella con pezzetti di carnesecca o di prosciutto e talora anche, ma più raramente, con pez¬ zetti di salsiccia o di altra carne già cotta. Dicesi anche familiarmente Frittata rognosa. FRITTATA RIPIÈNA. Quella nella quale si mettono piselli , spinaci, carciofi e simili erbaggi. FRITTATA ROGNÓSA. V. Frittata IN ZÒCCOLI. FRITTATA TRIPPATA. Quella che dopo cotta si avvoltola e si condisce con burro e cacio grattato, aggiun¬ gendovi talora un po’ di salsa di po¬ modoro, e si serve tagliata in istriscie, o intera così com’e. Dicesi anche, massime quando non si faccia a pez¬ zetti, Frittata avvolta . FRITTATA VÉRDE. Quella con erbe battute fine fine. FRITTATACCIA. Pegg. di Frittata ; Frittata mal fatta. — « Frittataccia sciocca e bruciacchiata. » FRITTATÌNA. Dim. e talora anche vezz. di Frittata; Piccola frittata. — « I Fiorentini fanno piuttosto frittatine sottili, e le replicano, non per sot¬ tigliezza d’economia, ma perchè hanno più grazia; altramente degenerano in torte. » (Sabini). FRITTATÌNO. Dim. di Frittata; Frit- tata più piccola della Frittatina . FRITTATÓNA. Acer, di Frittala ; Grande frittata, ma non tanto quanto il Frittatone. — « Una frittatona di sette coppie d’uova. * FRITTATONE. Acer, di Frittata ; più grande della Frittatona. u In casa la Bice Ci facemmo poi far quel frittatone Con gli zoccoli tant’alto. * Buonarroti. — « Il frittatone della Certosa è divenuto proverbiale a indicare Frit¬ tata grande e alta. * FRITTATÙCCIA. Dim. dispr. o atten. di Frittata. — « In collegio, i giorni di magro, non ci davano che una frittatuccia d’un uovo e due foglie d’insalata con poco aceto e poco oliata. * FRITTURA. Si dicono I pesci minuti di più qualità, tanto fritti che da frig¬ gere. — « Va in mercato a comprare un par di libbre di frittura. * — « Dopo il pesce lesso porterai in ta¬ vola la frittura. » Di qui forse nel linguaggio fami¬ liare si dicono Frittura , come nome collettivo più ragazzi piccoli insie¬ me. — « Bisogna sentire che razza di baccano per la strada quand’esce tutta la frittura delle scuole elemen¬ tari. » — « Verso le cinque il babbo va fuori con tutta la frittura. * FRITTURA BIANCA. Il cervello, l’ani- melle, i filetti, ecc., che general¬ mente si soglion fare in padella. — « La frittura bianca mi tira poco : mi piace di più il fegato. * FRITTURA D’AGNÈLLO. La corata di questo animale che suol farsi in 717 DEI. MANGIARE E DEL BERE padella. — « Per secondo piatto mi farai una frittura d’agnello. » FROLLARE. Att. e neutro . Far dive¬ nire o Divenir frollo. Dicesi dell’am- mollirc il tiglio della carne da man¬ giare perchè diventi più facile a cuocersi e più morvida per un prin¬ cipio di putrefazione. A modo d’attivo è men comune, e non saprei in questa accezione che citare l’esempio del Rigutini : — « I Cosacchi frollano la carne te¬ nendola tra la sella e la groppa del cavallo. » — « Il tacchino e l’oca, bisogna lasciarli frollare almeno per un par di giorni. * — « Le starne frollano un po’ meno presto delle beccaccie. * E neutro passivo: « Taranto mandò lor tramila orato ; Ma non piacqaoro punto a quei signori, Chò noi viaggio s'orano frollato. • Latti . FROLLATO. Part. pass, o agg . da Frollare. — « Starne — beccaccie — manzo — ben frollati — non an¬ cora frollati. * FROLLATURA. Il frollare. — « Per la frollatura delle beccaccie in in verno ci vogliono un quattro giorni buoni. » — « Tacchino che non è ancora alla sua giusta frollatura per esser fatto arrosto. * FRÒLLO. Part. pass, o agg. da Frol¬ lare ; sincopato di Frollato. — « Carne non ancora frolla. » — « Ben frolla. * m Ficca poi duo fcstucho Nel becco al barbagianni, c corno un pollo Fallo pender co* pio’ flnch* o’ sia frollo. » Caro . FRULLARE LE UOVA. Sbatterle col frullino. (Vedi la famiglia di questa voce nell’Articolo 11° del Capo 4°) Sbattere è altra cosa. V. Sbattere le UOVA. FRUTTI DI MARE. Nome generico di tutti i molluschi marini che si man giano più per gola che per nutrì mento, come le ostriche, le arselle, i datteri, le vongole, ecc. — « Quanti frutti di mare ci sono a Venezia! * — « A Livorno si trovano pochi frutti di maro e poco buoni. » Gr GALANTINA. Dicesi Cappone in ga¬ lantina una vivanda che si fa con carne di cappone e di majalo battuta insieme con varii aromi e spesso con pezzetti di^tartull e riempitone la pello del cappone stesso che serve di co- Eertura o di buccia, così come il udello a un salame o a un coto- ghino. Dicesi anche talora assolu¬ tamente Galantina. — « Va a pren¬ dermi un franco di galantina dal pizzicagnolo qui sulla cantonata. * — « Il cappone in galantina ò una cosa squisita. * GATTAJO. V. Cicciajo. GELATINA. Materiale di che son prin¬ cipalmente formate lo parti bianche e molli degli animali, dalle quali si cava per lunga cottura. La gelatina, freddandosi, si rappiglia in massa gialliccia, trasparente e tremula, non molto sostanzioso ma salubre ali¬ mento. — « La gelatina si fa gene¬ ralmente colla carne e la zampa di vitella, e colle zampo di pollo. » — « Una forma di gelatina aggraziata colla vainiglia. * — « Cappone in ga¬ lantina con un bel contorno di ge¬ latina. » Per la Gelatina di frutti V. l’Ar¬ ticolo seguente. GELATINÓSO. Che ha della gelatina, Rappreso come la gelatina. — « Non sia un brodo grasso e tutto pieno di sustanza gelatinosa, ma sia un brodo lungo. * (Redi). GINOCCHIÈLLO. Così chiamano il gi¬ nocchio del porco spiccato dall’ani¬ male; comprende dal ginocchio allo stinco. Può essere anche di vitella, nè so con qual’ altra voce che non sia Gi¬ nocchiello potremmo noi Fiorentini tradurre il Ginoggin dei Milanesi che, lessato, è cosà squisitissima. GIRÈLLO. Taglio di carne della bestia macellata, che è parte della coscia che si vede di dietro. — « Un bel pezzo di carne nel girello. » — « Le¬ vare le braciuole dal girello. * GIUNCATA. « Latte rappreso di fresco, che si rompe e si pone a scolaro so¬ pra una specie di graticcio o colo, fatto coi giunchi, da cui prese il nome. Si trova detta anche Inginestrata , dalle ginestre con cui si facevano questi graticci. In Toscana, non ho trovato che si faccia differenza tra Giuncata o Ra¬ viggiuolo , perchè ivi anche i ravig¬ giuoli si mettono a scolare tra i giunchi, prima di dar loro la forma di piccoli caci. Fuori di Toscana in- 1)EI. MANGIARE E DEL RERE 71 8 tendono per Giuncata il latte fresco che si fa coagulare, infondendovi una certa dose di caglio, e mangiasi senza altra manipolazione. Talvolta, invece di dare ai giunchi la forma di graticcio, se ne fanno dei canestrelii, adoperando a que¬ st’uopo anche i vimini, come usavano i Latini nell’ intessere le fiscelle , da porvi il cacio fresco a sgrondare : Dentque viam liquido vimina rara sero . Ovid. » {Palma). V. anche Cacio RAVIGGIUOLO. GIUNTA. Quella carne meno pregiata, o pezzo d’osso o di zampa, cme il macellaro aggiuuge alla carne per fare il peso giusto. — « Mi dia cin¬ que libbre di magro senza giunta. » — « Mi dia per giunta un po’ d’osso col midollo — un pezzetto di zampa. * GÓTE. Le due parti del muso dell’ani- male macellato, sia manzo, vitella o majale, che hanno in mozzo il naso e la bocca. — « Gote di majale les¬ sate e poi fritte. » — « Gota di vi¬ tella alla parmigiana : una delizia. *> Del manzo e del vitello però dicesi più volentieri Guancia c del majale Gota . GÓZZO. Parte della testa di bestia macellata, che si vende generalmente dal frattagliajo. GRASSÈLLO. Pezzuolo di grasso di carne. — « Leva alla carne tutti que’ grasselli. » — « 1 grasselli but¬ tali via. * GRASSO. Il tessuto adiposo dell’ani- jnale. — « Grasso di manzo. » — « Col grasso di majale si fa lo strutto e il lardo. » — * Lo vuoi questo pezzetto di grasso? » — « Mi dia pure cotesto taglio, ma gli levi un po’ di grasso. » GRÒPPA. Taglio di carne tolto alla parte deretana della bestia macellata, e più specialmente sopra gli ovoli della coscia. — « Una fetta di groppa ben frolla da fare in umido. * GRÒPPA DI CULÀCCIO. Dicosi una parte della coscia delle bestie che si macellano separata dagli altri tagli detti di culaccio. GUANCIA, che dicesi anche Guancia di tèsta. Taglio della bestia macel¬ lata tolto dal capo, e che si vende generalmente dal frattagliajo. Par¬ landosi di majale, si dice più volen¬ tieri Góta (V). GUÀNCIA DI TÈSTA. V. Guància. GUAZZARE. Neutro ass. Quell’agitarsi e romoreggiare che fa l’ interna so¬ stanza dell’uovo quando è molto scemo, e che, presolo in mano, si va scotendo prima di romperlo. Più comune Sguazzare. — « In proverbio suol dirsi Non c* è uovo che non guazziy per indicare che non c’ è alcuno senza qualche vizio o man¬ camento. *— « Prima di comprare le uova guarda bene se sguazzano. * GÙSCIO. Invoglio calcare, crostaceo, in cui è rinchiusa la materia dell’uovo. — « Col guscio d'uovo pestato si puliscono le boccie meglio che con la rena. » E quasi unità di misura. — « Della salsa di pomodoro metticine un par di gusci a’uovo. » — « Ce ne vorrà un guscio d’uovo. » — In questo caso s’intende la metà del guscio. i IMBACARE. V. Bacare. IMBACHIRE. V. Bacare. IMBUDELLARE. V. Imbusecchiare. IMBURRARE. Distendere il burro sul pane o su altro per mangiarlo. — « Imburra due fette di pane e poi mettici sopra caldi i fegatini e lo creste di pollo tagliuzzati flne fine e cotti nel tegamino con un po’ di burro. * IMBURRATO. Pari. pass, c agg. da Imburrare. — « Crostini imburrati da intingere nel caffè e latte. * — « Semelle — pantondo imburrato. » IMBUSECCHIARE, e molto men co¬ munemente, nonostante gli esempi, Imbudellare. Mettere la carne tritata con varii ingredienti entro il budello per farne salsicce, salami, cote- ghini, ecc. — Il più comune è In * saccare . IMBULECCHIATO. Part. pass, e agg. da Imbusecchiare. IMPAZZARE. Si dice che impazza il latte messo a scaldare, quando per soverchio calore si aggruma ; e così impazza il cordiale, o altro liquido ove sia frullato il torlo dell’uovo, quando, per la stessa cagione, l’uovo si separa dal liquido e forma come tanti piccoli grandi ini. — « Si mette l’agro di limone nel cordiale perchè non impazzi. » — « Guarda che la crema non impazzi. » IMPAZZATO. Part. pass, e agg. da Impazzare. — « Latte — uovo — cre- DEL MANGIARE E DEL BERE 710 ma impazzati. * — Dicosi anche, noi senso medesimo, Pazzo . — « Latte — crema — zabajone — pazzi. » INCACIARE. Condire con cacio grat¬ tato, Spargere di cacio. — « Non la incaciar tanto la minestra, chè è molto salata. » — « Gli gnocchi bi¬ sogna incaciarli ben bene, e così i maccheroni. » INCACIATA. L’atto dell’ incaciare. — « Ora da’ agli gnocchi una buona in¬ caciata e portali in tavola. » INCACIATO. Part. pass . e agg . da In¬ caciare . — « Maccheroni poco — troppo incaciati. * IN CIBRÈO. V. Cibrèo. INFORTIRE. V. Inforzare. INFORTITO. Part. pass, e agg. da Infortire . — « Quel latto infortito buttalo via. * INFORZARE, INFORTIRE. « Dicesi dei latte, del siero, della ricotta e simili, quando, dopo un certo tempo, o per mala custodia, perdono il dol- cigno loro proprio e prendono il sapore forte, cioè come di aceto. — « Nelle ca¬ scine tenute malo non si può reggere dal puzzo di latte inforzato. * — « il latte facilmente infortisce o va a male, epperò si tenga sempre in luogo fresco. » (Palma). INFORZATO. Part. pass, e agg. da Inforzare. — « Latte inforzato. * — « Ricotta inforzata da buttarsi via. * INSACCARE. Lo stesso che Imbusec - chiare (V.), ma molto più comune. INSACCATO. Part. pass, e agg. da Insaccare. — « Carne di majale in¬ saccata. » INSALARE. Cospargere di sale, Con¬ dire col sale le carni da conservarsi, specialmente quelle di majale. INSALATURA. Così come Potatura , Battitura , Segatura , Maialatura e simili, dicesi il Tempo in cui per solito si insala la carne del porco. — « Per l’insalatura mi regalava tutti gli anni un par di prosciutti e un centinajo di salsicce. » IN VIETI RE. Dicesi per Pigliare il vieto, che è quel cattivo odore che pigliano le sostanze alimentari esposto lungo tempo all’aria, più specialmente l’olio, il burro e i salumi. Ed è non solo voce comune nell’uso, ma fu scritta dall’autore.della graziosa farsa in mu¬ sica La conversazione al bujo : * So domani non vado a bottega. Per cagion di veder la mia bella, M’ invietisce la mia mortadella, Le salsicce mi vanno a muffar. » INVIETITO Part. pass, e agg. da In¬ vie tir e. — « Burro — lardò — salame — olio invietiti. * IRRANCIDIRE. Neutro ass. « L’alterarsi delle sostanze grasse per l’ azione principalmente^ dell’aria o dell’ umi¬ dità insieme, onde ingialliscono, acquistano reazione acida, e ad un tempo un odore spiacevole, detto di rancido , ed un sapore acre che piz¬ zica in gola. » (Selmi). — « D’estate il burro irrancidisce facilmente. » — « Perchè il burro non irrancidisca, si suol tenere nell’acqua. * IRRANCIDITO. Part. pasi. e agg. da Irrancidire. — « Burro irrancidito. » L LACRIMA. Suol dirsi di quelle goccie che il cacio grasso e fresco contiene entro agli occhi, massimo il parmi¬ giano e quello che sotto varii nomi ci viene in grandi forme dalla Sviz¬ zera. — « Mi dia un po’ di cacio parmigiano, ma fresco e colla lagri* ma. » — « Il parmigiano quando ha la lacrima è una squisitezza. » LAMPREDÒTTO. Quella parto deU’in- testino dell’animale macellato, pros¬ sima al retto. — « 11 lampredotto del daino è vie più gentile, teneruccio e saporoso di quello di qualsivoglia al¬ tra bestiaccia. » (Redi). LARDÀCCIO. Pegg. di Lardo. Lardo vieto, rancido, o comecchessia non buono. — « Minestra condita con un po’ di lardaccio. » LARDÈLLO. Per questa voce e fami¬ glia. Vedi l’Articolo 11° del Capo 4°. LARDO. Tutta quella grossa falda di grasso che, tra la cute e la carne, ricuopre la parte superiore laterale del corpo del majale. — Questa parte stessa salata per conservarsi a uso di condimento e talora anche di cibo. — « 11 lardo pestato fine fine con qualche odore serve a condire la mi¬ nestra della povera gente. In Lom¬ bardia suol condirsi così anche dai non poveri; e in altri paesi una pe¬ stata di lardo si suole aggiungere al brodo per dargli maggior sapore. » — « Steccare l’arrosto, lo stufato, con pezzetti di lardo, spicchi d’aglio, pepe, sale e spezie. * In Firenze dicesi anche Lardo il grasso del majale che si strugge al fuoco per farne condimenti, e si ado¬ pera fresco senza salarlo: salato, di- DEL MANGIARE E DEL BERE 720 cesi strutto . — « Comprami una ve- j scica di lardo. * — « Alcune medicine si preparano col lardo. * V. anche ! Strutto. LARDO VÉRGINE. Il fiore del lardo ' che vien raccolto dalla prima cottura e si conserva in una pentola. LARDÓNE. In Firenze, più che per Carne di porco grassa e salata, s’usa a indicare chi fa grande uso di lardo come condimento. — « I Tedeschi e i Milanesi sono di gran lardoni. * — Ma neanche in questo senso è molto comune. LATERÉSI. « I costati del maiale sa¬ lato. Le vere costole son prima ca¬ vate, e si chiamano llosticciane. * ( Tommaseo). LATTAJA. « Chiamasi, nelle grandi ca¬ scine, una stanza a terreno, dove si custodisce il latte dal momento che si è munto fino al momento che si spanna : essa ha torno torno* le pareti dei muricciuoli coperti di lastre di pietra, sui quali stanno i vasi da pannare. * (Palma). LATTAJA e LATTIÈRA men comune. Che produce molto latte. — « Si dà il nome di mucca a tutte le vacche lattiere di color bruno , per distin¬ guerle dalle vacche bianche non lat¬ tiere. — Gli animali vaccini danno le femmine lattaje per eccellenza. * Così il Palma. LATTAJA. V. Lattajo. LATTAJO e LATTAJA. Colui e Colei che, nella propria bottega o andando di casa in casa, vendono latte e spesso anche burro, panna e altri latticinii. I — « Va dal lattajo sulla cantonata > a comprarmi due soldi di latte. » — « La lattaja vien sempre a casa mia verso le sètte. » ! LATTE. « Liquore bianco, opaco, dol- ; cigno, che sì forma nelle poppo delle \ femmine dei mammiferi, e primo nu¬ trimento dei loro parti. i In senso più ristretto , e nel lin¬ guaggio dell’ economia rurale e do¬ mestica, intendesi il latte che produ¬ cono alcuni animali domestici, del quale parte si consuma in natura, e parte si converte in burro e cacio. 1 La vacca è I* animale da latte per eccellenza; e perciò quando dicesi latte , si intende comunemente quello di vacca. Negli altri casi, si suol ag¬ giungere il nome deH’animalo che lo produce: « Latte di pecora, Latte di capra, Latto di bufala, ecc. » (Palma). LATTE DI GALLINA. Bevanda compo¬ sta di un uovo frullato con zucchero, e poi infusovi acqua, frullando sem¬ pre in modo che viene assai spumosa. — - Per tutta cena prendala sera pri¬ ma d’ andare a dormire un latte di gallina. *, LATTE FRESCO. Quello che si ha da una vacca, la quale abbia figliato di fresco. È latte fresco fino a un mese e mezzo o due dopo la figliatura; nel qual tempo la bestia no dà anche in maggior quantità. Latte fresco vale anche Munto da poco. LATTE INTIERO. Contrario di Latte spannato , ossia Quello dal quale non è stata tolta la panna. — « Nelle città è difficile avere il latte intiero; è sempre più o meno spannato , quando per giunta non ò anche bat¬ tezzato. * LATTE SPANNATO. V. Latte intiero. LÀTTEO. Di latte, Che somiglia nel colore al latte, Che ha relazione col latte. — - « Secrezione lattea — dieta lattea e simili. » LATTICINIO. Denominazione generica d’ogni sorta di vivanda che si fa col latte: comprende il latto propriamente detto, il burro; il cacio, la ricotta e simili. — « In certi giorni la Chiesa vieta l’uso de’latticimi. * — « Non può soffrire i latticinii. » LATTIÈRA. V. Lattaja. LATTÓSO. D’ animale che dà molto latte. Più spesso delle donne. LAVATURA. V. Pane. LINGUA. Noto organo situato nella bocca degli animali , e che si suol cuocere lesso o in umido o serbare salato e affumicato, massime quello di vitella. — « Lingua dolce e forte. » — « Due fette di lingua salata. » — « Una porzione di lingua lessa con un contorno di spinaci. * LISCHE. Quelle piccole spine che si trovano in certi pesci, come tanti Os¬ sicini acuti e flessibili. — « Pesci tutti pieni di lische. » — « Del fritto non ci rimasero che le lische. * — « Gli rimase una lisca in mezzo al palato — in gola. » — « Bada alle lische. * LISCHETTÌNE. Dim. di Lische. — « Quei pesciolini si mangiano interi così come sono: hanno certe lischet- tine che non si sentono neppure. * LISCÓSO. Che ha molto lische. — « Pe¬ sci molto liscosi e che ci vuol giudi¬ zio nel mangiarli. * LOMBATA. Tutta quella parte dell’a- DEL MANGIARE E DEL BERE 721 nimale macellato in cui contengasi uno degli arnioni, che sono a ciascuno dei lati della spina dorsale. — * Un bel pezzo di — nella lombata — una lom¬ bata intera. » LOMBATÈLLO. Ciò che divide il pol¬ mone dal fegato, ed è una delle parti che si cavano dal taglio dei Quarti di dietro. — Così il Carena, al quale in¬ tendo di lasciare intera la responsa¬ bilità del suo Lombatello. LOMBAT1NA. Dim. quasi vezz. di Lombata. — « Una lombatina d’a¬ gnello, tenera come il burro. » LÓMBO. Parte muscolosa che cuopro l’arnione. — « Avendo mandato un tegame con un lombo e una arista al forno. » ( Sacchetti ). LUCARDlNO. V. Cacio marzolino. LUCÈRTOLO. Taglio di carne che si leva dalla parte di dietro della coscia, tra il girello e il soccoscio. — « Me ne dia un chilo nel lucertolo. » — « Il lucertolo è uno de’ tagli migliori. » M MACELLABILE. Che può macellarsi o Da macellarsi. — « Bestie macella¬ bili. » — Più comunemente Da ma¬ cello. — « Animali da macello. * — « Non è ancora da macello. * MACELLAJO e MACELLARO. Colui che macella e vende la carne delle bestie macellate. — « Mi servo dal macellajo in via della Spiga. » In Firenze più comune Macellaro. MACELLARLA. La moglie del macellaro o Colei che tiene essa stessa una ma¬ celleria. — « L’ambizione delle me- celiare fiorentine, dice il Rigutini, è quella di avere un bel vezzo di perle. » MACELLARE. Att. Ammazzare le be¬ stie bovine o pecorine, ma per lo più bovine, ad uso di mangiarne la carne. — « Macellano un manzo la setti¬ mana in quel paesucolo. * MACELLATO. Pari. pass, da Macel¬ lare. — « Dazio delle bestie macel¬ late. » — « Entrarono in città venti capi di bestie macellate. * MACELLATÓRE. Colui che fa il me¬ stiere di macellare le bestie. Il Ma¬ cellaro può non macellarle, e il Ma¬ cellatore non vendere nò per suo conto nè per altrui le carni macel¬ late, come fa il Macellaro. MACELLAZIÓNE. L’operazione del ma- Fanfani. D. M. celiare. — « La macellazione delle bestie dev’esser fatta nel pubblico macello. » — « Macellazione clan¬ destina. » MACELLARO. V. Macellajo. MACELLERIA. Bottega dove si vende la carne delle bestie macellate al- l'ammazzatojo. — « Hanno aperto in Mercato una nuova macelleria. * — « Nella mia strada ci son tre ma¬ cellerie. * MACÈLLO. Luogo dove si macellano, le bestie, per lo più fuori delle città, detto altrimenti, o più comunemente in Firenze, Ammazzatojo. Anche plurale. — « 1 nuovi ma¬ celli di Milano. » MAGRO. Sost. Parlandosi di carne, lo stesso che Polpa o Muscolo. — « Un pezzo di magro — tagliato nel magro.» MAJALATURA. L’operazione del tri¬ tare e salare lo carni di maiale, e anche il tempo nel quale sogliono ammazzarsi i majali. — « Finalmente il tempo della maialatura ò venuto, e potremo mangiare due buone sal¬ sicce. » MALACARNAJO. Voce quasi andata in disuso per Luogo dove i macellari tengono la malacarne e per Vendi¬ tore di malacarne. MALACARNE. Così chiamano i macel¬ lari la carne di vacca o di vitella fuori di denti, che abbia servito per razza o per latte, e quella di toro o vitella che abbia fatto il mestiere, o quella di capra, di pecora e di becco macellati sani. È pure Malacarne nella di bestia macellata in istato i malattia o quella morta repenti¬ namente o di soprapparto. MALLEGATO. « Così chiamasi in molto parti della Toscana il Budello di ma¬ iale, ripieno di sangue della stessa bestia, e condizionato con varii ingre¬ dienti e cotto nel pajuolo. » ( Riga¬ tini .) « Di quc3to si compone il mallevato, 0 pur, com’altri vogliono, il biroldo. Che ristora un che sia morto affamato. * Fagiuolì . MÀNICO (della Zangola) detto anche Menatójo. Così chiamano una mazza o bastone, con in fondo una rotella di legno detta Ciambella , larga poco meno elio la Zangola, ed ha alcuni buchi, pel passaggio della panna li¬ quida e dell’aria. Il Manico, tenuto verticale entro la Zangola, passa liberamente in un foro centrale del 47 DEL MANGIARE E DEL BERE 7 22 Coperchio di essa, e si dimena in su e in giù entro la massa di latte che s’ha ad addensare in burro. MANTÈCA. V. Burro còtto. MARMEGGIA Piccolissimo verme che si genera nella carne secca e la rode. « Una vecchia mi vagheggia. Vizza o secca infino all'osso; Non ha tanta carne addosso Che sfamasse una raarmoggia. » Salviati. MARZOLINO. V. CAcio marzolìno. MATTA. Così dicesi volgarmente a Firenze la testicciuola d’agnello alla quale sia stato cavato il cervello. — « Comprami una matta da friggere Ser cena. * — « A Firenze, un ven- itore ambulante di testicciuole gri¬ dava : Le matte che ridono ! Come ridono le malte ! — Ridono perchè ne rimangono scoperti tutti i denti. » MÈLA DI CULÀCCIO. Dicesi dai ma¬ cellari a uno dei «diversi tagli della coscia delle bestie che si macellano. MENATÓJO. V. MANICO. MEZZANA. Quella parto del majale che rimane tra la spalla e la coscia, salata per conservarla. MEZZINA DI LARDO. Ciascuna metà dell’ intero lardo, diviso in due parti per lo lungo. — Così il Carena. A me pare aver sentito nominar la mezzina di lardo , ma non in Toscana. Non conosco vocabolario che la noti. MIDÓLLA. V. Midóllo. MIDÓLLO e men propriamente Midólla, parlandosi di bestie macellate. So¬ stanza grassa contenuta nella cavità di certe ossa. Serve per condimento e per farne pomate. — « Pel risotto alla milanese si fa un soffritto di burro, midollo e cipolla. » — « Per giunta mi dia un pezzo d’osso col midollo. * MIGLIACCI e più comunemente Mi- gliacciuoli. Quella vivanda fatta di * sangue di majale che in Firenze si dice più spesso Roventino. V. Po¬ tentini. MIGLI ACCIUOLI. V. Migliacci. MILZA. Viscere molle o spugnoso, di color rosso più o meno cupo, collo¬ cato nell’ ipocondrio sinistro, tra le coste spurie e il fondo del ventricolo. — «La milza è buona ripiena; ma è cibo grossolano. » MITRI A. Così dalla figura si dice per giuoco familiare la parte deretana dei polli e simili volatili quando son cotti. — « La mitria è un boccone ghiotto. *-« Chi la vuole la mitria ì — Diamola al sor Abate. » In questo senso di celia non si direbbe mai Mitra , che è la forma più classica dal greco Mttpa. MONDARE. Detto delle uova, lo stesso che Sgusciarle , quando sono asso¬ date. — « Ho visto che il cuoco mon¬ dava le uova. * — V. anche Mondato. MONDATO. Pari. pass, e agg. da Mon¬ dare. — « Le uova sode è più pulito portarle in tavola non mondate, che ciascuno se le mondi da sé. * MÓNDO. Contratto di Mondato . — « Uova monde. * — « Il modo pro¬ verbiale Avere o Voler l'uovo mondo , non del tutto antiquato, vale Avere o Volere una cosa senza fatica o pericolo. » MONTARE. Att. Detto di Uova, Panna, Crema e simili, vale Farle ricrescere, rigonfiare, sbattendole a lungo. — « Tu monterai la crema, e io prepa¬ rerò la pasta per la torta. » — « Fa montare quelle chiare d’uovo. * — Anche neutro. — « Queste chiare — la panna — la crema — non vo¬ gliono montare. » MONTATO. Part. pass . e agg. da Montare. — « Panna — crema — chiare montate. * MORTADÈLLA. Sorta di salame più grosso e più ordinario. In alcuni luo¬ ghi fuor di Toscana è fatto in gran parte con fegato di majale. — « La mortadella fiorentina è molto appe¬ titosa. » — « Fa colazione con due soldi di iwortadella e tre di pane. » MORTADÈLLA CÓL FINOCCHIO. Lo stesso che Finocchióna (V.). MORTADÈLLA DI BOLOGNA. Specie di salame sceltissimo, di un rosso pallido, molto grosso ma corto. — « Una tradizione di maldicenza in¬ fondata vuole che le squisite morta¬ delle di Bologna sian fatte in gran parte con carne d’asino. * MORTADELLfNA. Dim . e vezz . di Mortadella. — « Mi dà quattro soldi di mortadellina col finocchio? » MOSCIAME. Sorta di salume fatto con la parte intercostale del tonno, ossia col filetto, tenuto in soppressa per alcuni giorni finché sia bene asso¬ dato. Si mangia in fette sottilissime condito come il caviale, e anche così com’è. — « Il mosciume è cibo assai grossolano, e mette una gran sete. * MÙSCOLO. Parlandosi di animale ma¬ cellato, s’ intendono le parti ove il DEL MANGIARE E DEL BERE 723 Muscolo o carne propriamente detta abbondi di più. Così dicesi special- mente Il taglio della gamba, tolta la zampa. — « Fatti dare un chilo di carne nel muscolo. » — « Mozzo chilo di muscolo per far lo stufato. * N NERVO. Così impropriamente si dicono nel linguaggio comune i Tendini della bestia macellata. — « Ieri mi portasti a casa per lo stufato un taglio che era tutto nervo. * NfCCHIO. Subirne di carne di majale pestata e variamente drogata, rin¬ chiusa entro un pezzo di cotenna in forma triangolare che rammenta il Cappello da preti. Dicesi anche infatti Cappello da preti . NINFOLO. Così i macellari chiamano il tenerume del palato della bestia macellata. o ÒCCHI. Per similitudine le Stelle di grasso sul brodo. V. Stélle. ÒCCHI (del cacio). Quelle piccole ca- vernuzze prodotte dalla fermenta¬ zione nella pasta del cacio e nelle quali suol trattenersi un po’di siero. V. Càcio serrato. ÒCCHIO. Macchietta bianchiccia, ro¬ tonda, che vedesi in un punto della superfìcie del torlo, e contiene l’em- brione del pulcino. Anche l'uovo non gallato ha que¬ sta macchietta, ma più piccola e non sempre rotonda. ÒSSO. Nota parte durissima del corpo animale, bianca e priva di senso. — « Dar per giunta un pezzo d’osso col midollo. » — « Carne senz’osso. » ÓVO. V. Uovo. F> PALANFRA. Così dicono i macellari il diaframma che separa la cavità toracica dalla cavità addominale. PALLA. Così per similitudine si dicono talora le vesciche piene di lardo o di strutto. — « Belle palle di lardo ! » — « Quanto pesa quella palla di lardo ? » -— Di persona molto grassa, e specialmente di bambino, suol dirsi che Pare o è una palla di lardo. PANE. « Le particelle di burro, riu¬ nendosi insieme, formano ciò che dicesi Pane del burro. Questo pane, levato dalla zangola e lasciato un po’ di tempo nell’acqua a refrigerare cd ispessire, si impasta poi per se¬ pararne le parti caciose e sieroso che ancora contiene. L’ impastamento si fa a secco, strizzando il pane collo mani ovvero con apposite spatole, o con cilindri di legno. Si fa anche tenendo il pane immerso in acqua abbondante, operazione che dicesi la lavatura. (Palma). PANE DI BURRO. Una certa quantità di burro ridotta in forma di pane o altra consimile per la vendita al mi¬ nuto. Se ne fanno i diminutivi Pa - netto e Panino di burro. Il Panino è più piccolo e più schiacciato del Panetto. PANÉTTO DI BURRO. V. Pane di BURRO. PANINO DI BURRO. V. Pane di burro. PANNA. « La parto più pingue e spe¬ cificamente più leggiera del latte, untuosa e di coloro pendente al gial¬ lognolo, la quale col riposo se ne separa e tende a venire a galla. Panna , è voce affatto moderna, e tuttavia comunissima in Toscana : serri Dra derivata da - - — panno, cne e quel velo che si forma sulla superfì¬ cie di certi liquidi. Panno di latte , trovasi negli antichi, ed anche oggidì direbbesi di quella leggiera coagula¬ zione in pelle in pelle, che non ha ancora la consistenza della panna. La panna dicesi anche crema , fior di latte , capo di latte , capolatte e, per corruzione, cavo di latte ; nomi per altro che si usano più special- mente per indicare una vivanda com¬ posta di panna o di latte, torli d’uova, zucchero ed aromi, dibattuti insieme e rappresi al fuoco. Una specie di crema, ma più gentile dell’ordinaria, cho anche si mette nelle forme e si fa ghiacciare, chiamasi latte inglese . Credo che corrisponda allo stracchino gelato dei Milanesi, alla formaggetta dei Siciliani, alla caciotta d’altri, ecc.» (Palma). PANNA DA MÉSCERE. Intendono i lattaj di Firenze quella che essi vendono allo stato liquido, per di¬ stinguerla dalla Panna montata. PANNA MONTATA. Quella che, dibat- 724 DEL MANGIARE E DEL BERE tuta in una catinella colla Frusta o col Palloncino (V.)* si rigonfia e si converte come in una densa schiuma di una certa consistenza, e suole mangiarsi co’cialdoni. In alcune pro- vincie fuor di Toscana, massime nel- r Italia settentrionale, la chiamano Lattemele o Lattemiele. PANNARE. « Riporre il latte dopomun- to in vasi perchè mandi a galla la panna. — « Vasi da pannare. » Vasi da pannare, diconsi con ge¬ nerica denominazione certi catini o c atinelle, pochissimo concave e molto spante, acciocché la panna possa sol¬ ici varsi più copiosa e con maggior prontezza. Per lo più sono di rame fa Ramine sentii chiamarle alle Ca¬ scine presso Firenze), ma possono essere anche di terra cotta verni¬ ciata, di porcellana, di legno, ecc. » (Palma). PANNARÒLA. V. Spannató.ia. PANNÈLLO. Cuscinetto carnoso che somiglia un pezzo di panno e sopra cui riposa V Animella (V.). PANNO e men comunemente PAN NUME. Denominazione volgare di quella pellicina o membrana sottile e robusta, dalla quale è ricoperta immediatamente la interna parte del guscio, cui rimane aderente quando esso si schiaccia e si divide in due PANNUME. V. Panno. FAR, ACUORE e più comunemente Pasto in Firenze, si dice il Polmone (noto organo doppio della respirazione) de¬ gli animali che si macellano. — « Per giunta fatti dare un po' di pasto. » — « Il pasto dicono che fa buon brodo, e taluni lo uniscono in minuti pezzetti al riso per farne mi¬ nestra. » PARMIGIANO. V. Cacio parmigiano. PASTA. Per estensione dicesi pasta la carne del maiale minutamente ta¬ gliuzzata e drogata della quale si riempiono le salsiccie, i salami, i coteghini e simili. — « Zampone — coteghino di pasta linissima. » — « Salami di pasta molto ordinaria. * PASTO. V. Pàracuòre. PAZZO. V. Impazzato. PEDÙCCIO. Tutta la parte dal ginoc¬ chio in giù del montone, del porco, dell’agnello, della lepre, del capretto, la quale non si dice Peduccio , se non ispiccata dall’animale. « Che s’ogli ammazzò jer degli agnellini, Mi dia quattro peducci. * PELARE. È Togliere tutte le penne ai volatili per cuocerli. — « Tira il collo a un par di polli; pelali e met¬ tili in padella. * PELATA. Il pelare; segnatamente nella frase Dare una pelata . — « Da* una pelata a quegli uccelli e infilali su¬ bito nello spiede. » PELATO. Part. pass, e agg. da Pelare . — « Polli e uccelli pelati male — bell’ e pelati. * PÈLLE. Membrana che avviluppa e cuopre esteriormente tutte le parti degli animali. — « La pelle del majale si dice cotenna, e serve ge¬ neralmente per condimento. * — « La pelle del cappone è per me la sua parte più squisita. » PELLÈTICA. Dicesi per dispregio di certe membrane bianche aderenti a’muscoli deila carne grossa da man¬ giare. — « Pezzo di lesso con molta pelletica. * — « Tutta cotesta pelle¬ tica non la voglio. » — « Di carne con molta pelletica si dice con un giuoco di parole volgare : Tu fa’ pel- leticà , pelletica , imitando il parlare del volgo che così pronunzia con la nota ripetizione del verbo le parole tu fai per leticare , per leticare. » PÉSCE. Nome collettivo di animali vertebrati, a sangue freddo* ovipari, per Io più squamosi , che nascono e vivono nell’acqua, vi respirano per mezzo di branchie e vi si muovono con l'ajuto delle pinne o alette. — « Pescò lesso. » — « Un piatto di pesce. » — « Pesce a taglio. * Le varie specie di pesci sono da vedersi nel Vocabolario d’ arti e me¬ stieri jiell’articolo della Pésca. PÉSCE A TÀGLIO. Dicesi dei grossi pesci, come storioni, salmoni, trote, naselli, razze e simili, che si ven¬ dono generalmente a pezzi. — « Com¬ pra un po’ di pesce a taglio per farlo allesso. » PÉSCE CARPIONATO. Pesce concio nel modo che si soglion cucinare i Carpioni, quando fritti si coprono d’aceto, aggiuntivi spicchi d’aglio, scorza di limone, cime di salvia e simili. PÉSCE D’ACQUA DÓI.CE. Quello che vive in acque non salse. Tali sono la Trota, la Tinca, il Tèmolo, il Luc¬ cio, l’Anguilla, il Carpione, il Chiozzo, l’Agone, la Lampreda, il Barbio e pa¬ recchi altri. PÉSCE DI MARE. Quello che vive nel maree in alcuni grandi laghi d’ac- Buonarroti. DEL MANGIARI que salse. Tali sono, per esempio, la j Triglia, il Nasello, il Rombo, la Sò¬ gliola, il Muggine, il Tonno, la Razza, e altri moltissimi. « Vi sono pesci marini, che nella stagione del freddo risalgono su pei fiumi, e vi depongono le uova come lo Storione, il Salmone, la Ctlieppa o Laccia (C/upea aiosa , Un.), e al¬ cuni altri. Credesi che nell’anzidetta stagione, e per lo stesso motivo, l’Anguilla dalle acque dolci vada al mare. » Nota dell' editore milanese, PÉSCE FRÉSCO. Quello che fu pescato da poco. Dicesi anche a distinzione di Pesce salato, secco, ecc. PÉSCE MARINATO. Per lo più di mare, cotto, messo in barili, asperso di sale, e infusovi aceto. PÉSCE SALATO. Pesce per lo più di mare, che si secca e si stiva in ba¬ rili, conciato con sale, come le Acciu¬ ghe. o altri. Usasi talora salare anche pesci d’acqua dolce, come 1* Agone del Lario in Lombardia. PÉSCE SÉCCO. É pesce di mare che, salato e seccato, si trasporta in balle, legato con corda di sparto, come il Baccalà e lo Stoccafisso , ovvero seccato al fumo e stivato in barili, come l’Aringa. PÉSCE SÓTT’ ÒLIO. Pesce di mare, cotto, salato e riposto in barili, in¬ fusovi olio. Il pesce è lasciato intero, se piccolo ; fatto a pezzi, se grosso. PESCHERIA. Quel luogo in città dove si vende il pesce. PESCIAJO. Colui che porta il pesce dal luogo ove si pesca alla città, ven¬ dendolo a’pesciaiuoli, che lo rivendono a minuto. — « Oggi i pesciaj di Li¬ vorno non son venuti, ed in mercato non c’è nulla di buono. » PESCIVÉNDOLO. Colui che vende il pesce. PÈTTO. I muscoli degli uccelli intorno allo sterno. — « Dammi un po’ di petto. » — « Petti di pollo fritti in padella. » — * Una minestrina e un petto di pollo : nient’altro per desi¬ nare. Al più v’ aggiunga un dito di buon vino stravecchio. * — « De'tordi non mangio che il petto. * PICCIÓNE. Taglio di bestia macellata, che è la fine del soccoscio compresa la girella del ginocchio. — « 11 pic¬ cione è eccellente per il lesso. » — « Un bel pezzo di vitella nel pic¬ cione. * : E DEL BERE 725 PIÈTRA. Cosi dicesi da taluni a Fi¬ renze il Rognone o Arnione. PIGLIARE IL VIÈTO. V. Invietirb. PIZZICÀGNOLO. Colui che vende sa¬ lumi, formaggi e simili. — « Hann# aperto in Mercato un’altra bottega di pizzicagnolo. * — « Da che pizzi¬ cagnolo ti servi? — Da quello di via Croce Rossa. * — « In Firenze il pizzicagnolo lo dicono per antonoma¬ sia Hot teff ajo. * PIZZICHERIA. La bottega del pizzica¬ gnolo. — « Il Corsini ha la più bella pizzicheria di Firenze. » — « In Austria le pizzicherie pajon negozii di gioielliere, tanto sono splendide. » PÌZZICO. Dicesi, ma non molto comu¬ nemente, di quel senso di pizzicore che certi caci forti producono sulla lingua. — « Cacio col pizzico — elio ha il pizzico. » POLMÓNE. V. Paracuore. PÓLPA. Lo parti senz’osso e senza grasso della bestia macellata e anche d’uccelli. — « Mi dia tutta polpa. » — « Che bel pezzo di polpa per fare lo stracotto ! * — « S’ è mangiato tuRa la polpa e a me ha lasciato Tosso. * — « Polpe di pollo pesto. * — « Polpa di cappone. * POI P ACCI UOLO. Pezzo di polpa della bestia macellata. D’uccelli non si direbbe. — « Polpaceiuolo di majale — di vitella — da fare in umido — arrosto. » POLPÉTTE. Vivanda di carne battuta, per lo più rifatta, variamente con¬ dita con uova, pan grattato, cacio, pane bollito, aglio, prezzemolo , e altro, ridotta in pezzi bislunghi, ro¬ tondati, fatti per lo più friggere in padella. — « Si mangiò una padel¬ lata di polpette. * — « Le polpette avanzate a desinare le rifarai per cena con le uova. » POLPETTINE. Dim. e vezz. di Polpette. — « Polpettine di carne di pollo — di pesce — di tonno. » PORCHÉTTA. Majale, generalmente giovane, al quale furon tolti gli in¬ teriori e cotto in forno. In Firenze non usa ; ma il nome e la cosa è comune in alcune parti di Toscana e in molte d’Italia, specialmente nella media. POI TARGA. Corruzione popolare di Bottarga (V.). PRESAME. V. Caglio. PRESCIUTTO. V. Prosciutto. PRESURA. V. CAGLIO. DEL MANGIARE E DEL BERE 725 PRIMO RRÒDO. Dicesi quello nel quale abbia bollito la carne per non molto tempo, mentre dicesi secondo quello nella quale abbia bollito assai più, specialmente avuto riguardo al primo che si levi dalla pentola. — « Fa’ col primo brodo una minestra per la balia. » — « Leva un par di scodelle del primo brodo e lascialo da parte per la zia malata. 11 secondo brodo servirà per noi, e ci puoi met¬ tere i soliti odori. * PROSCIUTTO e PRESCIUTTO. Coscia del inaiale salata e secca e talora anche affumicata. In Toscana si dice Presciutto e Prosciutto ; ma Presciutto si ritiene come forma volgare, nonostante che torse più secondo l’etimologia. — « Prosciutto cotto. — Affettare il prosciutto fine fine. » PUNTA (dell’uovo). La parte alquanto acuminata del guscio. La parte op¬ posta più ottusa dicesi Culo. — « Per vuotare le uova senza che apparisca o per beversele crude senza rompere il guscio, si fa un bucolino sulla punta e uno sul culo. * a QUÀGI.IO. V. Càglio, QUARTICfNO. Dim. vezt. di Quarto. È dell'uso, e lo scrisse anche Augii- sto Alfani ne' suoi briosissimi dialoghi del Macellaio (Firenze, 1872): * La creda che un quarticino d’agnello ar¬ rosto , bene steccato, e preso bene a tiro, con dietro del vino, di quello dall’amico, non è poi un mangiare da disprezzarsi. » QUARTO. La quarta parte d’un animale macellato, due delle quali davanti e due di dietro. Più spesso si dice del- l’agneilo : • Ebbe mangiato il quarto cotto in forno. » Giusti. R RASSEG AMÉNTO. Il rassegarsi. — Non comune. RASSEGARE. Neutro e rifl. Quel rap¬ prendersi alla superficie del brodo o d’altri liquidi simili la loro parte grassa. — « Brodo troppo grasso, che appena uu po’ratfreddato rassega.» — « D’inverno il brodo si rassega più presto. » RASSEGATO. Part. pass, e agg. da Rassegare. — « Brodo — intinto ras¬ segato » RASSEGHIO. Il rassegamento soverchio di un liquido. — « Ti mangi quel rasseghio? » — « Tutto quel rasse- ghio mi fa venire gli archi di stomaco. » RAVEGGIUOLO. V. Cacio raviggiuolo. RAVIGGIUOLO. V. Càcio raviggiuolo. RÉTE. Cosi dalla figura dicesi L’omento o Zirbo, specie di pannicolo, sparso qua o là come di nodi e vene di grasso, involgente gli intestini degli animali. — « I fegatelli si rinvol¬ tano nella rete. » — « É la rete che dà a’ fegatelli quel sapore dolce. » — Generalmente s’intende L’omento del majale. RICÒTTA. « Specie di latticinio che ri¬ cavasi dai residui lattei, contenuti nel siero, tratto che ne sia il cacio. Si dà al siero tanto di fuoco da far rassodare e venire a galla questi re¬ sidui, che poi si raccolgono con una mestola e si collocano a sgrondare sopra uno staccio, o altro. I montanari costumano di deposi¬ tare le ricotte sulle foglie di una specie di felce ( Pleris aquilina \ alla uale perciò fu dato il nome volgare i Felce da ricotte. Per la stessa ra¬ gione la ricotta è detta anche Fel- data. » (Palma). « Dice un proverbio: Burro di vacca, cado di pecora, ricotta di capra. » « Io ho fantasticato tutta notto Quel che si sia l’ambrosia che gli Dei Mangiano in cielo : infln son le ricotte. « Varchi • Felciata non usa che in alcune parti di Toscana: nel resto non sa¬ rebbe intera. — Il Selmi così definisce più scienti licamente la r icot ta: « Quella parte di materia albuminosa e caseosa che rimane nel latte dopo averne estratto il coagulo che dà il formaggio e che si fa rapprendere col mezzo del 'aceto e del calore. » RICOTTAJO. Chi va vendendo ricotte per le vie. R1COTT1NA. Dim. e vezz. di Ricotta ; Ricotta tenera e delicata. — « Val- dicalci, valle celebre per le delicate e tenere ricottine. » (Salvini.) — « Le ricottine di Calci sono ricordate con lode anche nelle commedie del Fa- giuoli. » 727 DEI. MANGIAR* RIGÀGLIE. Nome collettivo delle in¬ teriora de' polli, come fegatini, fa¬ giolini, uova non nate, cipolline e anche le creste. — « Crosrini im¬ burrati con sopra rigaglie di pollo cotte minuzzate nel burro. * — « Pa¬ sticcio col ripieno di rigaglie. » RIVOLTARE LA FRITTATA. È ap¬ punto il rivolgerla sossopra nella pa¬ della, per cuocerla ugualmente dalle due parti. Questo si fa arrovesciando la pa¬ della sopra un piatto che sia capo¬ volto sulla frittata, e questa poi la¬ sciata scorrere nuovamente nella pa¬ della. 1 più destri rivoltano la frittata facendola balzare, coll’imprimere alla padella, nella direzione opposta al manico, un cotal moto franco, spedito c curvo, si che il centro di essa de¬ scriva un C rovescio verticale, con la convessità al di fuori. La frittata troppo sottile non sarebbe ri voltabile in quest'ultima maniera. Nel senso fig. Rivoltare la frittata significa Deviare dal primiero propo¬ sito con mutazione, talora artificiosa, di discorso o di azioni! ROCCHETTÌNE. Lo stesso ma men co¬ mune di Crocchétte (V). RÒCCHIO. La Salsiccia contenuta e le¬ gata in una porzione di budello di porco o d’altro animale. Familiar¬ mente in Firenze s’usa più spesso Rocchio che Salsiccia , nonostante che non siano veri sinonimi. — « Minestra delle tre erre ; cioè riso, rape e roc¬ chi. * — « In autori antichi si legge anche un rocchio di salciccia, poiché per Rocchio s’intende propriamente ciascuna divisione fatta per mezzo d’una legatura nella salsiccia. Rocchio dicesi anche dei pezzi d’an¬ guilla marinata, ma vi si aggiunge sempre la specificazione d'anguilla. V. anche Salsìccia. RÒCCHIO D'ANGUILLA. V. Ròcchio. RÒCCIA. « Quella coperta su Jicia che si va formando sulla buccia o crosta del cacio, così pel trasudamento degli a- cidi e dei sali lattici, come per quella specie di mucilagine che vi aderisce nello spalmarne la forma con olio o con altro untume, perchè meglio e più a lungo si conservi. La roccia del cacio , nel Carena, sarebbe una stessa cosa colla cortec¬ cia o crosta fa Firenze la chiamano anche buccia) del cacio ; ma non è. Sulla crosta, si forma la roccia: quella è mangiabile, e questa si butta via. E così i Toscani per Roccia intendono E DEL BERE ogni superfluità, immondizia e sudi¬ ciume che sia sopra qualsivoglia cosa. (Palma). » ROGNÓNE. Lo stesso che Arnione da cui è corrotto. Il rene dell’ animale macellato. Ha un solo esempio del Fortiguerri ; ma è comune in tutta l’Italia, e anche a Firenze oramai tutti dicono Rognone. — « Il rognone è eccellente in umido; ma bisogna lavarlo prima con gran cura perchè ha sempre cattivo odore. * ROSBIFFE. Neologismo citatissimo a indicare un Grosso pezzo di bove o di vitello, segnatamente nella lom¬ bata, fatto arrosto nelto spiedo o in forno o tra due fuochi. E parola in¬ glese, che significa appunto Bove ar¬ rosto — « Ho mangiato per colazione un par di fette di rosbiffe con patate. » *» E un nomo vandalo In offe o in iffe Ci compra Panima Con un rosbiffe. • Giusti. RÓSSO. V. Tórlo. ROSTICCIANA. Le costole del majale, fatte ben rosolare nella padella o ar¬ rostite sulla gratella. ROVENTfNl. Migliacci di sangue di majale aggiuntavi un po’ di farina o salati, cotti nella padella, cosi detti dal venire in tavola roventi. S’usa quasi sempre nel plurale. — « Fare — mangiare i roventini. * s SAGGIATÓRE. V. AssaggiacAcio. SÀGGIO. V. Assaggiacacio. SALAME. Carne di majale tagliuzzata, acconcia con sale e droghe, messa e pigiata in un pezzo di grosso budello, di varia lunghezza, legato con spago ai due capi. — « Piglia un mezzo franco di salame e prosciutto. * — « Fa colazione con quattro o cinque fette di salame. » SALAM1NO. Dim. di Salame e talora vezz.; Salame piccolo o Salame molto buono. — « Che salammo piccino! » — « Senta che delizia questo sala¬ mmo! » A modo di positivo si dicono Sa¬ lamini certi piccoli salami che si mangiano poco dopo insaccati, mentre il Salame propriamente detto dev’es¬ sere stagionato per un buon po’ di tempo. 728 DEL MANGIARE E DEL BERE SALATO. Sost. Lo stesso che Affet- , sott’olio, Caviale, Baccalà, Acciu- tato (V.ì, ma men comune. — « Per j ghe, ecc. — « I salumi non sono per i pri nei pii compra un po’ di salato. * j gli stomachi deboli. » — « Tu mangi — Talora, ma più raramente, anche j troppi salumi. » in plurale, intendendo in genere Le SALUMIÈRE. Lo stesso che Salumajo, carni di porco salate, I salumi. — nìa men comune in Toscana. Pare « Quest’anno i salati son molto cari. » che dica qualcosa di più signorile. SAI.SICCÉTTA. Dim. di Salsiccia , con un che di vezzeggiativo. — « Che buone salsiccette !» — « Un par di salsiccette colle uova. * SALSICCIA. Carne minutissimamente trita, battuta, e inessa con sale, pepe e altri ingredienti, nelle budella del porco, divisa in Rocchi per mezzo di legature. Si mangia generalmente arrostita sullo spiede o nel tegame, ma talora anche cruda, secondo la qualità. — « Arrosto di tordi e sal- siccie. » — « Hanno giudicato la salsiccia per molto squisitissima. » (Redi) V. Ròcchio. SALS1CCIAJO. Colui che fa le salsicce. Non comune. SALSICCiNA. Dim. e vezz. di Salsiccia . — « ('orno sono appetitose queste salsiccine! » SALSICCIÓNE. Acer, di Salsiccia. — « Avendo il detto comperato una filza di salsiccioni per metterne su ogni tagliere uno lesso. » (Sacchetti). Il Salsiccione è anche specie di Salsiccia ; ma non so se oggi se ne distingua c come. « E fansi lo salsicce. Cervellate, veatresche o salsiccioni. • Ber ni. SALSICCIÒTTO. Specie di Salame, meno grosso del salame ordinario, ma più lungo. — Generalmente si mangia lesso. a Càpito al puzioagnol ; chieggo un pezzo Di Balsicciotto, ed ei me *1 taglia a sghembo. » Buonarroti. SALSICC1UOLO. Ila varii esempi, ma non è più molto comune in Toscana per Pezzo di salsiccia o Rocchio. SALUMAJO. Venditore di salumi. I.o stesso che Pizzicagnolo. — « Ha aperto una bottega da salumaio. » — « Sposò la figliuola d’un Salumaio ricco come un Creso. * — Per anto¬ nomasia in Firenze Bottega jo. SALUMI. Nome colteti . di carni sa¬ late, per lo più di majale, come Prosciutto, Salame, Lingue, e simili. E per estensione auche altri cibi animali salati, come Sorra, Tonno SANGUINACCI. Pezzi di budello riem¬ piuti di sangue, per lo più di porco, mescolato talora con altri ingredienti, e condito d’aromi. Si mangiano cotti nel brodo o soffritti in padella. — Non comune in Firenze nè il nome nè la cosa. Cosi dicono alcuni i Rooen- tini (V.). S APÉR DI MÙCIDO. Dicesi della carne, quando, vicina a putrefarsi, acquista cattivo odore. — « D'estate la carne sa facilmente di mucido. » — « Di’ al macellaro che se mi manda un’altra volta la carne che sa di mucido, da lui non mi ci servo più. * SAPER DI VIÈTO. V. Vièto. SBATTERE LE UOVA. È quel rime¬ scolare la chiara e il torlo, dibatten¬ doli con forchetta entro un piatto, tegame o altro simile vaso. — « Sbatti un pajo d'uova per il cibreo. » SBURRARE. AH. Cavare dal latte la panna con che si fa il burro. — « L’umidità acquosa è il vero veicolo della sostanza coagulatrice ; perciò qualora il latte fosse troppo untuoso, cioè burroso, fa di mestieri prima sburrarlo, acciocché se ne possa far buon cacio. » ( Targioni). SBURRATO. Part . pass . e agg. da Sburrare. Privo di burro; e dicesi propriamente del cacio e del latte privo della parte butirrosa. SCAMERITA. Quella partedella schiena del porco, che è più vicina alla co¬ scia, e onde si levano le braciuole. — « Una scamerita. * — « Un par di libbre di braciuole nella scamerita. » SCANNARE. Alt . Detto di pollo, è Fargli una profonda ferita nel capo o nel collo sì che muoia esangue. — « Dicono che a scannarli i polli ri¬ mangono migliori che a tirar loro il collo. * SCANNÈLLO. Quel taglio del culaccio che è più vicino alla coscia. — « Un pezzo di scannello per far lo stra¬ cotto. » SCÉMO. « In forza di sostantivo, dicesi di quel vano che è nell’uovo tra la chiara e il guscio nella sua estre¬ mità più ottusa. Così sentii chiamarlo nel contado DEL MANGIARE E DEL BERE fiorentino. Il Carena lo chiama Fol¬ licolo dell’aria. Lo Scemo si va facendo maggiore in proporzione che l’uovo cessa d’es¬ sere fresco e diventa stantio. » (Palma). SCHIACCIARE. Alt. Detto delle uova, vale Spaccarne in due il guscio, dopo fattavi, con leggiera percossa, una piccola rottura in un punto della parte più rigonfia di esso. — « Schiac¬ cia una diecina d’uova per far la frit¬ tata. » Anche del romperle inavvertita¬ mente, e in questo senso anche ri/l. — « Guarda di non le schiacciare — che non si schiaccino. » SCHIENALI. L’unione delle vertebre . che compongono la schiena delle bestie da macello. — Schienale di¬ cono pure i Macellai d’alcune parti d’Italia Lanini dia, che è contenuta nelle vertebre medesime. In Firenze più comunemente Filetti. SCOCCIARE. Att. Dicesi del rompere il guscio alle uova crude, sia iuav- vertentemente, sia per servirsene a usi della cucina. Quando son cotte si dice Sgusciare. — « Guarda di non scocciare, al solito, le uova nella sporta. » — ■* Scoccia una diecina d’uova; sbat¬ tile ben bene e fa una frittata ro¬ gnosa. * " Anche ri/l. — « Accomodale bene con un po’ di paglia nel paniere quelle uova, eh' e’ non s’abbiano a scocciare per viaggio. SCÒTTA. Il siero che rimane nella caldaia, tratto che ne sia il cacio; e quello molto agro che avanza alla ricotta, il quale si dà a’majali, puro, o intriso con la crusca ed altri fari¬ nacei. Così il Palma. SECÓNDO BRÒDO. V. Primo bròdo. SÉGNO DÈL GALLO. V. Cicatrìcola. SÈLLA. Quella parte che si leva da’ due quarti davanti dell’ agnello per farne le costolette. — « Compra una sella d’agnello. » — « Quanto peserà quella sella? — Quanto no vuole? » SELVAGGINA e SELVAGGIUME meno usato nel linguaggio familiare. Nome collettivo di tutti quei quadrupedi selvatici che si mangiano, come il Cignale, il Cervo, il Camoscio, il Daino, la Lepre e simili. — « Di questa stagione si trova molta sel¬ vaggina in mercato. » — « La sel¬ vaggina è piuttosto cara. » — « C’e¬ rano due piatti di selvaggina squi- 729 sitissima. » — « Un pranzo tutto di selvaggina. * SELVAGGIUME. V. Selvaggina. SÉRQUA. Denominazione collettiva di quelle cose mangerecce, che in nu¬ mero di dodici facciano una specie di unità commerciale con assegna¬ zioni di prezzo. Dicesi più comune¬ mente dello uova e dei carciofi. In ogni altro caso dicesi Dozzina. — « Quanto costano la serqua le uova? » — « Compra una serqua di carciofi. » — « Frittata d’una mezza serqua d’uova. * SERQUETT1NA. Più vezz. che dim. di Serqua. — « Con una serquettina d’uova e qualcos’altro, si fa una cena buona. » (Le Brun). SGUAZZARE. V. Guazzare. SGUSCIARE. Att. Delle uova sode, è Togliere ad esse il guscio per man¬ giarle. — * Sgusciale e portale subito in tavola. * SGUSCIATO. Part. pass, e agg. da Sgusciare. — « Porta in tavola le uòva sode bell’e sgusciato. * SICCIOLÉTTI. Dim. vezz. di Siccioli . — « I venditori ambulanti di siccioli a Firenze gridano : Che be’ siccio- letti ! Bollono, bollono i sicciolettil » SfCCIOLI. V. Cìccioli. SIÈRO. * La parte del latte che rimane dopo averne separato il burro o il cacio : consiste in un liquido gialla¬ stro, composto per la massima parte di acqua, nella quale stanno disciolti alcuni sali e vi nuota in piccoli glo- betti una certa quantità di materia caciosa e di materia butirrosa. I chimici lo chiamano siero di latte , per distinguerlo dal siero del sangue. Dicesi Siero di burro , e anche Acqua di latte , quella posatura, tra lattosa e sierosa, che rimane nella zangola, dopo ottenuto dalla panna il burro. È la tacciata dei Siciliani, il laccett dei Milanesi, il lait de beurre dei Francesi, ecc. * (Palma). — « Vendita di latte e siero si legge scritto a Firenze su molte botteghe di lattaj. » — « Fa la cura dei siero. » SIÈRO DI BURRO. V. Sièro. SOCCÒSCIO. Taglio che si leva dalla arte di sopra della coscia nella estia macellata. SONARE. Neutro ass. Detto delle uova, vale Che guazzano o sguazzano. — « Senti come suonano queste uova ! E quel birbante d’un contadino giu¬ rava e spergiurava che erano tutte fresche ! » 730 DEL MANGIARE E DEL BERE SOPPÉLO. Taglio di carne, che è quella punta che sta attaccata alla spalla. — « Un pezzo di soppelo — nel sop- pelo. — Levalo dai soppelo. » SOPPRESSA! A. V. Soprassata. SOPRASSATA che par corruzione di Soppressala pur vivo in Toscana. Vivanda fatta colla testa di ma- jale pestata, mescolatevi alcune droghe e sale, cotta entro un sac¬ chetto o poi affettata come gli altri salumi. A Firenze si dice sempre Soprassata ; altrove Còppa (V.). SÓPRA. Salume fatto con la pancia e con la schiena del tonno. — « La sorra è indigesta e mette una gran sete. * Dicesi Sorra da’ macellaj anche un pezzo di carne che si toglie dalia parte davanti della spalla degli ani¬ mali bovini. SPALLA. Specie di prosciutto fatto con la spalla del majale. — «È famosa la spalla di San Secondo nel Mode¬ nese. » SPANNARE. Att. Levar via la panna dalla superficie del latte munto la sera innanzi ; onde Latte spannato chiamasi quel Latte da cui è stata levata la panna, e che poi serve per fare il cacio. — « 11 latte si spanna con la spannatola. » SPANNATO. Part. pass, e agg. da Spannare (V). SPANNATÒJA e PANNARÒLA men comune. Specie di scodella, o mestola pianeggiante, con che si spanna via via il latte. A Firenze sempre Span¬ nato j a. SPANNATURA. Lo spannare. — « Span¬ natura incompleta. » — « Per la spannatura del latte è necessaria la spannatola. » SPERARE. Att . Detto delle uova, Guardarle per trasparenza contro il lume per riconoscere se le son piene o sceme. — « Prima di comprare le uova, le devi sperare a una per una. * SPEZZATINO. V. Spezzato. SPEZZATO e più comunemente Spez- zatìno. Così suol dirsi anche nelle trattorie toscane una specie di stu¬ fato fatto a pezzetti con una salsa di pomodoro. — « Spezzatino d’ a- gnello — di montone. » — « Spezzato di vitella. » Di carne grossa e meno usato. SPICCHIO DI PÈTTO. Taglio della bestia macellata che si leva dal mezzo del petto. — « Lo spicchio di petto, misto di grasso e di magro, fa il brodo eccellente; ma non è dei tagli più stimati. — « Per il lesso ci vuole lo spicchio di petto. * SPINE. Quasi del tutto oramai disusato in Toscana per Lische (V). SPOLPARE. Att. Levar la polpa che ò intorno alle ossa degli animali. — « Spolpa ben bene il pesce da tutte le lische. » — « Quegli ossi non sono spolpati bene ; c’ è sempre sopra delia carne. » Anche di mangione che divori tutta la polpa di un volatile. — « È capace di spolparsi un par di polli così per tornagusto. » SPOLPATO. Part. pass, e agg. da Spolpare. — « Ossi spolpati. » SPUNTATURE. Così si dicono gli orecchi, la coda e altre parti del baccalà che i salumaj mettono da parte per vendere alla povera gente. — « Mi dà due soldi di spuntature di baccalà? » STÉLLE. Così per similitudine di celia si dicono dalla forma quei come pic¬ coli dischi biancastri o giallicci che si veggono sul brodo, formati dalla parte più grassa. — « Brodo pieno di stelle — con troppe stelle. * STOMACHINO. Specie di animella che sta attaccata alla milza e al fegato delPanimale. — Così il Carena. STRACCHINO. « Sorta di cacio morbi¬ dissimo, che si fa in Lombardia, col latte di mucche stracche dal viaggio, allorché, in autunno, calano dai monti per isvernare nelle cascine della pianura. Si dà il caglio al latte appena munto, si mette la massa coagulata in certi pannilini a sgocciolare, e poi nelle forme a rassodarsi, e questo è il vero stracchino, che anche chia¬ mano stracchino del viaggio , e strac¬ chino di Gorgonzola , dal nome del paese che è posto sulla strada per¬ corsa dalle mandre emigranti. Si fanno stracchini anche con latte di bestie stallate, con latte più o meno ricco di panna, con più o meno caglio, ecc., sicché vanno essi di¬ stinti in più qualità, con denomina¬ zioni affatto locali. « (Palma). STRÌGOLI. Dice il Le Brun nel Dizio¬ nario del Pomba che volgarmente vale Rimasuglioli, Avanzucci di cose che si vendono dal macellaro, dal salu- majo e simili. STRÌGOLO. Membrana o rete grassa, che sta appiccata alle budella degli animali. Così il Carena. DEL MANGIARE E DEL BERE Ha esempi di varii, ma non so se sia sempre comune e se sia una cosa medesima con la Réte (V). STRUTTO. Grasso di majale fatto strug¬ gere per purgarlo e conservato in vesciche senza salarlo. — « Fritto fatto con lo strutto. * « Totani e sfoglie fritte nello strutto. « Fortiguerri. T TÀGLIO. Pezzo di carne tagliata dalla bestia macellata e anche Ciascuna delle parti di essa bestia dalle quali si taglia la carne. — « Che brutto ta¬ glio t* ha dato stamane il macellaro ! » — « Un taglio di un pajo di chili. » — « Il taglio nel lucertolo è molto sti¬ mato. » — « Il taglio migliore per l’arrosto è nel filetto. » TÈNDINE. Quel cordone di fibre albu- ginee che da un capo s’attacca all'os¬ so. dall'altro al muscolo, e che volgar- mentesi dice Neroo(V), — « Carne con troppo tendine. » — « Dei tendini non so che farmene.» — « In istufato certi tendini teneri sono gustosissimi. » TÈS TA II capo delle bestie grosse, che non occorre definire, si dice sempre testa . — « La testa di manzo è cibo da povera gente. » Quella degli uccelli, de’ polli e dei pesci si dice piuttosto Capo che Testa . — « Stufato di capi e di colli di pollo. » Quella del majale, dice il Mei ni, quando si mangia, piuttosto Capo che Testa , nell’uso. — « Capo freddo di majale ( non testa fredda). » — « Del capo di majale fanno la soprassata. » TÈSTA DI MÒRO. Così dicesi a Firenze quel cacio che viene d’Olanda in pic¬ cole forme rotonde e scure. TESTA JO. Lo stesso che Fratta- gliajo (V). TESTICCIUOLA. La testa dell’agnello e del capretto staccata dal collo. — « Le testicciuole si lessano, si di¬ sossano, s’indorano e si friggono. » Le testicciuole alle quali e stato cavato il cervello, si dicono a Fi¬ renze Matte (V.) TIGLIO. Le fibre o filamenti de' mu¬ scoli. — « Bisogna conoscere il tiglio della carne, saper quando s’uccide il porco.... » [Lasca). TIGLIOSO. Suol dirsi della carne dura, filosa o stopposa. — « Lesso tiglioso. u E quando l’appetito a un s’aguzza Non Yale a dir che la carne è tigliosa. * Buonarroti. 731 TIRARE. Dicesi del faticare intorno a carne dura per mangiarla, quasi bi¬ sogni stare a tirarla co’ denti per istrapparne un boccone. Un proverbio relativo alla carne dice che d’estate bisogna tirare o annasare , perchè, o la si conserva col ghiaccio e diventa dura, ola si conserva senza ghiaccio e facilmente si guasta prendendo cat¬ tivo odore. Con un giuoco di parole, parlandosi di carne dura, perchè poco cotta, suol dirsi: Tu crudele, ed io tiranno. TIRARE IL CÒLLO. Detto di pollo o simile volatile grosso, vale Stirarglielo tanto che, staccate le vertebre cervi¬ cali e rotti i vasi sanguigni e il midollo spinale, muqja immediatamente. — « Non posso vedere tirare il collo a’ polli. » — « Tira il collo a un pardi polli e friggili nella padella grande. » TÓRLO o RÓSSO. Quella parte globosa, giallo-rossiccia, che sta in mezzo alla chiara dell’uovo. — « Sbattere due torli d’uovo per fare lo zabajone. » — « Cinque torli e due chiare ci vo- liono per fare quel dolce. » — « Ho evuto due rossi d’uovo. » D’uova cotte il torlo si dice più volentieri Rosso. — « Mangia il rosso solamente, chè il bianco è un po’ in¬ digesto. » V. anche Chiara e Bianco. TÓRTA. Vivanda composta di varie cose battute e mescolate insieme che si cuoce in teglia o in tegame. — « Torta di selvaggina. » « E credo nella torta o nel tortello: L’uva ò la madre, e l’altro il suo figliuolo. » Pulci. — « Chi vuol far buona la torta vada con un piè solo nell’orto, dice il pro¬ verbio, a significare che non ci si de¬ vono mettere troppe erbe. » Oggi si dice Torta più specialmente quella fatta di latte e torli d’ uovo frullati con un po' di sale e zucchero, e cotta in forma nel tegame o in un piatto assai cupo. TORTA JO. • Chi fa le torte di latte e torli d’uovo, e va a venderle per le case. — « Dianzi c’è stato il tortajo, e abbiano comprato una bella torta. » (Tommaseo). TORT1NA. Dim . di Torta con vezz. — « Una tortina gustosissima. » TORTINO. « Pietanza fatta a modo di Torta. — « Un tortino d’uova e tar¬ tufi. » (Rigatini.) TRIPPA. Lo stomaco dei vitelli che. ben purgato, cotto e condito, serve di vivanda. — « I Milanesi chiamano Busecca la trippa. » — « A Treviso DEL MANGIARE E DEL BERE 732 son famosi por cucinare la trippa; lo dice anche il proverbio: Pan pa¬ dovano, via vicentino, carne furlana, trippe trivigiane. » TRIPPAJO. Colui che va attorno per le strade vendendo la trippa più sca¬ dente che si dà in cibo a’ gatti. — « Quando passa il trippajo tutti i gatti gli vanno d’intorno. * — « Tempo fa erano famosi a Firenze due trippaj: Meo e Agnolo bello. » TRIPPATO. Dicesi di vivande cotte come si suol cuocere la trippa; cioè con cacio e burro. — « Lesso — zuc- chettine — funghi — fagiolini trip- pati. » TRIPPE o TRIPPÉTTE. Gli stomachi degli stoccafissi che si sogliono fare in umido con le erbe. — « Eccellenti le trippette degli stoccafissi con le bietole o con gli spinaci. » TRIPPÉTTE. V. Trippe. TRIPPETTfNA. « Sottodim. di Trippa con senso di vesz. — « Un po’ di trippottina, ben condita con cacio e burro, non è cattivadavvero.» (Affini) u UOVA A BÉRE o DA BÉRE. Quelle che, fatte cuocere nell’acqua a bollore per un tre o quattro minuti al più, si rompono alquanto in cima e si be¬ vono o, salandole via via, vi si intingono delle sottili fettoline di pane. — * Le uova a bere si mettono nell’ovajuolo. * — * Fammi un pajo d’uova ila bere. » UOVA AFFOGATE. Quelle che dal gu¬ scio schiacciato, cioè spaccato in due, son lasciate cadere e sommergere in acqua bollente, e cotte si raccolgono con la mestola, e si condiscono con burro, erbe battute, o altro. — « Le uova affogate si dicono anche uova in camicia , perchè la chiara si rap¬ piglia tutta intorno al rosso. » UOVA AFFRITTELLATE. V. Uova in PADÈLLA. UOVA BARLACCE. Quelle andate a male perchè troppo stantie. — « La mia donna non se ne intende delle uova, e me le porta sempre barlacce. » UOVA BAZZÒTTE. Le uova da bere, ma un po’ più cotte, sì che, reso sodo tutto l’albume, rimanga tuttora se¬ mifluido il torlo ; sono una cosa di mezzo tra quelle da bere e lo sode. — « Le uova bazzotte son di più fa¬ cile digestione che le uova sode. * UOVA BENEDÉTTE. Quelle sode che si mangiano per Pasqua, benedette da’ preti, o nella casa nostra quando vengono per V acqua santa o in chiesa. UOVA CÒL PANNO. Quelle che talora le galline fanno senza guscio, e co¬ perta del solo panno o membrana dell’albume, la quale suol aver so¬ pra uno strato di materia calcare cosi tenue, che non ne impedisce la cedevolezza. « Codeste uova senza guscio le fanno più frequentemente le galline di stia o tenute nella cucina, e perciò meglio nutrite e più grasse; da ciò nacque l’opinione volgare che la grassezza sia impedimento alla formazione del guscio. Pare evidente che la vera causa è il non potere queste galline casalinghe andar razzolando come fanno le libere e beccando terra, pie- truzze, calcinaccio, e altre materie calcari. » Nota drtl’ editore mi'anese. UOVA DA BÉRE, V. Uova a bére. UOVA DURE. V. Uova sòde. UOVA FRÉSCHE. Quelle che son piene e per ciò scosse non guazzano, perchè la gallina le ha deposte da poco, come a dire nello stesso giorno o poco più. — « Per le donne di parto ci vogliono le uova fresche. » — « Una serqua d’uova fresche. » UOVA GALLATE. Vedi 1’ Art. 8° del Capo 4". UOVA GUAZZE. « Andate a male per¬ chè viete; forse perchè, a scuoterle, dànno un suono come liquore che sguazzi. » (Tommaseo.) UOVA IN CAMICIA. V. Uova affogate. UOVA IN PADÈLLA, dette anche comu¬ nemente UOVA AFFRITTELLATE. Quelle che son fatte cuocere in pa¬ della con olio, burro, o strutto, con andar ragunando , ripiegando, e, a dir così, rimboccando la chiara sopra il torlo, sì che questo ne rimanga interamente coperto, e l’uovo intero ridotto a forma di frittella. UOVA MARITATE. Quelle cotte con varii ingredienti. Sono assai buone l’nova maritato, MA troppo tempo dentro vi si mette. » Lasca. UOVA NÉL PIATTO. Quelle cotte nella stessa maniera delle seguenti, ma in un piatto, o tondino, di quelli che resistono al fuoco. 733 DEL MANGIAI UOVA NEL TEGAME o, se più piccolo il recipiente, NÉL TEGAMINO. Quelle che si fanno cuocere con burro, con strutto o con olio, dentro un tegame o tegamfno, le une accanto alle altre senza tramestarle, sì che il torlo ri¬ manga intero e scoperto. UOVA NÉL TEGAMINO. V. Uova nel TEGAME. UOVA NONNATE. Quelle che senza guscio, e non peranco perfezionate, son tolte dal ventre della gallina ammazzata. Le uova nonnate possono cuocersi separatamente, condite in varie ma¬ niere. — « Cibreo di fegatini, creste, fagiolini e uova nonnate. » (JOVA RIPIÈNE. Quelle vuotate del torlo, e postovi dentro qualcosa d’ap¬ petitoso. Così il Meini. UOVA SCÉME. V. Uova stantìe. UOVA SÒDE Quelle che si lascian ve¬ nire più dure che le bazzotte, e si mangiano coll’insalata o condite in pietanza, o così come sono con un po’ di sale e via. — « Fammi una cop¬ pia d’uova sode. » In certi dialetti si dicono dure; ma non par proprio, nonostante qualche esempio. UOVA STANTIE. Quelle che, non più fresche, hanno perduto per evapora¬ zione una parte della loro sostanza, e un corrispondente grado della loro bontà. J/uova stantie, naturalmente sono anche sceme, o diconsi uova sceme , quelle che nella loro estremità più ottusa hanno un mancamento tra la chiara e il guscio. V. Scémo. UOVA STRAPAZZATE. Quelle cotte nel tegame o nel tegamino, sbatten¬ done insieme le chiare e i torli in modo che vengano come una frittata molto tenera e ineguale. UOVO e ÒVO. In generale, è un corpo tondeggiante, che si forma nel ventre della femmina di varii animali, e che sotto un invoglio, ora crostaceo, ora membranaceo, ora mucoso, contiene, insieme con alcun liquido viscoso, il germe di un futuro animale della stessa specie, che vi si sviluppa e nasce, se l’uovo sia fecondato e talora anche covato. Detto senz’altra speciale determi¬ nazione, intendesi di quello di gallina come il più comune per l’uso che se ne fa nell’economia domestica. Par¬ landosi di altre uova, occorre una spe¬ ciale determinazione, come uovo di E E DEL BERE tacchina , uovo di piccione , ecc. Nel plurale fa più spesso uova femminile. V VASI DA PANNARE. V. Pannare. VÈNTRE. Dicesi così il centopelle (V.) che si dà a’ gatti. — « Per quel gattono mi ci vogliono due soldi di ventre ogni giorno. » VENTRÉSCA. Fu già vivanda fatta con un ventre di porco, ripieno di carne, uova, cacio ed erbe battuto insieme e messo in soppressa. La voce non è morta del tutto, e in certi dialetti significa quello che in To¬ scana Réte (V.). VENTRÌGLIO. 11 ventricolo o stomaco carnoso de’ volatili, altrimenti e più comunemente detto Cipollat massime se di pollo, tacchino e simili. « E chi ne porta il cuore e chi i ventrigli. » Sacchetti. VESCICA. Quella membrana o Vaso nel quale si raccoglie l’orina nel corpo degli animali e che serve per solito, ben lavata e purgata, a con¬ tenere il lardo o lo strutto. — « Com¬ pra una vescica di lardo. » — « Il lardo si conserva nelle vesciche. » VIÈTO. Agg. Di cattivo sapore per vecchiezza. Dicesi per lo piu di carni salate, burro c grassumi. — « Pezzo di lardo vieto, » Quindi le frasi Saper di vieto , Pren¬ der il vieto , di cibo che acquisti cat¬ tivo sapore per vecchiezza. V. anche Invietire. z ZABAJONClNO. Dim. e v ezz. di Za - bajone. — « Prenda un po’ di questo zabajoncino. » — « Fammi uno za- bajoncino con un pajodi torli d’uovo e marsala. * ZABAJÓNE. Sorta di dolce semiliquido, fatto con torli d’uovo rimestati con zucchero, aggiuntovi vino generoso o rhum , rosolio, quindi cotto sul fornello, rimenando continuamente con un mestolo o con un frullino. Si serve nel piatto sopra pan di Spa¬ gna affettato, ovvero in tazze. 734 DEL MANGIARE E DEL BERE ZAMPA. Quella parte dal ginocchio in fiù della vitella macellata e anche el manzo, che si mangia lessa o al¬ trimenti cucinata. — « Zampa alla parmigiana — trippata. » — « Brodo fatto colla zampa. » ZAMPÉTTO e ZAMPÙCCIO. La zampa del majale o dell’agnello macellati, dal ginocchio in giù. — « Zampetti di majale cotti sulla gratella. * — « Zampucci lessi — in dolce e forte. » ZAMPÓNE. Zampa di majale vuotata e ripiena di carne trinciata, salata, impepata e con varii aromi, — « Sono famosi gli zamponi di Modena. * ZAMPÙCCIO. V. Zampétto. ZÀNGOLA. Vaso di legno, a doghe, stretto e alto, leggermente conico, in cui si fa il burro con lungo dibat¬ tervi la panna, per mezzo di un menatoio che vi entra da un coper¬ chio forato nel mezzo. ZUCCHÉTTA. « Zucchetto chiamano i nostri pizzicagnoli i salami non tanto grossi, che sogliono avere una forma somigliante in qualche modo a una zucca di forma allungata. — « I sa¬ lamini sono più piccoli delle zuc- chette. » (Meini.) CAPO QUINTO DEL MANGIARE E DEL BERE Articolo III. DEGLI ALIMENTI E CONDIMENTI VEGETALI 0 D'ORIGINE VEGETALE (1). indio© Metodico. Farina ( Spègnere ( Spèndere Spento Intridere Intriso, part , pass , Intriso, sost. Pasta Impastare Impastato Iinpastatore Pastone Appallare Appallato Asse Pannello Lièvito, sost. Lievitare Lievitato Lièvito, agg, Pa aizzare Panizzàbile Panificare Panitìcazione Panifìcio Panicuòcolo Pane Pan caldo Pan raffermo Pan fresco Pan d*un giorno Pan duro Pan secco Pane stantio Pan bianco Pan buffetto Pane scuro Pan nero Pan méscolo Pane inferigno Pan vecciato Pane di lusso Pan salato Pan francese Pane casalingo Pane di munizione Pan lièvito Pane àzzimo Àzzimo, agg. Àzzimi Azzimella Pane bucherellato o con gli occhi Pane serrato o senz’oc¬ chi. Pane afflitto Pano scilivato Pane salcigno Pane vfncido Bava Biascia ( Pane asciutto ( Pane scusso Arrostire il pane Abbrustolire il pane Arrostito Arrosto Crostini Tostare il pano Pane tostato Pano tondo Panono Filo Filoncino Filone Còppia di pane Piccia di pane Tòrcia Ciambella - lavorata Baco Cazzotto Pagnotta Pagnottina Pantondo - gràvido Panetto Panettfno Panino - gràvido Panelllno Cornetto j Corni | Cornetti Francesco ( Sèmel o sèmelle ( Pansèmelle Semellajo Chifel o Chlfelle Grissini Cacchiatella ( Biscotto, sost, ( Pan biscotto Biscottare Biscottato Biscotto, agg. Galletta (1) Vedi la prima nota dell’Articolo precedente. INDICE METODICO 736 Cortéccia Corteccina Corteccino Cortecciona Cort(3ceiono Scortecciare Scortecciato Crosta Crosterella Pizzicotti Bàcio Attaccature Abboccatura Abboccature Orliccio Orliccetto Orlieclno Cantuccio Cantucclno Scantucciare Scantucciato ( Midolla ( Mollica Midolletta Midolllna Midollona Midollone Midolioso Fetta Fettina Fettolfna Fetterella Fettona Fettone Fettuccia Fettuccia Affettare Affettato Targa Targhetta Tàrgbettfna Tòcco Tocchetto Tozzo Zolla Briciole Bricioli Sbriciolare Sbriciolato Minuzzole Minùzzoli Sminuzzolare Sminuzzolato Itosi ;chio Rosicchiolo ( Seccherello ( Seccarello ( Fett’unta 1 Sai unta ( Pan unto ( Panunto Pan lavato Panzanella Focàccia I Cofàccia !( Cofacclno ( Covaccino Chiocciolino Schiacciata Sehiacciat’unta Schiacciata co’ slccioli Minestra Minestrone (1) Riso Risotto ( Farro ( Gran farro Orzo di Germània Orzo periato Farinata Farinatlna Zuppa Zuppetta Zupplna Zuppona Zuppano Zuppa brodettata - stufata ( Pappa ( Pancotto Pappa frullata Pappettlna Pappina Pappona Pan bollito o Pambol* lito Panata Pan grattato Pasta Pastina Pastàccia Pastume Pastajo Ri menare Spianare Tirare ( Sfòglia ( Spòglia Ritornare Paste — colPuovo — lunghe — lunghe e piene Maccheroni Maccheroncini Suolo Maccheronata Strisce Nastri larghi Nastrini Radicchlni Bavette Bavettfne (1) Por qaeste due voci e famiglia , V. T Articolo 4°. Vermi col li Spaghetti Spagliettlni Capellini Sopraccapelllni Capellini a matassine Matassala Barba di cappuccini Capei d'àngiolo Paste lunghe e forate o bucate Cannelloni Cannelloni corti Canuoni Cannoni o cannelloni da ripieno Cannoncioni Cannonciotti Cannoncelli lunghi Cannoncetti Cannoncini Torce Candelotti Fischioni Fischionclni Fischietti Fischietti Penne Pennino Foratini Maltagliati Paste tagliate Sèdani Sedanini Denti di cavallo - di leone Quadruccini Bruci Brucini Stortini Spilloncioni Spilloni Spilloncetti Spillonclni Punte d’ago Lucerne da preti Noccioline Paternostri Perline Alfabeto Àncore Primiera Primierlna Nùmeri Gigli Trombette Campanelle Campanellino Campanellone Stelle 1 Stelloni r f Stelline Stellfni Stellicchi Stellicchfni Lenti Lentfni lenticchie Lenticchi Gràndine — bucata Grandinina Chicco di riso Semi Semini Semi di mela Seme santo Seme di bòzzolo Occhi di pulce — di pernice Semolino — bianco — giallo Neve di pasta Nébbia Paste casalinghe - fatte in casa Gnocchi Gnocchetti Gnocchettini Batùfoli Lunghini Topi Topini Lasagne ardello Tagli a tei li Tagliatila Tagliolini Taglierini tagliati ( altro senso del già notato) Agnellotti Raviuoli Tortelli Torteli etti Tortellini Cappelletti Bonifàtoli Ghianderini Legume Leguminoso Civaja Civaiuolo Gùscio Baccello Sgusciare Sgusciato Sgusciatura Sgranare Sgranato Sgranatura Sbaccellare Fanfani . Z>. M. Sbaccellato Passare Passato ( Passato, sost, ( Passata Tónchio Tonchioso ( Tonchiare ( Intonchiare ( Tonchiato ( Intonchiato Baccello ( altro senso del preced.) Baccelletto Baccellino, sost. Baccellino, agg. Baccellone Baccellàccio Baccellaio (terreno) Baccellajo (venditore) Ceco — bianco — rosso — prèmice — pendolino Ceci maritati Cicérchia — bianca — nera — (brizzolata — (screziata Cicerchiola Cicerchina Cicerchiona Fagiuolo — comune (1) Fagiuola Fagiuoli nani — (rampicanti — (scandenti Stelo volùbile - a viticci Fagiuoli sgranati — (in erba — (verdi Fagiolini Mondare Filo Fagioletto Fagiolone Fagiolùccio Fagiolàccio Fagiolule Fagiolata Fagiolajo Mangiafagiuoli Fava (1) Quasi tutte la piti co- / ranni varietà do’ fagiuoli son ' notate a qnesta voce , e non si ripetono nell’indice per amori di brevità. - a mazzetti - a penna - nane Favina Fa véccia Favule Favajo Faveto Favata Fa vetta Faverella Macco Fave della Befana Lente Lenticchia Lupino Lupini indolciti dolci Lupinaio (terreno) Lupinajo (venditore) Pisello Piselli baccelloni - colati Piselletto Pisellino Pisellone Pisellùccio Pisellàccio Pisellaio Pisellaia Pisellata Ortàggio Ortolano Erbàggio Erba Erbicciuola Erbicida Erbe Erbajuolo Mazzo Cesto Barbabiètola Barba Barbabiètola bianca - bianco-rossa - moscadella - da zùcchero Radice d’abbondanza Radico di carestia - rossa - gialla - rapa 5 738 INDICE METODICO Biètola ( - da zuppe ( - da erbucce Céstole Bietolone Bròccolo Bròccoli Broccoletto Broccolino Broccolone Broccolùccio Broccolàccio Broecoluto Gallónzoli Carciofo - madornale Mazza ferrata ( Girello ( Girellino Fare i girelli Carciofo con la barba Ì Spine Spuntoni Spunzoni Carciofetto Oarciofino Carciofone Carciofùccio Carciofàccio ( Carciofaia ( Carciofeto Carciofajo ( Cardo ( Cardono Carducci Cardoncelli Carota Carotina Carotona Caro tono Carotuccia Carotàccia Carotajo Càvolo | - bianco ' - cappùccio ( - a palla : - broccolo v - a bròccoli ) - romano ] - broecoluto I - torsuto [ Bròccolo romano - fiore - nero - nero magg. o prim. - crocino o tardivo - rapa - riccio - verzotto Palla ( Grùmolo ( Garzuolo Grumoletto Grumolino Costola Costoluto ( Tórsolo ( Torso ( Càvolo salato - agro ( Salcrdutte Cavoletto Cavolino Cavolone Cavolùccio Cavolàccio \ £2$ ì <'"•"«> Cavolajo (venditore) Cavolaia ( venditrice ) Cavolajo, agg . Cavoiata Cetriuolo Cetriolino Gobbo Navone Patata Patatina Patatona Patatùccia Pata tàccia Ì Petonciano Petronciano Melanzana Melengiana ( Pianta delPuovo ( Uovo turco Pomodoro - a gràppoli Radice Radicina Radiciona Radicione ( Ramolàccio ( Ravanello Ramolàccio salvàtico ( Ravastreilo ( Ravanello Ramolaccetto Ramolaccino Ramolàccio lièvito - passo stopposo Rapa ( - tonda ( - ortolana ( - lunga ( Rapignone Rapone Rapàccio Rapettina Rapata Rapajo Scorzonera — di Spagna Sèdano — pieno o di canna piena — vuoto o di canna vuota — rapino o rapa Sedanino Pinzimonio ( Aspàragio ( Spargio — salvàtico — di màcchia sparaghella sparagella # Palazzo di lepre Sparagino Sparagione (IRIS'"'™” !K2gS2j«M««— Spalliera ( Spinace ( Spinacio Palline di spinaci ( Tartufo di canna ( — bianco Zucca ( - bianca ( - frataja - gialla - popona - da pesci - a trombetta Zuccona Zuccone Rete Semenza Trastullini Zucchetta Zuccherina Zucchina Zucchino Zucchetto Zuccherino Zuccajo ( Barbaforte ( Creano Càppero Càppero di muro % Càppero cappuccino Capperetto Capperino Peperone> Peperoncino Peperonàccio Sènapa Mostarda Àglio ( - màschio ( Tamburino j Agliporro INDICE METODICO 739 Aglietto Aglietti'no Resta Méttere in resta Arrestare Arrestato Capo Àglio capitato Spicchio Spicchietto Spicchiettino Àglio spicchiuto Agliato Agliata Agliaio ( terreno ) ( Agliajo ) vpnditorp ( Agli aro ) venditore Cipolla - bianca - rossa ( - da estate ( - savonese - vernina \ - porrai a \ - maligia ' - lunga Cipollina Cipollino Cipolletta Erba cipollina Cipollona Cipollùccia Cipollàccia Cipollaio ( terreno ) glissi Cipollata Velo Porro Scalogno Insalata — di campo — composta — sùdicia IInsalatina di minutfna Minutlna Minutina tutti odori Mescolanza Mescolanzfna Insalata cappuccina — cotta Insalatina Insalatona Insalatone Insalatùccia Insalatacela Insalataio Insalatala Barba di cappuccini ( Borrana ( Borràggine Cicérbita Cicerbitina Cicerbitàccia Crescione Gallinelle Indivia - crespa - cresputa - ricciuta Mazzocchi Lattuga - a palla - cappuccia « - cappuccina - crespa ( - tonda ( - primaticcia j ( - rossa » ( - sanguigna ( - romana ( - lunga - non nata ( Lattugàccio ( Radicchione salvàtico i Lattughlna ( Lattughlni ( Lattugona ( Lattugone Lattugàccia Macerone Porcellana Porcellana sabàtica I Radicchio Cicória Radicchio domèstico ( — d’orto ( — buono ( — bianco ( ( Radicchino U — novellino Mazzi di radicchio Mazzocchi di radicchio - Radicchio salvàtico — scoltellato Barbe di radicchio Radicchino Radicchiàccio Raperónzolo Terracrèpolo Odori \ Erbe I - odorose - da odori Odorini Erbucce SErbucci Acetosa Acetina Saléggiola Acetosella ( Acetosa minore i Acetosa tonda o romana | Aneto Finòcchio puzzolente Basilico — cedrato — anaciato ( — pino ( — gentile — nano — salvàtico Cerfòglio - muschiato Erba amara Erba santamarfa Finòcchio — dolce — forte Finocòhione Finòcchio di Bologna Finocchietto Finocchino Finocchini Filza di finòcchio Isopo Maggiorana Pèrsia Menta ( — pepen'na ( — pepe — salvàfcica Mentùccia Nastùrzio — indiano Nepitella Erba da funghi Nepitella saivàtica Prezzémolo Prezzemolino [ Ramerino [ Rosmarino ' Règamo \ Origano / Erba da acciughe I Erba acciuga [ Acciughero ( Salvastrella ( Pimpinella Sàlvia - di Spagna - crespa o ricciuta Santoréggia ÌTargone Targoncello Dragone Dragoncello i Timo ] Sermo 11 ino ( Pepoh'no Droghe Drogare Drogato Spèzie Spezierie Aromi Aromàtico 740 INDICE METODICO Aromatizzare Ànace Ànacio Anice Anacini Ànaci ni cambia Anaciato Cannella Cornino Pinòcchio orientale Cornino tedesco o de prati Cornino nero Cominella Cornino salvàtico Coriàndolo — salvàtico Garòfano Teste 1 Bottoni ; di garòfano Chiodi ) Pepe Impcpare Im pepato Noce moscada Vainiglia Zafferano ’( Abbacchiato ( Bacchiato Abbacchiatura | Gambo Picciuolo Fiore Bùccia Bucciata Scorza Scorzare » Cortéccia Sbucciare Sbucciato Mondare Mondato Mondo Polpa Spicchio ( Tórsolo ( Torso I Torsolata Seme Nòcciolo Noccioletto Nocciolaio Nocciotino ( altro senso del 'precedente) Frutto Fruttato Frutucello Frutteto Fruttare Fruttifero Frutta Frutte ( Frutterella ( Fruttarella Fruttarne ( Stanza delle frutte ( Fruttaio Fruttatolo Fruttajuola Pomo Pomifero Pomoso Pomàceo Pomàrio Pometo Pomiere Pomato Pomologi i Pomològico Pomicoltura Cògliere Còito Unciao 1 Ingolla Ghiotta Ladra Canna ladra Bàochio ( Abbacchiare ( Bacchiare Schiacciare Schiacciato Ànima Màndorla Suolo Assolare Assolato Accastellare Accastellato Primaticcio Tardivo Di primavera D’estate Estivo Stateréccio Statino ( D’autunno ( Autunnale ( Da inverno ( Vernino ( Giùgnolo ( Giugnolino Lugliolo Agostino Fallace Verde Acerbo Acerbetto Acerbmo Acerbissimo Acerbità Acerbezza ! i* "•»“ ) Allegato ( Alleghito ( Allegamento ( Alleghimento Immaturo Immaturità Maturare Maturato Maturanza Maturazione ( Maturità ( Maturezza Maturo Maturissimo Fare Fatto Strafatto Passato Appassire Appassito Passo Seccare Seccato Seccata Seccati aa Secco Ammezzire Ammezzito Mézzo Ammaccare Ammaccato Ammaccatura Ammaccaturina Macolare Macolato Màcolo Sfarinato Magagnare Magagnato Magagna Nocchi Bacare ( Imbacare ( Imbachire Bacato, part . pass. Bacato, sost. Bacaticelo Bacamento Baco ( Fòrbice ( Forfécchia Fucignone Scattivare In guazzo Guazzo Fruttata Conserva Composta Marmellata Gelatina di frutte. Agrume Agrumeto ( Arància j Aràncio ' Melarància INDICE METODICO 741 ( Arància dolco ( — da mangiare ( — di Malta ( — dal sugo rosso ( ( — di Portogallo ( ( Portogallo ( ( — forte ( — amara * ( — turca ( — di due colori Aranciona Arancina Arancino Mandai ino Aranciata Corteccia Spicchio Spicchiare Aranciera Aranciajo ( Cedro t ( Cedrato ) ( Cedro giudàico ) ( — col picciuolo \ — di Firenze ( — di Salò ( ( — del Lago ( — coronato ( ( — dalla ghianda j Cedrone ' Cedrino | Cedrare Cedrato Bergamotto / Limone ' ( — dolce ( — da mangiare — da sprèmere Limoncello Limonajo Scorza Strizzare Strizzalimoni (V. P Arti¬ colo 11° del Cap. 4°).! ( Agro di limone ( Agro Bizzarria Castagnàccia Castagnajo Castagnatura Castagne coiatio — di casco — fogliajuole Raccattare Ravviare Ravviatore Ravviatora Cardo Cardino Cardai a Incarnirsi Incardito Scardare Riccio Ricciaja Castagne di ricciaja Purgarsi Diricciare ( Sdiricciare ( Sgranare ( Sgranellare Ànima [ Inanimirsi Inanimarsi [ Far la cria Culaccino Naso [ Nasello Fiorieino Camicia I Pécchia Peluja Ròccia Sansa i Pio ! Piolo ( Mettere il pio o il piolo Ìlmpiolire Impiotare Piare , Guscione Grugnone Castagne verdi — fresche Albicocca ( 1 ) — nostrale Meliaca — pesca — ai Germania Ananasso Carruba Castagna Marrone Castagnetta Castagnùccia (t) Seguono lo rari# specie di frutta in ordine alfabetico con tutto ciò che ad esse si riferisce in particolare. | Ballotta | Sùcciola Caldallesse j Mondina 1 Pelata Bùgnolo Bruciata Caldarroste Bruciatina Bruciataio Bruciataja Castrare Castrato Castrino Coitronciao ( Impolparo i( Polpare Castroni Vecchioni Ànseri Corone Castagne secche Confetti di montagna Seccatojo Metato Canniccio Cannicciaja Pestare Pilare Pistura Pestatore Pestatojo Pigione Piccia Ventolare Vassoi are Avvassojare Ventolatura Ventolatore Ventolatora Vassoio Ventolàcchio Polume Sceglitoja Tigiiata Farina dolce - gialla ( Soppediano ( Arcile ( Pallòccoro ( Itòciolo Pattona# Pattoncina Patto najo Polenda Polendajo Polenda gialla Polendina Polendona Affogare il mugnajo | Far la véscia j Far la loffa Scodellare Scodellato Catagliuolo Filo Paternostri ( Migliàccio ( Castagnàccio Castagnaccetto Castaguaccino Castaguacciajo ( Néccio ( Niccio Néccio cieco - alluminato Testo Testai uola l Testata . j Levata^ 5 di necci ' Castellina J INDICE METODICO 7-12 ( Boncerelle ( Bonciarelle Manufàttoli Frascarello Tortacciuolo Buzzurro Ciliègia Ciliegiona Ciliegetta Ciliegina Ciliegiuola Ciliegiùccia Ciliegiàccia Ciliegeto Ciliegiajo Ciliègia a cuore — acquajuola — agriotta — visciolona — amaroscl.ina ( Amarasca ( Amarena — bianca — còrniola — duràcine — lustrina Lustrare — moscadella — napoletana — nera ( — zuccaja ( — zucchetta Viscida Visciolona Cocòmero Cocomerone Cocomeraio Cocomeiino Cocorneràccio Cocomeraja I t Cocomeraio ) erreno Cocomeraio ( venditore ) Cocòmero di Pistoja — moscadello — napoletano — vernino — vettone Tassello Tassellare A tàglio Grumoimo Marmare Brucia Pistoja! ( Corbézzola { Àlbatra Corbezzolona Corbezzolone Còrniola Cotogna Mela cotogna Pera cotogna Cotogna di Portogallo Cotognato Dàttero Fico - vettaiuolo ( - annebbiato ( - afato - lièvito - secco - secco mondo Seccare i fichi sulla spina Piccia di fichi secchi Appicciare Ficàccio Ficaio ( venditore ) Ficaio Ficaja Ficajo Ficheto Fichereto ( Gócciola ( Làcrima Latte # Lattificio Varietà più comuni dei fichi: Albo Asisàccio Bitontone Brogiotto Castagnuolo Cavaliere Corteccione Dottato Fiore Fiorone Primaticcio Gentile I.ardajuolo IPoponcino Popone Rigato A liste Zucchettino Brache di Danzo Rosseliino di Lunigiana ( Portogallo ( Portoghese Sampiero / Settembrino 1 1 Tardivo ( Vendemmiale 1 Verdiao Fico d’india { Fràgola ( Fràvola Fragoletta Fragolina Ì Fragolaia Fragolaio Fragoleto Fragolajo (venditore) ( Fràgola salvàtica ( - morajuola ( - di’ montagna ( - briciolina - di giarcino - ananassa - d’ogni mese - moscadella bianca - moscadella rossa ( Giùggiola ( Zizzola Giuggioletta Giuggiolina Giuggiolena Giuggiolajo Giùggiola — tonda Lampone Lazzcruola lunga — limone ina — moscadella Lazzeroleto Màndorla — dolce — amara — dura ( — spaccarella — prèmice ! — schiacciamano Mandorletta Mandorlfna Mandorlato Màndorla di S. Caterina Càtera Gùscio Mallo Mela Melina Melona Melùccia Mei uzza Melùzzola Melàccia Melare Melata Melàppio Varietà più comuni delle mele: ( Appiola ( Appiuola Borda Calamagna Diacciuola Dolce ( Finocchietta ( Finocchiona ( Francesca ( Franchetta Giugnolina Lazzcruola INDICE METODICO 743 Mora Musa Panaia Paradisa Poppina Rosa Rùggine San Giovanni Zucchelina Melagrana — dolce — forte I — vinosa ( — vajana Cica Chicco Mora Nèspola Nespolina Corona Nèspola del Giappone Nocciuola Nocciolina Nòcchia Scòglio Noce Nocina Nociona Nociùccia Nociàccia Nociajuolo Mallo Smallare Smallato Sgarugli Gùscio Sgusciare Canti Noce a tre canti Gheriglio Spicchio Ànima 1 Noce gentile i — prèmice \ — schiaccerella — schiacciamano I — reale J — madornale ( — campana ì — stretta \ — martellina \ — ferrigna f — malèscia ( — vuota (r — scussa Nocino ÌCappa Castellina Casella Capannella Galletto Bocco Bocco impiombato Pera Penna Perùccia Peràccia Perata Pere cotte Perecottajo Varietà più comuni delle pere : ( Allora ( Allorona Amadotta Ambretta Angèlica A ranci na Bastarda Bergamotta ( Bugiarda ( Bugiardina Burè Burrona Brutta buona Buoncristiana Campana Còscia Còsima Diacciuola Garòfana IGiùgnola Giugnolina Giugnolona ( Moscadella ( MoscadeUona Paradisa Poppina Rubina ( Spada ( Spadona Spina Zuccherina Pesca — cotogna — duracino — burrona — spicca — spiccàgnola — spiccàgine ( Pesca noce ( Noce pesca Persicata ( Pinòcchio ( Pinòlo Pinocchietto Pinocchino Pinocchiajo ( Pinocchiata ( Pinocchiato Pistàcchio Pi stacchi etto Pistacchiata Popone Poponcino Poponella Zucca ( Poponaia ) , ( Poponaio ) te,,an° Poponajo ( venditore ) Popone arancino — cantalupo ( — cotignòlo ( — nani no — moscadello — vernino Zatta ( Trippa ) Buzzo ) Midolla ( Midollone Ribes Sorba Susina Susinetta Susinona Susinùccia Susinàccia Susina am08cina — asinàccia — catalana — clàudia o della regina Clàudia — del cuore — imperiale o del- Timperatore — mirabella o mi¬ rarei la — mònaca odi Santa Mònaca — pernicona o pcr- ticona — semiana ( Bozzàcchio ( Bozzacchione Imbozzacchire Imbozzacchito Prugna Prùgnola Ulive dolci — indolcite — secche Òlio (V. T Art. Capo 4° ' del Uva — bianca — nera ( — da tàvola ( — da mangiare — da vino 741 INDICE METODICO Uva da serbare ( — passa ( — passoima ( — passila — secca ( Gràppolo ( Grappo Grappoletto Grappolino Grappoloue Grappol ùccio Gràppolo spàrgolo - serrato Ciocca Pigna Penzolo Piccanello ( Racimolo ( Gradinolo Itaci moietta Racimolino Racimolare Racimolatura Sgraci molare Raspollo Raspollare - Raspollatura Agrestini ( Raspo ( Graspo Piluccare Piluccato Acino Acinetto Acinoso Sdacinaro Grano Granello Sgranellare Sgranellatura Chicco f Chicchino Chiccolino Schiccolare Schiccolato Schiccolatura Pippolo Spippolare Picciuolo Spicciolare Spicciolato Spicciolatura Bùccia Bucciuta Fiòcine Vinacciuolo Varietà dell'uva: 1 Abròstine Abròstino Lambrusca Colore Colorino ( Agresta ( Agresto I Agrestino, sost. Agrestino, agg. Aleàtico Angiola Barbarossa Canajuolo Canaj uolo colore Canajuolo nero grosso Canajuolo nero minuto Canajuolo rosso Ciliegiana Claretto bianco di Fran¬ cia Claretto rosso di Francia ( Colombano ( Sancolombano ( Colombana ( Sancolombana Dolcipàppola Galletta Làcrima di Nàpoli Lonza Màlaga ( Malvagia ( Malvasia ( Màmmolo ( Màmmola { Morgiano ( Borgiano ( Moscadello ( Moscadella Paradisa Regina Rossellina Salamanna Sangioveto — romano ( — forte ( Ingannacane Uva di tre volte - di Corinto Uvizzolo Zibibbo Zuccaja Uva spina — crespiua Fungo Funghi freschi - secchi . Filza - sottòlio Funghetto Funghettino Funghino Fungàccio Fungaja Fungheto Cappella Cappello I Anello ) Colletto I Collarino il Ghiera ( Voiva ( Borsa ( Camicia Agàrico Ceppatello Cicciola Ditola Ditola scémpia ( Famigliola ( Famigliuola Pastajuole Porcino ( Pratajuolo ( Pretajuolo Prugnuolo ( Róssola ( Fungo rossellino ISpugnuola Spugnuolo Bucherello ( Uòvolo } Òvolo ' Fungo di pino ( Véscia ( Loffa di lupo Tartufo Tartufaja Tartufajo Zùcchero — di canna _ di barbabiètola — in pane — in pergamena Pane di zùcchero — in pezzi — in palle Palle Palline Pallòttole Zolle Zolletta Zollettine — in pólvere — candito — bianco ( — grasso ( — rosso Raffinare Rafllnatp Raffineria Melassa Zuccherino, agg . Zuccheroso Inzuccherare Inzuccherato Inzuccherata Zuccherare Zuccherato Zuccheràccio Indolcire Indolcito Dolce, agg. 745 Dolci (1) Dolco, sost. Dolciumi Zuccherini Chicche Chicchine Chicco Chiccajo Confetture Confetturiere Confettureria Confettare Confettiere Confetti Confettini Confetti parianti Confettiera Confettinoci Confettàcci Candire Candito, part . pass. Candito, sost. Caramellare Caramellato Caramelle Caramelle Carameliajo Brillantare Brillantato Torrone Torroncino Panforte (1) I dolci e lo paste dolci ini parve conveniente riunirli in questo articolo dopo lo zuc¬ chero , facendoli seguire dallo paste fritte. Quelli non regi¬ strati in questa parte dell’in¬ dice insieme agli altri o con lo frutte , sono da cercarsi nell* Articolo prendente. Ho registrato quasi tutti i nomi de’ dolci e dello paste fritte in plurale, come s'usano il più spesso parlando. INDICE METODICO P nf >rt(no Pan pepato Croccante, sost. Croccante, agg. Cioccolata (2) Pasto dolci Paste Pasticcio Pasticcetto Pasticcino Pasticcione Pasticceria Pasticciere Pasticci najo Bozzolaro Bozzolara Bocca di dama Pane di Spagna Marzapane Zuppa inglese Pasta frolla Pasta reale Pasta slòglia Sfogliata Diti d’apÓ3tolo Mostacciuoli Panettone, Panettoncino Ricciarelli Cavallucci Savoiardi Biscotti di Novara ( Pan di birra ( Panin di birra Scola Maritozzi Bastoni Bastoncelli Bastoncini Biscotti Biscottini Biscotteria Cantucci (2) Vedi per quest» voce o famiglia P Articolo seguente. Cantuceini Cantucciajo Ciambella Ciambelletta Ciambolila Oiambellona Ciambellone Ciambelluccia Ciambellàccia Ciambellaio Ciambellaja Buccellato Berlingozzi Amari ni Amaretti Pan di rannerino Cialde Cialdoni , Cialdoncini Cialdonaio Brigidini Brigidinajo Trombini Confortini ( Bericòcolo ( Bericuòcolo Un quattrin mangiare bere Paste fritto Frittelle ( Donzelline ( Donzellette Tondone Ficàttola Paste siringhe Sgonflotti Sommómmoli Sommommolajo Bombe Cenci Galletti Gallettajo Còccoli Pan dorato. DEL MANGIARE E DEL BERE A ABBACCHIARE o BACCHIARE. Att. Detto d’ulive, di noci, castagne, man¬ dorle e altre frutte, vale Battere con bacchio o con pertica sui rami dell’al¬ bero per farle cadere a terra e rac¬ coglierle. — « Bacchiare le noci — Abbacchiare le castagne. * ABBACCHIATO e BACCHIATO. Part. pass, e agg . da Abbacchiare e Bac¬ chiare. — « Fere abbacchiate e non colte. » — « Noci abbacchiate prima che fossero mature. » ABBACCHIATURA « S. f. da Abbac¬ chiare. Può significare l’atto, o 1’effetto, o il tempo deli’abbacchiare. Il giornale agrario toscano dimostra i danni dell’abbacchiare le ulive, fla¬ gellando gli alberi per risparmio di cure e di tempo; onde le scosse, le fratture, le contusioni, le escoriazioni : sicché il danno dell’abbacchiatura si estende talora a un triennio. * ( Tom¬ maseo] ). — Bacchiatura non si di¬ rebbe. ABBOCCATURA. Quel punto dell’orlo di una coppia di'pane tondo, il quale rimane men cotto e più scabroso del restante della crosta. Vedi anche in Bàcio. — Cosi il Fanfani. Più spesso si dicono Abboccature que’ pani che vengono poco cotti perchè messi sulla bocca dei forno. — « Fare le abboccature — Rimet¬ tere in forno le abboccature. » ABBOCCATURE. V. Abboccatura. ABBRUSTOLIRE IL PANE. V. Arro¬ stire IL PANE. ABRÒSTINE e men comunemente A- BRÒST1NO. La vite salvatica, detta anche Lambrusca , la quale, colti¬ vata, perdendo molto l’aspro, serve a dar colore, forza e corpo alle altre uve e a governare i vini nelle botti; uindi prende in questo caso il nome i Colore o Colorino , che si dà an¬ che ad alcune varietà di Canajuolo. — « L’abrostine è la concia e la me¬ dicina de* vini grossi e deboli... per¬ chè gli tira, colorisce e aggrandisce, mezzo spicciolato nelle botti e bol¬ lito. * ( Davanzali ). Noterò una volta per sempre in questa prima voce riferentesi all 'uva, che i nomi dati ad essa son quasi sempre comuni alla vite che li produce. ABRÒSTINO. V. Abròstine. ACCASTELLARE. Att' Lo dicono i fruttai uoli dei disporre le frutte nei panieri, o meglio, al disopra dell’orlo di essi, in forma di piramide. — « I fruttajuoli fiorentini sono famosi per accastellare le frutte. » — « Le ac¬ castellano perchè facciano più bella figura. » ACCASTELLATO. Part. pass, e agg . da Accastellare . — « Frutte acca¬ stellate — accastellate bene — molto trascuratamente — alla peggio. » ACCIÙGHERO. V. Règamo. ACERBÉTTO. Dim. di Acerbo ; Al¬ quanto acerbo. — « Frutte acerbette.» — « Uva acerbetta. » — « Le mele sono ancora un po’ acerbette. » — Il popolo preferisce Acerbino (V). ACERBÉZZA. Astratto d 'Acerbo, così j come Acerbità, ma non molto comuni DEL MANGIARE E DEL BERE 747 nel senso proprio. — « L’acerbità delle frutte immature. » — « Alcune frutte non perdono mai una certa loro na¬ turale acerbezza. » — Acerbezza pare che alluda maggiormente al sapore; Acerbità allo stadio più lontano dalla maturità . ACERBfNO. Dim. senza vezs. d' Acerbo. : — « Le ciliege sono ancora acerbine. » V. anche Acerbétto. ACERBISSIMO. Superi, d' Acerbo. — « Uve acerbissime. » ACERBITÀ. V. Acerbézza. ACÈRBO. Aggiunto delle frutte non ancora venute a maturità. — * Man¬ giava i fichi acerbi. » — « Lo pesche sono ancora acerbe. » Acerbo, detto dello frutte, vale an¬ che Di sapore aspro, come sono per lo più le frutte immature. — « Erano tanto acerbe quelle mele che m’hanno alleghito i denti. » ACETlNA. Y. Acetósa. ACETÓSA, detta anche, ma non comu- • nemente, ACETÌNA ( liumex acetosa )• Erba perenne a radice littonata, fu¬ sto eretto, foglie saetti formi, bislun¬ ghe: è comune nei prati, e viene spesso coltivata negli orti. I cuochi ne fanno salse, saporetti ed intingoli, e i medici la prescrivono come refri¬ gerante. Anche V Acetosella o acetosa mi¬ nore , o solecciola (Rumex aceto¬ sella ), e {'acetosa tonda o romana (Rumex scutatus) somministrano un sugo agretto che piace; e lo danno pure, in maggiore o minore quantità, le altre romici. — Nel Pistoiese la dicono Saleggiola. ACETÓSA MINÓRE. V. Acetósa. ACETÓSA TÓNDA o ROMANA. V. Acetósa. ACETOSÈLLA. V. Acetósa. ACINÉTTO. Dim. d’ Acino. — « Uve , che hanno gli acinetti piccini. * ÀCINO. Ciascuno dei granelli d'uva, di figura globosa o ovale, l'unione dei quali sul raspo forma il grappolo. Nel linguaggio familiare toscano si dice più volentieri Chicco. — « Uva con acini grossi e duri. * Acini , sono detti anche i semi che trovansi nel granello dell’uva, altri¬ menti Vinacciuoli. — « Acino viene inteso per quel seme che sta dentro la gj;ana deli’ uva. * (Vallisnieri). ACINOSO. Pieno di acini. Non comune. u La vite sugli arsicci monti Cho di grappi acinosi il palo aggravi, w Ohiabrera , AFFETTARE. Detto del pane, Tagliarlo in fette col coltello. • Non so come il maggior, detto Nardino, Nell’affettare il pan tagiiossi un dito. » Lippi. * AFFETTATO. Part. pass, e agg. da Affettare. — « Pane affettato per la zuppa. * — « Panierina per tenerci il pane affettato a uso de’ commen¬ sali. » AFFOGARE IL MUGNAJO. Suol dirsi quando nella pattona o nella polenda si mette troppa acqua in proporziono della farina, ed essa per conseguenza viene troppo sciolta e come una fa¬ rinata. E cosi dicesi di qualunque impasto che, volendolo far sodo, rie¬ sca troppo tenero. AGÀRICO. Genere di Crittogame, che differiscono dal Fungo propriamente detto, per ciò che il cappello ha nella parte inferiore di molto e sottili La¬ melle radiali, disposte come le stec¬ che di un ombrello* e fra le quali sono gli organi della riproduzione. Parecchio specie d’ Agarici, nella prima loro età, sono avviluppati nella Volvaf e, fatti adulti, mostrano il gambo cinto di un Anello. Alcuni fra gli agarici sono mangerecci, altri velenosissimi. AGLIAJO. Luogo piantato di agli. Agliajo, ha anche il significato di Vemlitor d’agli, detto altrimenti Agliaro. A Firenze, Agliaro! Cipol¬ loso ! è il grido di chi va attorno vendendo agli o cipolle. — « Chi vuole un buon agliajo, lo ponga di gennaio, dice il proverbio. » — « IL luogo piantato a aglio non si direbbe mai agliaro , ma sempre agliajo. * — « È passato Pagliaro. » AGLIARO. V. Agliajo. AGLIATA. Specie di savoretto il cui principale ingrediente è l’aglio trito e l’aceto: suole adoperarsi per con¬ dimento o di fagiolini o di zucchet- tine lesse. « Poi la mangiaro insieme con l'agliata. « Burchiello. AGLIATO. Aggiunto di pane, sul quale siasi stropicciato dell'aglio, come usa la povera gente, per mandarlo giù con migliore appetito. — « La pan¬ zanella o saiunta è una fetta di pane aszliato, arrostito che al tempo del¬ l’olio nuovo si tuffa in esso, e poi si sala. » 748 DEL MANGIARE E DEL BERE AGLIETTINO. Dim. e vezz. di Ag lio. — « Agliettini minuti e teneri. » — « Un po’ d’agliettino ci starebbe bene in quella salsa. » AGLIÉTTO. Dim. (l'Aglio; segnata- mente d’aglio giovane e fresco o in erba. — « Insalata con gli aglietti. » E in senso vezzeggiativo. — « Un po’ d’aglietto ci vuole nelle polpette. » ÀGLIO ( Allium sativum). Pianta bul¬ bosa, perenne, che somministra uno de’ condimenti più forti e più adope¬ rati nelle cucine. — « Casa mia, donna mia, pane e aglio vita mia. * — « Tu puzzi d’aglio. » — « A indicare che l'aglio è il condimento più in uso flesso i contadini, un proverbio dice : .'aglio è la spezieria de’contadini. » ÀGLIO CAPITUTO. Quello che ha il capo formato, che ha un bel capo. ÀGLIO MÀSCHIO. Sorta d’aglio che ha il capo intero e senza la divisione a spicchi. Dicesi anche, secondo il Palma, Tamburino . ÀGLIO SPICCIIIUTO. Quello che ha gli spicchi ben distinti. AGLIPÒRRO ( Allium scorodoprasum) Pianta che ha le foglie del porro e il capo dell’aglio. AGNELLÒTTI. Pasta di farina di grano, fatta generalmente in casa, ma che si vende anche dai pastai, tirata a uso lasagne, con dentro un ripieno, per lo più di polpa di cappone o di altro pollame, pesta con varii ingre¬ dienti, e che si cuoce nel brodo per minestra. — « Agnellotti nel brodo di cappone — Agnellotti asciutti col sugo di stufato. » AGOSTINO. Dicesi di Frutte che ma¬ turano d’Agosto, e segnatamente di una specie d’uva precoce, dai grap¬ poli grossi e fitti con acini bislunghi di colore paglierino e verdognolo. — « L’uva agostina, detta anche Lu- gliola , è, come quasi tutte le frutte precoci, piuttosto scipita. * AGRÈSTA. A modo di sostantivo, non comune ma vivo, per Agresto , specie d’uva che non matura mai perfetta¬ mente. AGRESTINI. Si dicono così le cioc- chette d’uva non venuta a matura¬ zione, che rimangono sulle viti dopo la vendemmia. — « O Domenico, per¬ chè lasci questi grappoletti ? — Non vedi che sono agrestini?! * — « 1 ragazzi vanno dopo la vendemmia a raspollare, e mangiano tanti agrestini da ammalarsi anche gravemente. * AGRESTINO. Dim . con vezz . di Agre¬ sto nel senso di Salsa. Non comune, ina può cadere opportuno. AGRESTINO. Agg. Che ha sapore di agresto. — « Àcini agrestini e non maturi. — Uva sempre agrestina. * (Soderini). AGRÈSTO. Chiamasi l’uva immatura, acerba e tuttora verde. Anche chiamasi Agresto il liquore agro che se ne cava, spremendo l’uva con lo strettoio, o ammaccandola in mortajo, e serbasi per condimento invece dell’aceto o dell’agro di limone. Il miglior agresto si cava dall’ 27ea di tre volte ( vitis vinifera tri fera), alla quale perciò si dà comunemente il nome di Agresto. AGRO. V. Agro di limóne. AGRO DI LIMÓNE ed anche assoluta- mente AGRO. Il sugo che è nella polpa del limone. — « L’acro di li¬ mone è un poco più pigro dell’aceto e del vino nell’uccidere i lombrichi. » (Redi). — « Limoni con poco — con molto agro. * — « Le macchie d’agro di limone non vanno via perchè man¬ giano il colore. » AGRUME. Si disse già per quell’or¬ taggio che ha un odor forte, e un sapore gagliardamente acre,- come sono le Cipolle, gli Agli, i Porri, i Pe¬ peroni, e simili. Oggi si dicono Agrumi soltanto certi frutti odorosi, di sugo agro e gratissimo, come i Limoni, 1 Cedri, le Arance, e simili, e così pure gli al¬ beri che li producono. — « Mangiare molti agrumi. » — Serre d'agrumi. * AGRUMÉTO. Luogo piantato di agrumi. « Gli agrumenti del Napoletano — della Sicilia. » ÀLBATRA. V. Corbézzola. ALBICÒCCA. Frutto dell’albicocco (Pru- nus armeniaca o Armeniaca vulga- ris). È di forma globosa, talvolta un po’compressa, o leggermente ovata, con la buccia finamente vellutata, di colore più o meno rauciato, e rossic¬ cia dalla parte che guarda il sole; col nòcciolo ora aderente alla polpa ed ora no, ottuso da un lato, e dal¬ l’altro tagliente, e colla mandorla amara in alcune varietà, dolce in altre. — « Essendo volgare pregiudizio che le albicocche siano nocive (forse a cagione delle loro mandorle che con¬ tengono acido prussico): i venditori di esse gridano per le vie di Firenze: V ho la febbre ! V ho la febbre! * ALBICÒCCA DI GERMÀNI A. Una delle più grosse che si conoscono, di forma DEL MANGIARE E DEL BERE 749 rotonda, allungata, compressa un poco sui lati, di polpa sugosa, ma poco saporita. ALBICÒCCA NOSTRALE o MELIACA men comune. Di polpa molto sugosa, assai dolce, di forma rotonda e di un bel giallo. ALBICÒCCA PÈSCA. Coperta di una lanugine più abbondante e più fina che nelle altre varietà, di polpa de¬ licata, il cui sapore s’accosta a quello delle pesche e col nòcciolo bucato alle due estremità. ALBO. Aggiunto d'una qualità di Fico globoso, di buccia bianca, che matura in primavera e in autunno, ed è quindi flore e settembrino. ALEÀTICO. Sorta d’uva dai grappoli piccoli con granelli radi, piccoli, tondi e di buccia sottile, che divengono nella maturità di un color di rosa spruzzata di ruggine. Il nome ^alea¬ tico è comune alla vite, all’uva e al vino che se ne fa, piuttosto dolce e molto stimato. ALFABÈTO. Sorta di pasta da minestra tagliata in forma delle varie lettere dell’alfabeto mescolate insieme. A LISTE (fico). V. Poponcìno (fico). ALLEGAMÉNTO e ALLEOIIIMÉNTO. Dotto dei denti, L’allegarsi o L* alle¬ ghisi.— « Dicono che il fregarli con un po’ di midolla di pane faccia pas¬ sare l’alleghimento de’ denti. * ALLEGARE o ALLEGHIRE i DÈNTI. Dicesi di cosa acerba e acida che, mangiandola, produce nei denti quella molesta impressione che li rende come intormentiti , e per qualche tempo inetti al masticare. — « Le sorbe acerbe — i limoni fanno allegare i denti * — « Ti alleghirai i denti con coteste mele acerbe. » E rifl. : — « Mi si sono alleghiti i denti. » Anche suoni aspri , come quello d’ una sega, d’ un bicchiere stropic¬ ciato e simili, si dice che fanno alle- ghire i denti. ALLEGATO, ALLEGH1TO. Pari. pass. e agg. da Allegare e da Alleghire. — « Ho tutti i denti talmente alle¬ ghiti per via di quelle benedette su¬ sine acerbe, che non posso più ma¬ sticare. * ALI.EGHIMÉNTO. V. Allegaménto. ALLEGHIRE I DÈNTI. V. Allegare i DÈNTI. ALLEGHITO. V. Allegato. ALLÓRA. È nome volgare di una qua¬ lità di Pera non molto grossa, di ec¬ cellente sapore, di buccia liscia e pen¬ dente al giallo. Una varietà di questa, meno comune , è detta Allorona. — « Le pere allora sono molto note o stimate in Toscana. » ALLORONA. V. Allóra. AMADÒTTA. Aggiunto di una qualità di Pera che matura in ottobre. — « Le pere amadotte, dicono che ci vengano dal francese Amadote , e que¬ sto da una supposta Dame Óudotte che prima le ottenne in Borgogna. Atto di fede. * — S’usa anche a modo di sostantivo. — « Un pajo d’ama- dotte. * AMARASCA. V. Ciliègia amarasciiìna. AMARÈNA. V. Ciliègia amaraschina. AMARÉTTI. Lo stesso che Amarini. E si usa l’intercalare dei venditori: Amaretti bollenti. AMARI NI o AMARÉTTI. Piccole paste dolci spugnose, fatte di farina, uova, zucchero e mandorle amare pestate. — « I venditori d’ amaretti gridano per le strade, Amarini, signori! » V. anche Amaretti. AMBRÉTTA. Aggiunto d’una specie di Pera che matura in ottobre, così detta, credo, dal colore gialliccio. AMMACCARE. Att. Detto delle Frutte, è Batterle comecchessia ingenerando così in esse un principio di decom¬ posizione. — « Guarda di non le am¬ maccare quelle pere, se no in pochi giorni marciscono. * E riflessivo : — « Le mele s’ammac¬ carono tutte per viaggio. » — « Se ti cascano di mano s’ammaccano. » AMMACCATO. Part. pass, e agg. da Ammaccare. Dicesi di quelle frutte relativamente sode, come Pere, Mele e altre simili, le quali, o per grandine, o per cadute, o per colpo, si trovano alquanto guaste al di fuori- — « Le frutte ammaccate si separano dalle altre, perchè, essendo soggette a marcire, non guastino anche quelle che hanno vicine. » AMMACCATURA. L’ ammaccare e II segno che ne rimane. — « Mele tutte piene d'ammaccature. » — « Non ha che un’ ammaccatura da una parte, ma non è bacata. » AMMACCATURINA. Dim. di Ammac- calura ; Piccola ammaccatura. — « Le mele mi arrivarono sanissime, salvo qualche ammaccaturina. » — * Cat¬ tive queste mele? Oh Dio! per qual¬ che ammaccaturina! * AMMEZZIRE (con le due zete aspre 750 DEL MANGIARE E DEL BERE come in Vezzo). Neutro. Dicesi delle frutte quando Rono tra il maturo e il marcio. — « Nell’ammezzire le frutte conservano o acquistano il sapore dolce, ma il loro colore si fa più scuro e hanno apparenza di fraci¬ dezza. » — « Le pere d’estate ammez¬ ziscono in poco tempo se si tengono in luogo caldo. * AMMEZZITO. Part. pass, e agg. da Ammezzire. Più comune Mézzo (V.). ÀNACE, ÀNACIO, ÀNICE [Apium ani- sum , o Pimpinella anisum). Piccola pianta annua che nasce spontanea in Sicilia: ha lo stelo ramoso, le foglie d’un verde biancastro, le radicali semplici, cuneiformi ed incise nella cima, le altre composte; i fiori bian¬ chi, piccoli, in ombrelle terminanti; il seme oblungo e leggermente striato, lanuginoso, di sapore aromatico. Anaci , plurale, sono i semi dell’a¬ nace; che si usano per condimento di certe vivande, e più specialmente per dare odore e sapore a certe paste dolci. — Anice suona affettato a’ To¬ scani ; il più popolare è Annoio. — « Odore —sapore d'anacio — d’anaci. » ÀNACI IN CAMÌCIA. V. Anaci'ni. ANACIATO. Che ha odore e sapore d’anacio. — « Acquavite anaciata. » ANACfNI, sempre in plurale. Così chia- mansi a Firenze que’ Confetti picco¬ lissimi, che hanno per anima un ana- cio, e che a Pistoja si chiamano Piz¬ zicata, ed anticamente, anche a Fi¬ renze, Treggèa. Si dicono pure, e molto comunemente. Anaci in cami¬ cia. ÀNACIO. V. Ànace. ANANASSO. Frutto, o meglio. Prodotto de’ semi abortiti della Bromelia ana¬ nas ’f simile per la forma a una grossa pina, di color giallognolo esterna¬ mente, biancastro al di dentro, d’o¬ dore e di gusto soavissimo. È molto adoperato per profumare bevande, dolci e gelati. ÀNCORE. Pasta da minestre, cosi detta perchè ebbe dallo stampo questa forma. ANÈLLO, detto anche, ma non popo¬ larmente, Ghièra e da taluni Col¬ letto e Coli. arino. È una zona o armilla, da cui è cinto nella sua parte superiore il gambo di alcuni agarici mangerecci, ed è il residuo della volva che dal gambo si protendeva al mar¬ gine del cappello. ANÈTO {Anethum graveolens). Pianta quasi simile al finocchio, ma di fusto più basso o ramoso, di foglie più corte e più minute. Si coltiva pe’ suoi semi, 1’ odore dei quali, mentre sono freschi, è forte e fetido ; quando son secchi, aromatico. È detto anche Finocchio puzzolente. « Un alto pino al primo crollo svelse, E svelse dopo il primo altri parecchi, Come fosser finocchi, ebuli, aneti. * Ariosto. u Vera il timo, l’aneto, il petroscllo. * Corsini . ANGÈLICA. Aggiunto di una sorta di Pera d’autunno o d’inverno, dal suo grato sapore. — « Le pere angeliche son molto stimate, ma non quanto le pere spine. * ANGIOLA. Aggiunto d’ una qualità d’Uva, così detta forse dalla sua squi- . sitezza. — « Pergolato d’uva angiola e di uva moscadella. * ÀNICE. V. Ànace. ÀNIMA (della noce). È una laminetta legnosa e pieghevole, liberamente in¬ castrata e frapposta fra i lobi, ec¬ cetto che nel centro del gheriglio, dove è l’attaccatura comune dei quat¬ tro spicchi. ÀNIMA. Chiamano il primo ingenerarsi della castagna entro il riccio. — « Alla metà di agosto si forma l’anima del riccio, dalla quale, come di suo seme, si fa poi la castagna. Come la stagione accompagna i cardini , che abbian luogo a prender Fanima, e’ se ne spera una dovizia. » {Palma.) ÀNIMA. Il seme do’ frutti che è rin¬ chiuso dentro al nocciolo e dal quale nascono lo. piante; altrimenti c più comunemente Mandorla nel linguag¬ gio familiare. Qualche volta in un nocciolo si tro¬ vano due anime; di qui il modo di dire: Esser due anime in un noc¬ ciolo riferito a due persone che siano strettamente unite tra loro in ami¬ cizia. ÀNSERI. La nota il Carena come sino¬ nimo di Vecchióni (V.): ma è voce oramai fuor d’ uso in Toscana, salvo forse in qualche paesetto delle mon¬ tagne pistojesi. APPANARE. Att. e ass. — Ridurre in forma di pani la pasta. — « Ci ho da appanare tutta questa madiata di pa¬ sta. * — « Prima d’appanare, prepara una bella schiacciata. » APPANATO. Part. pass, e agg. da Appanare. — « La pasta appallata si DEL MANGIARE stende sull'asse e si cuopre col pan¬ nello. » APPASSIRE. Neutro . Divenir passo. — « Frutte lasciate appassire sull'al¬ bero — farle appassire in casa — al sole. » APPASSITO. Part. pass, e agg . da Appassire. — « Uva appassita. * APPICCIARE. Att. Detto de’ fichi, Di¬ sporli, Unirli in piccie. — « Il came¬ riere citato in Piccia di fichi secchi , appicciava i fichi con lo sputo ! » APPIÒLA e APPIUOLA. Aggiunto d’una qualità di Mele piccole , ordi¬ nariamente colorite df un bel rosso acceso, e assai serbevoli. — « Le mele appiuole son così detto, secondo alcuni filologi di molta buona fede, da Appio Claudio che primo no ot¬ tenne per mezzo d’ innesto: secondo altri dal greco vAiwov, Pera, perchè riuniscono il verde della pera al rosso della mela. * APPIUOLA. V. Appiòla. ARÀNCIA, ARÀNCIO, MELARÀNCIA. Il frutto dell’Arancio, una delle spe¬ cie più note del genere Cedro ( Citrus aurantium). In Firenze si dice sem¬ pre Arancia ; Arancio in Toscana e fuori: meno comune di tutti è Mela¬ rancia: la pianta sempre Arancio. L'arancia dolce è regolarmente ro¬ tonda , qualche volta schiacciata o bislunga: ha la corteccia esterna di colore giallo dorato (onde il nome dai latino Aurantia), aromatica; l’interna, bianca, insipida, spongiosa; la polpa divisa in nove o undici spicchi. ARÀNCIA AMARA. V. Arancia fòrte. ARÀNCIA DA MANGIARE. V. Aran¬ cia DÓLCE. ARÀNCIA DAL SUGO RÓSSO. Vedi Arancia di Malta. ARÀNCIA DI DUE COLÓRI. V. Aran¬ cia TURCA. ARÀNCIA DI MALTA o ARÀNCIA DAL SUGO RÓSSO. Varietà d’arancia dolce, che ha la polpa sparsa di macchie sanguigne che traspariscono anche al di fuori. ARÀNCIA DI PORTOGALLO, detta anche assolutamente PORTOGALLO. Varietà d’arancia dolce, dalla buccia liscia, lucente o talmente sottile che a stento si distacca dalla polpa. ARÀNCIA DÓLCE o ARÀNCIA DA MANGIARE. È l’arancia comune che ha la polpa molto sugosa, zuccherina e delicatamente profumata. E DEL BERE 751 ARÀNCIA FÒRTE o AMARA. Frutto del Citrus bigoradia. Ha la corteccia giallo-rossiccia, contenente molto olio volatile, caustico ed amaro, ricercato per le tinture stomatiche, per il ver¬ mouth e simili. Anche il sugo della polpa è agro ed amaro, e non serve che per condire le vivande invece del limone o dell’aceto. ARÀNCIA TURCA o DI DUE COLÓRI. Varietà d’arancia forte che è scre¬ ziata di giallo e di verde. ARANCIAIO. Colui che vende arance. — « Aranciaj e limonaj che urlano da assordire. » ARANCIATA. Colpo dato scagliando un’arancia. — « Si sentì arrivare — gli tirò un’aranciata nella testa. » — Per la bevanda di questo nome V. l’Articolo seguente. ARANCIÈRA. Luogo chiuso dove si custodiscono durante l’ inverno gli aranci ed altre specie d’agrumi. -- « In fondo al giardino c’ è una va¬ stissima aranciera. » — « Hai visto che magnifica aranciera ha il Mar¬ chese nella sua villa di Sesto? » ARANCfNA. Piccola arancia, in ge¬ nere. Più particolarmente diconsi aran- cine le arance forti , le quali si col¬ gono acerbe, cioè quando sono arri¬ vate circa alla metà della loro gran¬ dezza, e si candiscono intiere collo zucchero. Servono per questo uso anche le piccole arance della China. — « Arancine candite. * ARANCINA. Aggiunto di una specie di Pera da estate, e anche (almeno se¬ condo un esempio del Sacchetti) d’una specie di poponi. ARANCINO. Dim. di Arancio; e dicesi propriamente di alcuni aranci con piccole foglie e con piccolo frutto che vengono dalla China. ARÀNCIO)- V. Arancia. ARANCIÓNA. Acer, di Arancia. — « Che belle arancione ha esposto que¬ st’anno nelle sale del Comizio Agra¬ rio il giardiniere di casa B. ! * ARDILE. V. Soppediano. AROMÀTICO. Detto di certe erbe, nel linguaggio un po’ elevato, lo stesso che odorose, profumate ; ma ha senso più generico. AROMATIZZARE. Lo stesso, nel lin¬ guaggio un po’ elevato, che il cuci- nesco Drogare ; ma si dice piuttosto di bevande che di cibi; e ha senso più generico. ARÒMI. Nel linguaggio un po’ elevato 752 DEL MANGIAR s’usa per quello stesso che Spezie, spezierie o Droghe; ma ha senso più generico. ARRESTARE. Att, e neutro. Proprio degli ortolani che V adoperano nel significato di Mettere, Disporre in resta, gli agli e le cipolle. — « Sta¬ sera dopo cena arresteremo tutti quegli agli lì. » — « Le cipolle vo¬ glio arrestarle da me. * — « Abbiamo passato due sere a arrestare. » ARRESTATO. Part . pass, e agg . da Arrestare. — « Cipolle arrestate — agli arrestati da uno che non ci aveva pratica. * ARROSTIRE IL PANE. È il metterlo sopra una gratella a rete, con fuoco sotto, finché si prosciughi e prenda il color di nocciuola, o per inzupparlo nel caffè e altre bibite, o per fare zuppe con brodo, ecc. — Ad alcuni are improprio questo Arrostire detto el pane, e vorrebbero che si dicesse abbrustofire : nè forse han tutti i torti. Fatto sta che a Firenze non si dico se non Arrostire; e ai caffè si dice sempre Chifel o Semel arrosto. Così il Fanfani. ARROSTITO. Part. pass, e agg. da Arrostire. — « Pane arrostito per la zuppa.* — « Zuppa di pano arrostito. * ARRÒSTO. Part. pass, contratto di Arrostito e agg. V. Arrostire. ASINÀQCIO. Aggiunto d’una qualità di Fico. Era comune questo aggiunto a’ tempi dei Salvini ; non credo che adesso. ASPÀRAGIO. Lo stesso e più conforme all’origine che Sparagio , ma men co¬ mune in Toscana. ASSE. Quella tavola tagliata per lo lungo dell’albero, più o meno lunga e larga, alta generalmente un par di dita o così, sulla quale si mette il pane per mandarlo a cuocere al forno, e sulla quale i fornaj stessi mettono in fila le forme di pasta appanate. — « L’asse del pane si suol portare in capo. * — « Un asse — due — quat¬ tro assi di pane. » ASSOLARE. Disporre a suoli o a strati le frutte, e segnatamente i fichi, ne’ panieri. — « Quel pover uomo aveva f perduto mezza la mattinata ad asso- are i fichi ne’ panieri per portarli a Firenze, quando i ragazzi, nel ruzza¬ re, glieli buttarono tutti per la terra. » ASSOLATO. Part. pass, e agg. da As¬ solare. — « Fichi assolati ne’ pa¬ nieri. * — Per traslato familiare Di calca di persone. — « In chiesa — in platea — ci si stava assolati. * ! E DEL HERE A TÀGLIO. Co’ verbi Comprare, Ven¬ dere e simili, parlandosi di cocomeri e di poponi, vale Comprarli o Ven¬ derli , non già interi , ma smezzati perchè se ne possa vedere l’interno e giudicarne la bontà. — « Ne voglio ottanta centesimi di questo popone, ma glielo do a taglio, sa : se non è buo¬ no, resta per me. » — « Chi non è pra¬ tico di cocomeri è meglio che li com¬ pri a taglio, pagandoli piuttosto qual¬ che soldo di più, perchè è facile ingannarsi. * ATTACCATURE. « Termine de’ fornaj. Così chiamano quella crosta che ca¬ sca nel separare un pane dall’ altro quando è cotto. * ( Meini .) AUTUNNALE. Aggiunto delle frutte che maturano nell’ autunno, che si dicono anche più popolarmente D'au¬ tunno. — « Le mele appiole sono au¬ tunnali. * — « Fra le pere d'autunno ci sono le pere spine e le amadotte. * AVVASSOJ ARE, V. Ventolare. AZZIMÈLLA. Quel cibo di pasta azzima, in forma di cialda, che eli Isdraeliti sogliono mangiare per la Toro Pasqua. Dicono anche in plurale Gli azzimi. — « Per Pasqua gli Isdraeliti sogliono fare gli azzimi. * — « Dicono pure Gli azzimi i sette giorni dopo la Pasqua. * ÀZZIMI. V. Azzimèlla. ÀZZIMO. Aggiunto di pasta e di pano non lievitato. — S’usa più spesso in senso religioso o liturgico. B BACAMÉNTO. L’azione e l’effetto del Ba¬ care. Non comune. — « Altro negozio è qui chedi tarme e tarli, o bacamen¬ ti di susine, e cose simili. * (Redi.) BACARE. Neutro. Dicesi delle frutte nelle quali s’ ingenerano bachi e ne rimangono guaste e corrotte. — « Le mele bacano molto facilmente anche sull'albero. » — « Mandiamone tutti i giorni di quelle pere cne sono nella stanza delle frutte perchè cominciano a bacare. » — « Ilo osservato che queste ghiande bacano dentro , e fanno un sol baco, il quale bada a mangiarle fin tanto che è arrivato al perfetto suo crescimento. * (Redi.) BACATICCIO. Dim. di Bacalo ; Alquan¬ to bacato. — « Mele bacaticele. * — « Prenda di queste che non sono ba- caticce. » — Non comune. BACATO. Part. pass, e agg. da Bacare. DEL MANGIARE E DEL BERE 753 Dicesi delle frutte che sono o furono punte e rose da un interno baco o larva di qualche insetto. — « Le frutte bacate fanno bacare le sane. » — « Mi portò un paniere di mele quasi tutte bacate. * BACATO. Sost. La parte bacata delle frutte. — « Butta via il bacato , e mangia la polpa sana. » — Non co¬ mune. BACCEI LÀCCIO. Pegg. di Baccello . — « Baccellacci strafatti — duri. * BACCEI. LAJO. Campo seminato a bac¬ celli. e anche, Venditore di baccelli. — « In modo proverbiale si dice Pa¬ drone del baccellaio chi rimane alla direzione di famiglia, negozio o si¬ mili. * BACCELLÉTTO. Dim . con un che di vezz. di Baccello. — « Compra due baccelletti per frutte. » — Anche nel primo senso di Baccello . — « 1 bac¬ celletti delle fave, de’ piselli. » — « Baccelletto di vainiglia. * BACCELLINO. Dim. vezz. di Baccello . — « Baccellini primaticci. » — E nel primo senso di Baccello per Guscio. — « I baccellini teneri de* piselli — de* fagiolini in erba. » BACCELLINO. Agg. Aggiunto di pianta che produce baccelli. — « Piante le¬ guminose chiamate volgarmente bac¬ celline. * (Gf. Targioni.) BACCÈLLO. Guscio nel quale nascono e crescono i granelli dei legumi. Nella campagna pistojese, il bac¬ cello è detto Gailessa , specialmente quello delle fave e de’ piselli ; a Lucca Baca. Nei vocabolarii trovasi pure GapliuofOy ma è voce poco usata. L’adoperò il Crescenzio in senso poco determinato, perchè ora vi corrisponde Baccello, ed ora Follicolo. Anche il Lastri parla dei gagliuoli delle fave. Baccello , detto assolutamente, cioè senz’altro aggiunto espresso o sottinteso, pigliasi volgarmente pel Guscio pieno delle fave fresche. — « Chi ha mangiato i baccelli spazzi i gusci. » «* Dipinto ha nell* insogna un ciel turbato. Che piove sopra un campo di baccelli. » Tassoni. L BACCELLÓNE. .Acer, di Baccello . « Ci portò le più bello favo grosso, I Che fanno Panno quei bei baccelloni. » Franzini. E nel senso di Guscio . — « Bac¬ celloni grossi de* piselli — de* fa- giuoli. » Fanfani . D. M. BACCHIARE. V. Abbacchiare. BACCHIATO. V. Abbacchiato. BACCHIO. Lungo bastone che serve er abbacchiare le frutte dagli ai¬ eri. — « Piglia un bacchio e butta giù un po* di noci — di castagne. * BÀCIO. Così chiamasi nell' uso fami¬ liare di Firenze Quel punto dell’orlo di una coppia tonda di pane, il quale rimane men cotto e più scabro che il restante della crosta; e ciò procede dall’ essersi esso pane appiccicato nel forno con un altro. — - C’è chi è ghiotto del bacio. — 11 bacio del pane non mi piace. » BACO. Nome generico per significare tutte le specie di larve di insetti che rodono e guastano le frutte. — « Pere col baco. * — « Mele panaje piene di bachi. * BACO. Voce dei fornai con la quale indicano un Cordoncino di pasta col quale fanno un fregio giro giro alla parte superiore delle ciambelle lavo¬ rate. — « Ciambelle col baco — senza il baco. » BALLÒTTA. Quasi sempre in plurale. Castagna fresca cotta nell’acqua con la sua buccia. Nel contado di Firenze e da’ vecchi si dice anche Succiola , ma è meno comune. Pe’ cittadini non vive Quasi più che ne’ modi proverbiali Andare in broda di succiole (Aver grande compiacenza di alcuna cosa) e Brodo di succiole per Brodo che non ha sostanza; ma anche il primo è quasi fuor d’uso e alle succiole si sostitui¬ scono più comunemente (o per cor¬ ruzione, o come mi par più probabile, per dimenticanza della forma disu¬ sata) le giuggiole. — « Mettere ai fuoco le ballotte — sgusciarle — mangiarne un pajuolo. * — Quasi proverbiale; « Ballotte e vin nuovo. » — A Pistoja le Ballotte le dicono Ballotti : a Arezzo Balocie e Baloci; a Massa Marittima Balloccie; a Lucca Ballocciori. » BARBA. Comune accorciamento di Barbabietola . — « Barbe e patate in insalata. » — Cominciandosi le bar¬ babietole cotte a vendere sul principio d’autunno, suol dirsi in modo pro¬ verbiale : « Come passano le barbe, scemano le giornate. » BARBA DI CAPPUCCINI. Sorta d'erba a steli d’un verde cupo, lunghi e sottilissimi. BARBA DI CAPPUCCINI. Pasta da mi- nestra più fina ancora dei Sopracca - 49 754 DEL MANGIARE pel lini , cosi detta per similitudine. Appartiene alle paste sopraffini. BARBA DI RADICCHIO. Specie di in- salata vernina, che anche si mancia cotta, ed è radicchio con la radice attaccata. A Lucca la chiamano Ca¬ pocci dna. Il radicchio è detto nel Senese Tornasole , o si vuole che cosi si chiami perchè, quando è adulto, si vede alla mattina far bella mostra de* suoi fiori turchini. 11 Crescenzio "li dà il nomo di Sponsasolis e an¬ che di Sotsequio. BARBABIÈTOl A {ne fa vufgaris). È coltivata da un pezzo negli orti per gli usi della cucina, ed ora anche nei campi per foraggio in grazia della sua grossa radice, la quale si dà af¬ fettata al bestiame, specialmente al vaccino che si alleva per l'ingrasso o pel latte. Viene adoperata anche per la fabbricazione dello zucchero. Si mancia cotta in forno o lessata e condita in insalata. •— « Zucchero di barbabietola. * — « Le barbabie¬ tole si dicono in Firenze più comune¬ mente Barbe. * BARBABIÈTOLA BIANCA o BIANCO- RÓSSA o MOSCADÈI LA. Si pre¬ ferisce alle altre per l'alimento del bestiame: ha la radice a forma di pera, poco ingrossata, tessitura com¬ patta, internamente bianca. Una sottovarietà della Barbabietola bianca si suole indicare col nome di Barbabietola da zuccherot ed anche con quello di Radice d' abbondanza , o Radice di carestia. Questa, colti¬ vata in terreno sciolto e ben conci¬ mato, cresce a notabile grossezza. BARBABIÈTOLA BIANCO-RÓSSA. V. Barbabiètola bianca. BARBABIÈTOLA DA ZÙCCHERO. V. Barbabiètola bianca. BARBABIÈTOLA GIALLA. Ha la ra¬ dice di forma variabile, spesso ap¬ puntata ai due capi ed in gran parte scoperta, la buccia di un bel giallo dorato, la carne bianca, leggermente tinta dii paglierino negli strati più esterni, tenera, di buon sapore. BARBABIÈTOLA MOSCADÈLLA. V. Barbabiètola bianca. BARBABIÈTOLA RAPA. Ha la radice tutta sprofondata nel terreno, tal¬ volta concava nella parte superiore, più radamente arrotondata, di color rosso porporino, a carne bianca, in¬ tersecata da zone di un rosso più chiaro : vuoisi la migliore per gli usi e del bere della tavola. È quella appunto che si dice Barba , quasi per antonomasia. BARBABIÈTOLA RÓSSA. Si distingue per la radice rotondeggiante o bislun* a cilindrica, sovente per metà fuori el suolo, per la buccia di un rosso più o meno carico, e per la polpa bianchiccia, a zone di un bel color di rosa. BARBAFÒRTE, CRENNO {Cochlearia Armorceia o Raphanus sylrestris). Erba che nasce nei prati umidi e sul margine dei ruscelli, e si coltiva ge¬ neralmente negli orti per la sua ra¬ dice a fittone, simile a una carota, bianchiccia, ramosa, di sapore forte e piccante che si gratta e si mescola con aceto per mangiarsi col lesso a guisa della senapa. — « La vera voce italiana è Barbaforte , ma pure la si sente chiamare oramai molto spesso, specialmente nelle trattorie e dalle persone del medio ceto e delTalto, Creano , italianizzando la parola te¬ desca. » BARBARÒSSA. Uva dagli acini grossi, di buccia sottile e di mezzo colore tra l'uva bianca e la nera, quasi color di rosa. — « La barbarossa dà un vino leggiero d'un rosso pallido. * BASILICO f Ocymum basilicum ), Erba nativa delLlndia e della Persia, ge¬ neralmente coltivata negli orti, ne* giardini, ecc. per il suo gradevole olezzo, e per servire di condimento aromatico a certi cibi: ha il fusto diritto, con rami folti, più o meno divergenti, a foglie ovate, od ellitti¬ che, munite di un lungo picciuolo. — « Mettici per odore due foglie di basilico. * BASILICO ANACIATO. Varietà di Ba¬ silico che ha un odore somigliante a quello degli anaci. BASILICO CEDRATO. Varietà di Ba¬ silico con foglie assai grandi, simili a quelle del cedro. BASILICO GENTILE. V. Basilico pino. BASÌLICO NANO. V. Basilico pino. BASILICO PINO, detto anche Gentile e nano. Varietà di Basilico, che nella sua piccolezza ha la figura del pino. BASÌLICO SALVÀTICO. Cosi chiamasi volgarmente la mentha pulegiumy e il cinopoditim vulgare. BASTARDA. Aggiunto di una specie di Pera che matura d’estate. — « Le pere bastarde, se non sbaglio, hanno ìa buccia piuttosto grossa e dura. » BASTONCÈLLI. Nome generico di pa¬ ste dolci, lunghette, schiacciate o ci- DEL MANGIARE È DEL BERE 755 lindriche, in forma di bastoni. — Più specialmente, Paste con zucchero o miele e anaci, cotte o no nelle forme, fatte a guisa di piccoli bastoni in¬ graticolati. « Farora far berlingozzi o bastoncelli. • Buonarroti, BASTONCINI. Lo stesso che Baston¬ celli, ma più gentili e più fini. BASTÓNI. Sorta di pasta dolce, leg¬ giera e spugnosa, fatta in forma di piccolo bastone (un palmo o cosìi che per lo più s’intinge nel caffè e latte. BATÙFOLL « Sorta di gnocchi, fatti di farina di gran turco, o anco di grano comune, e conditi con cacio e bur¬ ro. » ( \feini .) BAVA. « Di pano fatto di farina troppo stacciata e però dinerbata, dicono : Gli è una bava — e anco: Gli è una biascia. » (Meini). BAVÉTTE. Pasta sottilissima da mine¬ stra in forma di minuti nastrini. BAVETTINE. Dim. di Bavette: Bavette di qualità più fina e più minute. BERGAMÒTTA. Aggiunto di parecchie varietà iti Pere, alcune d’estate e al¬ tre d'inverno, come Bergamotta del signore , Bergamotta bianca , Berga¬ motta d'estate , d’autunno , reale , vergata , ecc. Son così dette dal pro¬ fumo della loro polpa che rammenta quello del Cedro bergamotto. Dice il Tommaseo che il nome viene dal turco, e varrebbe Pera da signore. BERGAMÒTTO. Frutto d’una varietà di Cedro del medesimo nome (Citrus ber gamia vulgaris ), più piccolo della arancia ordinaria, e dalla cui cortec¬ cia si estrae un olio particolare pro¬ fumatissimo che serve particolar¬ mente alla preparazione dell’essenza di bergamotto. BERICÒCOLO. « Sorta di Confortino o pasta dolce, fatto con farina e miele, in forma di un mostacci uolo. I mi¬ gliori ci vengono di Siena. * (Ili- gutini). — Non so se sia molto comune: il Dizionario di Torino pre¬ mette a questa voce la croce mor¬ tuaria cosi come a Bericocolajo , Fa- citor di Bericòcoli o Bericuocoli. BERICUÒCOLO. V. Bericòcolo. BERLINGÒZZI. Pasta dolce, in forma di ciambella a spicchi, fatta di farina intrisa con uova e zucchero. Non co¬ mune in Firenze, — « Un di loro serviva a far berlingozzi, ciambellette e paste fini. » ( Firenzuola ). « Il nostro Castel di Barberino Noto per berlingozzi o panuo Uno. » Corsini. BIASCIA. V. Bava. BIÈTOLA. Nome speciale di una sotto¬ varietà di barbabietola bianca , con¬ trassegnata dallo sviluppo straordi¬ nario della costola di mezzo delle sue foglie, e che non fa lo SU i'o. Questa pianta coltivata negli orti fornisce in primavera certe erbucce, che, sotto il nome di Bietola da erbucce , o Bie¬ tola da zuppe, si adoperano in cu¬ cina; e più tardi le così dette Costole , le quali si mangiano acconciate con burro e cacio alla maniera dei cardi. « Minestra con le bietole. » — « Per far lo zimino ci vuol la bietola. * — « Come si dice esser come il prez¬ zemolo nelle polpette , di cosa o per¬ sona che non è molto valutata e c’è per un di più o per ripieno, così si dice Esser come la bietola ne tor¬ telli. * BIÈTOLA DA ERBUCCE. V. Biètola. BIETOLA DA ZUPPE. V. Biètola. BIETOLONE. Erba, dice il Rigatini, con foglie triangolari che alcuni man- iano come gli spinaci. — Forse è Atriple x hortensis. BISCOTTARE. Cuocere due volte in forno pane o pasto dolci perchè si conservino piu a lungo e perchè prendano, le ultime, miglior sapore. BISCOTTATO. Part. pass, e agg. da Biscottare. — « Pane — paste dolci biscottate. » BISCOTTERIA. Bottega dove si vendono Biscottini, Scuole, Pan di ramerino, Ciambelle e simili. E anche Assortimento di que’ dolci che si chiaman Biscotti. — « Un pa¬ niere colmo di biscotterie. * — « L’uso incautamente introdotto delle foglie del lauro regio per dar l’odore alle creme ed alle biscotterie e rosolii. * (Targioni.) BISCÒTTI. Paste dolci, secche, nelle uali entrano generalmente le man- orle pestate o in pezzetti più o meno grossi. Sono eccellenti inzuppati nel vino. — « Stamattina a buon’ora bevvi due bicchieri di malvagia con non so che biscotti, tantoché io non ho voglia niente di mangiare. » (Lasca.) BISCÒTTI DI NOVARA. Simili a’ nostri Savojardi, ma di pasta più prosciu¬ gata, più sottili, scuricci nella parte superiore, aspersa di zucchero in mi¬ nutissimi chiccolini, e giallicci nella inferiore. i 756 del mangiare e del bere BISCOTTINI. Paste dolci con zucchero e altro, cotte in forno fino a che non siano quasi secche. Ve ne sono di molte specie, ma in generale v’ entrano le mandorle tostate. — « Inzuppare due biscottini nel vino. * I biscottini possono essere in for¬ ma di bastoncelli* di losanghe, ova¬ li, ec., mentre i Cantucci son sempre a fette più o meno larghe e più o meno alte, essendo tagliati da un pezzo grande di pasta variamente ap- panata, o prima o dopo che fu cotta nel forno. Talora , dopo che vi fu tenuta un poco, se ne toglie, si affet¬ tano i cantucci e si rimettono in forno così tagliati a biscottare. BISCÒTTO. Sost. Pane schiacciato, du¬ rissimo, in forma di rotelle o di qua¬ drati, che serve a’ marinari in viaggio e an<*lie a’ soldati, massime in tempo di guerra. — « Fornire di biscotto una nave. » — « Un vecchio marinaro palermitano mi diceva che un pezzo di biscotto inzuppato nell’aceto for¬ tissimo, fa passare il mal di mare. » — « Un proverbio: Non bisogna im¬ barcarsi senza biscotto. » — « Il bi¬ scotto de’ marinari e de’ soldati non si sa perchè oggi s’abbia a dire Gal¬ letta con voce francese. » In questo senso s’usa quasi sempre nel singolare. BISCÒTTO. Aqg . Due volte cotto. — « Non mangiava se non un pane bi¬ scotto il dì. * {Cavalca.) BITONTÒNE. Aggiunto d’una sorta di Fico di forma quasi schiacciata o ammaccata. Ha esempi ; ma non so se oggi sia comune, u Questi fichi bitontoni Ch'io ne son gran mangiatore. » Lor . de* Medici. BIZZARRIA. Nome di un frutto che presenta lo strano e bizzarro accoz¬ zamento dell’arancia, del cedro e del limone. — « Pregai il giardiniere che volesse accomodarmi di alcune biz¬ zarrie. * {Redi). Non comune nè il nome nè il frutto. BÓCCA DI DAMA. Pasta delicatissima di mandorle, zucchero e torli d’uovo, che si serve in fin di tavola, o, come francesemente suol dirsi, al Dessert , e con la quale suol beversi il nostro Vin santo . b Come donna da casa o che sa bene Il gusto proprio e quello di chi Fama, In luogo di quei ninnoli ci tiene Bottiglie, che so io, bocche di dama, Paste, sfogliate ripiene di frutta, Tanto per non amarsi a bocca asciutta. » Q lutti. BÒCCO, Nome che i ragazzi danno a quella noce o a quel nocciolo, gene¬ ralmente più grossi , dei quali nel giocare a nocino o a nocciolino si servono per tirare sulla Cappa . BÒCCO IMPIOMBATO. Dicono quello nel quale introducono per un buco un po’ di piombo perchè nel tirare sulla cappa non sbalzi e il tiro sia più preciso. — « Generalmente è tenuta come una frode l’adoperare nel giuoco di nocino il bocco impiombato. * BÓMBE. « Certe paste sgonfiatiti, buone a mangiar fritte. Così dette dalla forma. Talora si riempiono di fega¬ tini battuti e s’impastano col riso. * {\feini). — « Bombe coll’odore di vainiglia bene inzuccherate. * — — • « Bombe di riso. * BONCERÈLLE. V. Bonciarèlle. BONCIARÈLLE o più comunemente BONCERÈLLE. Quasi sempre nel plu¬ rale. Specie di frittelle fatte con pasta di farina dolce cotte nella padella prima strofinata con una mezza mela unta d’olio. — « Faremo un pajo di padellate di bonciarelle * — * Man- iate calde, le boncerelle sono una elizia. * — « Le boncerelle le fanno anche i buzzurri. * BONIFÀTOLI. Pasta casalinga da mi¬ nestra che si fa spruzzando dell’acqua sul fior di farina, la quale si rag¬ gruppa così in pallottoline, che poi si fanno assodare al sole. BORDA. Aggiunto d’una specie di Mele autunnali, non molto grosse e di buc¬ cia scura. — « Le mele borde sono dette anche flnocchiette o finoc¬ chione. » BORGIANO. V. Morgiano. BORRÀGGINE. V. Borrana. BORRANA, BORRÀGGINE {Borrago officinali). Pianta originaria del Le¬ vante : ha le foglie verdastre, larghe, lunghe, ricoperte di un pelo corto assai duro. Si coltiva negli orti con l’erbe cibarie, ma se ne trova anche alla campagna ne’ luoghi incolti e fra i sassi. I suoi fiori, per lo più di color turchino, si adoperano per abbellire le insalate e si mangiano con esse; e delle foglie ancor tenere si fanno frittelle , specie di cibo assai comune in Toscana, fatto con fette di mela e foglie di borrana infarinate e fritte in padella. Borràggine non è comune in To¬ scana dove popolarmente si dico sempre Borrana. — « Le foglie gio¬ vani della borrana sono eccellenti mescolate con l’ insalata. » — « C’ è DEL MANGIARE E DEL BERE 757 chi adopera la borrana anche nella BRILLANTATO. Part. pass, e agg. da minestra. * < Brillantare . — « Pasticcini brillan- BÓRSA. V. Vòlta. | tati- * BOTTÓNI DI GARÒFANO. V. Garò- BROCCOLACCIO. Pegg. di broccolo. Fano. — * Broccolacci di rapa duri e fi- BOZZÀCCHIO e BOZZACCHIÓNE. « Su- losì- * . sina che prima di venire a maturità BROCCOLETTO. Segnatamente nel plu- intristisce, e, gonfiando oltre il con- rale, Dim. e vezz . di Broccolo. — sueto , divien vana ed inutile : onde « Buoni i broccoletti di rapa con un in maniera proverbiale Le susine di- po’ d’agliettino! » ventano bozzacchi o bozzarchioni d\- BROCCOLlNO. Segnatamente nel plu- ciamo di cosa che promette bene in rajei Mm . e vezz. di Broccolo. — sul principio e poi na cattivo esito; « Broccolini di rapa strascicati in pa- mamera adoperata pur da Dante. * della. » ir - - BRÒCCOLO. Quasi sempre in plurale BOZZOLARA. Femminile di Bozzola- ro (V.). BOZZOLARO. Colui che vende ciam¬ belle inzuccherate e simili paste dolci. Non comune, ma dell’uso. — Il PasUccinajo fa dolci più fini e più varii: il Pasticciere poi è il più ari- j stocratieo di tutti. BRACHE DI LANZO. V. Poponc.'no (fico). BRICIOLE. Piccolissime particelle di pane divise dalla midolla o dalla cro¬ sta,© volontariamente o per accidente. Diconsi anche Bricioli e Minuzzoli ; ma. briciole par più proprio della mi¬ dolla: bricioli e della midolla e della crosta; minuzzoli più proprio del pane duro o secco o delle briciole divenute secche. Poi i bricioli e le briciole paiono dire maggior picco¬ lezza e leggerezza de* Minuzzoli. — 1 « Midolla di pane che va tutta in briciole — ridurla in briciole per far le polpette. » — « Raccattare le bri¬ ciole sulla tovaglia. » — « In terra, al posto dov'è stato il piccino, c’è un monte di bricioli. * — « Serbare i minuzzoli di pane per le galline. » BRICIOLI. V. Brìciole. BRIGIDINAJO. Chi fa o vende brigidini, 1 specialmente in o casione di fiere e di feste civili o religiose. — « Banchi di brigidinai. » — « I bri iridi aai non vendono solamente brigidini, ma an¬ che altre paste dolci, come ciambelle, biscottini, e simili. » BRIGIDINI. Morselletti di pasta fatta con uova, zucchero e anaci, cotti, come i cialdoni, tra due forme, ma rotondi, e delio spessore di un soldo. BRILLANTARE. Dicesi per similitudine dai pasticcieri nel significato di Co¬ prire i panforti, i canditi, e altri dolciumi, di zucchero cristallizzato o chiarito. BRÒCCOLI. Cosi si chiamano i Talli delle rapo quando cominciano a fio¬ rire; ed anche i Grumoli di certe qualità di cavolo. Come poi i Broc¬ coli sono cosa non ancora venuta alla debita perfezione, e sono altresì cibo di poco saporo e di poca sostanza nutritiva, cosi Broccolo si usa per Semplice, Stupido, Balordo e simili. « Va là, che tu se’ un "ran brocco¬ lo. * — « Non lo vedi, broccolo, che fanno per burlai » — « Broccoli di rapa cotti nell’ unto delle bracioline di majale. » — Due broccoli di cavolo nero. * BRÒCCOLO ROMANO. V. Cavolo bròc¬ colo. BROCCOLONE. ^4ccr. di Broccolo. — « Broccoioni di cavolo tanto fatti. * BROCCOLÙCCIO. Dim. dispr. di Broc¬ colo. — « Alla servitù davano per colazione due broccolucci di cavolo strascicati in padella con molto aglio e poco olio. » BROCCOLUTO. Agg. da Broccolo ; Che ha molti broccoli. — « Cavoli brocco- luti — Rape broccolute. » BROGIÒTTO. Aggiunto d’ una varietà di fico di color nero o paonazzo al di fuori e dentro di un rosso vivido, di sapore dolce, ma mescolato di ad¬ detto grato: è de’ più tardi a matu¬ rare, e produce anche qualche fico fiore. Una varietà dicesi brogiotto bianco o romano. — « E* mi par di vedere que’ brogiotti fini, come piropi, con le lor lagrimette rilucenti coinè cristalli. * [Caro.) — « Per canzonatura dicono in Toscana fichi brogiotti i semina¬ risti vestiti di zimarre paonazze. » BRUCI. Pasta da minestra che ha la forma de* bruci che rodono gli er¬ baggi, essendo una specie di vermi¬ celli grossetti, lunghi un tre o quat¬ tro dita tutti a puntine o pelolini. 758 DEL MANGIARE BRÙCIA PISTÓJA ! È il grido de’ veri fiorentini venditori di cocomero. E lo dicono perchè da Pistoja vengono i cocomeri più belli e più rossi. BRUCIATA. Castagna arrostita con la buccia in una padella tutta bucherel¬ lata come un vaglio. — S’ usa più spesso in plurale. — « Fare una pa¬ dellata di bruciate. * — « Le bruciate si vehdono a misura, non a peso. In alcuni luoghi si vendono a due, a tre al centesimo. » — In quasi tutta la Toscana dicono Bruciate; nel Pisto¬ iese corrottamente Bruciate e Fru - giafe e quindi Bruciandola la Pa¬ della da bruciate . Il nome di caldarroste alle bruciate e di caldallesse alle ballotte, che ha molti esempi d’antichi e non è ancora morto del tutto fuor di Toscana, de¬ riva dal grido Calde arrosto ! Calde allesso! col quale i venditori lodano la loro merce. BRUCIATAJA. V. Bruciatajo. BRUCI ATAJO e BRUCIATAJA. Colui e Colei che cuoce e vende bruciati e ballotte. — « Questa è la padella che adoppino in oggi i nostri brueiataj. » ( Panciatichi ). u Nel mozzo v’han dipinto d’invenzione L'impresa lor, nella quale hanno espresso Sullo tre oro 1 vontieel rovajo Che ha spento il lanternone a un bruciatajo. • Lippi. — « Va’ dalla bruciala qui sulla cantonata a farti dare un mezzo litro di bruciate. » BRUCIATINA. Dim. e vezz. di Bru¬ ciata. — « Faremo due bruciatine e ci beeremo sopra il vin nuovo. * BRUCIMI. Dim. di Bruci ; Bruci di qua¬ lità più fina e più minuti. BRUTTA BUONA. Aggiunto d’ una specie di Pere d’estate che, brutte all’aspetto, perchè di buccia grosso¬ lana e d'un verde sporco, sono poi eccellenti a mangiarsi. BUCCELLATO. Pasta con zucchero, uova e anaci, biscottata in forno e a foggia di piccola ciambella. — * Buc¬ cellati di Lucca. » — « Alludendo a Lucca e a’ suoi famosi buccellati, il Fra Cipolla del Boccaccio dice a que’ gonzi di contadini, che egli andò in paese dove portano il pane ne* ba¬ stoni, e infatti i venditori ambulanti di buccellati sogliono portarli infilati ne’ bastoni. Poco fa due Lucchesi giravano qui per le vie di Perugia con due bastoni di buccellati e gri¬ davano : alla Lucca! alla Lucca ! » E DEL BERE BÙCCIA. Quella specie di pelle sottile che ricuopre la polpa di alcune frutte, come pere, mele, fiehiesimili. — « Leva la buccia alla mela. » — « Le buccie di mela bruciate danno un buon odo¬ re. » — « A me piacciono le buccie di fico seccate. » — « Sdrucciolò su una buccia di cocomero, e si ruppe una gamba. » — « L’aroma che poi si comunica al vino, risiede in gran parte nelle buccie dell’uva. » V. an¬ che Scòrza e Corteccia. BUCCATA. Colpo dato tirando una buccia. — « Lo presero a bocciate di popone. » — « Lo colse con una bucciata di cocomero in mezzo al fll delle reni. * BUCOIUTA. Suol dirsi dell’ uva, i granelli della quale hanno molta buccia e poco sugo. — «Uve piccole e bucciute, che danno quasi più vi- naccio che vino. » BUCHERÈLLO. V. Spugnuola. BUGI ARDA e BUGI ARDI M A. Aggiunto di una qualità di Pere d’estate, così detto perchè a vederle paiono acerbo e sono mature. — « Le pere più sti¬ mate, come la buoncristiana .... la bugiarda. » — « Si colgono le pere moscadelle, bugiardine e diacciuole. » (Magazzini). BUGIaRDINA. V. Bugiarda. BÙGNOLO. Specie di cesta fatta di vi¬ mini, e in certi paesi di sala o di paglia, con suo coperchio o senza, per mantener calde le ballotte quando chi le vende va in giro per la città. BUONCRISTIANA. Aggiunto di una qualità di Pere d’ estate, che non trovo in alcun vocabolario distinte dalle altre. V. Bugiarda. BURE. Aggiunto di una qualità di Pere che maturano sul principio dell’au- tuunc, di colore giallognolo, sparse in qualche parte di rosso. — « Il Ri- gutini fa le pere burè si no ni me dello burrone : credo che non siano la stessa qualità: ma è molto facile sba¬ gliare in queste distinzioni. * BURRÓNA. Quasi Della natura del burro. Aggiunto di Pesca e di Pera che hanno la polpa molto tenera. — « Le pesche burrone si dicono anche spicche , spiccacatoje , spiccagnole e simili. » — « Le pere burrone e le ere spine sono ritenute le più salu- ri, e si sogliono dare anche agli ammalati. » BUZZO. V. Trippa. BUZZURRO. Così si dicono a Firenze quegli Svizzeri che calano d’inverno DEL MANGIARE E DEL BERE in Italia a aprir vendita di pattona, farina dolce, bruciate, castagne e si¬ mili, e se ne tornano in primavera a’ loro monti. — « In via de* Ginori c’era a’ miei tempi un buzzurro fa¬ moso. * — « 1 buzzurri sono abilis¬ simi nel far la polenda, e la nettezza è la loro dote principale. » c CACCHI ATÈI. LA. Panino di piccola forma, scniacciato, a picce, di farina più lina, poco cotto, che serve segna¬ tamente per far le pappe a’ bambini. — « La voce cacchiatefla , sebbene assai comune, l'ho sentita una volta sola in bocca d’una povera vecchie- rella, un venticinque o ventisei anni fa, ed è per me la più antica e più cara memoria filologica. Ricorderò sempre la faccia smunta e gialla di quella povera veccliierella, gobba e sciancata, che là sulla piazzetta della Croce al Trebbio domandava a me l'elemosina per comprare una cac- chiatella al bambino che aveva in collo; e io, filologo in calzoncini bian¬ chi e gambe ignude, domandavo alla zia Teresa, buon’anima sua, la defini¬ zione della Cttcchiatelia. A que* tempi beati non pensavo di certo che avrei dovuto compilale un vocabolario me¬ todico , e che la definizione della cacchiatella mi avrebbe caramente commosso. » CALAMAGNA. Aggiunto di quella spe¬ cie di Mele che in Firenze si dicono più comunemente F» ancesche. CALDALLÉSSE. V. Bruciata. CALDARRÒSTE. V. Bruciata. CAMICIA. Così, secondo il Palma, si dice in Firenze la buccia iuterna delle castagne, che in altri luoghi si chiama Sansa , Pecchia , Roccia e Peluja . Il Rigutini dice la Sansa Quella po* di pellicola che rimane addosso alle castagne secche dopo la ventolatura. Io non saprei affermare quale di queste voci sia la più co¬ mune ; forse la preferibile ò Peluja . che, se non erro, è più fiorentina della camicia , e più propria della sansa e della roccia , se non forse anche della pecchia . CAMICIA. V. Vòlva. CAMPANA. Aggiunto di una qualità di Pere d’estate, dalla buccia verde 759 scura, un po’ bernoccoluta e che ram¬ mentano per la forma lo campane. — « Le pere campane sono fra le più comuni in Italia. * CAMPANÈLLE. Sorta di pasta tagliata da minestra in forma di cerchietti. CAMPANELLfNE. Dim. di Campa¬ nelle; Campanelle minute e di buco piccolino. CAMPANELLÓNE. Acer, di Campa¬ nelle; Campanelle grosse e di buco largo. CANAJUOLO. Specie d’uva assai dolce, così detta forse perchè si crede che piaccia molto ai cani per la sua dol¬ cezza. Ve ne ha molte varietà. u Dagli acini più neri D’un canajuol maturo, Sproni" u mosto si puro... • Ridi. CANAJUOLO COLÓRE. Uva quasi nera, di acini piccoli e radi, un po’ bislun¬ ghi e di buccia gentile. CANAJUOLO NÉRO GKÒSSO. Uva dai granelli piuttosto grossi che danno molto viuo tendente al dolce, ma poco generoso, senza spirito e snervato. CANAJUOL O NÉRO MINUTO. Uva di granelli men grossi del Canaiuolo nero grosso , un po’ bislunghi, detta comunemente Colore^ e serve, essendo dolce, a governare i vini acerbi e crudi. CANAJUOLO RÓSSO. Uva dai granelli grossi e bislunghi, di buccia gentile, di color rosso pieno, che partecipa del violetto. Serve per colorire e go¬ vernare gli altri vini. CANDELÒTTI. Specie di pasta da mi¬ nestra, simile a* cannelloni, ma più grossa e più corta. CANDIRE. Alt. Far bollire più e più volte delie frutte, intere o a pezzi, entro il siroppo di zucchero che le compenetra tutte, e così divengono dolcissime e si conservano a lungo. — « Candire le arancine — le buccie di popone. * E ass . — « I Genovesi son famosi per candire. » — « Confetturiere che non candisce bene. » — Neutro. — « Mettere le frutte a candire. * CANDITO. Pari. pass, e agg . da Can¬ dire. — « Frutte candite. * — « La famosa zuccata di Palermo, è un pezzo di buccia di zucca candita. » CANDITO. Sost. Frutte o pezzi di frutte candite. — « Uua scatola di canditi. » — « Cauditi di Genova — di Palermo. » CANNA LADRA. V. Ingólla. 760 DEL MANGIARI CANNÈLLA. Scorza accartocciata, gial- lo-rossigna, dei rami del Lauro Cin¬ namomo , e appunto Cinnamomo la dissero gli antichi, e direbbesi tuttora nello stil grave e poetico. — « Troppa cannella ci hai messo nella crema. » — Per condir le vivande s’adopera in polvere. CANNELLÓNI. Sorta di pasta bucata di minestra, piuttosto lunga (circa due palmi), della grossezza presso a poco di un dito. Generalmente si fanno asciutte col sugo di carne, col cacio e burro, e talora con salsa di pomodori. V. anche Maccheróni. CANNELLÓNI CÓRTI. Specie di Can- nelloni ma di minor lunghezza e più sottili. CANNICCIAJÀ. V. Seccatóio. ! CANNÌCCIO. V. Seccatóio. CANNONCÈLLI LUNGHI. Specie di pa- sta bucata da minestra che si mangia generalmente cotta nel brodo. CANNONCÉTT1. Dim. di Cannonciotti ; più sottili o più corti di questi. CANNONCINI. Pasta da minestra, più grossa dei Cannonciotti . CANNONCIÓNL Pasta da minestra; più piccoli e più corti de’ Cunnoncetti . CANNONCIOTTI. « Sono una minestra di paste simile ai cannelloni, ma più corti. Si mangiano conditi con cacio e burro, o cotti nel brodo, o ripieni di carne battuta, o anche in pasticci. — « Gli cascò, mentre mangiava, un cannouciotto ripieno sul ritratto, che aveva in petto, della dama. * [ Meini ). CANNÓNI. Specie di Cannonciotti , ma più lunghi e più grossi. CANNÓNI o CANNELLÓNI DA RI¬ PIÈNO. Pasta da minestra in forma di caunoucetti di media grandezza, lunghi un tre o quattro dita o così, che servono per ripieno a pasticci di carne. CANTI. Detto della noce, sono le spor¬ genze che fa il guscio nell’unione delle due parti. — « Per rompere le noci, generalmente si picchiano sui canti. » — «Le noci a tre canti crede il volgo che portino fortuna. * CANTUCCI. Pane biscotto con bianco d’uova, qualche torlo, un po’ di zuc¬ chero e anaci ; generalmente duro e croccante. — « Cantucci da inzup¬ pare nel vino. * — « Mangiar due cantucci per istuzzicar l’appetito. * — « Cantucci di Prato, durissimi, che a romperli secchi ci vuole il mar¬ tello. » v. anche Biscottini. : E DEL BERE CANTUCCIAJO. Colui che fa e vende cantucci. — « È venuto un cantuc- ciajo di Prato a metter su bottega a Firenze. * CANTUCCINI. Dim. vezz. di Cantucci. — « Cantuccini da farci la zuppa col vin santo. * CANTUCCfNO. Dim. e vezz. di Can¬ tuccio . — « Un cantuccino di pane intinto nel brodo — nella broda di fagiuoli. » CANTÙCCIO. Le parti da lato de’ pani tondi e le estremità de’ pani lunghi^ dove c’è più corteccia. — « 1 cantucci del pane sono più saporiti e più sani, perchè meglio cotti. » — «Fare la zuppa nel vino con un cantuccio di pane. » CAPANNÈLLA. V. Cappa. CAPÉL D’ÀNGIOLO. Pasta da minestra finissima di prima qualità, che si vende come in ciambelle o riccioli di capelli. CAPELLINI. Pasta da minestre, lunga, sottile, ma non tanto quanto il Capei Venere e il Capei d’ Anq eln o i So- praccapellini. Così detta dalla forma di grossi capelli. È minestra leggiera e di breve cottura. CAPELLINI A MATASSINE. Capellini finissimi ravvolti a mazzetto sopra sò stessi in forma quasi di ciambol- line. CAPO. Si dice il bulbo dell’aglio na¬ scosto sotto terra, dalla base del quale parte un ciuffo di radichette bian¬ chicce. — « Compra due capi d’aglio. * — « Tanto se ne sa a mangiare uno spicchio, dice il proverbio, quanto un capo d’aglio. * CAPPA. Al giuoco del nocino o del nocciolino, s’intende per cappa tre nòccioli messi accosto l’uno all'altro e sopra ancora un nòcciolo o una noce. — « Metter su la cappa — Pren¬ dere la cappa — Dare aila cappa. » La Cappa è detta anche Capannella , Casella e Castellina , ma i più co¬ muni in Toscana sono Cappa e Ca¬ stellina ; in Firenze Cappa. V. Gal¬ le t ro. CAPPÈLLA. V. Cappèllo. CAPPELLÉTTI. Sorta di pasta da mi¬ nestra, così detta dalla forma di pic¬ colo cappello, nella quale si mette un ripieno di salsiccia e di carne di pollo. Si fanno cuocere nel brodo o col sugo di carne. — « I cappelletti di Bologna sono i più famosi e si conservano a lungo. La morte dei cappelletti è nel brodo di cappone. » CAPPÈLLO e più comunemente CAP¬ PÈLLA. Quella espansione in forma DEL MANGIARE E DEL BERE 761 di disco, ora convesso, ora legger¬ mente concavo, ora ovulare, che sta sul gambo de' fungili e nel quale sono gli organi riproduttori. — « Lo cappelle dei porcini sono buone in padella. » — « Guarda che belle cap¬ pelle hanno questi funghi pratajuoli! * CAPPERÉTTO. Dim. di Cappero. — « Mangiandoli con una passera, i cap- peretti e’ rallegravano il cuore e de¬ stavano l’appetito. » ( Buonarroti .) CAPPERINO. Dim. vezz . di Cappero. — « Che capperini piccini ! — Ma come son buoni anche ! * CAPPERO ( Capparis spinosa). Segna¬ tamente in plurale. Pianta fruticosa, perenne e sempre verde, che nasce spontanea nelle fessure delle vecchie muraglie e nei terreni argillosi: ha le foglie tonde, lisce, alquanto car¬ nose, col picciuolo munito di due spine alla bisc; ha i fiori bianchi, ai quali succedono i frutti, che sono bacche bislunghe come olive, piene di polpa, con piccoli semi ro*si. Il cappero non vive coltivato negli orti, o trapiantato, ma per averne le piante si soffia il seme con un can¬ nello nei crepacci dei muri, o si pone in certi tubi di terra cotta che si adattano nei muri stessi o nei terra¬ pieni; onde è detto anche Cappero di muro. I Capperi , che si conservano sot¬ to 1* aceto per condimento di al¬ cune vivande, sono i fiori in boccia, ed anche i frutti immaturi di questa pianta, fatti prima appassire. — « Salsa di acciughe e capperi. * — « Sulle uova in camicia ci stanno bene i cap¬ peri sotto aceto. » CÀPPERO CAPPUCCINO. Segnatamen¬ te in plurale. Diconsi i bottoni dei fiori del Nasturtium indicum o Tro- pceolum majus, che si mettano sotto aceto e si adoperano come i capperi comuni. V. anche Nastùrzio indiano. CÀPPERO Di MURO. V. Càppero. CARAMELLAJO. Venditore ambulante di caramelle. — « I caramellaj ven¬ dono spicchi di noci, chicchi d’uva, spicchi d'arancio e simili, caramel¬ lati. » CARAMELLARE. Ricoprire le frutte o pezzi di frutte con un sottile strato di zucchero liquefatto nel quale si tuffano per un momento. Si dice anche del « Dare allo zucchero una lieve cot¬ tura, per la quale si rapprende e si cristallizza. * — « 11 caramellare lo zucchero è cosa di pratica. * (Rigu- tini). CARAMELLATO. Part. pass, e agg. da Caramellare. — « Zucchero caramel¬ lato. » — « Chicchi d'uva — spicchi di noce caramellati. • CARAMÈLLE. Pasticche fatte di zuc¬ chero liquefatto al fuoco e poi rap¬ preso in piccoli quadrettini color noc- ciuoia. Si dicono Caramelle anche le Frut¬ te ricoperte d’una crosta di zucchero cotto. — « Le caramelle son cosa da ragazzi. * — « Caramelle infilate in uno stecco: i caramellaj le sogliono vender cosi. * CAROIOFÀCCIO. Pegg. di Carciofo. — « Carciofacci tutti pelo e con tanto di spunzoni. » — « Carciofaccio stop¬ poso. » CARCIOFAJA. Luogo piantato a car¬ ciofi. — « Certi bruci pelosi.... quando avevano devastata una carciofaja , andavano ad impossessarsi d’un’al- tra. » ( G. Targioni). CARCIOFAJO. Colui che va attorno vendendo carciofi. — « Eccolo il car¬ ciofaio! Chi lo vuole il carciofajo, donne ? * E a modo d’aggettivo nel prover¬ bio: « Aprile carciofajo. Maggio ci- liegiajo. * CARCIOFÉTO. Ha esempii, ma non è più comune per Carciofaja (V). CARCIOFÉTTO. Dim. di Carciofo ; Carciofo novellino. — « Levando via i carciofeti che dan fuori da prin¬ cipio. » ( Soderini ). E anche con un che di vezz. — « Due carciofeti fritti — nel tegame con le uova. » CAR0I0F1N0. Dim. vezz. di Carciofo. — « Il dottor Bonaparte, uomo dot¬ tissimo, ma ridicoloso, discorreva uri giorno con un teologo se in Paradiso si sarebbe avuto il gusto del man¬ giare : e negandolo il teologo, perche era ghiotto, esclamò: Nò anche car- ciofini fritti? * ( Dati ). CARCIÓFO (Cynara Scolymus). Pianta che fa una boccia in forma di pina, composta di tante piccole foglie a squame, e buona a mangiarsi cotta in varii modi, ed anche cruda a guisa ! di frutta nella parte più morbida delle foglie. Coltivata negli orti, ha dato origine ad alcune varietà distinte pel c lore, la forma, e la grossezza della boccia; onde si ha il carciofo verde generalmente preferito ; il car¬ ciofo paonazzo; il carciofo rosso; il carciofo bianco, ecc. Una varietà a boccia globosa è detta Mazza fer - j rata; le foglie di questa non hanno 762 DEL MANGIARE E DEL BERE nella cima quella piccola spina che sogliono avere le altre. — « Carciofi fritti — ripieni — trippati. * CARCIÓFO CON LA BARRA. Segna¬ tamente nel plurale. Quelli che hanno il girello peloso. — « Carciofacci con la barba, duri e stopposi. * — V. an¬ che Girèllo. CARCIÓFO MADORNALE. Segnata- mente nel plurale. Que’ primi carciofi che butta la pianta e che non hanno spine o spuntoni. CARCIOFÓNE. Acer, di Carciofo. — « Carciofnni grossi e buoni a nulla. » CARCIOFÙCCIO. Dim. dispr. di Car¬ ciofo. — « D'una mezza dozzina di carciofacci, indovina quanto m* ha chiesto? » — « Due carciofacci trip¬ pati, un pezzetto di cacio, e basta. * CARDAJ \. Mucchio di cardi. Altri¬ menti Riccia ja. CARDINO. Il cardo piccolo della ca¬ stagna. tosto che esce fuori dalla pianta — « Sfiorilo il castagno, spunta il cardino. » Cordino, secondo che si legge nelle Lettere del Giuliani, non è sempre diminutivo. «Come il settembre corre umido, il cardino tanto si lascia pi¬ gliare: ma se viene Fasci uttore, il cardino buca tutte le mani, e le ca¬ stagne si sgranellano a stento. » CARDO, LARDÓNE (Cynara rardan- cntus). Pianta congenere al carciofo, che si coltiva dove più e dove meuo, per le sue lunghe e grosso costole o foglie radicali, le quali, per renderle piu atte agli usi della cucina, dopo che si sono abbastanza sviluppate, si legano e si rincalzano in modo da restar presso che fasciate di terra. Carducci, Cardoncelli, diconsi pure i rimessiticci o teneri polloni del carciofo domestico, che dagli orto¬ lani sono diligentemente recisi dalla pianta principale, sia per rinnovare con essi in altro luogo la carciofaja, ove ciò non facciasi per sem ;, sia per sotterrarli e renderli mangiabili sotto il nome di Gobbi. CARDO. Lo stesso che Riccio ; e lodi- cono più specialmente i Pistoiesi ed i Lucchesi — «Il caldo di settembre fa seccare il cardo. » — « I cardi sono rimasti piccoli. » — « Dice Sebastiano Pauli d’aver sentito dire nelle mon¬ tagne del Pistoiese -Si lamenta di tre per cardo ; cioè si lagna che i suoi castagni abbiano per ogni cardo tre castagne, quando non ne possono aver di più. » CARDONCÈLLI. V. Cardo. CARDÓNE. V. Cardo. CARDUCCI. V. Cardo. CARÒTA ( Daucus carota). Pianta che fornisce grosse radici, coniche, lun¬ ghissime, per lo più gialle, di buon sapore e nutritive. Ve ne sono anche di bianche, di rosse* di arancione, ecc., nelle diverse varietà. La carota coltivasi, non solo negli orti p i u’ gli usi della cucina, ma in alcuni luoghi anche ne’ campi, come piant i da foraggio, utile specialmente per ingrassare il bestiame. a La purpurea carota, la vulvare Pastinaca servii, l'onula sacra. «* Alamanni. CAROTÀCCIA. Pegg. di Carota. « Ca¬ rotacele sfatte da darsi alle bestie. » CAROTAJO. Chi vende carote. Non co¬ mune nel proprio. CAROTINA. Dim. vezz. di Carota. — « Lesso rifatto con due carotine. * — « Un po’ di carotina ci sta tanto bene nel brodo. » La carotina è pe’ chimici una so¬ stanza particolare organica cho si estrae dalle carote. CAROTÒNA. .4ccr. di Carota ; Grossa carota, ma non tanto quanto il Ca- rotone. — « Vedesti, eh, che razza di carotoni che c’erano all'esposizione agricola di Assisi ?» — « Carotone come queste non è mica facile tro¬ varne. » CAROTÓNE. V. Carotóna. CAROTÙCCIA. Dim. dispr. di Carola. « Non mangiarono che un piatto di carotuceie in umido. * CARRUBA. Frutto del Carrubo o Car¬ rubbio (Ceratonia siliqua) in forma di silique o baccelli schiacciati, co¬ riacei,* contenenti uni polpa giallo¬ verde, dolcigna, ohe si succi i, masti¬ candola, quando son secchi, chè da verdi hanno sapore ingrato. CASÈLLA. V. Cappa. CASTAGNA. Il frutto del Castagno ( Castanea vescao Castanea vulgaris o Fayus castanea t, di sostanza fari¬ nacea, asciutta, dolcigna, rivestita da due bucce, Luna interiore tomentosa, l'altra esterna, coriacea, liscia e lu¬ cente, di color bruno rossiccio. Si mangia lessata, arrostita, cotta in forno, ovvero ridotta in farina : anche si candisce, e se ne può estrarre uno zucchero cristallizzabile. CASTAGN ACCÈTTO. Dim. o un poco DEL MANGIARE E DEL BERE 763 v ezz. di Castagnaccio ; meu piccolo e più alto del Castagnaccino. CASTAGNACCIA. Pegg. di Castagna ; Castagna non buona. — « Castagnacce marce — bacate — raccolte nel fiume in tempo di piena. » CASTAGNACCIAJO. Chi fa e vende castagnacci. — « NelTinverno passato vennero a Milano alcuni castagnac- ciaj pistojesi e mi dicono che fecero discreti affari. * CASTAGNACCINO. Dim. vezz. di Ca¬ stagnaccio: più piccolo, ma fatto forse con maggior cura del Casta- gnaccetto . CASTAGNÀCCIO. Intriso di farina dolce con pinocchi e talora anche con uva secca e noci, che si cuoce in forno entro una teglia di rame, e viene come una schiacciata. Così lo chia¬ mano a Pisa, a Pistoia e a Lucca; ma a Firenze è detto oggi comune¬ mente Migliaccio . <* Or so tu mi vuoi bone, orsù f.ii tosto. Or ch’ò no viena i castagnacci e *1 mosto. » Lor. de* Medici. CASTAGNAJO. Coltivatore di castagni, Chi raccoglie castagne, e più comu¬ nemente Chi le vende. CASTAGNATURA. La raccolta delle castagne. 11 tempo nel quale si rac¬ colgono. — « Per la castagnatura m’ha invitato alia sua villa in mon¬ tagna il canonico A. » CASTAGNA COLATIE o DI CASCO. Sono quelle che, arrivate a maturità, cascano da sè, o colano come dicono i montanari, perchè si aprono i ricci che lo contengono: si credono meno serbevoli, e però si consumano prima delle altre. Anche si chfamano Castagne foglia - juole, forse perchè cascano come le foglie, o perchè si raccattano da terra di mezzo alle foglie. Per significare abbondinza di ca¬ stagne colatie, i rnontagnuoli dicono che le sono strate strate cioè che formano come uno strato in terra: « Le castagne erano strate strate e non si riparava a raccattarle. « E di- consi anche nello stesso senso Casta¬ gne assolavate. CASTAGNE DI CASCO. V. Castagne Cola tìe. CASTAGNE DI RICCI AJ A. Quelle che, non perfettamente mature e chiuse ancora nei ricci, si fanno cadere, ab¬ bacchiandole, perchè finiscano di ma¬ turare poi, o come dicono, si pur¬ ghino, tenendo ammontati gli stessi ricci. CASTAGNE FOOLIAJUOLE. V. Ca¬ stagne COLATfE. CASTAGNE! FRÉSCHE. V. Castagne vérdi. CASTAGNE SÉCCHE. Quelle che sor fatte seccare nel metato, poi sbuc¬ ciate o mondate, per mangiarsi in¬ tere, cotte in acqua, o altrimenti, ovvero per ridursi in farina sotto la macina del mugnaio. Per ischerzo si chiamano Confetti di montagna. » — « Le donne che filano sogliono tenere in bocca una castagna secca per pro¬ curarsi in copia la saliva necessaria. * — « Le castagne secche sono indi¬ ceste, mangiate crude. » CASTAGNE VÉRDI, CASTAGNE FRÉ- SCHE. Quelle che furono raccolte di poco, o si serbano verdi, sia lascian¬ dole nei ricci, sia mescolandole a della rena, o sotterrandole in luogo asciutto, per farne poi ballotte, bru¬ ciate, mondine e simili. CASTAGNÉTTA. Dim. di Castagna. CASTAGNÙCCIA. Dim. di Castagna con un che di dispr. — « Quattro castagnucce e un bicchier di vino; ecco tutta la mia cena. » CASTAGNUOLO. Aggiunto di una qua¬ lità di fico di buccia paonazza, dentro rosso, piccolo e piramidato: produce fichi fiori e fichi settembrini. CASTELLINA. V. Cappa. CASTELLINA DI NÉCCI. V. Testata DI NÉCCI. CAS TRARE. Detto delle castagne, fare in esse un piccolo taglio, intaccan¬ done la buccia, affinchè nell* arro¬ stirle, non iscoppino : operazione che fanno i bruciatai con un coltellino adunco, detto Castrino. — « Tu ca¬ stra le castagne, e io accenderò il fuoco per far le bruciate. * — « In mancanza di castrino può servire un coltello ordinario da tavola o da ta¬ sca appuntato. * CASTRATO. Part. pass, e agg . da Ca¬ strare. — « Castagne belPe castrato — castrate poco — male. » CASTRINO. V. Castrare. CASTRÓNI. Sono, secondo la signora Bulgarini, una specie di ballotte ca¬ strate e salate. Non so se sia voce comune e se i castroni siano dalle montagne del Pistojese penetrati nelle città. CATAGLIUOI O Tavola tonda ad uso vassojo sul quale i montanini ed i buz¬ zurri scodellano la polenda. — « Pri- 704 DEL MANGIARE ma di scodellar la polenda’ si infa¬ rina il catagliuolo perchè la polenda non vi s’attacchi. » CÀTERA. V. Mandorla di S. Caterina. CAVALIÈRE. Aggiunto d’una qualità di Fico tondo, con buccia nericcia, dentro rossiccio, solamente settem¬ brino. Ve ne sono anche di bislun¬ ghi. — « i fichi.... cavalieri seno mediocremente buoni a seccare. * (Magazzini), CAVALLUCCI. Pasta dolce in forma di mostacciuolo duretto, fatta di fior di farina, miele, pepe e noci pestate. — « I cavallucci di Siena sono fa¬ mosi. » CAVO LÀCCIO. Pegg. di Cavolo . — « Cavolacci duri, tutti costole e tor¬ solo. » È anche nome comune di molte piante che cestiscono prima di fiorire, come l 'Atriplex hortensis, la Lac- tuca virosa, ecc. CAVOLAJ A. Colei che vendo cavoli, e Luogo piantato di cavoli. — « Porre una nuova cavolaja. * CAVOLAJO. Colui che vende cavoli. Meli comune forse di Cavolaja nel senso di Luogo piantato di cavoli. — « Cavolajo ben lavorato e conci¬ cimato. * CAVOLAJO. Agg. da Cavolo. — « Di¬ cono i contadini terra cavolaja quella dove i cavoli vengono bene. » — « Dice il Tommaseo che a Firenze una delle campane del Duomo è chia¬ mata Cavolaja perchè fatta fare da una donna che arricchì col vendere cavoli. Il Rigutini invece dice che quella campana suona a una data ora della sera per ricordare la cac¬ ciata del Duca d’Atene, e che fu così dotta da una cavolaja la quale, se¬ condo la tradizione, fu la prima a dar con essail segnale della sollevazione. » CAVOLATA. Gran piatto o Gran man¬ giata di cavoli cotti. — « La sera per cena i nostri contadini fanno una cavoiata e poi se ne vanno a dor¬ mire. » — « Faremo una bella cavo¬ iata. » — Non comunissimo, ma vivo. CAVOLÉTTO. Dim. di Cavolo ; piccolo cavolo. — « Cavoletti neri per la mi¬ nestra di magro. » CAVOLfNO. Dim. di Cavolo ; Cavolo novellino. — « Cavolini teneri. » — E anche La pianticella di cavolo che si leva dal seinenzajo e serve di po¬ stime. CÀVOLO (Brassica oleracea). Ortaggio di più sorte e di grande uso nell'eco- E DEL BERE nomia domestica: ha la radice fibrosa, producente un fusto cilindrico, con foglie larghe, mediocremente carnose, crespe, attaccate per la costola al fusto e sparse di polvere bianco-az¬ zurra. « Minestra di riso e cavolo. * CÀVOLO A BRÒCCOLI. V. Cavolo BRÒCCOLO. CÀVOLO AGRO. V. Càvolo salato. CÀVOLO A PALLA. V. Càvolo bianco. CÀVOLO BIANCO, CÀVOLO CAPPÙC¬ CIO 0 CÀVOLO A PALLA. Dicesi una qualità di cavolo a foglie bian¬ chicce, alquanto lisce, strettamente addossate Luna sopra l’altra in forma di palla. Ce ne sono di nani e primaticci , di tardivi , di colore rosso o pavo- nazzo, a palla conica , a palla schiac¬ ciata , ecc. — « Minestra di riso e cavolo bianco. * — « Prendi un ca¬ volo a palla — un cavolo cappuccio per la minestra. * — « Il grumo del cavolo a palla si mangia anche in insalata. * — Il più comune in Fi¬ renze è Cavolo bianco . CÀVOLO BRÒCCOLO O CÀVOLO A BRÒCCOLI, ed asso!. BRÒCCOLI. Si distingue dal Cavolo bianco o cap¬ puccio per le foglie biancheggianti, più lunghe, e per il fusto piu alto, il quale, invece di formare una palla rotonda e serrata, dà origine ad un fascetto di ramoscelli staccati, termi¬ nati da altrettanti bottoni a fiori, teneri e sugosi, che si mangiano come i cavoli fiori. È detto anche Cavolo romano , Broccoli romani, Cavolo broccoluto , Cavolo torsuto. Si distinguono due sorta di broc¬ coli ; bianchi, che hanno i bottoni dei fiori bianchi, e i violetti o pa- vonazzi, che sono di dolor porporino pendente al violetto. CÀVOLO BROCCOLUTO. V. Càvolo Bròccolo. CÀVOLO CAPPÙCCIO. V. Cavolo BIANCO. CÀVOLO CROCINO 0 TARDIVO. V. Càvolo nero. CÀVOLO FIÓRE che si pronunzia quasi sempre Cavol fiore , come tutt’una parola. Sorta di cavolo, del quale si mangia il fiore strettamente ag¬ gruppato a guisa di palla, e prima che si spieghi e sbocci, con 1 suoi gambi allora teneri; le foglie non si curano e si danno per pastura alle bestie. — « Due palle di cavol fiore da farle lesse. » — « Pezzetti di cavol¬ fiore fritti in padella. » DEL MANGIARE E DEL BERE 765 CAVOLO NÉRO. Sorta di cavolo che ha le foglie bislunghe, di un verde¬ cupo, tendente al nero, bollose e con¬ cave per disotto, e perciò non ca¬ paci (li addossarsi Luna all’altra per formar palla. Questa varietà è comu¬ nissima in Toscana, ove distinguesi in cavolo nero maggese o primatic¬ cio, più grande, più crespo e più co¬ lorito, che si semina in febbraio; e in cavolo crocino o tardivo, più pic¬ colo, che si semina in fine di giugno. — « Era ghiotto delle fette di pane ar¬ rostite, agliate, e sopra cavolo nero condito con olio, pepe e sale. » CÀVOLO NÉRO MAGGÉSE o PRIMA¬ TICCIO. V. CAVOLO NÉRO. CÀVOLO RAPA. Sorta di cavolo, il cui fusto sopra alla radice si ingrossa a forma di rapa: questo ingrossamento con lo tenere foglie che lo rivestono è la parte ricercata per mangiarsi. Sono varietà secondarie il Cavolo rapa bianco , e il Cavolo rapa pavo- nazzn. CÀVOLO RICCIO. Specie di cavolo bianco, così detto dalla forma delle foglie tutte crespute. CÀVOLO ROMANO. V. Cavolo bròc¬ colo. CÀVOLO SALATO, CÀVOLO AGRO. Quello acconciato con aceto e sale, dopo essere stato prima affettato in istriscioline e fatto leggermente fer¬ mentare. È il Sauer-kraut dei Tede¬ schi , che ora a Firenze si comincia a voltare bravamente in salcrdutte, e quasi più nessuno dice Càvolo sa¬ lato o cavolo agro. — « Zampone col contorno di salcràutte. * — La voce è barbara, ma la colpa nÒn è mia. CÀVOLO TORSUTO. V. CAvolo bròc¬ colo. CÀVOLO VERZÒTTO, Varietà di ca¬ volo, che è di mezzo tra il nero e il cappuccio; ha le foglie di color verde pisello, gonfie, bollose, che, riunen¬ dosi , formano un cesto o palla non tanto serrata. CAVOl ÓNE. Acer, di Cavolo ; Grosso cavolo. « Orsù, Vienne, sa alto Vienne ch’io non arei la parte mia; Gli è un cavolon che fammica tant’alto. « Buonarroti. CAVOLÙCCIO. Dim. dispr. di Cavolo. — « Un po’ di cavoluccio e due fa- giuoli è stato il suo desinare. » \ Meini .) CAZZÒTTO. Voce bassa, ma comunis¬ sima in Firenze e propria di certi pani di mezzana grandezza, di forma tutta loro particolare tra la tonda e la quadrata, ben cotti e croccanti. — « Compra un filoncino di pane e quattro cazzotti. *> CÉCE. ( Cicer arietinum). Hi le foglie impari, pennate, le foglioline ovate, fortemente seghettate, il flore col calice lungo quanto la corolla, il bac¬ cello rigonfio, contenente due soli semi: questi sono angolosi, ed hanno qualche somiglianza colla tosta di un montone o ariete; donde il nome di arietinum datogli da Plinio e da Linneo. Una sola specie se ne conosce, e varia per il colore del flore e del seme. Ve n'hanno di bianchi o gial¬ lognoli, di rossi e di neri. La distin¬ zione più comune che se ne fa, è quella di Ceci bianchi e Ceci rossi. I bianchi, detti anche Ceci premici, sono più stimati, perchè hanno la buccia meno dura, e sono di più fa¬ cile cottura ( Ceci cottoj); e questi pure variano per il semo più grande e grinzoso, rotondo e meno simile alla testa dell’ ariete. 11 più tondo, secondo Plinio, è quello quod reli¬ gio pervigiliis adhibet , o secondo altri, il nero era riserbato, come l i fave e le lenti , alle cene mortuarie. Un’altra varietà va sotto il nomo di Cece pendolino. — « Miuestra di stri¬ sce e ceci. » — « I ceci vogliono una gran cottura. * CÉCE BIANCO. V. Cécu. CÉCE PENDOLINO. V. CÉce. CÉCE PRÈMICE. V. Cf.ce. ! CÉCE RÓSSO. V. CÉce. CÉCI MARITATI. Vivanda da povera gente, fatta con ceci cotti mescolati con farina o paste. — « La sera man¬ giano un po' di polenda , o due fa- giuoli, o un piatto di ceci maritati. * CEDRARE. Att. Dare odore o sapore di cedro, Conciare con sugo di ce¬ dro. — « Il giorno, sei ore dopo de¬ sinare, beverà otto once della sud¬ detta acqua di Pisa, e la beverà così pura, ovvero volendola far cedrare, potrà farsi. » ( Redi .) CEDRATO. Pari. pass, e agg. da Ce¬ drare. — * Brodi lunghi cedrati. * (Redi.) — « Acqua — giulebbe — zucchero cedrato. * CEDRATO. Per Cedro non comune in Toscana. CEDRINO. Dim. vezz. di Cedro. — « Cedrini piccoli, ma molto profu¬ mati. » 766 DEL MANGIAR CEDRO. Frutto del Citrus medica ; è giallo, bislungo, più o meno appun¬ tato, odorifero, con poca polpa e col sugo carico di acido citrico; ha la scorza molto grossa e bernoccoluta, contenente molto olio essenziale, amaro ed assai aromatico, la quale, come quella delle arance e dei limoni, si suoi candire nello zucchero, o sci¬ roppo, o rosolio, e serve per lavori di credenza e come confortativo dello stomaco. Somministra anche V Es¬ senza di cedro , adoperata come co¬ smetico, e V Acqua di tutto cedro , come cordiale. CÈDUO CÒL PICCIUOLO. V. Cedro Giudaico. CÈDUO CORONATO o DÉLLA GHIAN¬ DA. È fasciato in parte dal calice ingrossato, sicché rassomiglia a una ghianda. CÈDUO DÈL LAGO. V. Cedro di Salò, cèduo délla ghianda, v. cedro CORONATO. CÈDUO DI FIRENZE. È della grossezza d’un limone ordinario, ripianato verso il gambo, con la polpa verdognola. CÉDRO DI SALÒ o DÈL LAGO. Ri¬ cercato per la buccia tanto esterna quanto interna, bernoccoluto alla sommità. Se ne estrae la famosa acqua anti nervosa di tutto cedro. CÈDUO GIUDÀICO o CÓL PICCIUOLO. Ha forma conica piramidale , termi¬ nato alla sommità dal pistillo persi¬ stente e ingrossato, colla buccia di color giallo dorato, la polpa acida, leggermente amara. CEDRÓNE. Acer. di Cedro. — « Ce¬ droni spropositati. » CÈNCI. Pasta intrisa di farina e d’uovo, della quale si tira la sfoglia e, ta¬ gliata a strisce a mo’ di lasagne, si Frigge in padella e si asperge poi con zucchero in polvere. CEPPATÈLLO. Nome di parecchie spe¬ cie di funghi del genere Boletus , e segnatamente del Ceppatello bianco 'piccolo (Boletus sulsquamosus ), del Ceppatello buono o domestico ( Bole - tus edulis ) e del Ceppatello zolfino (Boletus sulphureus). CERFÒGLIO. ( Chcerophyllum sati- vum). Pianta annua della famiglia delle ombrellifere, che coltivasi negli orti per 1* uso continuo che se ne fa nelle cucine come condimento delle vivande: ha un miglior odore del prezzemolo, al quale si assomiglia per le foglie. 3 E DEL BERE CERFÒGLIO MUSCHIATO, ( Chcero • pyllum odoralum). Specie di cerfo¬ glio che cresce nei prati di monta¬ gna: onde, coltivato negli orti, resiste al freddo più che il cerfoglio comune: s’accosta nell’odore al macerone e all'anace, e si fa servire per condi¬ mento dell’insalata. CÉSTO. Tutte insieme le foglie germo- # gliate dalla stessa radice d una pianta erbacea, e più specialmente d’insa¬ lata. — « Un cesto d’ indivia — di lattuga. * CETRIOLINO. Dim. di Cetriuolo: e si dice segnatamente di quelli piccoli e non maturi da mettere sott’aceto per mangiarli col lesso. — «Un vaso di cetriolini e di peperoni. » CETRIUOLO e corrottamente dal volgo Treciolo (cucumis satious). Pianta che ha gli steli sarmentosi , rampi¬ canti, ispidi, le foglie scabre a cin¬ que lobi: i frutti di varia grossezza, bislunghi, quasi cilindrici, verrucosi, con la polpa molle, acquosa, che prima della loro piena maturità si mangiano crudi nelle insalate o ac¬ conci in aceto. — «Prima di condire i cetriuoli, sbucciati e affettati fine fine, si dà loro una buona salata, perchè ne sgorghi un po’ dell’umore acquoso che contengono in gran co¬ pia. * — « I cetriuoli tornano facil¬ mente a gola. * CHICCAJO. Del linguaggio bambinesco per Venditore di chicche, Pasticciere e simili. CHICCHE. Voce del linguaggio fan¬ ciullesco per Paste dolci in genere, e comprendo anche i confetti, le pastic¬ che e simili. — « Fa le bizze perchè vuole le chicche. » — « Se sarai buo¬ no ti comprerò la chicca. * — « Le chicche fanno male al corpicino. * Si dice anche Chicco , ma non co¬ munemente e quasi sempre in singo¬ lare. — « Il piccino vuole il chicco; compraglielo. * CHICCHINE. Dim. vezz. di Chicche. — « Cammina, cammina, ti compro le chicchine. * — « Uh buona la chic¬ china I * CRICCHINO. Dim. di Chicco , ma forse men comune, men nobile e meno vez¬ zeggiativo di ChiccholIno (V.), CHICCO. Nell’uso familiare, sinonimo di Àcino (V.). — « Grappolo che ha dei chicchi maturi — che ne ha qual¬ cheduno non ancora maturo. * CHICCO. V. Melagrana. CHICCO. V. Chicche. DEL MANGIARE E DEL BERE 767 CIUCCO DI RISO. Pasta tirata a guisa di chicco di riso, per minestra. CHICCOLfNO. Dim. vezz. di Chicco. — « Nel panettone milanese — nelle schiacciate — in molte paste dolci — si mettono qua e là de’ chiccolini d’uva. * CHfFEL e nella più fiorentina delle pronunzie CHfFELLE. « Panellino fatto di fior di farina e burro, a forma di luna crescente, e che s’in¬ zuppa nel caffè e latte a colazione. Furono fatti da prima a. Vienna nei 1685 quand'era assediata da’ Turchi; ed ebbero però la forma di mezza luna, che è la insegna di quella gente. » ( Afeini ). — « Un chifelle imburrato. * — « Chifelli arrosto. » — « Ha inzuppato nel caffè due pansèmelli e tre chifelli arrosto. » — « 0 belle o brutte queste voci, si sentirà sempre gridare per le vie di Firenze : Semelli e chifelli freschi un soldo l’uno! » CHIOCCIOLINO. Speciedi piccolaschiac- ciata fatta a foggia di baco avvolto. — « In una cantilena pe’ bambini si dice che la gatta andò al mulino e fece un chiocciolino coll’ olio e col sale e col.... piscio di cane. * * Duo bambini Piangono, chò la serva ha fatto il pano, . Nè loro volle faro i chiocciolini. « Fag inoli. CHIÒDI DI GARÒFANO. V. Garòfano. CIALDE. Intriso di fior di farina, che si stringe tra due forme di ferro calde e si cuoce alla fiamma. Rimane sot¬ tile e bianchissimo come le ostie per la Comunione. CIALDONAJO. Chi fa e vende Cialde e Cialdoni. CIALDONCINI. Dim. vezz. di Cialdoni. — « Cialdoncini ben croccanti. * — « Ho mangiato due cialdoncini con la panna montata. » CIALDÓNI. Dolci fatti d’una pasta di fior di farina, zucchero, uova e anaci pestati fine fine, che si taglia in pezzetti come una nocciuola, e questi, schiacciati tra due forme ben calde, rimesse sulla fiamma, divengono sot¬ tilissimi, accartocciati, croccanti e d’un color gialjino bruciaticcio. Ge¬ neralmente ricevono dalle forme una specie di venatura a losanghe o a qua¬ dretti rilevata su tutta la loro super¬ ficie esterna. Si mangiano a quel modo o con la panna montata o col gelato, servendosene a modo di cuc- chiajo commestibile. u Non eran prima fatti che mangiati Da noi, che ghiotti siam, tutti i cialdoni. « Canti carnescialeschi. n CIAMBÈLLA. Detto di Pane, è Pane in forma di anello più o meno grande. — « Pane a ciambella — Ciambella di pane. » — « Ciambelle e pan tondi. » CIAMBÈLLA. Pasta dolce, fatta di fa¬ rina, uova, zucchero e burro, ridotta in forma d’anello. — Ve ne sono di molte qualità, ed è impossibile descri¬ verle tutte. — « Se sarai buono ti comprerò la ciambella. » — « Vendi¬ tori di brigidini e di ciambelle. * CIAMBÈLLA LAVORATA. Quella che è variamente figurata nella sua parte superiore : generalmente ornata di un Baco (V.). CIAMBELLÀCOIA. Pegg. di Ciambella in tutti i sensi. CIAMBELLAJA. Colei che fa o vende Ciambelle dolci. — « La bella ciam- bellaja rubacuori. * CIAMBELLAJO. Colui che fa o vende ciambelle dolci. k C’eran, dito © chiedete, i ciambellnj. Quel che ha di ciliegiuol le boccio piene: C’erano fruttajuol, coeomeraj. " Fag inoli. ClAMBELLfNA. Dim. quasi vezz. di Ciambella in tutti i sensi. A modo di positivo si dicono Ciani - belline certe paste di fior di farina e chiaro d’uovo, leggerissime e cotte, in teglia 1’ una accanto all’ altra in forma di grata, che si vendono da’ fornaj per friggerle in padella, inzup¬ pate appena nel brodo e indorate. CIAMBELLÉTTA. Dim. di Ciambella in tutti i sensi. Per Pasta dolce ve¬ dine Lesempio del Firenzuola in Ber¬ lingòzzi. CIAMBELLÓNA. Acer, di Ciambella in tutti i sensi. CIAMBELLÒNE. Acer. di Ciambella in tutti i sensi; più grande della Ciam- bellona. C iamb elione , dice il Fanfani, è Ciambella assai più grande delle co¬ muni, fatta di una pasta non molto dolce, intrisa con chiara d’uovo, che prima di metterla in forno si sobbolle. CIAMBELLÙCCIA. Dim.dispr. di Ciam¬ bella in tutti i sensi. CICA. V. Melagrana. CICCIOLA ( Agaricus eryngii ). Cosi dal colore di carne pallida si dice una specie di fungo che nasce sulle radici 768 DEL MANGIARE E DEL BERE marcite deireringio. — « Le cicciole, funghi particolari che fanno intorno a Uliveto, villa celebre di casa Pucci; dette cosi , cred’ io , dal colore della ciccia o carne lavata. * (Sabini.) CICÉRBITA (Soncws oleraceus). Pianta erbacea, che quando è tenera si suol mangiare in insalata. « La cicerbita Yil, la porcellana. « Alamanni . CICERB1TÀCCIA. Pegg. di Cicerbita. • deorbitacela verde e pagonazza. * Burchiello . CICERBITfNA. Dim. e anche vezz. di Cicerbita . — « Cicerbitina tenera te¬ nera. * • E sposso spesso si trova fra' sassi Qualche cicerbitina benedetta. Firenzuola. CICÉRCHIA ( Lathyrus sativus). Sorta di legume somigliante al pisello; ha i fiori soli ta rii, e i viticci con due fo¬ glie, i baccelli ovali, bislunghi, schiac¬ ciati, con due orlicci membranacei lungo il dorso. Somministra un fo¬ raggio verde, sano, nutritivo (per cui è detta anche Ingrassabue) e lasciata granire dà semi da ridursi in farina per ingrassare i porci. V ha anche tra la povera gente di campagna chi mangia quosti semi in minestra e in insalata, a guisa degli altri le¬ gumi. Por il colore distinguesi in Cicer¬ chia bianca , cioè di fiore e seme bianco; Cicerchia nera, di fiore ros¬ so e seme nericcio; Cicerchia briz¬ zolata e men comunemente screziata , di fiore e seme variegato. CICÉRCHIA B ANCA. V. Cicerchia. CICÉRCHIA BRIZZOLATA o SCRE¬ ZIATA. V. Cicérchia. CICÉRCHIA NÉRA. V. Cicerchia. C1CERCHÌNA. Dim. di Cicerchia : al¬ cuni chiamano così anche una specie di cicerchia, che è il Lathyrus ci- cera dei botanici e YErvum ervilia. CICERCHIÒLA. Dim. di Cicerchia , usato nel proverbio : « Quando mette la querciola, e tu semina la cicer- chiola. * CICERCHIÓNE. Acer, di Cicerchia , nome che si dà alla cicerchia salva- fica, e a un’altra specie di cicerchia, che è il Lathyrus angulatus , a fiori di color cilestro chiaro o rossiccio, che cresce abbondantemente fra le messi. CICÓRIA (V.). Radicchio. CILIEGÉTO. Luogo ove siano piantati molti cil egi. Non comune. CILIEGÉTTA. Dim. non comune così come Ciliegina. — « Ciliegio che fa delle ciliegette discrete. * CILIÈGIA. Frutto del ciliegio ( Prunus cerasus ): è una drupa quasi rotonda, carnosa, liscia, lucente, di color va¬ rio, tra il giallognolo e il bianco, il rosso ed il nerastro, con nòcciolo a commettiture più o meno prominenti. « Panieri di ciliege pistojeui. * — Conserva — siroppo — vino di ci¬ liege. » CILIÈGIA ACQUAJUOLA. Di un bel colore rosso, quando è perfettamente matura, di grato sapore, e così detta per essere assai acquidosa. CILIÈGIA A CUORE. Rossa pallida, duretta e terminante in punta a modo di cuore dalla parte opposta al gambo. CILIÈGIA AGRIÒTTA o VISCIOLÓNA. Di polpa molle e delicata, tra dolce e agra, di color rosso sanguigno cupo e con gambo corto. CILIÈGIA AM ARASCHIN A, detta anche assolutamente AMARASCA o AMA¬ RÈNA. Frutto del Cerasus capro - niana Griotta, globoso, depresso, di color porporino scuro quasi nero, colla polpa rossa, un poco acerba ed amara, col nocciolo tondo. Serve specialmente a preparare il noto liquore detto Amaraschino e Maraschino. CILIÈGIA BIANCA. Di color bianco cereo, di forma bislunga, arrotonda¬ ta, leggermente piatta alla base, di polpa molto aderente al nocciolo. CILIÈGIA CÒRNIOLA. Di un rosso in¬ carnato, leggermente cuoriforme, di pasta piuttosto dura, non molto pro¬ fumata, ma gustosa e con un senso di freschezza che le altre ciliege non sogliono avere, È molto stimata per i guazzi. CILIÈGIA DURACINE. Di polpa consi¬ stente , rossa al di fuori e sbiancata internamente. CILIÈGIA I.USTRfNA. Piccola, di un rosso chiaro e colla buccia molto le¬ vigata e lucida, onde il nome. CILIÈGIA MOSCADÈLLA. Di polpa soda , sbiancata, screziata di punti rossicci, di sapor dolce aromatico. CILIÈGIA NAPOLETANA. Di polpa meno consistente della ciliegia dura¬ cine, di color rosso cupo vinato, tanto di fuori che di dentro. DEL MANGIAR CILIÈGIA NÉRA. Grossa, di polpa te¬ nera, molto dolce, di color rosso cupo nella perfetta maturità. È molto su¬ osa, e, strisciata sul pane, lo colorisce i un rosso vivo comunicandogli un grato sapore. CILIÈGIA VISCIOLÓNA. V. Ciliègia AGRIÒTTA. CILIÈGIA ZUCCAJA o ZUCCHÉTTA. Grossa, ma poco saporita. CILIÈGIA ZUCCHÉTTA. V. Ciliègia Zuccaja. CILIEGIÀCCIA. Pegg . di Ciliegia . — « Ciliegiacce strafatte — ammuffite — marcio. » E più spdcialmente riguardo all’a¬ buso.— « Tu mangi troppe ciliegiaccie in guazzo: ecco perche sei così in¬ calorito. * CILIEGIAJO. Venditore di ciliege. — * I ciliegiaj fiorentini sogliono gri¬ dare per le strade : Piangete, bam¬ bini, ci ho le ciliegie, quasi dicano: piangete perchè i parenti ve le com¬ prino. » A modod’a^g. nel proverbio : « Apri¬ le carciofaio, Maggio ciliegiajo. * CILIEGI ANA. Nome di una specie di uva, i cui granelli grossi e neri, ram¬ mentano le ciliege. CILIEGÌNA. Dim. vezz. di Ciliegia . — « Ciliegine primaticce, sbiancate e poco saporite. * — « Prenda una ci¬ liegina in guazzo. » CILIEGIONA. Acer, di Ciliegia . — « Oh che belle ciliegione! * — « Nel Pistoiese ci son certe ciliegione ! » CILIEG1ÙCCIA. Dim.dispr. di Ciliegia . — « Due ciliegiuccie per frutte. » — « Ciliegiuccie tutte nocciolo. * CILIEGIUOLA. Frutto del Ciliegiuolo o Ciliegio nano ( Cerasus chamoecera - sus ), grosso quanto un pisello, di un sapore acidissimo, non disaggrade¬ vole nella perfetta maturità. CIÒCCA. Per Grappolo, è usato comu¬ nemente in Toscana, specialmente se grosso e maturo. Non si direbbe mai Una ciocca acerba , ma un grappolo acerbo. — « Due belle ciocche d’uva Salamanna. » CIOCCOLATA. Vedi per questa voce e famìglia l’Articolo seguente. CIPÒLLA ( Allium caspa ). Pianta di odore e sapor forte, coltivata pel suo bulbo radicale composto di più scorze o foglie concentriche, sovrapposte le une alle altre, adoperato come condi¬ mento ed anche come alimento. — .«Lesso rifatto colle cipolle. * — « Frit¬ tata colle cipolle. * — . « Battuto di prezzemolo e cipolla. * Fanfani D. M. ; E DEL BERE 769 CIPÒLLA BIANCA. Quella elio ha bian- ca la prima sfoglia e l’interno. CJ^ÒI T ,v m ESTATI-: o SAVONÉSE. Varietà di cipolle più dolci delle altre. CIPÒLLA LUNGA. V. Cipòlla porraja. CIPÒLLA MALfGIA. V. Cipòlla por¬ raja. CIPÒLLA PORRAJA, MALIGIA o LUNGA. Varietà di Cipolla col bulbo allungato {Allium ccepa oblonga). « Le cipolle malige si piantano corno i porri, con palo, nel mese di giugno. * ( Crescenzio .) V. anche Cipollóne. CIPÒLLA RÓSSA. Quella che ha rossa la prima sfoglia e l’interno biacco o leggermente accennante al rosso. — « Le cipolle rosse sogliono essere im¬ pregnate di uri umore più acre o di un odore più forte, più pungente. * (Z). Pont.) CIPÒLLA SAVONÉSE. V. Cipòlla da ESTATE. CIPÒLLA VERNINA. Varietà (li ci- polle che mettono più tardi delle altro e si serbano in reste per l'in- verno. — « Una resta di cipolle ver¬ nine fortissime. » C1P0LI.ÀCCIA. Pegg. di Cipolla. — « Ci ha messa tanta ci pollacela in quell'intingolo. • (\feini.) — - Quella cipoliaccia mi torna sempre a gola. » CIPOLLAJO. Luogo piantato di cipolle e Venditoredi cipòlle: nel secondo senso si dice piuttosto Cipollaro cosi come Agitar o (V.) — « Un cipollajo ben tenuto frutta discretamente. * — « Se passa qualche cipollaro, comprane un par di reste. » — Il luogo piantato a cipolle non si direbbe mai Cipollaro . CIPOLLARO. V. Cipollajo. CIPOLLATA. Vivanda fatta di cipolle e di zucche trite. Così i vocabolari! ; ma nell’ uso è piuttosto Vivanda di sole cipolle cotte in padella. — « Ho fatto fare una bella cipollata per ca¬ varmene la voglia. * CIPOLLINA. V. Cipollino. CIPOLLÉTTA. V. Cipollina. CIPOLLINO, CIPOLLINA, CIPOLLÉT¬ TA. Dim. di Cipolla , e dicesi pro¬ priamente quella che non ha tatto o almeno ingrossato il bulbo, e si mangia fresca. Questi nomi possono indicare an¬ che una varietà di cipolla di bulbo piccolo. — « In febbrajo si piantano cipolle e cipollini. — Cipollette da contorni. * Cipollina o Erba cipollina (Allium schcenoprasum) dicesi una pianti- 50 DEL MANGIARE E DEL BERE 770 cella, della quale non si mangiano i bulbi, ma le foglie, e queste si ta¬ gliano fine fine per le insalate. CIPOLLÓNE. ^4ccr. di Cipolla. Così chiamasi anche una varietà di cipolla che ha il bulbo oblungo, di fortissimo sapore, e della quale in alcuni luoghi mangiasi il fusto fresco col piccolo bulbo , detta altrimenti Cipolla por - raja, Cipolla maligia. CIPOLLÙCCIA. Dim. dispr. di Cipolla. — « Un po’ di cipolluccia e un po’ di pane onorato fa più prò’ che il cibo squisito di certe mense. » ( Meini ). CIVAJA. Generalmente in plurale. Lo stesso che Legume, e s intende di quelli mangerecci, quali sono le fave, i fagiuoli, 1 ceci, le lenti, ecc., e più specialmente ancora, considerati come secchi, chè altrimenti si dicono piut¬ tosto Legumi. — « Bigoncio — Bac¬ chi pieni di civaje. C1VAJUOLO. Venditore al minuto di civaje. biade esimili. — « suo nonno si arricchì facendo palesemente il civajuolo e nascostamente lo stroz¬ zino. » CLARÉTTO BIANCO DI FRANCIA. Vi* ietà d'uva dai grappoli poco ser¬ rali, lunghi, con granelli mediocre¬ mente grossi, bislunghi e di buccia dura. Il suo vino è di color di paglia, sottile, sciolto e spiritoso, ma di po¬ chissimo odore. CLARÉTTO RÓSSO DI FRÀNCIA. Varietà rossa dell’uva precedente. CÒCCOLI. Lo stesso che Galletti; e lo dicono più specialmente i venditori di essi, i quali vanno gridando: Coc¬ coli ! Coccoli ! Che bei coccoli ! COCOMKRÀCCIO. Pegg. di Cocomero. — « Cocomeracci passati — anneb¬ biati. » GOCOMERAJA e COCOMERAJO. Luogo ove si coltivano i cocomeri. — « Le oocomeraje del Pistoiese. » — « Un contadino fa tutte le notti la guardia nel cocomeraio. » — ,In questo senso più comune Cocomeraio. COCOMERAJO. Colui che vende i co¬ comeri interi o a taglio , general¬ mente su per le piazze o per le vie. — « In Piazza di Santa Croce a Fi¬ renze ci sono molti cocomerai nelle ore della sera. » COCOMERÈLLO. Dim. non comune di Cocomero. COCOMERINO. Dim. di Cocomero ; Piccolo cocomero. — « Cocomerini ben maturi. » « Ti mando le granella Di quel cocoraorino, Che tu mandasti a me, Geva mia bella, Che saporito fu, benché vernino. » Allegri. COCÒMERO. Frutto della Cucurbita citrullus , esteriormente simile ad alcune zucche, rotondo, di buccia verde e liscia; picciuolo piccolo e corto; semi neri, o rossicci: polpa rossa, solla, acquosissima e dolcia¬ stra. — « Fare un tassello nel coco¬ mero. — « Mangiando il cocomero, si fanno tre cose : si mangia, si beve e ci si lava il viso. * COCÒMERO DI PISTÓJA. Grossissimo, di buccia verde-scura, talora con qualche striscia giallo-terrosa. Ha la polpa, nella perfetta maturità, di un bel rosso acceso, granellosa, sapori¬ tissima; i semi neri. COCÒMERO MOSCADÈLI.O. General- mente piccolo e di polpa gialliccia. COCÒMERO NAPOLETANO. Più pie- colo degli ordinarii e di buccia più sottile e trasparente, di seme bian¬ castro, talora col contorno nero, o di seme rosso. COCÒMERO VERNfNO. Quello che, ge- neralmente piccolo, si può conservar per l’inverno, tenendolo appeso al palco o sulla paglia. Vedine l’esem¬ pio in COCOMERINO. COCÒMERO VETTÓNE. Quello che si ha in settembre dai tralci rimessi. COCOMERÓNE. ^4ccr. di Cocomero. « Non altrimenti che tagliar festosa Suolo la pli be nelle suo morendo, 11 di di San Lorenzo a casa mia, Que* gran cocomeroni por la via. » Fortig verri. COFACCIA. Metatesi volgare di Focac¬ cia ; ma cara anche ai Toscani che non sono volgo, quando parlano di pappatoria, chè allora preme a tutti rarsi capir chiaro dal cosiddetto volgo che, come i letterati, ha Forma dal greco MoptpYj. COFACC1NO e più comunemente Co- vaccino. Schiacciati na di pasta non lievitata, cotta sotto la cenere. — « Fare un covaccino — due covac¬ cini. * Può essere e non essere corruzione volgare di Focaccino , giacché l’idea del Covare sotto la cenere può aver dato origine a questa voce, o almeno dato valore alla sua radice. Secondo il Rigutini è (e sarà di DEL MANGIARE E DEL BERE 771 certo) anche Pezzetto di pasta da pane, spianata coi matterello, e fritto in padella. Il Rigatini nota solo Co - faccino , non Co caccino che, per le mie cognizioni in verbo mangiatoria, è più comune. CÒGLIERE. Spiccare dal ramo le frutte con le mani o con ringoila. — « Va’ a cogliere due fichi per la colazione. » COLLARINO. V. Anello. COLLÉTTO. V. Anello. COLOMBANA. V. Colombano. COLOMBANO, COLOMBANA, SANCO- LOMBANO, SANCOLOMBANA. Sorta d’uva dolce, bianca e rossa, molto carnosa e piacevole al gusto. La va¬ rietà rossa dà un vino molto gene¬ roso e soave. COLÓRE. V. Abròstine. COLORINO. V. Abròstine. CÒLTO. Pari. pass . e agg . da Co¬ gliere. — « Frutte colte ora — colte la mattina — appena colte. * COLTRONClNO. Quel grosso panno a più doppii, col quale si coprono le bruciate belle e cotte e versate dalla padella in un recipiente adattato, acciocché il calore non isvapori, e diventino morbide e polpose. I Pistoiesi dicono: Mettere le bru¬ ciate a poi pare, Lasciarle impolpare, per esprimere il coprirle col coltron- cino o con altro. COMINÈLLA. V. Comi'no. COMiNO (Cuminum, Cyminum). Pianta che alza pochi centimetri ; ha la ra¬ dice a fittone, il fusto eretto, rami¬ ficato fino dalla base, le foglie glau¬ che, filiformi, il fiore a ombrella, e il seme un poco simile a quello del finocchio, leggermente peloso, di sa¬ pore aromatico e grato. È originaria dell’Alto Egitto e dell’ Etiopia, onde chiamasi anche Finocchio orientale ; e coltivasi a Malta, nella Sicilia, ecc. unicamente pe’ suoi semi, che si ado¬ peravano una volta in medicina, ed oggidì servono più comunemente per dar l’odore a certe pasticcerie, ed entrano in quel mescuglio di dro¬ ghe di cucina detto Spezie, II nome di cornino è stato appli¬ cato ad alcune altre piante aroma¬ tiche : chiamasi cornino tedesco o co¬ rnino de ' prati , il carum carvi , il cui seme cilindrico, incurvato, si confonde col cornino domestico e con l’aneto; cornino nero o cominella , la nigella sativa; cornino salvatico, la lagoecia cuminoides, ecc. COMINO NÉRO. V. Comìno. COMÌNO SALVATICO. V. Comìno. COMINO TEDÉSCO 0 DE- PRATI. V. Comìno. COMPÓSTA. Conserva di frutte, fatta con zucchero chiarito e per via di cottura. — « Composta di fragole — d'albicocche. * Lo stesso che Conserva più popo¬ lare. Notisi però che quella di Pomi- dori non si direbbe Composta. — « Fette di pane con sopra distesa un po’ di conserva di ciliege. * CONFETTACCI. Pegg, di Confetti. — * Confettacci che pajono fatti col gesso. » CONFETTARE. Per Candire e simili, è oramai di raro uso. CONFÈTTI. Mandorla, pistacchio, noc- ciuola, coriandolo o altro, che si ri- cuoprono di più o meno strati di zucchero sciolto, agitandoli sul fuoco in un vaso di rame appeso in alto, e che poi si coloriscono variamente e si danno loro varie forme. — « I confetti di Pistoja tanto famosi non sono poi una gran cosa: la loro par¬ ticolarità sta piuttosto in un sapore dolce delicato e non stucchevole e nella forma spugnosa e bernoccoluta che prendono ; forma che gli stessi confettieri pistojesi non riescono a ottenere in altri paesi così perfetta come a Pistoja. » — « Confetti di Pistoja, grossi e leggieri. » — « In occasione di sposalizi si sogliono re¬ galare i confetti. » CONFÈTTI DI MONTAGNA. V. Ca- STAGNE SÉCCHE. CONFÈTTI PARLANTI. Quelli dentro a’ quali è un fogliolino arrotolato e stampatovi una sentenza o dei versi, quasi sempre scipiti. — « Trovò 1 numeri del lotto in un confetto par¬ lante. » CONFETTIÈRA. Quella che con voce francese dicono Bomboniera gli as¬ sassini della lingua ; cioè Un vasetto, una scatola, una borsa e simili, piena o da empirsi di confetti e simili dolci. — « Che belle confettiere ha messo in vetrina il Giacosa! * — « In oc¬ casione del matrimonio del Contino A. con la Baronessina C. furono rega¬ late delle stupende confettiere con sopra la cifra degli sposi e tanto di corona. » CONFETTIÈRE. Colui che fa o vende confetti. — « Il Giacosa tiene un bra¬ vissimo confettiere.* — « Imparai a recitar la parte di Stenterello da un confettiere di Pistoja chiamato Gio- 772 DEL MANGIARE E DEL BERE sue. » — Il Confetturière (V.) non è la stessa cosa. CONFETTINE Dim. vezz. di Confatti. — * Gli anaci in camicia sono una specie di confettini piccolissimi. * — « B< cca di dama — panforte — dolce — con sopra cifre, ghirigori fatti con tanti confettini di varii colori. » — « Sta’ buono e zitto , se vuoi che ti abbia a comprare i confettini. * CONFETTUCCI. Dim . e anche dispr . di Confetti . — « Confettucci ordi- narii. » CONFETTURE. Nome generico dei con¬ fetti e simili dolci. — * Negozio di confetture. » — * Confetture francesi — napoletane — siciliane. » CONFETTURERIA. Luogo dove si fanno e si vendono Confetti e simili dolci. — * La confettureria che hanno aperto due Svizzeri sulla cantonata di Via S. Pancrazio è sempre piena di gente. » CONFETTURIÈRE. Colui che fa evende non solo confetti, ma altri svariatis simi dolci di simil genere: canditi, conserve, pasticcini, ecc.^ e anche liquori. — « Chi è il miglior confet¬ turiere di Milano? * CONFORTINO. « Pane (dice il Carena) intriso con miele, con entro spezierie. » N«m so se questa sia giusta defini¬ zione nè se la parola sia sempre viva. Esempi ne ha moltissimi, ed è forse la stessa cosa o poco dissimile da que’ dolci detti Un quattrin man¬ giare e bere . CONSÈRVA. V. Compósta. CÒPPIA DI PANE. « Dicesi Una piccia di due pani, od anche Un pane assai bislungo. — « Compra due pan tondi e una coppia di pane. » ( Rigatini ). In modo proverbiale Rendere tre pan per coppia o Avere tre pan per coppia vale Rendere o Dare gran vantaggio e anche Render pan per focaccia. V. Focaccia. CORBÉZZOLA e men comunemente ÀLBATRA. Frutto del corbezzolo (Arbutus unedo ) : è una bacca glo¬ bosa, grossa quanto una ciliegia, con molti semi o tubercoli all' esterno, che la rendono scabra, di color croceo miniato, insipida, aspra, ma che acqui¬ sta, nelle piante coltivate, un sapore dolcigno non disaggradevole, e la § rossezza d’una susina. — « Le cor- ezzole stuccano facilmente. * — « A Firenze nessuno dice Albatre le cor¬ bezzole: lo dicono a Pistola e in altre parti di Toscana e d’Italia. » CORBEZZOLÓNA e CORBEZZOLÓNE- Accrescitivi di Corbezzola . — « Cor- bezzolone rosse ben mature. » — « Pajono ( certe fragole) corbezzoloni di quei ben grossi. * (Redi.) CORBEZZOLÓNE. V. Corbezzolóna. CORIÀNDOLO ( Coriandrum sativum). Pianta annua, alta da 3 a 9 deci¬ metri, che prese il nome dal greco coris. cimice, a cagione del suo in¬ sopportabile fetore di cimice, che però perde seccandosi : ha la radice gracile, a fittone ; il fusto eretto, ci¬ lindrico, ordinariamente ramoso; le foglie di color verde chiaro, arcicom¬ poste, colle foglioline lineari, ottuso all’apice; i fiori disuguali, bianchi, talvolta porporini ; i semi sferici , striati, aromatici, che si confettano in più maniere ed in alcuni luoghi si tanno servire anche di condimento. Questa pianta cresco anche spon¬ tanea ne’ campi, infestandoli, e chia¬ masi coriandolo salvatico , dai bota¬ nici coriandrum testiculatum , perchè ha il seme doppio, cioè di due globi uniti. — «Nel salmi i cuochi ci sogliono mettere un po’ di coriandolo. » CORIÀNDOLO SALVATICO. V. Co¬ riandolo. CORNÉTTI. V. Cornetto. CORNÉTTO. Generalmente usato in plurale,: Piccolo pane in forma di scuoia con due o più corni alle estre¬ mità o anche sopra e sotto. — « 1 cornetti son più sani perchè hanno molta crosta e sono ben cotti. * Si dicono Cornetti o Corni anche le punte a mo* di corna che spor¬ gono da' chifelli e da altri piccoli pani. CÒRNI. V. Cornétto. CÒRNIOLA. Frutto del Corniolo (Cor- nus mascula) : ha la forma della giuggiola lunga, il nocciolo duris¬ simo, la polpa morbida nella matu¬ rità, ma molto acida e lazza, onde da pochi si mangia, e serve per lo più a far conserve per le bevande dell’estate: è di un bel color rosso, ma ve ne sono anche di gialle e di bianche. CORÓNA. V. Nèspola. CORÓNE. V. Vecchióni. CORTÉCCIA. Detto del pane, La parte dura esterna più cotta dell’interna e colorita dall’ azione del calore del forno. Crosta vaie lo stesso, ma par che dica Corteccia più dura e anche secca. — « La corteccia è più sana e più gustosa della midolla. * — DEL MANGIARE E DEL BERE « Non mangio che la corteccia del pane , per serbare le midolle alla nonna. * — « Croste di pan secco. * — « Pane dalla crosta bruciata. » CORTÉCCIA. Nome proprio della bue- ! eia o involucro esterno delle Arancie e dei Cedri; quella dei limoni Scorsa. — « L’acqua di tutto cedro si estrae dalle corteccie del cedro. * — « Tin¬ tura aromatica di corteccie d’aran¬ cio. * — « Scorza di limone grattata per dar profumo a un dolce. » È da notarsi però che Corteccia è più dell’ uso, dirò così, farmaceu¬ tico e commerciale, che dei familiare toscano, nel quale si dice più comu¬ nemente Buccia. CORTECCINA. Dim. o vezz. di Cor - feccia. — « Inzuppare nel vino, neL 1’ uovo da bere dello corteccine di pane. » CORTECCINO. Dim. vezz. di Cortec¬ cia. Non tanto comune, ma dell’uso. — « Un corteccino di pane inzup¬ pato nel brodo. » CORTECC1ÓN A. Acer, di Corteccia. — « Pane con una cortecciona grossa grossa. » CORTECC1ÓNE. Acer, di Corteccia. Grosso pozzo di pano colla corteccia. — « Ha mangiato un corteccione di pane con due salsiccie. » — « Da’ al solito povero quel corteccione di pane che avanzò iersera a cena. * CORTECC1ÓNE. Aggiunto d’una qua¬ lità di Fico, così detto dalla sua buc¬ cia dura, solamente settembrino. CÒSCIA. Aggiunto d’una qualità di pera, morbidissima, saporosissima, di buccia liscia, e di forma bislunga. , Così detta forse dalla forma, come Pere campane. — « Le pere coscio non son da confondere con le coscie di monaca , una varietà di susine squisitissime. * CÒSIMA. Aggiunto d’una qualità di Pere che maturano in ottobre. — « Che sia una pera di sapore politico, dice il Tommaseo, e che le pere co- sime siano parenti delle stelle me- i dicee? » CÒSTOLA. Detto di Cavolo, Lattuga c simili, La parte più dura che è nei ! mezzo delle loYo foglie, e regge il tenero di esse. — « Le costole più grosse si buttan via. » — «Un ca- volaccio tutto costole e torsolo. » — « Dalle costole della lattuga s’estrae un umore che forma la base dei lat- tucarii per la tosse. * CÒSTOLE. V. Biètola. 773 COSTOLUTO. Fornito di Costole piut¬ tosto grosse. — « Cavoli costoluti, i quali nel mezzo delle foglie hanno una costola di smisurata grandezza. » (Soderini). COTÓGNA. Frutto del Cotogno (Pyrus cydonia) ; nella sua maturità ha un bel colore giallo; è coperto di leg¬ giera lanugine; ha un odore grato e penetrante, ma la polpa è molto aspra e poco sugosa, sicché nessuno 10 mangia crudo, ma sempre cotto nello sciroppo e sotto la cenere : i suoi semi sono rivestiti di una lanu¬ gine gommosa abbondante, che si impiega utilmente in medicina. Dicesi Pera Cotogna la varietà dal frutto lungo e turbinato a guisa di pera; e Mela cotogna quella che ha la forma globosa ; la Cotogna di Portogallo ha la polpa più tenera e più odorosa. COTÓGNA DI PORTOGALLO. V. Co- TÓGNA. COTOGNATO. Conserva o gelatina che si fa cocendo le mele o le pere coto¬ gne con zucchero. ■ La corte ò come dire un colognato Fatto di pere fradice confette. «• Allegri. COVACCINO. V. Cofaccino. CRÈNNO. V. Barbafòrte. CRESCIÓNE. Nome che si dà a parec¬ chie pianto appartenenti a diversi generi botanici. Vi è il Crescione acquatico (Nasturtium officinale o Sysimbrium nasturtium) detto anche Erba da scorbuto , il quale trovasi nei rivi e nelle fossette, dove placida¬ mente scorre l’acqua; se ne mangiano le foglie crude in insalata, e si ado¬ pera anche come antiscorbutico; — 11 Crescione de ’ prati , detto anche Viola dei pesci ( Car domina pra¬ tensi) che cresce nei prati montuosi ed umidi ; ha il sapore del crescione acquatico e può servire agli stessi usi economici e medicamentosi; il Crescione fetido (Lepidium rude¬ rale ), che nasce fra le rovine delle muraglie, ed esala un odore spia¬ cevole, assai penetrante, ecc. CROCCANTE. Agg. Si dice di tutù que’ dolci cotti per modo che sotto il dente sgretolano, e si sminuzzano, mantenendosi sodi , nò diventando pasta. Ma generalmente si dice di quelli levati dai forno di fresco. CROCCANTE. Sost. Specie di dolce fatto in forma con zucchero chiarito 774 DEL MANGIARE E DEL BERE e mandorle tostate insieme con lo zucchero medesimo. Viene come una crosta concava più o meno sottile. — Gli si dà talora la forma di panierini, di fiori, di cappelli e simili. — « Fare il croccante. — Metterlo in forma. » CRÒSTA. Detto del pane, lo stesso che Corteccia , ma par che dica Corteccia più dura e più cotta. Le corteccie secche del pane si dicono infatti Cro¬ ste, anche se unite a molta midolla. — « Un proverbio: Il pane d’altri ha sette croste ; per Dante sa di sale : certamente è cattivo a rodere. » CROSTERÈLLA. Dim . di Crosta, con un che di vezz. — « Crosterello di pane con un po’ di midolla. * — * Crosterelie di pane buone per far la pappa a’ bambini. » CROSTINI. Fetterelle di pane arrostite, lunghe e strette, per inzuppare nelle uova da bere, o quadrate per arro¬ stirle insieme agli uccelli, al majale, o per friggerle. — Quelli da imburra¬ re per il caffè e latte sono più larghi e più grossi. — « Imburrare i crostini — Crostini imburrati. * — « Mi piac¬ ciono più i crostini che i tordi. » — «• Crostini con la merda di beccaccia — co’ fegatini di pollo. » CULACCINO. La parte della casta¬ gna opposta a quella detta Fiori ciNO (V.) e per la quale è attaccata al riccio. In alcune parlate si dice an¬ che Naso e Nasello, mentre in altro dicono così il Fioricino . r> DA INVÈRNO. V. Veunìno. DÀTTERO. Il frutto della Palma o Phoenix dacty lifera: è una drupa di figura simile a quella dell’oliva, lunga e grossa all’ incirca quanto il dito pollice (d’onde i nomi di dactula e daciyliy che le diedero i Greci e i Latini) ; ha la buccia sottile, liscia, di color giallo dorato; la polpa pingue, zuccherina, semitrasparente, d’odore soave, nel cui centro trovasi un noc¬ ciolo legnoso. Se ne contano più va¬ rietà. — « In Sicilia le palme crescono benissimo all’aria aperta e producono anche i datteri, ma non li maturano. » — « Una cassetta d datteri. * D’AUTUNNO. V. Autunnale. DÈNTI DI CAVALLO. Sorta di pasta da minestra, così detta dalla forma. Ci sono anche i Denti di leone , ma non so in che differiscano. DÈNTI DI LEÓNE. V. Dènti di ca- VALLO. D’ESTATE. Aggiunto di quelle frutte che maturano nell’ estate. — « Le mele d’estate sono le S. Giovanni e le dolci; quasi tutte le altre sono autunnali o vernine. * DIACCIUOLA. Aggiunto di una qualità di Mele e di Pere. Le prime hanno la polpa verdognola e quasi traspa¬ rente: le seconde sono di polpa bian¬ chissima e piuttosto sodetta, che si stritola fra' denti in modo da ram¬ mentare il ghiaccio. — « Cominciano le poponelle, e si colgono le pere moscadelle, bugiardine . e iliac- ciuole. » DI PRIMAVÈRA. V. Primaticcio. DIRICCIARE, SDIACCIARE. Cavare le castagne dai ricci. Di^icciare è d’uso presso quei di Casentino. Nella Montagna pistoiese dicono invece Sgranellare o Sbra¬ nare le castagne . Vedi anche Scar- d*re. DITI D’APÒSTOl.O Certe Paste sfoglie avvolte sopra di sè, in forma di grosso dito, vuote dentro, e ripiene o di crema o di panna montata. DITOLA e quasi sempre in plurale Dìtole ( Clavaria coralloides ). Specie di fungo mangereccio che ha l’appa¬ renza di un minutissimo corallo fitto fitto e gialliccio, o di una spugna. Quando son molto sviluppati rammen¬ tano le dita; quindi il nome. — « Le ditole si cucinano con olio, aceto, aglio e nepitella. » — Vedi anche Famigliola. DITOLA SCÉMPIA. V. Famigliola. DÓLCE. Sost. In singolare si dico di quel piatto che si serve in fin di ta¬ vola prima delle frutte e nel quale entra in maggiore o minor quantità lo zucchero. — « Senza il dolce non mi par d’aver desinato. » — « Che cosa c’è oggi per dolce? — La crema co’ savoiardi — Un pasticcio con la conserva d’albicocche. * — « Mine¬ stra, quattro piatti di carne, un dolce, frutta, formaggio, caffè e liquori. » DÓLCE. Agg. Si dice di quello vivande in cui entra lo zucchero. — * Paste dolci — Un piatto dolce. » DÓLCE. Aggiunto d’ una qualità di Mele. — V. Mela. DÓLCI, In plurale comprende Tutte le paste, i confetti e simili in cui entra lo zucchero. — « Mangiar troppi dolci. » — « I dolci guastano lo sto¬ maco. * — « Una scatola di dolci. » DOLCIPÀPPOLA*. Nome volgare d’una DEL MANGIARE E DEL BERE 775 specie d’uva bianca, copiosa, di grap¬ poli raccolti e talmente serrati che spesso i granelli, di mediocre gros¬ sezza e di buccia tenera, vengono a scoppiare. Così detta dalla sua dol¬ cezza; quasi Dolce a papparla . DOLCIUMI. Termine collettivo e di- spregiativo di tutti i cibi dolci, come confetti, canditi, pasticcini, ecc. — « Si rovina lo stomaco coi dolciumi. » — « Non manderebbe che dolciumi. » — « I Turchi divorano di gran dol¬ ciumi. * DONZELLÉTTE. V. Donzelline. DONZELLINE! O DONZELLÉTTE. Fritto di pasta lievita tagliata a marza¬ pane. DOTTATO. Aggiunto d’una qualità di Fico, che ha la buccia di color verde chiaro ; è rosso carneo di dentro, pieno (li dolce sugo melato, e si re¬ puta il migliore. Dà raramente fichi fiori e produco una gran quantità di fichi settembrini. In certi luoghi lo dicono Oliato forse da Optatus , per¬ chè dei più reputati. — « Un paniere di fichi dottati con la gocciola, che dicono mangiami mangiami. » DRAGONCÈLLO. V. Targóne. DRAGÓNE. V. Targóne. DROGARE. V. l'Articolo 119 del Capo precedente. DROGATO. V. l’Articolo 11° dei Capo precedente. DRÒGHJE. Quasi sempre in plurale. Nome generico di ogni sorta di spe¬ zierie, aromi e simili, che si mettono nelle vivande per dar loro maggior grazia. Le droghe comprendono an¬ che le Spezie. — « Cucina con troppe droghe. » — « Quante droghe ado¬ pera quel benedetto cuoco! * E ÈRBA. Nel linguaggio della cucina, si adopera talora per Erbaggio (V.) — « Minestra, lesso e un piatto d’erba. * « L’erba non fa collottola. » — « Compra un po’ d’erba per il secondo piatto. » Nel plurale Erbe , quelle erbette varie, minute, che si mettono per con¬ dimento e per odore nelle pietanze, e specialmente nella minestra. — « Minestra con l’erbe. * ÈRBA ACCIUGA. V. Règamo. ÈRRA AMARA o ÈRRA SANTAMARIA ( Tanacetum balsamica). Ha le foglie ovate, seghettate, di sapore amaro e di odore aromatico assai penetrante1, che molto si accosta a quello delia menta : si adopera negli usi di cucina e anche per distillarne un’acqua an¬ tistorica. — « Ti ci piace un po’ di erba amara nell’insalata? » ÈRBA CIPOLLINA. V. Cipollino. ÈRBA DA ACCIUGHE. V. Règamo. ÈRBA DA FUNGHI. V. Nepìtèlla. ÈRBE DA ODÓRI. V. Odóri. ÈRBA SANTAMARIA. V. Èrba amara. ERBAGGIO. Dicesi ogni sorta d’erba da mangiare, ed è sinonimo di Or¬ taggio. — « In ottobre si continua la sementa della lattuga e degli altri erbaggi che non si poterono seminare in settembre — * Erbaggi novellini — Nutrirsi di erbaggi. » — « Quest -mio ci son pochi erbaggi. » — «A Roma gli erbaggi sono eccellenti, ma cari assaettati. » ERBAJUOLO. Chi a mòdo di barullo, dice il Tommaseo, compra gli erbaggi da’ contadini e va a rivenderli. È anche Colui che tiene bottega d’ erbaggi, altrimenti Ortolano. — « Va dall’crbajuolo di sulla cantonata a comprare un pajo di palle di ca¬ volfiore. * ÈRBE. V. Èrba. ÈRBE ODORÓSE. V. Odóri. ERB1CCIUOLA. Sottodim. di Erba. — « Erbicciuola sarebbe Erba da poco, più da mangiare che da altro. » ( Tommaseo ). Non comune. ERBICfNA. Dim. di Erba; Erba pic¬ cola e saporosa. — « Insalata mista di varie erbicine. » ERBUCCE. Per lo più chiamansi cosi certe piccole erbe odorifere e sapo¬ rite, che s’adoperano per condimento, cioè per dar sapore, come il Prezze¬ molo, la Borrana, l’Acetosella, il Cer¬ foglio, la Menta, la Nepitella, la Sal¬ via, il Règamo, il Timo, la Santo¬ reggia, e più altre. — « Insalata con varie erbucce. » — * Minestra con le erbucce. * ERBUCCI. Sempre in plurale. — Erbe odorose da dar grazia alle vivande. — « Piglia un soldo d’erbucci per far l’anguilla in umido. » — « Mine¬ stra con gli erbucci. » ESTIVO. Detto di frutte, lo stesso della locuzione più popolana D'estate. — « Pere estive e vernine. * — Non comune. 776 DEL MANGIARE E DEL BERE 1? FAGIOLÀCCIO. Pegg. di Fagiuolo. — « Fagiolacci dalia buccia dura, che non cuociono mai. * FAGIOLAJO. Colui che mangia volen¬ tieri e spesso molti fagiuoli. — * Io non sono molto fagiolajo. » — • « I Fiorentini son detti fagiolaj perchè amano molto i fagiuoli. * FAGIOLATA. Gran pietanza e Grande scorpacciata di fagiuoli. — « Vo’ fare una bella fagiolata. * — « I couta dini toscani fanno di gran fagiolate. » FAGIOLÉTTO. Dim. con vezz. di Fa - aiuolo, — • Un piatto di fagioletti dall’occhio che si sfarinano in bocca. » FAGIOLINI. Così dicono comunemente a i'i lenze i fagiuoli in erba. — « I venditori ambulanti di fagiuoli in erba, vanno gridando per Firenze: Fogiolin come la seta! per signifi¬ care che sono sottilissimi. * — * Fa¬ giolini in umido — in insalata — sottaceto. * FAGIOLÓNE. Acer, di Fagiuolo; Gros¬ so fagiuolo. — « Fagiolóni bianchi. * — « Che razza di fagioloni! Come si chiamano? » FAGIOLÙCCIO. Dim . dispr. di Fa- giuoto. — « Non mi dettero per cena che due fagiolucci e un pezzetto di pane. * FAGIOI.ULE. Gambo secco del fagiuolo che si suol dare a mangiare iieU’in- verno alle bestie vaccine. — « Ho ri¬ messo tutti i fagioluli per il mangime de’ buoi. » FAGIUOLA. Secondo il Meini nel Di¬ zionario de’ Pomba, ci sono anche le Fagìuole , fagiuoli più grandi de' co¬ muni. A lui, come a valentissimo filo¬ logo e a buongustajo fiorentino, di quelli proprio veri del Cupolone, la responsabilità delle fagiuole. FAGIUOLI IN ÈRBA, FAGIUOLI VÉR¬ DI. Così si dicono i baccelli de’ fagiuoli ancor teneri , da potersi mangiare insieme agli interni semi non perfet¬ tamente maturi. FAGIUOLI NANI. Quelli che non s’in¬ nalzano molto, e si reggono da sè, nè abbisognano di essere infrascati, come si fa ai fagiuoli scandenti. FAGIUOLI RAMPICANTI. V. Fagiuoli SCANDÈNTI. FAGIUOLI SCANDÈNTI, FAGIUOLI RAMPICANTI. Quelli il cui stelo, crescendo, non si regge da sè, ma abbisogna di corpo vicino ealto cui possa attaccarsi e salire. Gli uni sono a Stelo volubile, cioè che s’avvolge spiralmente attorno a un palo, o altra cosa simile: in altri lo stelo è a Viticci, cioè provvisto di appendici filamentose che inanel¬ landosi s* avviticchiano a una frasca ramosa che loro si pianta accanto; tali sono alcuni fagiuoli non nani, tutti i piselli, le zucche, "la vite, ecc. FAGIUOLI SGRANATI. Si dice de* fa¬ giuoli maturi e cavati da’ baccelli, per opposto di Fagiuoli in erba. FAGIUOLI VÉRDI. V. Fagiuoli in ÈRBA. FAGIUOLO (Phaseolus). Denominazio¬ ne volgare di più specie di piante leguminose, le quali hanno per ca¬ rattere distintivo, fusti per lo più gi¬ revoli, baccelli pendenti, compressi, o cilindrici, a molti semi, con tra¬ mezzi trasversali, e i semi con ilo ovale oblungo. — I semi stessi si dicono Fagiuoli. Questo genere, il cui nome vuoisi derivato dal greco phaseolo v, signi¬ ficante piccola barca, a cagione della forma più comune de* suoi semi, comprende moltissime specie, non poche delle quali sono coltivate da tempo immemorabile in Europa, talune per ornamento, ed altre per i loro semi mangerecci. Queste hanno prodotto col tempo, sotto le diverse influenze di clima, di suolo e di col¬ tura, un grandissimo numero di va¬ rietà e sotto varietà, distinte per la forma, la grossezza od il colore del granello. — « I Fiorentini sono grandi mangiatori di fagiuoli. * FAGIUOLO COMUNE (Phaseolus vul- garisj. Ha i semi con due ghiandole vicino all’ilo, o attaccatura, ovati od alquanto compressi, di colore vario, e spesso di due o più colori. Questa è la specie più comune che si cono¬ sca, della quale infinite sono le va¬ rietà. Si hanno quindi i fagiuoli romani , dai semi bianco ovati ; i fagiuoli gal- letti , ovati, reniformi; ì fagiuoli capponi , bianchi, grossi e lunghi, i più accreditati in Toscana ; fagiuoli turchi o turchesrhi , lunghi, quasi cilindrici e picchiettati di nero, i meno pregiati, benché facciano bello ornamento ne’ giardini: i fagiuoli a mazzi, così detti, perchè i loro bac¬ celli trovansi riuniti a gruppi su una stessa pianta; i fagiuoli senza filo, il cui baccello è privo delle fibre, DEL MANGIARE E DEL BERE 777 che nelle altre varietà staccansi dalla sutura dello stesso baccello , rom¬ pendolo. Vi sono inoltre i fagiuoli rossi , i gialli , i verdi, i brizzi o brizzoli, i rigati, i cenerini , i corallini , i ghianderini , i tondini , i lunghi, i gentili , i montanini, i quarantini, i cinquantini, i 'pinocchi , i premici , i grossi , i mezzani , gli svizzeri, i fagiuoli dell' aquila, ecc. Alcune varietà sono particolarmente apprezzate per i baccelli buoni a mangiarsi in verde, altre pei loro semi ; i frutti di altre mangiansi in¬ tieri, cioè baccello e seme, quasi sino al tempo della loro maturità: l’una di queste qualità non esclude però sempre le altre. Sono detti Fagiuoli alcuni di essi che appartengono al genere Dolichos , anzi che al Phnseolus. Di questi si coltiva il Fagiuolo dall’occhio o col - Vocchio (Dolichos Gatiang) distinto per il lungo baccello e quasi cilin¬ drico, e pei semi ovali, di sapore più acuto dei fagiuoli comuni. Questi semi sono di colore bianco ceciato, e attorno airombelico bianco hanno una macchia nera circolare, dal che prendono il nome volgare di fagiuoli dall’occhio, o con l’occhio: non iianno però quelle due glandole che si ve¬ dono nel fagiuolo comune. Si fa gran¬ de uso di questi fagiuoli tanto freschi che secchi, si in minestra che in in¬ salata; ma bisogna gettare l’acqua della prima bollitura, senza la quale diligenza sono di aspro sapore. — • Nei maggio avanzato, si possono seminare i fagiuoli coll’occhio, * ma per gli or- dinarii è troppo tardi. » FALLACE. Aggiunto di quelle frutte che non ogni anno allegano sull’ al¬ bero e sono più delle altre sottoposte alle nebbie, agli insetti, ecc. — - « Le frutte più delicate e pregevoli sono le più fallaci. » FAMIGLIOLA e FAMIGLIUOLA, e più spesso nel plurale. Specie di funghi, e più precisamente di Ditole , detti anche Ditole scempie {Clavaria ebur¬ nea). Il Rigutini fa la voce piana, il Tommaseo sdrucciola; e hanno ra¬ gione l’uno e l’altro, chè si pronun¬ zia, secondo i luoghi, in ambedue le maniere. FAMIGLIUOLA. V. Famigliola. FARE. Parlandosi di Frutte, vale talora Maturare. — « Fichi che fanno a S. Pietro, detti perciò, quasi tutt’una parola Sampieri. Ce ne sono altri che fanno a S. Martino. » FARE I GIRÈLLI. Quando nel crescere e approssimarsi alla fioritura, le fo¬ glie o squame del carciofo si induri¬ scono e non sono più mangiabili dagli uomini, si tagliano per darsi alle be¬ stie bovine; il girello che rimane, si affetta per essere mangiato cotto in inverno; e questo dicesi Fare i gi - relli. Vedi anche Girèllo. FAR LA CRIA. V. Inanimirsi. FAR LA LÒFFA. V. Far la vescia. FAR LA VÉSCIA e più volgarmente ancora Far la lòffa. Dicesi della polenda, quando, finito di mestarla bene, si lascia stare un altro poco sul fuoco e quindi si sprigiona un po’ d’aria, il che è segno che è al suo punto. — « A momenti la sco¬ dello; vedo che comincia a far la vescia. » FARINA. La polvere in cui si riduce per via della macinazione il grano, il granturco, le castagne e simili. Usato assolutamente, s’ intende di quella di grano. — « Spengere la fa¬ rina per far la pasta. » — * Gli olii e le farine. » FARINA DÓLCE. Così dicosi la farina che si ottiene dalle castagne secche macinate, e ciò dal suo sapore dolci- gno. Nel Pistoiese la dicono Farina neccia dal servire a farne i necci. FARINA GIALLA. Quella di granturco, per distinguerla dalla farina di ca¬ stagne e da quella di grano. FARINATA. Minestra fatta di farina bianca o gialla, cioè di grano o di formentone, cotta in molt* acqua o brodo, sì che rimanga alquanto li¬ quida. La farina s’infonde a poca per volta, e si va rimestando con mesto- lino, affinchè non s’appallottoli. — « Il medico gli ordinava di non mangiare altro che farinate. * FARINATINA. Dim. quasi vezz . di Farinata. — « Una farinati na sul brodo. » — « Non mangiare che mi¬ nestrine e farinatine. » FARRO , GRAN FARRO (Triti cum spelta). Specie di grano, che differisce dal comune per le spighette più ap¬ puntate e più sottili, per le valve più dure e coriacee, e pei semi più grossi, fortemente ricoperti dalla lop¬ pa, a spogliarli della quale non basta la trebbiatura, e occorre l’opera di un molino, o della Brillatura, prima di usarne pei bisogni della vita. Al¬ cuni lo chiamano anche Scandella, nome che si dà più propriamente ad una specie di orzo. 773 DEL MANGIARE E DEL BERE V'ha un’altra specie di farro detto Piccolo farro, e dai botanici, Triti - cum monocòccum. Queste due specie comprendono di¬ verse varietà, quali il Farro rosso , il Farro bianco , il Farro mazzoc- chino , il Farro peloso , il Farro lupo, il Farro cicalino , ecc. 11 farro, conosciutissimo dagli an¬ tichi, ora si coltiva di rado, e piut¬ tosto per cuocersi in minestra, che per la panizzazione ; s'adatta ai ter¬ reni magri e ai paesi freddi e mon¬ tuosi. FATTO. Detto di Frutte, vale Venute a quel punto di perfezione da potersi mangiare. — « Quando son fatte, le sorbe — le castagne — le mele — cascano da se. * — « Non sono an¬ cora fatte quelle pere — q.ue' fichi. » — « Le frutte non fatte producono dei dolori di corpo e anche diarree. » FAVA (Vicia faba). Pianta che ha la radice a fittone, lo stelo diritto, qua¬ drangolare, fistoloso, i fiori bianchi macchiati di nero: produce un seme di grossezza varia, di forma per lo più bislunga, col bellico o segno del germe a una delle estremità, e rin¬ chiuso in baccello erboso, crasso, internamente foderato di bianca pelu¬ ria, più facile a putrefarsi che a dis¬ seccarsi. Duo sono le varietà principali delle fave, la piccola e la grossa (Faba minor , Faba major). FAVÀCCIA. Pegg. di Fava. — « Un piatto di favacce dure dure, da rom¬ pere i denti a un cavallo. » FAVAJO, FAVÉTO. Campo seminato a fave. — « Le brine danneggiarono i favai primaticci. * — « Per alimen¬ tare il bestiame in giugno si ricorre specialmente alle erbe spontanee dei faveti. * FAVATA. Vivanda fatta di fave, Man- iata di fave, e figuratamente Super- ia. Non tanto comune; ma vivo, massime nel secondo senso, sulTana- logia di Fagiolata, Cavoiata e simili. FAVE A MAZZÉTTI o.A PÈNNA. Si dicono quelle che hanno i baccelli distribuiti per due bande e molto fitti. FAVE A PÈNNA. V. Fave a mazzetti. FAVE COMUNI. V. Fave mulette. FAVE DA BACCÈLLI. V. Fave or¬ tolane. FAVE DA CAVALLI. V. Fave mulette. FAVE DA SGRANARE. V. Fave or¬ tolane. FAVE DELLA BEFANA. Fave secche rinvenute in acqua, che si vendono per l’Epifania. Così il Palma. Non so se sia comune ano’ oggi in Toscana la locuzione e l’usanza. FAVE GRÒSSE. V. Fave ortolane. FAVE MEZZANE. V. Fave mulette. FAVE MEZZO LANE. V. Fave mulette. FAVE MULETTE, MEZZANE, MEZZO¬ LANE. Diconsi quelle piccole, pen¬ denti più al tondo, generalmente col¬ tivate ne* campi, o sopratutto nei poggi, in sostituzione del granturco, le quali servono di biada per il ge¬ nere cavallino. Sono anchedette Fave comuni, Fave piccole. Fave da ca¬ valli. FAVE NANE Quelle che si levano poco da terra, e sono fra queste an¬ che lo fave a mazzetti o a penna. FAVE ORTOLANE, FAVE GRÒSSE, FAVE DA 13ACCÈL.I.I , FAVE DA SGRANARE. Quelle grosse che si seminano negli orti, e si sogliono mangiare in erba o tènere col nome di Baccelli. Restando fermo le due varietà di Fava grossa e Fava piccola, altri ag¬ iunti si danno alla fava, dal colore, alla forma e dal seme, dal tempo della sementa, dal paese che le pro¬ duce, ecc. Ce ne sono di bianche , di verdi , di rosso scure , di nere, di ro¬ tonde , di ovate; vi hanno le fave vernine , le marzoline , le fave na¬ poletane, le fave pistoiesi, le fave di Tunisi , le fav ? della China , ecc. FAVE PICCOLE. V. Fave mulette. FAVERÈLLA. V. Favetta. FAVÉTO. V. Favajo. FAVÉTTA e FAVERÈLLA. Vivanda di fave macinate o disfatte ed impa¬ state con acqua e cotte in forno. FAVINA. Dim. vez :■ . di Fava. — « Fa- vine tenere. » — È anche nome d’un alcaloide volatile clie si forma per la distillazione delle fave. FAVULE. Il gambo della fava, disvelto e secco, ed anche II campo ove siano state seminate e raccolte le fave. — « I favuli sono buoni per pastura del bestiame. * — « I grani sopra i favuli apparivano veri erbai. » FÉTTA. Detto del pane, Parte di esso tagliata più o meno sottilmente col coltello. — « Una fetta di pane col burro — con la conserva. * — « Pre¬ parare le fette del pane per la mine¬ stra. » — « Tagliare il pane a fette. * FETTERÈLLA. Dim. vezz. di Fetta. DEL MANGIARE E DEL BERE 779 — « Tre sottili fetterelle di pane ar¬ rostite. » FETTINA. Dim. con vezz. di Fetta. — « Fané tagliato a fettine per la zuppa. * — « Acciughe tra due fet¬ tine di pane imburrate. * FETTOLINA. Fettina sottilissima di pane. — « Due fettoline di pano con una ramajolata di brodo. * FETTÓNA. Acer. di Fetta; Grossa fetta. — « Quelle fettone di pane a che devon servire? — A fare il cavolo nero con le fette. * FETTÓNE. Acer. di Fetta ; più grosso della Fettona. — «■ Mangiava certi fettoni di pane da far paura. * FETTUCCIA. Dim. di Fetta ; non tanto comune parlandosi di pano. FETTUCCINA Sottodim. di Fetta. « Fettuccine di pane imburrate con sopra acciughe e capperi pesti. » FETTUNTA. Fetta di pane arrostito, strofinata con Taglio e ben condita con olio e sale che si dice anche Saiunta ; ma Saiunta si dice più pro¬ priamente quella condita con olio nuovo. V. Salunta e Panzanèlla. FICÀCCIO. Per/g. di Fico. — « Mangi troppi fìcacci non maturi, e però ti pigliano i dolori di corpo, bambino mio. * u Disfatto «i no rimano Come un fi caccio piattolo maturo. » Lippi. FICAJA, FICAIO, FICHÉTO, FICHE- RETO. La prima ò la voce più co¬ mune; la seconda un po’ meno; la terza cosi così; la quarta quasi del tutto morta, per Terreno piantato di di fichi. FICAIO. Colui che vende fichi. E a modo d 'agg. nei proverbio; Settembre ficajo. FICAIO. V. Ficaja. FICATO. Aggiunto di una specie di pane o di focaccia impastata con polpa di fichi. In Toscana non usa quasi più, ma sì in altre parti d’I¬ talia. « Per farne l'Ognissanti il pan fìcato, 0 un arrosto <> altra leccornia. » Berni. FICÀTTOLA- « Impasto d’uova e fa¬ rina, o più sovente pasta lievita. Messo in padella a tagliolini stiac¬ ciati e tondi, si rigonfiano. Levati dal fuoco, si raggrinzano in varie maniere. — E però d’un cappello, d’un vestito, d'un drappo sgualcito, si dice: N’ hai fatto una tìcattola. * (Gargiolfi). FICHERÉTO. V. Ficaja. FICHÉTO. V. Ficaja. FICO. Il frutto della pianta di questo nome ( Ficus carica). Ha la polpa tenera, zuccherina, sparsa di picco¬ lissimi granelli, che nc sono i semi, labuccia grossa, morbida; il picciuolo erbaceo, cortissimo, e un foro nella parte posteriore, detta Bocca . La maggior parte delle flcaje sono bifere, cioè danno frutto due volte Tanno ; e di qui la prima e generica distinzione di fichi fiori e fichi set¬ tembrini. FICO AFATO. V. Fico annebbiato. FICO ANNEBBIATO e men comune¬ mente AFATO. Dicesi quello che al colore e alla cedevolezza par maturo e non è, perchè guasto dalla nebbia e dal calcio eccessivo. — « 1 fichi an¬ nebbiati producono la diarrea con forti dolori di corpo. * FICO IV (NDIA. Frutto dell' Opuntia ficus indica: di forma ovale, gial¬ liccio o rossiccio, o anche verde, se¬ condo la varietà: ha la buccia spi¬ nosa o piena di una polpa bianco¬ verdastra con molti semi che si in- ojano insieme con essa. — « I fichi ’india dissetano moltissimo e son ritenuti come rinfrescanti. * — « A Napoli e in Sicilia la povera gente si sfama e si disseta co’ fichi d'india. » FICO LIÈVITO. Dicesi di quello senza sugo, stopposo. — « Son tutti lieviti cotesti fichi: che vuoi che me ne faccia ? * FICO SÉCCO. Si dice di quelli che fu¬ rono fatti seccare al sole, o in forno, per poterli conservare ; chè freschi ì fichi infortiscono in pochi giorni. Nel Fiorentino e in altri luoghi, ai fichi da seccare, che per lo più sono i dottati, si leva prima la buc¬ cia; onde si hanno i fichi secchi mondi, i quali sono più morbidi, più bianchi e di miglior sapore. Per sec¬ carli li infilano su sprocchi d’ulivo, o rami di piante spinose (come mar¬ ruca bianca , pruno gazzerino e si¬ mili), o fanno uso di canne traversate in croce da più stecchi, e li sospen¬ dono ai muri e alle finestre, perchè il sole li domini dappertutto; e ciò chiamano Seccare i fichi sulla spina. FICO SÉCCO MÓNDO. V. Fico sécco. FICO VETTAIUOLO. Dicesi di fichi che fanno in vetta a’ rami più alti 780 DEL MANGIARE E DEL BERE della pianta. — « Que' fichi vetta¬ iuoli, che sarebbero i migliori, non li posso arrivare neanche coll’uncino; e poi ho paura che mi s’abbia a stroncar qualche ramo. » FILO. È appunto una gugliata di filo, generalmente di grosso refe, per ta¬ gliare a fette la polenda, sia di fa¬ rina gialla che di farina dolce. FILO. Detto di pane, è Pane di forma bislunga, per contrario di Ciambella , Pantondo e simili. FILO. V. Mondare. FILONCINO. Dim. vezz. di Filo. — « Si mangiò lui solo due filoncini di pane e uii mazzo di tordi. » FILÓNE. Arcr. di Filo. — « Un filone di pane che sarà tre chili arditi. * FILZA. V. Funghi sécchi. FILZA DI F1NÒCCHIO. V. Finòcchio FÒRTE. FINOCCHIÉTTA. V. Finocchiona. FINOCCHIÉTTO. Dim. di Finocchio ; Finocchio novellino, Finocchio tenero, detto anche Finocchino. FINOCCHINI. Quasi sempre in plurale, si dicono i teneri getti o talli del finocchio forte, che come quelli del finocchio dolce, si mangiano a guisa degli sparagi. FINOCCHfNO. Lo stesso che Finoc- CHlÉTTO (V.). FINÒCCHIO ( Anethum foeniculum). Pianta ombrellifera, di fusto diritto e midolioso, di foglie infinitamente di¬ vise in diramazioni capillari, di fiori gialli. I suoi frutti o semi sono ovali, verdastri, di sapore aromatico gra¬ devole, che hanno comune con le altre parti della pianta. Distinguesi in finocchio dolce e finocchio forte , da alcuni creduti due specie diverse, e da altri sem- lici varietà d’una sola specie. — « Le allotte bisogna farle cuocere con un po’ di finocchio. * FINÒCCHIO DI BOLÓGNA. V. Finoc- CHIÓNE. PINÒCCHIO DÓLCE. Quello che si col¬ tiva negli orti, ove per lo più non si lascia crescere per averne il seme, ma si coglie ancor tenero con la ra¬ dice, per mangiarsi in erba, crudo in insalata, ovvero cotto e preparato in varie guise. PINÒCCHIO FÒRTE. Sorta di finocchio che cresce spontaneamente ne’ campi, ne’ balzi, da per tutto: il suo seme non si mangia che seccato e per con¬ dimento delle braciuole di majale, delle ballotte o d’altro cibo. I contadini, colte le ciocche di questo finocchio, ne fanno mazzetti , che poi infilzano in un fruscolo o scudiscio d’olivo, del quale attorti- liano i due capi a guisa di ciam- ella. Unendo insieme molte di que¬ ste ciambelle, formano la filza del finocchio forte, che serbano per l’in¬ verno. FINÒCCHIO ORIENTALE. V. Comino. FINÒCCHIO PUZZOLÈNTE. V. Aneto. FINOCCHIONA o FINOCCHIÉTTA. Ag¬ giunto d’una qualità di Mele autun¬ nali, non molto grosse e di buccia scura, che a mangiarle hanno un certo sapor di finocchio — « Le mele fìnocchiette o finocchione si dicono anche mele borde. * — « La mela che da molti si stima più perfetta, è quella che si chiama finocchietta. * (Lastri). FINOCCHIONE. Acer, di Finocchio ; e chiamasi così il finocchio coltivato all’uso di Bologna, onde è detto an¬ che Finocchio di Bologna. Per avere i finocchiona prima che la pianta produca il fusto, si rivoltano le foglie e si sotterrano, per mangiarle poi come i sedani. FIÒCINE. La buccia dell’acino dell’uva, specialmente quando è vuota della carne o polpa che si è mangiata. — * I fiocini sono indigesti: sputali. » — « Non si direbbe Uoa che ha i fiocini duri ; ma la buccia dura. » « In Toscana s’ usa talora Fiocine anche per Vinacciuolo. * FIÓRE. Quel punto d’un frutto che è opposto al Picciuolo, così detto, per¬ che da esso cade il fiore, dopo che è avvenuta l’allegagione. Fiore , parlandosi di frutte, chia¬ masi anche quel velo quasi rugiadoso (detto Panna dai Siciliani, e Cera da altri), che ricopre alcune di esse, come susine, pesche e simili, allorché sono in piena maturanza, e che col brancicarle svanisce. FIÓRE, FIORÓNE o PRIMATICCIO. Aggiunto di que’ fichi che maturano in estate. Perii solito sono più grossi, ma di poco sugo e poco sapore, per¬ chè mal fecondati e abboniti : pro¬ vengono dalla parte inferiore dei ra- micelli e spuntano prima delle foglie. « Quanto mele francesche, Quanti fichi albi o fiori, Quanto castagne mi caddero in sono Prima ch’elle toccassero il terreno ! * Allegri . DEL MANGIAR FIORICINO. Quella specie di pennac- chietto cenerino che le castagne hanno dalla parte che finisce in punta, op¬ posta a quella che si dice general¬ mente Naso o Culaccino (V.). — « I topi pigliano le castagne per il flori- cino di cima. » [Giuliani), FIORÓNE. V. Fióre. FISCHIÉTTI. Sorta di pasta da mine- stra, simile a* cannelloni, ma più sot¬ tile e tagliata in pezzi assai corti. FISCHIONCINI. Fischietti di mezzana grandezza. FISCHIÓNI. Fischietti più grossi degli ordinarii. FISCHIÒTTI. Specie di Fischietti , ma più grossi. FOCÀCCIA. Pasta bassina, lungja e larga, messa a cuocere un po* nel forno o sotto la cenere. Comunemente il popolo dice Cofàccia. (V). — « Nel modo Render pan per focaccia,, ossia Render la pariglia, Rendere ad altri peggiore il male o l’ingiuria che c’è fatta, anche il popolo dice focaccia , quando lo dice, chè preferisce l’altro modo d’egual significato Rendere tre pan per coppia. » FORATINI. Pasta da minestre bucata: una specie di grossi vermicelli col buco, ma corti. FÒRBICE. V. Forfecchia. FORFÉCCHIA e oggi in Firenze più comunemente Fòrbice. Bacherozzolo dalla coda biforcata a guisa di for¬ bici che si nasconde nelle frutte e specialmente ne’ fichi. FRÀGOLA e più comunemente in Fi¬ renze Fràvola, commutata in v la g. Frutto della Fragaria vesca ; pic¬ colo, generalmente rosso, odoroso, per lo più conico, tenerissimo, dalla superfìcie ruvida per una infinità di granellini che, scientificamente con¬ siderati, sono i veri frutti. — « C’è chi fa, massime in Germania, la cura delle fragole. » — « Un panierino di fragole colte or ora. » FRÀGOLA ANANASSA. Fragola di giardino, grossissima, sbiancata, mol¬ to tenera e con lieve profumo d’ana¬ nasso ( Fragaria vesca ananassa). FRÀGOLA BRICI0L1NA. V. Fragola SELVÀTICA . FRAGOLA DI GIARDINO. Quella che si coltiva ne’ giardini : più grossa della Salvatica , più dolce, ma meno profumata. Di questa sono molte le varietà. FRÀGOLA DI MONTAGNA* V. Frଠgola SALVATICA, 2 E DEL BERE 781 FRÀGOLA D'ÒGNI MÉSE. Fragola (li giardino che dà ogni mese i suoi frutti ( Fragaria vesca semperflorens). FRÀGOLA MORAJUOLA. V. Fràgola SALVÀTICA. FRÀGOLA MOSCADÈLLA BIANCA. Fragola di giardino, bianco-gialliccia, con granellini rossastri qua e là; di grossezza media; molto zuccherina, e leggermente profumata. È la Fra - garia vesca fructu albo odoro. FRÀGOLA MOSCADÈLLA RÓSSA. Si- mile alla moscadella bianca dalla quale non differisce che pel colore. È la Fragaria vesca fructu rubro mo~ schato. FRÀGOI. A SALVÀTICA. ( Fragaria ve- sca sylvestris). Quella che nasce spontanea ne’ boschi, più piccola della Fragola di giardino , meno dolce ma più fragrante. È detta anche Bricio- lina o di montagna o morajuola. FRAGOLAJA, FRAGOLAJO, e men co¬ munemente Fragoleto. I uogo pian¬ tato di fragole. — « Le fragolaie si fanno in terreni grassi. * [Targioni). — « Ha un fragolaio nel suo giardino in città che gli rèndo molto bene. » FRAGOLAJO. Colui che va cercando ne’ boschi le fragole, e Colui che lo vende. FRAGOLAJO (terreno). V. Fragolaja. FRAGOLÉTO. V. Fragolaja. FRAGOLÉTTA. Dim. e vess. di Fra - gola. — « Fragolette di giardino ac¬ comodate con vino bianco e zuc¬ chero. » FRAGOLINA. Dim. di Fragola. — « Fragoline di bosco, piccole ma molto colorite e profumatissime. * FRANCÉSCA; Aggiunto d’una qualità di Mele vernine, piuttosto grosse, che hanno la buccia fina e verde, molto odorose e profumate. Così dette forse per esserci venute di Francia. — « Le mele fraucesche alcuni le tengono ne’ cassettoni per dare odore alla biancheria. * » Quante mele francesche. Quanti fichi, albi e fiori. • Allegri . — « Le mele francesche son dette in alcuni luoghi anche Mele franchette. » FRANCESINO. Quasi sempre in plu¬ rale, Francesini. Piccoli pan tondi, molto spugnosi, di farina finissima, salati. — « Ehi cameriere! ce n’hai de’ francesini ?» — « Da quel forno DEL MANGIARE E DEL BERE 782 non esce che pane di lusso : semelli, chifelli, francesini o pan francese. FRANCHÉTTA. V. Francesca. FRASCARÈLLO. « in montagna, Quan¬ tità di frittelle di farina dolce. » Così il Fanfani. S’adopera più spesso nel plurale. FRA VOLA. V. Fragola. FRITTÈLLE. Nel senso più generale, Cucchiaiate di pastasemiliquida fritte in padella. — « Frittelle di farina dolce. » Sorta di fritto di roba battuta, per lo più erbe, miste talora con carne, incorporata con uovo sbattuto, e fog¬ giato in pezzi piani e tondi 9, modo di rotelle. Le frittelle si fanno anche di mele affettate in tondo, cavatone il torsolo e ravvolte in pasta liquida. — « Per San Giuseppe si fanno le frittelle. » FRUTTA. Sing . Raramente usato oggi, e, secondo il Fanfani con affettazione, nel plurale Le frutta per Le frutte. — « La pesca è una buona frutta. » — « La nespola è l'ultima frutta , dice un proverbio; e un altro: La frutta cade non lontana dall’albero. » — « Mangiare un po’ di pane e una frutta. » — « Dagli una frutta perchè non mangi pan solo. * FRUTTAJO. Voce opportuna e che ha varii esempii, ma non più comune per Stanza delle frutte (V). FRUTTAJUOLA. V. Fruttajuolo. FRUTTATOLO, FRUTTATOLA. Co¬ lui e Colei che vende le frutte. — « Il fruttajuolo dal canto di Nello. » — « Fruttajuoli ambulanti. » — « Mi servo sempre dalla medesima frut¬ tatola. » FRUTTAME. . Non tanto comune nel senso più ovvio di Quantità di frutte diverse. — « Mele, pere, susine, e altro fruttarne di stagione. > — « Scarto di fruttami da darsi ai ma- jali. » Più spesso parlandosi di Frutte come rappresentazione artistica. — « Cornice con fruttami stupenda¬ mente intagliati. » FRUTTARE. Neutro. Produr frutto, Far frutto. — « L’albero che non frutta va tagliato. » FRUTTARÈLLA. V. Frutterèlla. u Tra gli lazzi sorbi Si disconvien fruttare il dolce fico. » Dante. FRUTTATA. Vivanda o Torta di frutte cotte e giulebbate. Così il Fanfani. Poco comune. FRUTTATO. Aggiunto di podere, terra e simile, che abbia frutti, ossia al¬ beri da frutta, piantati tra i filari delle viti, o altrimenti interposti ad altre piante veramente agrarie, ov¬ vero occupanti essi soli uno spazio determinato della possessione. — « Terreno vitato e fruttato. * FRUTTE. Plurale di Frutta. Così si dicouo i frutti, colti che siano dal¬ l’albero e destinati a mangiarsi. — « Frutte da inverno — da seccare. * — « I bambini son ghiotti delle frut¬ te. » — « Le frutte quest’ anno son care. * — « Minestra, lesso e un piatto di frutte. * FRUTTKRÈLLA e FRUTTARÈLLA più comune Dim. di Frutta. — « Noci, mandorle e altre frutterelle. » •— « Frutterelle secche. » — « Per cena mangio qualche fruttarella e niente altro. » FRUTTÉTO. Lo stesso che Pomario; ma non comune, nonostante che di forma più popolana. — « Tutto il paese era coltivato in forma di vigne, ai oliveti, di frutteti e di campi da sementa. * ( Targioni .) FRUTTICÈLLO.. Dim. di Frutto per Al¬ bero da frutto. — « C’è anche qualche frutticelo : ma pochi. * (Rigutini). Il Sannazaro l'usa come dim. del Prodotto dell’albero, ma non è co¬ mune. — « Mandare alcun frutticello del suo giardino. > FRUTTIFERO. Che fa frutto. — « Al¬ beri fruttiferi detti anche Frutti . * FRUTTO. Dicesi il prodotto di alcuni alberi, arbusti e minori piante; come sono le pere, le mele, le susine, le ciliegie, le fragole e simili. — « La nespola è il frutto del nespolo. » — « Alberi carichi di frutti. » — Con¬ siderati più come cibo che come pro¬ dotto dell'albero, si dicono, in plurale, le frutte nell’ uso familiare toscano. Frutto è anche L’albero che pro¬ duce le frutte. — « Il pesco è un frutto che cresce presto. » — < l frutti son carichi di fiori. * — « Ta¬ gliò tutti i frutti del suo podere per farne legna da bruciare. » FUCIGNÒNE. Nome che i contadini toscani danno ad un certo verme bianco e grosso che danneggia le pere. Non so se sia comune. Ha un esempio del Salvini. FUNGÀCCIO. Pegg. di Fungo. — « Fun- gacci marci — andati a male — ve¬ lenosi. * DEL MANGIARE E DEL BERE FUNGAJA. Luogo ferace di funghi; ma s’adopera più spesso nel figurato. — « Fungaia liberalesca.» — « Fun- gaja poetica — di poetastri. » FUNGHÉTO. Luogo dove nascono fun¬ ghi. Lo nota ilFanfani ne’ suoi appunti manoscritti. Non so se sia comune. FUNGHETTfNO. Sottodim. e vezz. di Fungo. — « Funghettini sott’olio. » FUNGHÉTTO. Dim. e vezz. di Fungo. — « Funghetti novellini. » FUNGHI FRÉSCHI. Quelli che si man¬ giano poco dopo che furono colti, così detti per distinguerli da’ secchi. FUNGHI SÉCCHI. Quelli che si fanno asciugare al sole, e servono poi per condimento di alcune vivande. Sec¬ cati che siano, o anche prima, si sogliono infilare un pezzetto accanto all’altro in uno spago o in un grosso fllo< i cui capi si annodano, e si forma cosi la filza di funghi. FUNGHI SOTT’ÒLIO. Quelli che, ben mondati e poi leggermente scottati nell’ acqua bollente , si conservano entro all’olio con varie erbe odorose o anche senza. — « 1 funghi sott’olio si mangiano col lesso. » FUNGHI NO. Dim. e vezz. di Fungo , segnatamente considerato come vi¬ vanda. — « Funghini in umido colla nepitella. » FUNGO. Denominazione generale di una singolarissima classe di piante crittogame (cioè di generazione na¬ scosta), basse, senza foglie e senza fiori, di polpa carnosa più o meno soda. La più parte dei funghi propriamente detti e mangerecci, hanno un Gambo sormontato dal Cappello , nella cui parte inferiore sono gli organi della riproduzione, rappresentati da nume¬ rosi Pori o forellini , che sono le estremità di altrettanti tubetti. I funghi nascono da sè, cioè senza essere seminati, ne’ luoghi ombrosi. FUNGO DI PINO. Così dicon alcuni 1* Uo- volo , perchè fa molto bene nelle pinete. FUNGO ROSSELLINO. Così dal colore dicono alcuni la Róssola (V.). Gr GALLETTA. A modo di sost. e d'agg. Sorta d’uva bianca e nera, ma più comunemente bianca. I suoi chicchi sono lunghetti e curvi come i reni dei galli ; quindi il nome. — « La gal¬ letta matura molto tardi, ed è uva da tavola. » — * L’uva galletta è piutto- 783 sto cara. » — « La galletta nera è di sapore meno buono della bianca. » GALLÉTTA. Inutile francesismo per Biscòtto (V.). GALLETTAJO. Colui che fa galletti e li vende per le strade. GALLÉTTI. Specie disgonflotti fritti in padella che prendono una forma ras¬ somigliante un po’ a creste di galletto. Si vendono per le strade dai Gallettaj. Lontano come sono da Firenze, e con lo stampatore e 1* editore che mi stanno alle costole, non ho agio a ricercare se si mangino spol¬ verati di sale o di zucchero. Non ro¬ vinerà il mondo per questo. GALLÉTTO. Nel giuoco di nocino o di nocciolino si dice Galletto la cappa quando, invece che di quattro, è com¬ posta di tre sole noci o di tre soli noccioli, due sotto e uno sopra nel mezzo. — « Dare al galletto — Esser rimasto col bocco vicino al galletto — Tirare al galletto alla distanza di tre passi. » GALLINÈLLE. Specie d’erba infesta ai seminati, che si trova tra le biade, o fio¬ risce nel maggio; prima che fiorisca, . i contadini la mangiano in insalata. GALLÓNZOLI. Cosi dicono in varie parti di Toscana i Broccoli di rapa , per corruzione forse di Tallonzoli. V. Bròccoli e Rapa. GAMBO. Lo stelo legnoso dal quale pendono i frutti. — « Alle ciliege che si vogliono mettere in guazzo, si levano o si tagliano i gambi. » — « Pere col gambo lungo. » — « Dice un proverbio : È meglio un garofano che un gambo di pera. » GAROFANA. Aggiunto d'una qualità di Pera che matura nell’ ottobre. — « Credo che le pere garofano siano così dette dalEodor di garofano; ma io non ne ho mangiate mai. » GARÒFANO. Nome che si dà comune¬ mente ai fiori non dischiusi di un arboscello indigeno delle Molucche. detto anch’esso Garofano (Coryophyl- lus aromaticus ), i quali sono di un colore rossiccio , ma, disseccati al fumo e al sole, si fanno brunicci, pesanti e fragili. Servono per dar odore alle vivande. Dalla forma si dicono anche Teste, Bottoni e Chiodi di garofano. — « Steccar lo stufato con lardo, aglio, spezie e garofani. » — « Taluni sogliono mettere a bol¬ lire insieme col lesso un pezzo di cipolla con dentro una testa di ga¬ rofano. » GARZUOLO. Lo stesso, ma meno co* DEL MANGIARE E DEL BERE 784 mune. di Grumolo , come si dice sem¬ pre in Firenze. GELATINA DI FRUTTE. « Vivanda fatta del liquido che si è tratto da qualche specie di frutto bollito in acqua con zucchero e altri ingre¬ dienti, e che raffreddato si ò rap¬ preso. Prende il nome dalla specie del frutto che si è fatto bollire: onde dicesi Gelatina di mele, di cotogne, di susine , ecc. » (Rocco). GENTILE. Aggiunto d’una varietà di fico primaticcio che matura in luglio ed agosto. GHERIGLIO. È il seme o mandorla della noce quando è intero, ossia la mandorla quadrilobata , e coperta della sua pellicina. I gherigli si man¬ giano come frutta col pane o si spre¬ mono collo strettojo*per cavarne l’olio. Gheriglio è la voce propria , ma non l’ho mai sentita usare da nessun popolano nò in Toscana nè altrove. Il Rigutini la chiama polita ; ma io non so se propriamente e se¬ condo l'uso più comune. Sbaglierò, ma il popolo dice Noce anche il Ghe¬ riglio , quando non lo dica Mandorla . GHIANDERÌXI. « Sorta di pasta fatta in casa, e in questo modo: stacciata la farina, e fattone uno straterello per la spianatoja, la si spruzza con gocciole d’uovo bene sbattuto, e si appallottola passandovi sopra col pal¬ mo della mano. La farina che non è restata intrisa, si separa da queste pallottole facendola passare per lo staccio. » ( Bulgarini ). GHIÈRA. V. Anello. GHIÓTTA. V. Ingólla. GIGLI. Pasta da minestra così detta dalla forma. GIRELLINO. V. Girèllo. GIRÈLLO. GIRELLINO. Chiamasi il fondo del carciofo, ove stanno gli em¬ brioni dei semi, ossia quella specie di disco più o meno vicino alla fioritura, o che apparisce dopo staccate le fo¬ glie o squame: Carciofi che comin¬ ciano ad avere il pelo sul girello , che anche diconsi Carciofi con la barba; e quando sono ormai vecchi. Carciofi che pajono perette, quasi si dica che hanno gli spunzoni, come le perette con le quali si eccitano al corso i barberi. — * I girelli de’ car¬ ciofi si seccano e anche si cuociono in forno. » V. Fare i girèlli. GIÙGGIOLA e ZIZZOLA. Frutto del giuggiolo o zizzolo ( Ziziphus vulga - ris) : è una drupa della grossezza di un’oliva, di un colore prima verde, poi rosso scuro, finalmente ranciato, con polpa bianchiccia, di sapore agretto dolce, che diventa morbida, viscosa, aggrinzandosi nella maturazione avan¬ zata: con nocciolo quasi fusiforme, rugoso. — « Per san Michele la giug¬ giola nel paniere. » In Firenze quasi sempre Giuggio¬ la ; nel Pistoiese e altrove Zizzola; ma nei modi traslati o proverbiali anche in Firenze giuggiola e zizzola promiscuamente. GIUGGIOLA LUNGA. Ila la formaovata e bislunga; la polpa più dura e meno dolce della giuggiola tonda: èia va¬ rietà più comune. GIÙGGIOLA TÓNDA. È quasi globosa e pianeggiante nella cima; più tenera e più dolce della precedente. GIUGGIOLAJO. Chi vende giuggiole. G1UGG IO LÈTTA. V. Giuggiolìna. GIUGGIOLINA. Dim. vezz. di Giuggio¬ la. Giuggiolena non ha senso di vez¬ zeggiativo. — « Giuggioline dolcissi¬ me. » — * Giuggiolette non mature. * — « Due, giuggiolette per frutta. * GIUGGIOLÓNA. ^4ccr. di Giuggiola; Grossa giuggiola. — « Giuggiolone tanto grosse e pesanti, che appena mature cadono da sè dalla pianta. * GIÙGNOLA, GIUGNOI.fNA o GIUGNO- LÓNA. Aggiunto d’una qualità di Pere che maturano in giugno. — « Nè quivi fanno le pere statereccie, come le diacciuole.... bugiarde.... giugnole, zuccherine e moscadelle. * (Sode rini). — « Piuttosto che giugnolone i To¬ scani dicono Mele giugnoline. » Giugnolina dicesi anche d’una spe¬ cie di Mela che matura nel giugno. GIUGNOLfNA. V. Gagnola. GIUGNOLÓNA. V. Gagnola. GNOCCHÈTTI. Dim. vezz. di Gnocchi. — « Un bel piatto di gnocchetti bol¬ lenti, ben conditi con molto sugo e molto formaggio. * — * Gnocchetti di patate. », GN0CCHETT1NI. Sottodim. e vezz. di Gnocchi. — « Gli gnocchettini che sa far mia sorella sono una cosa da leccarsi le dita. » GNÒCCHI. Pastume fatto in casa con farina di grano, con farina di gran¬ turco o di riso, o con patate passate, aggiuntovi talora del latte. Si dà loro la forma di bocconi o di piccole pol¬ pette, si lessano e si mangiano con¬ diti con sugo di carne o col cacio e burro. GÒBBO. Sorta di ortaggio proveniente DEL MANGIARI dalla pianta del carciofo, la quale dopo tre o quattro anni si lega, si involge nella paglia e si ricorica sotto terra: in questo stato le sue foglie diventano Dianche, sugose, pèrdono il sapore amaro, e si mangiano con la radice in inverno. Questi gobbi (che anche si chiamano cardi o cardoni di carciofi) si fanno assai comunemente in Toscana, ove si prestano a maligne allusioni : per es. : « Ora che c’è i sèdani m’ imbu¬ schero de’ gobbi, » dicono per deri¬ dere un gobbo, fingendo di parlare dei gobbi da mangiare; e i venditori di gobbi a vociare: A chi lo taglio il gobbo f ecc. GÓCCIOLA. Si dice quella specie di la¬ crima che i fichi nella loro perfetta maturità gemono per di sotto. — « I fichi con la gocciola sono una cosa ghiotta. » — « Gli hanno la gocciola , la gocciolina, gridano per lè strade i venditori di fichi. » — Molto men co¬ mune, in questo senso, Lacrima . GRACIMOLO. V. RACÌMOLO. GRAN FARRO. Vedi Farro. GRÀNDINE. Pastada minestra in forma di piccoli chicchi che rammentano lontanamente la grandine. In fondo, sono vermicelli tagliati fine fine del¬ l’altezza di un mezzo centimetro. GRÀNDINE BUCATA. Pasta simile a quella già descritta in Grandine , salvo che è forata. GRAND1NINA. Dim. di Grandine; Grandino più minuta della ordinaria. GRANÈLLO. Detto dell’uva, lo stesso che Chicco o Acino; quindi Sgra¬ nellare , Staccare dal grappolo i gra¬ nelli. Nel plurale Grayielli e Granella , ma il secondo è più in uso presso i contadini e specialmente parlandosi dell’uva in quanto se ne fa il vino. — « Grappoli piccoli e di granelli ben fitti insieme » ( Sederini .) — « Far bollire de’ granelli d’agresto nell’ac¬ qua. » ( Redi .) GRANO. Fu detto o si dice anc’ oggi, ma non tanto comunemente in Tosca¬ na, per Chicco dell’uva. « Sia grosso o vivo il gran, ma sia contesto Raro sul raspo. • Alamanni. GRAPPO. Voce poetica per Grappolo. GRAPPOLÉTTO. Dim. di Grappolo; men piccolo del Grappolino, e senza vezz. — « Un grappoletto d’uva ben matura potrà mangiarlo, ma badi bene di sputar tutti i fiocini. » Fanfani. D. Af. E DEL BERE 785 GRAPPOLINO. Dim. e vezz. di Grap¬ polo; più piccolo del Grappoletto. — « Un grappolino d’uva secca. » GRAPPOLO. Ramicello del tralcio della vite, diviso in aUri, e poi in altri suc¬ cessivamente minori, in cima a cia¬ scun de’ quali è un acino d’uva. • Sì bel sangue ò un raggio acceso Di quel sol cho in ciel vedete, J E rimase avvinto e preso Di più grappoli alla rete. » Redi. — « Cogliere — mangiare — schicco- lare — un grappolo d’uva. * GRÀPPOLO SERRATO. V. Grappolo SPARGOLO. GRÀPPOLO SPÀRGOLO. Quello cho ha gli acini rari : il suo contrario ò Grappolo serrato. GRAPPOLÒNE. Acer, di Grappolo ; Grosso grappolo. — « Un grappolone d’uva salamanna. * GRAPPOLÙCCIO. Dim. dispr. di Grap¬ polo. — « Grappolucci stenti stenti. » — « Non ho mangiato che un grap- poluccio d’uva. » GRASPO. V. Raspo. GRISSINI. Quasi sempre in plurale. Pane finissimo in sottili bastoncel- lini della grossezza d’un dito mignolo, croccanti, lunghi un par di palmi o così, introdotti oramai da’ Piemontesi in quasi tutte lo città d’Italia. I vo¬ cabolaristi che accettano i savojardi , i chifelli e i semelli e forse tra poco anche i Krapfen , perchè non accettare i Grissini a maggior gloria dell’Unità d’Italia? Eppure so di buon luogo che al Fanfani piacevano, e il Tom¬ maseo dovette mangiarne nell’ esilio a Torino, e il Rigutini e il Meini debbono aver visto scritto fuori su certi forni di lusso a Firenze Fab¬ brica, Vendita di grissini! Su, un po’ di coraggio civile, e voi due, che ne avete l’autorità, battezzatemi i gris¬ sini. Io farò da compare, e da comare la Crusca. GRUGNÓNE. V. Guscióne. GRUMOLÉTTO. Dim. di Grumolo. — « Grumoletti tenerissimi di lattuga. » GRUMOL1NO. Dim. di Grumolo con un che di vezz. — « l grumolini della lat¬ tuga romana sono una cosa deliziosa. » — « Metti da parte quel grumolino di cavolo bianco; lo mangerò in in¬ salata. » GRUMOLINO. Il midollo intimo del co¬ comero, che nc è la parte più ghiotta. — « Fuor di Toscana, e specialmente 51 DEL MANGIARE E DEL BERE 786 nell’Alta Italia, i cocomerai vendono separatamente i grumolini che essi levano a’ cocomeri per mezzo di un tubo di latta. * GRÙMOLO. Le foglie di dentro, tene- rine e congiunte insieme del cavolo, della lattuga, del sedano e simili erbe. A Pistoja e altrove è detto Cimolo. — * Il grumolo del cavolo bianco, quando è molto giovane , si mangia aneliti crudo in insalata. » GUAZZO. V. In guazzo; GÙSCIO. Cosi si dice popolarmente uella che i Botanici dicono Siliqua ei legumi, ossia quella specie di sca¬ toletta o custodia erbacea entro la quale nascono e crescono i semi dei legumi. — « Avendo messo il piede sopra un guscio di pisello, sdrucciolò e si ruppe il femore. » — « Chi ha mangiato i baccelli, spazzi i gusci. * GÙSCIO ( della noce). Scorza legnosa, dura, non liscia, formata di due valve? mezzo tonde od ovali, combaciantisi più o men fortemente, e contenenti il gheriglio della noce. — « I bambini sogliono in certi luoghi fare una spe¬ cie d’illuminazione riempiendo d'olio i gusci delle noci e mettendovi dentro un lucignolino. » — «Si presero il barbaro gusto di mettere sotto le zampe del mio gatto quattro gusci di noce pieni di pece bollente. » GÙSCIO [delle mandorle). V . Mandorla. GUSCIÓNE, GRUGNÓNE. Così chia- mano nella Montagna pistoiese il cardo, quando è vuoto, per non aver fatto l’anima, o che ha soltanto una mezza castagna non venuta a matu¬ rità. Si dicono Guscioni anche le ca¬ stagne fallite, cioè vuote, o quasi vuote di polpa, che trovansi in questi car¬ di. — Guscioni sentii chiamare anche certe castagne tra il passo e il fre¬ sco, che si vendono di primavera, alle quali si leva un po’ di buccia : si mangiano come i Vecchioni. — Cosi il Palma. i IMBACARE e IMBACHIRE. Lo stesso che il più comune Bacare (V.) — IMBACHIRE. V. Imbacare. IMBOZZACCHIRE. Proprio delle susine che diventano vane nel crescere e si dicono Bozzacchi oBozzacchioni (V). Si appropria quindi anche alle altre frutte e piante e animali, ma a que¬ sti ultimi più raramente. Il volgo e i contadini pronunziano Imborsac - chiare , onde il proverbio: Se piove per la Pasqua la susina s * imbor - sacchia. IMBOZZACCHITO. Pari. pass, e agg . da Imbozzacchire. — « Susine im¬ bozzacchite. » IMMATURITÀ. Lo stato delle frutte non ancor giunte al loro compimento o maturità. — Non comune nel lin¬ guaggio familiare. IMMATURO. Non maturo. Non s’usa che raramente nel linguaggio fami¬ liare e solo nel traslato. « Como di frondi sono i rami scossi Dalla pioggia indurata in freddo gelo Che no caggiono i pomi anco immaturi, Così cadcano i Saracin dai muri. » Tasso. IMPASTARE. Att. Ridurre la farina coll’acqua alla voluta consistenza. — « Impastar la farina — il pane. » E assoluto: « Io impasterò e tu ap¬ parterai. » — « La donna lasciala in pace; è su che impasta. » IMPASTATO. Part. pass, e agg. da Impastare. — « Farina impastata. » Più comune in altri sensi. IMPASTATÓRE. Chi impasta, Colui die impasta, che intride la farina per fare il pane. — « Tra’ fornai ci sono gli Impastatori e gli Inforna¬ tori. » IMPEPARE. Cospargere di pepe le vi¬ vande. — « Non le impepar tanto quelle bracioline. * IMPUPATO. Part. pass, e agg. da Im¬ pcpare. — « Vivande troppo im¬ pepate. » IMPIOLARE. V. Impiolire. IMPIOL1RE, IMPIOLARE, che si dice anche Mettere il pio o il piolo e Piare , vale Quel germinare o tallire delle castagne nel luogo ove sono ammassate. IMPOPPARE. V. COLTRONC1NO. INANIMARSI. V. Inanimirsi. INANIMIRSI, INANIMARSI. Detto delle castagne, Esser in anima, Prender l'anima. — « Se il cardo si inanimisce si ha più speranza del frutto. » — « Cardo inanimito » Dicono anche Far la cria , per Ina¬ nimirsi, Prender l’anima, come nel proverbio Per Santa Maria (15 ago¬ sto) il marrone fa la cria. Fa la cria , viene a diro Si crea; da Criare per Creare, e così Orlatura per Creatura. I fanciulli toscani chia¬ na ■■i DEL MANGIARE E DEL BERE mano il cria l’ultimo nato degli uc¬ celli d’una nidiata, e per metafora lo dicono al più stentato e debole d’una famiglia. Di qui Scriato, Scriatello. Così il Palma. Vedi anche Incardirsi. INCARDIRSI. Faro il cardo, come nel proverbio A San Vito il castagno uicardito , a San Marco inanimito. INCARDITO. Pari . pass . da Incar- dirsi (V.). INDIVIA ( Cichorium Endivia). Erba annua che si coltiva negli orti per mangiarsi in insalata, e più non si trova allo stato salvatico. Se ne cono¬ scono alcune varietà distinte per la forma e grandezza della foglia. — « Mangi minestra mattina e sera, nella quale vi sia sempre bollito del- Perbe, come- lattuga, indivia, bor- rana. » {Redi.) INDIVIA CRÉSPA, o CRESPUTA, o RICCIUTA. È la comune Indivia che ha le foglio intagliate e aggrinzate al margine; per renderla tenera e bianca, quando è accestita, si piega e si copie di terra. Una varietà di Indivia ha le foglie lunghe e lisce e si conosce col nome di Mazzocchi . Questi si seminano a mezzo agosto, si trapiantano prima dell’inverno, e quando sono accestiti, si legano e si coprono di paglia o di terra, per mangiarsi per lo più cotti, perchè sono piu duri dell’indivia co¬ mune. INDIVIA CRESPUT A. V.Indìvia créspa. INDIVIA RICCIUTA. V. Ini ìvia crespa. INDOLCIRE. Render dolce per mezzo dello zucchero. — « Indolcire il caffè. * E assoluto: — « Zucchero che in¬ dolcisco poco. * — Detto di ulive, lupini e simili, è Renderli piacevoli al gusto facendo perder loro l’amaro per mezzo dell’acqua, del ranno e simili. INDOLCITO. Part. pass, e ago. da In¬ dolcire. — « Caffè non indolcito — troppo indolcito. » INGANNACANE. V. Sangioveto fòrte. INGÓLLA. È d’ordinario una canna ri¬ fessa in cima in più parti, le quali, allargate e intessute con vimini, for¬ mano come un canestrino o piccolo imbuto, da cui sopravanzano alcuni rebbj. Fatto passare tra un rebbio e l’altro il picciuolo del frutto, lo stron¬ cano, e così il frutto spiccato dal- l’ albero casca dentro l’imbutino. Talvolta anche in cima della canna si adatta un vasetto di latta a bocca dentata. 787 Più semplice è la Ghiotta che ado¬ perano nella Valdicliiana per cogliere 1 capperi che vegetano nelle fes¬ sure delle vecchie muraglie, o dove non si arrivi con la scala. In cima della canna o pertica non si fa che una stacciatura, in mezzo alla quale mettesi un fuscello perchè stia larga. Della ghiotta usano i ragazzi per ispiccare di furto l’uva o altri frutti che siano vicini alla strada; onde la chiamano anche Ladra , Canna ladra . Cosi il Palma. — Il Carena notava Brocca , ma non è più comune, almeno nel Fiorentino. IN GUAZZO. Dicesi di quelle frutte, come ciliegie, pesche, albicocche ccc., che si mettono e si conservano nello spirito di vino raddolcito con zuc¬ chero ed aromatizzato con cannella, garofani, noce moscata, ecc. — « Met¬ tere le ciliege in guazzo. * — « Vuol un pezzetto di pesca in guazzo ? » Talora s’usa anche Guazzo assolu¬ tamente. — « Fare un vaso di guazzo; cioè Mettere nello spirito con vuriiaro- mi Ciliegie, pesche, fichi e simili. » — « 1 guazzi rovinano lo stomaco. * — Meri comune in quest’ ultima acce¬ zione. INSALATA. Oltre a significare Cibo di certe qualità d’erbe, che si mangiano condite con sale, aceto e olio, si dice anche delle Erbe onde si fa questo cibo. — « Insalata ben lavata, ben salata, poco aceto, ben oliata : quat¬ tro bocconi alla disperata. * — « La lattuga è una delle migliori insalate. * — « Si tagliano le cime delle insa¬ late e si legano perchè diventino bianche. * INSALATA CAPPUCCINA. V. Insala¬ tila DI MINUTILA. INSALATA COMPÓSTA. Quella che si fa con più cose mescolate insieme, crude o cotto; come cavoli, broccoli, patate, pesce, ecc. 0 quella di fagiuoli in erba con zucchettine, uova sode, acciughe, ecc. INSALATA CÒTTA. Quella che è fatta d’erbe o radici cotte, come broccoli, spinaci, vette di luppoli, talli di sparagi, patate e barbabietole affet¬ tate, radicchio, ecc. INSALATA DI CAMPO. Chiamasi una mescolanza di erbe che nascono da sè ne’ campi, come il radicchio , i raperonzoli , le cicerbite , i terracre - poli, il primo fiore, ecc. L’usano i contadini, e anche la vendono in Fi¬ renze. al grido di : Insalatina di campo ! 788 DEL MANGIARE E DEL BERE INSALATINA DI MINUTILA e assolu¬ tamente Minutina. Insalata di più specie d’erbucce, saporite e odorose, miste talora con pezzettini di foglie di tenera lattuga. La chiamano pure Minutina tutti odori , Mescolanza, Mescolanzina , e anche Insalata cap¬ puccina, perchè questi frati usano portarla in dono ai loro benefattori. INSALATA SÙDICIA. Chiamasi per antifrasi quella nella quale si me¬ scolano torli d’uova sode spezzati, acciughe e altre cose gustose. INSALAT ÀCCIA. Pegg . &' Insalata; o di cattiva qualità, o mal condita. — « Insalatacela salata arrabbiata. » — « Insalatacela dura, buona por le oche. * INSALAT AJA. V. Insalatàjo. INSALATAJO e INSALATAJA. Colui e Colei che vanno vendendo insalata, e specialmente Y Insalata di campo . INSALATILA. Dim. quasi vezz . d’Zn- salata. « Sporticine e canostruzzo, Guanlieruzzo e panierino Linpian altre a insalatine. * Magalotti . — « Insalatina di campo. » INSALATÓNA. Acer. di Insalata ; Gran iatto d’insalata. — « Un' insalatona a bastare a un convento. * INSALATONE. Acer, di Insalata; più comunemente Insalatona. » Da morte a vita ci fa riavere Un grande insalatone e un po’ di vino. » Buonarroti. INSALATÙCCIA. Dim. con dispr . di Insalata. — « Un’ insalatuccia e un pajo d'uova. » INTONCHIARE e TONCHIARE. Neutro ass. Dicesi dell’essere i legumi rosi internamente dalla larva di minuto Coleottero, che chiamano Tonchio. — « Avendo poi considerato che vi son molti frutti e legumi che nascono coperti e difesi da’ loro invogli o baccelletti, che pur bacano ed inton¬ chiano.... * (Redi). « L’ Intonchiare dicesi propria¬ mente dei soli legumi ; parlandosi di frutte, di cesi Bacare : del legno, Intarlare ; delle pelli, pellicce e pan- nilani. Intignare; perchè le larve rodenti si chiamano rispettivamente Tonchi, Bachi, Tarli, Tignuole. » Nota dell’ editore milanese. INTONCHIATO e TONCHIATO.J Pari. pass, e agg. da Intonchiare e da Tonchiare. — « Fave tonchiate — Legumi — Ceci intonchiati. » INTRIDERE. Stemperare o Ridurre in pastala farina per mezzo dell’acqua o altro liquido. « Prima s'intride la fari¬ na, poi s’impasta, lavorandola con le mani; e poi, appanata, s’inforna. * INTRISO. Part . pass, e agg. da Intri¬ dere. — « Farina intrisa con l’acqua o altro liquido. — intrisa con torli d’uovo e chiare montate per farne dei dolci. » INTRISO. Sost. Miscuglio di farina di grano, di riso, di castagne, ecc. con acqua o altre sostanze liquide per farne pane, fritture, paste dolci, torte, migliacci o simili. — « Esempi di intriso se ne possono vedere in gran copia in questo medesimo arti¬ colo. » INZUCCHERARE. Att. Aspergere di zucchero in polvere, o Metterò zuc¬ chero in polvere o in palline entro a liquidi che si vogliono indolcire. — « Inzuccherare le paste siringhe — i somnomoli » — « Non lo inzuc¬ chera lei il caffè? * — Noi secondo senso più comune Indolcire. INZUCCHERATA. L’atto e l’effetto dell’ Inzuccherare, segnatamente nel primo senso di Aspergere o Cospar¬ gere di zucchero in polvere. — « Dà un’inzuccherata a cotesti sgonflotti e portali in tavola caldi caldi. » INZUCCHERATO. Part. pass, e agg. da Inzuccherare. — « Paste troppo inzuccherate. * — « Caffè — liquore troppo inzuccherato. » — Nel secondo senso più comune Indolcito. ISÒPO (Hyssopus officinali). Suffru¬ tice sempre verde, che nasce spon¬ taneo ne' luoghi aprichi montuosi, e che anche si coltiva per certe virtù toniche, stimolanti, attribuitegli dai medici, e per l’aroma delle sue foglie che si impiegano spesso per condi¬ mento. L LÀCRIMA. Detto di quell’umore che i Udii stillano per di sotto nella per¬ fetta maturità, è men comune di Góc¬ ciola (V.). LACRIMA DI NÀPOLI. Uva rossa, che poi partecipa del nero. Matura quasi dieci giorni più tardi delle altre; i grappoli son piccoli con granelli di DEL MANGIARE E DEL BERE 789 mediocre grossezza, un po' bislunghi e di buccia molto durti. LADRA. V. Ingólla. LAMBRUSCA. V. Abròstine. LAMPÓNE. Frutto del Rubus idceus% simile alla mora di macchia, di cui ò congenere : composto di più chic¬ colini rotondi disposti in forma emi¬ sferica di colore rosso pavonazzo : è di sapore aromatico, ma meno gra¬ devole di quello delle piante selvati¬ che, quantunque più grosso. I Lam¬ poni si mangiano con zucchero, ed i credenzieri ne compongono marmel¬ late, gelati, conserve e bevande gra¬ ziosissime; nella guisa che si fa con le fragole. LARDAJUOLO. Aggiunto d’una qua¬ lità di Fico bislungo, biahco dentro e fuori, solamente settembrino. LASAGNE. Pasta di farina di grano che si stende sottilissimamente col matterello sopra una tavola da ciò, e poi tagliata a pezzi d’una certa grandezza, si cuoce nel brodo. LATTE. Quell’ umore viscoso e bianco che esce dal fico acerbo e principal¬ mente dal picciuolo, come anche dalle foglie e da ogni altra parte della pian¬ ta' quando è in succo — « Que’ fichi non sono maturi: hanno — fanno an¬ cora il latte. * LATTI FI CIO. Il latte de’fichi. Fu detto anche Lattifìccio. — « Errore di molti savii, che, per non aspettare il dolce fico con la gocciola, lo schiantano col lattificcio ( Davanzali ). » — « 11 lat- tificio, dice il Baldinucci nel Dizio¬ nario delle Arti del Disegno, seroe a* 'pittori per temperare i colori per dipinqere a guazzo . * LATTUGA ( Lactuca sativa). Erba da insalata, che coltivasi negli orti da tempo immemorabile e senza che si conosca il tipo selvatico da cui de¬ riva. É cosi chiamata dal sugo latti¬ ginoso che contiene. — « Un cesto di lattuga — due foglie di lattuga in insalata. * LATTUGA A PALLA. Chiamasi una varietà di lattuga assai tenera che fa le foglie bianchicce, concave e bol¬ lose, le quali, nelPaccestire, si serrano forte insieme, come fanno i cavoli cappucci ; onde ò detta anche Lattu¬ ga cappuccia o cappuccina. LATTUGA CAPPUCCIA. V. Lattuga A PALLA. LATTUGA CAPPUCCINA. V. Lattuga A PALLA. LATTUGA CRÉSPA. Ila le foglie fesse, acute, increspate, come quelle della indivia: si assomiglia alla lattuga selvatica o scariola. LATTUGA LUNGA. V. Lattuga ro¬ mana. LATTUGA NÓX NATA. È detta nei vocabolari quella che viene preco¬ cissimamente da seme posto prima nel vino. LATTUGA PRIMATÌCCIA. V. Lattu- GA TÓNDA. LATTUGA ROMANA , LATTUGA LUNGA. Si distingue per le foglie grandi, appuntate, più verdi e più grosse di tutte, che col tempo si driz¬ zano e stringonsi insieme in cesto lungo, di figura ovale, al quale gli ortolani, dopo averlo legato in cima, tirano attorno la terra, perchè im¬ bianchisca. LATTUGA RÓSSA o SANGUIGNA. Ila le foglie sparse di alcune macchie rosse come di sangue. Vi è inoltre Là lattuga aranci - na, la lattuga nera o a seme nero, la lattuga a seme giallo, la lattuga spiuacio o a foglie di quercia, la lat¬ tuga a foglie di carciofo, e infinite altre varietà secondarie, distinte con particolari nomi, le quali si cangiano e si succedono quasi di continuo, con¬ fondendosi le une collo altre. LATTUGA SANGUIGNA. V. Lattuga RÓSSA. LATTUGA TÓNDA. Altra varietà di¬ stinta per le foglie tondeggianti in cima, non tanto increspate e conca¬ ve, di colore più verde e più amaro¬ gnola di quella a palla. È detta an¬ che Lattuga primaticcia . LATTUGÀCCI A. Pegg. di Lattuga : e dicesi per lo più della lattuga quando comincia a tallire, cioè a produrre il fusto, nel quale stato, quantunque tenera, non è più mangiabile. — « E spesso spesso egli ed io avevamo una medesima cena, ma breve: certe lat- tugacce tallite, che era come man¬ giare scope. » ( Firenzuola ). LATTUGÀCCIO. Erba che nasce spon¬ tanea ne* campi e chiamasi anche Ra- dicchione sateatico : è una delle molte erbe con le quali i contadini fanno, quando è tenera, l’insalata di campo. LATTUGII1NA. Dim. di Lattuga . — « Lattughina tenera. » — Nel contado fiorentino chiamano con questo nome un’erba di campo, buona per le insa¬ late di mescolanza. LATTUGH1NI. Chiamasi la Lattuga no¬ vellina, quella nata di fresco e che DEL MANGIARE È DEL BERE 790 non ha ancora che quattro o cinque foglie. LATTUGÓNA. V. Lattugóne. LATTUGÓNE e LATTUGÓNA. Acer. di Lattuga. — « Che bella lattu- gona ! » Lattugóne si dice da alcuni la Lat¬ tuga romana. LAZZEROLÉTO. Luogo piantato di Lazzcruoli. LAZZERUOLA. Aggiunto d’una qua¬ lità di Mele d’ inverno piuttosto pic¬ cole, di buccia macchiata d’un rosso carico, assai dolci e profumate. — « Le mele lazzcruole non son buone per lo frittelle ; per friggere ci vo- glion le francesche. » LAZZERUOLA. Frutto del lazzcruolo ( NespUus azarolus) : è una drupa della forma d’una ciliegia, con polpa sugosa, di sapore aspro, o lazzo, da cui prese il nome, con tre noccioli. Le lazzcruole per lo più sono rosso; ve ne sono anche di bianche dette mo- scadelle o limoncine , di grosse, di piccole, di più o meno sugose, più o meno agre, secondo che provengono da terreni freschi e grassi, o da ter¬ reni sterili e secchi ; si mangiano fresche da chi gradisce le frutte agre, o si conciano con lo zucchero. LAZZERUOLA LIMONClNA. V. Laz- ZERUOI.A. LAZZERUOLA MOSCADÈLLA. V. Laz- ZERUOLA. LEGUME. Nome generico di tutte quelle piante, il cui seme o granello è chiuso entro baccelli. Cosi dicesi anche il seme che esse producono. — « Un piatto di legumi. » — « I legumi sono generalmente di difficile digestione. » LEGUMINÓSO. Aggiunto dato alle piante che appartengono al genere de'legumi. Si usa anche in forza di sostantivo femminile e nel numero plurale. — « I semi delle leguminose sono poco atti a panizzarsi — Aprir l’avvicen¬ damento con le leguminose. — Prati asciutti di leguminose. » LÈNTE (J %rvutn lens ) nel plurale Lenti. Pianta che ha, nelle foglie, molta so¬ miglianza con le vecce; fusto gracile, baccello oblungo, con due a quattro semi lisci, di forma circolare, con- vesso-convessa, varii di grandezza e di colore (dal chiaro al più cupo), e molto soggetti, come i piselli, a in¬ tonchiare. Si semina per mangiarne i semi cotti, come le altre civaje. An¬ tichissimo è l’uso di questo alimento in Oriente ^i Romani ne facevano pur molto caso, e Ateneo scrisse che il « Savio fa tutto bene, e condisce perfettamente le lenti. » — « Zampone — cotechino — germano — col con¬ torno di lenti. * — « Passata di lenti. » LÈNTI. Pasta da minestra così detta perchè ha la forma della nota civaja. LENTICCHI. Pasta da minestra di se¬ conda qualità straordinaria, simili a 'Lentini e alle Lenti , ma più minuta. LENTICCHIA. Lo stesso che Lente. — « Vivea di lenticchie e di cotali cose crude e secche di poco nutrimento. » (Cavalca). LENTICCHIE. Sorta di pasta da mine¬ stra, simile alle Lenti , ma più piccola. LENTINI. Pasta da minestra, simile dS Lenticchia ma di qualità legger¬ mente inferiore, sempre però straor¬ dinaria, e un po’più grossetta delle Lenticchie. LEVATA DI NÉCCI. V. Testata di NÉCCI. LIEVITARE. Neutro. Il rigonfiare o sollevarsi che fa la pasta per cagione del fermento indotto in essa dal lie¬ vito. — « La pasta non lievita bene.» — « Lasciare la pasta a lievitare — Lasciarla che lieviti. * LIEVITATO. Part.pass. e agg. da Lie¬ vitare. — « Pane — pasta lievitata. * — « Lievitata che è, appana la pasta. * LIÈVITO. Sost. Pasta di frumento fer¬ mentata, che si adopera a suscitare la fermentazione in altra pasta a cui si mescola. — « Serbare il lievito — Far la croce su un panetto di lievito. — Mettere il lievito nella pasta. * LIÈVITO. Agg. contratto di Lievitalo. — « Pane — pasta — poco — molto lieviti. * LIMONAJO. Venditore di limoni. — « Se passa Un limonaio, chiamalo, chè per la malata cì vogliono di molti limoni. * LIMONCÈLLO. Specie di Piccolo li¬ mone, dalla buccia liscia e che con¬ tiene molto agro. — « Un limoncello di Napoli. » ( Cocchi ) — « Acqua ac¬ concia con scorza di cedrato o di li¬ moncello. » (Redi). — « Limoncelli calabresi. * LIMÓNE. Frutto di una pianta molto simile al cedro, col quale ha comune ancheil nome botanico! Citrus medica): è di figura ovata, alle volte globosa, con una punta o cono verso la parte DEL MANGIARE E DEL BERE 701 del flore> e pieno di sugo acido. — « La quercia non fa limoni. * m Dico il giallo limon, gli aranci e i cedri. » Alamanni • LIMÓNE DA MANGIARE. V. Limóne DÓLCE. LIMÓNE DA SPRÈMERE. Di buccia verdognola, sottile, generalmente pic¬ colo ma pieno di sugo e di sapore molto agro. Serve per condir vivande e per far limonate. LIMÓNE DÓLCE o DA MANGIARE. Di buccia spessa, ruvida, giallastra, piuttosto grosso, con poco sugo e di poca acidità. Si può mangiare a fette con lo zucchero. LÒFFA DI LUPO. V. Vescia. LÓNZA. Uva bianca, che quando è ma* tura si mostra come spruzzata di color ruggine. Ve n’è anche di nera, ma più rara. LUCÈRNE DA PRÈTI. Sorta di pasta da minestra che ricorda per la forma il cappello a tre punte de preti, detto familiarmente Nicchio. LÙGLIOLO. Aggiunto di frutte che maturano in luglio, e segnatamente d’una specie d’uva — « La prima che matura è l’uva lugliola. » LUNGHINI. Specie di gnocchetti lunghi lunghi, fatti di pasta di pane ; si cuociono nel brodo o si condiscono come gli gnocchi. LUPINAJO. Campo dove sono seminati i lupini. — « Venuto il tempo della sementa del frumento, si spargono le granella di questo cereale sul lu¬ pinajo. * Lupinajo , chiamasi a Firenze anche Colui che vende lupini indolciti. LUPINI DÓLCI. V. Lupini indolciti. LUPINI INDOLCITI e più comunemente LUPINI DÓLCI. Quelli che si fanno bollire o macerare nell* acqua, per toglier loro l’amaro, con che si ren¬ dono mangiabili finche dall’uomo. LUPINO (Lupinus albus). Ha il fusto villoso, come il resto della pianta, foglioline da sette a nove, baccelli simili a quelli delle fave, bianchi i fiori ed il seme : questo è rotondo schiacciato, di sapore amaro. Si col¬ tiva per alimento del bestiame e per ingrassare la terra. L’uomo ne man¬ gia i semi, più per tornagusto e per capriccio che per vero cido, quando siano indolciti. LUSTRARE. Neutro . Si dice di quel lucido che sogliono avere le ciliege mature e più specialmente quelle che hanno appunto il nome di lustrine. — « Come le lustrano ! è il grido favo¬ rito de’venditori ambulanti di ciliege in Firenze. * MACCHERONATA. Gran piatto o Gran mangiata di maccheroni. — « In certi luoghi ai muratori si paga una mac¬ cheronata quando hanno finito di met¬ tere il tetto alla fabbrica. » MACCHERONCINI. Dim. e anche vezz. di Maccheroni. MACCHERÓNI. Pasta da minestra fatta di farina di grano beno spianata e poi tagliata in grosse strisce più o meno lunghe, generalmente di un mezzo palmo o così, che si cuociono in ac¬ qua o in brodo e poi si condiscono con sugo di stracotto, o con cacio e burro. — Fuor di Toscana dicono Maccheroni i Cannelloni e anche i grossi Vermicelli. I famosi macche¬ roni de’ Napoletani e de’ Siciliani sono appunto come i vermicelli. MACCO. Vivanda di favo sgusciate, cotte nell’acqua e ridotte in tenera pasta. — « Una mia padrona di casa a Pistoja mi soleva citare questo pro¬ verbio : A’ maccheron non bere, al macco non restare. * MACERÓNE ( Smyrnium Olusatrum). Erba che nasce ne’ luoghi freschi ed umidi ; ha il fusto simile a quello del sedano, le foglie più grandi, e il seme rotondo e nero. Una volta colti va vasi anche negli orti, invece dei sedani, ai quali si accosta per l’odore: la ra¬ dice e le foglie si mangiano d’inverno in insalata. MACOLAIIE. Alt. Affine a Ammac¬ care ; ma è più e meno al tempo stesso. Si può ammaccare una frutta con un sol colpo; per macolarla ce ne vogliono generalmente di più ; am¬ maccata in uno o più luoghi ; maco¬ lata sempre in più d’uno. Cadendo, s’ ammacca , facendola ruzzolare, si macola. — « Le pere me le hanno ma¬ colate tutte nel metterle ne’corbelli. » MACOLATO. Part. pass, e agq. da Ma - colare. — « Frutte macoiate dalla grandine — per viaggio. » — « Mele tutte macolate che marciranno in po¬ chi giorni. » MÀCOLO. Sincope di Macolato. — « Pere — mele — uva — tutte ma¬ cole. » — « Quelle frutte macole DEL MANGIARE E DEL BERE 792 le avete a dare a’ porci, no a* cristiani come me. * MAGAGNA. Difetto nelle frutte, come Tesser bacate, marcite o simili, e pro¬ priamente La parte difettosa. — « Quelle pere hanno tutte la maga¬ gna. » — « Leva la magagna e mangia la parte buona. » — « La donna, dice un proverbio scortese, è come la ca¬ stagna ; bella di fuori e dentro è la magagna. * MAGAGNARE. A modo d’attivo, e non come participio passato e aggettivo, è poco comune parlandosi di frutte, e vale lo stesso che Ammaccarle o Macolarle . — « Me lo magagnarono queste belle mele nel metterle alla rinfusa, come andavano andavano, sui palchetti della stanza delle frutte. * MAGAGNATO. Part . pass, e agg. da Magagnare ; affine ora a Bacato , ora a Ammaccato, ora a Macolato ; ma pare che Magagnato dica Guasto che at¬ tacca molto internamente e assai estesamente la polpa delle frutte. « Pere — mele — uva — pesche — magagnate. » MAGGIORANA ( Origanum majorana) detta comunemente anche PÈRSIA. Specie di origano che si coltiva negli orti e ne’ giardini per l’odore soave che tramanda e per gli usi della cu¬ cina. MÀLAGA. Sorta d’uva molto stimata, che proviene da vitigni spagnuoli. Ve n’ è della bianca, della rossa e della nera. Parlandosi d’uve secche, s’intende per Malaga una qualità di zibibbo color prugna c con gli acini ancora attaccati al raspo, mentre lo zibibbo è schiccolato. La vera Malaga ci viene di Spagna e anche dallaFrancia. MALLO. Scorza verde, erbacea, di sa¬ pore amaro e d’odore aromatico, la quale da principio è molto aderente al guscio della noce, ma poi nella maturità si stacca e si apre da sè in tre o quattro parti simmetriche, e la noce cade in terra, quando non sia abbacchiata. 11 mallo non è mangia- bilc? ma utile per le tintorie e per altri usi domestici. Anche l’invoglio esterno erbaceo o scorza verde del frutto del mandorlo prende il nome di Mallo. Il volgo dice corrottamente Mario , Merlo e in certi luoghi anche Mello. MALLO (della mandorla). V. Mandorla, MALTAGLIATI. Sorta di pasta da mi¬ nestra, generalmente fatta in casa, e tagliata in forma irregolare. Sono anche certe paste tonde e bucate, più piccole o più grosse dei cannelloni (secondo i paesi), lunghe circa due dita, e tagliate a sbiescio. MALVAGIA e MALVASIA. Sorta d’uva di colore quasi giallo, in grappoli pic¬ coli, raccolti e di granelli serrati. Il vino è parimente ai color giallo chia¬ ro, dolce, odoroso, spiritoso e insieme di corpo. MALVASÌA. Vedi Malvagia. MÀMMOLA. V. Mammolo. MÀMMOLO e MAMMOLA. Usati a modo d 'agg. e di sosf. Sorta d’uva rossa as¬ sai grossa che ha profumo di viola mammola. — « Vitami d’uva mam¬ mola. * (Trinci). « E la maritino Col dolce mammolo Cho colà imbottasi. ” Ve ne sono più qualità, come il Mammolo grosso o tondo , il Mam¬ molo asciutto , il Mammolo minuto. MANDARINO. Specie d’arancia piccola, molto profumata e dolce, dalla buccia ora grossa, ora sottile secondo le va¬ rietà e che % si distacca facilmente dalla polpa. È molto stimata, e pro¬ viene dalle provincie meridionali. — « Una cassetta di mandarini di Pa¬ lermo. » — « Le arancio e i manda¬ rini si spediscono non ancora maturi da Palermo in America su bastimenti a vela ; e, quando sono maturati per viaggio, e la stiva è aperta per darle aria, que’ bastimenti lasciano dietro sè come una lunga scia di profumo gratissimo. » MÀNDORLA (Amigdalus communis). Frutto del mandorlo; è di forma ovale compressa, acuminata all’un de’ capi. Nella mandorla si notano il seme o mandorla propriamente detta, ve¬ stita di una pellicina giallo-rossigna, per lo più liscia, alle volte scabra per certi acinetti, i quali, riseccati, la rendono come papillosa e farina¬ cea; il guscio , legnoso, foracchiato, in cui sta rinchiuso il seme; e una coperta esterna, detta mallo , la quale nella piena maturità si separa facil¬ mente dal nòcciolo. Vi sono più sorte di mandorle, e differenti tra loro per la grossezza, per la figura più lunga o piu rotonda, per l’apice piu o meno appuntato o ripianato, pel guscio più o meno duro, pel mallo più o meno peloso, ecc. Ma per lo più si sogliono dividere in due categorie, cioè in mandorle dolci e mandorle amare , così dette dal gusto dolce o amaro del loro seme. DEL MANGIARE E DEL BERE MÀNDORLA. Per la somiglianza col frutto del Mandorlo, si dice Mandorla anche il seme, ora dolce, ora amaro, di alcuni altri frutti, che sia rinchiuso in un nòcciolo. — « Mandorla di pe¬ sca. » — « Le mandorle d’albicocca contengono deir acido prussico. » MÀNDORLA AMARA. V. Màndorla. MÀNDORLA DI S. CATERINA, in Fi- renze comunemente CÀTERA. Una varietà di mandorle dolci primaticce ; l’albero che le produce è detto Càtero. A Firenze le vendono tuttora in erba, cioè non ancora granite, col loro mallo verde e peloso, per man¬ giarsi a quel modo, come primizia di primavera. — * Le catere sono indi- geste. > — « I venditori di catere, gridano per le vie di Firenze : 1’ ho la catera grossa ! I’ ce l’ho col pelo e senza pelo. » MÀNDORLA DÓLCE. V. Màndorla. MÀNDORLA DURA. Quella di guscio liscio, durissimo, da non potersi schiacciare se non col martello. Il guscio è tutto punteggiato di fo- rellini. MÀNDORLA PRÈMICE. V. Màndorla SPACCARSELA. MÀNDORLA SCHIACCI AMANO. Vedi Màndorla spaccarèlla. MÀNDORLA SPACCARÈLLA o PRÈ- MICE o , ma men comunemente, SCHIACCI AMANO. Quella il cui gu¬ scio è ruvido, tenero e sottile. MANDORLATO. Pasta dolce composta per la maggior parte di mandorle. — • « Mandorlato ben croccante. » — « Il mandorlato è indigesto. * MANDORLÉTI’ A. Dim. di Mandorla . — « Ci starebbero bene nella pasta di quel dolce due mandorlette to¬ state. » MANDORL1NA. Dim . vezz . di Man¬ dorla. — « Due mandorline dolci, un po’ di zibibbo e di fichi secchi baste¬ ranno per fare un piatto di frutte. * MANGIAFAGIUOLI. Agg. e sost. co¬ mune, composto indeclinabile. Dicesi di Colui che è gran mangiatore di fagiuoli, e segnatamente de’ Fioren¬ tini. — « Fiorentin mangiafagiuoli, lecca piatti e tovagliuoli: così in pro¬ verbio. » MANUFÀTTOLI. Quasi sempre in plu¬ rale. Così chiamano nelle montagne del Pistojeso certe focaccette, come piccole frittelle di farina dolce. MARITÒZZI. « Sorta di pasta da Qua¬ resima che si fa in Roma da’ ciam- 793 bellaj e pasticcieri con olio, uve passe, anaci, pinocchi, ecc., di figura simile alla spola. Si vendono e si nominano così anche a Firenze. — « Mi pajono molto migliori i maritozzi de'psnini di ramerino. » ( Rigutini ). Sono anch’io d’accordo coi Ri¬ gutini intorno ai maritozzi : sol¬ tanto come notizia pasticcesca gli dirò che usano anche nell’ Umbria, salvo che non ci mettono nè pinoc¬ chi nè anaci. I maritozzi qui di Pe¬ rugia sono, in fondo, pani di birra un po’ più ordinariotti de* pan di birra fiorentini, ma in forma di spole e con qualche granello d’uva secca. M ARMARE. È marma la bocca , gridano i cocomerai toscani e specialmente i pistojesi, per accennare che il coco¬ mero è stato in ghiaccio e quindi freschissimo. MARMELLATA. Non comune in Fi¬ renze, ma in quasi tutta l’Italia, per Conserva di frutta . Di questa voce così scrissero l’Arliae il Fanfani nel Lessico della infima e corrotta ita¬ lianità: « Voce francese, Marmellade, elio si sostituisce erroneamente alla voce italiana Conserva di frutta . Per es.: Quest’anno per la scarsezza delle pesche yfecipoca conserva. Ma l’hanno usata il Sassetti, il Magalotti, il Tar- gioni.... Sì signorino sappiamo; ma ciò non fa che quella voce non sia straniera. Se poi, secondo un certo dotto, ci si rispondesse : Noi siam contenti di errare còl Sassetti, ecc. Padronissimi, replicheremo noi. » MARRÓNE. Sorta di castagna più gros¬ sa e più farinosa della comune. — « Che bei marroni per far le bru¬ ciate! » — Marron secchi , dicono i Toscani, mai Marroni secc/u quando sia tutta una locuzione, che altri¬ menti dicono anch’ essi marroni , come marroni verdi e marroni sec¬ chi . * MARZAPANE. Pasta fatta di mandorle peste e di zucchero finissimo, della quale per lo più si fanno torte e si¬ mili. — « Una volta, non so se an¬ cheggi, erano famosi i marzapani di Siena. * — « Di cibo tenero e soave si suol dire che è un marzapane . * MATASS1NA. La riunione di più capel¬ lini in forma di ciambella. — « Due matassine di capellini bastano per la minestra. * MATURANZA. La condizione, Lo stato del maturarsi : differisce quindi dalla Maturità , che è lo stato compiuto, o 794 DEL MANGIARE E DEL BERE l'ultimo grado della maturanza o MAZZÒCCHI DI RADICCHIO. V. Ra- della maturazione . — « Frutte ché~ dIcchio novellino. vengono a maturanza sulla fine d'au¬ tunno. * — Poco comune. MATURARE. Neutro. Il venire grada¬ tamente delle frutte a maturità. — « Questi fichi maturano tardi. * « E mentre spanta Pan, Paltro matura. • Td 380. — * Non c'è il peggior frutto di quello che non matura mai. » E attivamente. — « Pianta che fa molti frutti, ma ne matura pochi * — « Il solo o l'acqua maturano l’uva ; ma P acqua troppo abbondante la rendo scipita. » Anche neutro passivo. — « Pianta i cui frutti si maturano tardi. » — « Col tempo e con la paglia di matu- ran le sorbe e la canaglia. * MATURATO. Part. pass, e agg. da Maturare. — « Nespole maturate sulla paglia. » — « Mele colte acerbe e maturate in casa. » MATURAZIÓNE. Il maturare, Il dive¬ nir maturo. Aitine a Maturanza ; ma pare che dica uno stadio molto più prossimo alla maturità. — * Verranno presto a maturazione. » — « Siamo vicini al tempo della maturazione dell’uvà. » MATURÉZZA. Po stesso, ma men co¬ mune di Maturità. — « Stagionata maturezza. * (Redi) — « Uve maga¬ gnate per maturezza. » ( Crescenzio .) MATURISSIMO. Superi, di Maturo. — « Fichi maturissimi. * — « Son ma¬ ture maturissime. * MATURITÀ. La qualità astratta dello frutte mature. — « Cocomeri alla do¬ vuta maturità. » (Trinci). — « Aspetta per cogliere quelle pere che siano giunte a maturità. » MATURO. Aggiunto delle frutte venute a quel punto di perfezione da potersi mangiare. — « Susine fresche ben mature. * — « Le ciliege non sono ancora mature. » — « Quando la pera è matura casca da sè. * MAZZA FERRATA. V. Carciófo. MAZZI DI RADICCHiO. V. Radìcchio NOVELLINO. MAZZO. Nome di una specie di misura degli erbaggi che si vendono riuniti in fascetti più o meno grandi, legati con un pezzo di salcio, di ginestra o simili. — « Due mazzi di sparagi — di radici — di spinaci. » MAZZÒCCHI. V. Indivia créspa. MÈLA. Frutto del Melo ( Pyrus malus). Le mele per lo più sono globose e umbilicate, ossia incavate dalla parte del flore e del gambo, che è cortis¬ simo: hanno labuccia sottile, liscia e colorita, la polpa piuttosto soda e al¬ cuna volta pastosa, farinacea o come spugnosa; i semi chiusi entro cinque cellette, formate ciascuna da pareti concavo -coriacee. Eccettuate le Mele S. Giovanni o Mele dolci , che sono precoci o da estate, tutte le altre specie sono autunnali o da inverno. I nomi loro variano da luogo a luogo tanto che gli stessi pomologi, ancne i più accurati, confessano essere im¬ possibile di formare una buona no¬ menclatura e più ancora una sinoni¬ mia esatta di tante varietà di mele. — Così il Palma. Io non noterò che le più comuni. MÈLA COTÓGNA. V. Cotógna. MELÀCCIA. Pegg. di Mela; Mela non buona. — « Melaccie bacate — tutte marcie da dare a’ majali. * MELAGRANA. Frutto del Melagrano ( Punica granatum ). Buccia o Scorza soda, quasi legnosa, gialliccio-rossi- gna di fuori, giallissima di dentro, piena di Chicchi o granelli rossi , acidetti, disposti a strati, ciascuno strato separato da una pellicina gialla detta Cica , ma non comune¬ mente. Chicco è voce d’uso quasi vezzeg¬ giativa, e si dice non solamente del¬ l'acino o granello della melagrana, ma, per similitudine, anche di più altre simili minute cose, come cane, piselli, ecc. MELAGRANA DÓLCE. Ha i chicchi piuttosto grossi, pastosi e zuccherini. MELAGRANA FÒRTE. Simile alla dolce, ma di sapore acidetto. MELAGRANA VAJANA. Vedi Mela¬ grana VIN V. MELAGRANA VINÓSA detta anche VAJANA. Ha i chicchi di un rosso pallido, quasi vi fosse stato sparso sopra del vino. MELANZANA. V. Petonciano. MELAPPIO. Giulebbe nel quale siano state cotte mele appiuole*e che si suol bere allungato con acqua calda per curare le infreddature. — « Ci vuol altro che melappio per quella tosse ! È tisico spolpato, poveretto! * — « Prenda un melappio caldo caldo e ci troverà molto giovamento. * MELARÀNCIA. V. Arància. 795 DEL MANGIARE E DEL BERE MELARE. Tirar melate contro qual¬ cuno. Non comune così assoluto; più spesso nella frase: Farsi melarey per Farsi canzonare. — « C’ è da farsi me¬ lare a metter quel quadro all'esposi¬ zione. » « Io elio spessissimo 3Ii fo melare Per vizio inutile Di predicare. » Giusti, MELASSA. Residuo dello zucchero raf¬ finato, ed anche. Sciroppo che rima¬ ne dopo che il succo della canna è stato assoggettato a tutte le opera¬ zioni necessarie per estrarne lo zuc¬ chero cristallizzabile che puro vi si contiene. MELATA. Colpo dato altrui con mela tiratagli contro. — « Gii tirò una me¬ lata nel groppone. » — Nel trasla¬ to, Aver le melate — Cantante da melate . MELENGIANA. V. Petonciano. MELIACA. V. Albicòcca nostrale. MELINA. Dim. di Mela; Piccola me¬ la. — « Eccellenti queste meline rug¬ gini. » MELÓNA. Acer . di Mela; Crossame¬ la.— «Che belle melone! — Guar¬ da che melone francesche. * MELÙCCIA. Dim. dispr. di Mela; Pic¬ cola e poco buona. — « Che meluc- cie piccine! » — « Le fate così care coteste meluccie ? Tenete vele per voi. » MELUZZA e più comunemente MELÙZ- ZOLA. Si dice delle Mele piccole, pri- maticcie, non ancora mature. — « I ragazzi son ghiotti delle meluzzoie. * — « Bada che tutte coteste meluzzoie non t’abbiano a far venire de’ dolori di corpo. » MELÙZZOLA. V. Meluzza. MÉNTA ( Mentha viridis). Pianta stri¬ sciante che produce molti steli, lisci, ramosi; ha le foglie di color verde scuro, ovato-lanceolate, minutissima¬ mente seghettate, i fiori alquanto ros¬ si, a spighe gracili, lunghe. Si suol mettere nelle insalate di mescolanza, e si adopera anche per distillarne un’acqua odorosa e un’essenza per varii usi. MÉNTA PÉPE, e più comunemente MÉNTA PEPERINA (Mentha pipe¬ rita). Specie di menta che ha le fo¬ glie più larghe, picciolate e più pro¬ fondamente seghettate; le spighe più grosse e meno lunghe; e coltivasi pre¬ feribilmente a tutte le altre specie congeneri, per essere più abbondante di quell’olio volatile che dà a questa pianta un sapore bruciante, il quale poi, masticandola, passa in fresco gra¬ to. Se ne fanno le pasticche di menta ^ i diavoloni di menta , ecc. adoperati per confortare lo stomaco. MÉNTA PEPERfNA. V. Ménta pépe. MÉNTA SALVÀTICA. Nome che si dà ad alcune speoie di menta, come alla syloestris , aH’ariv»nsts ecc. ed anche SiWDiula dysenterica . MENTÙCCIA (Mentha pulegium). Spe¬ cie di menta a foglio piccole che fa negli acquitrini e nei luoghi incolti, ed ha un sapore molto acre ed ama¬ ro. Chiamasi anche per altri nomi : Paleggio , Basilico selvatico , Menta selvatica , Nepitella selvatica , ecc. MESCOLANZA. V. Insalatìna di mi¬ nutila. MESCOLANZlNA. V. Insalatìna di mi- nutìna. METATO. V. Seccatójo. MÉTTERE IL PIO o IL PIOLO. Vedi IMPIOLIRE. MÉTTERE IN RÈSTA. È disporre in resta cipolle o agli, per più comodo trasporto e più tacile conservazione. V. anche Arrestare. MÉZZO (aspre come in Vezzo le due zete). Si dice delle frutte eccessiva¬ mente mature e prossime al marcire. — « Le pere mezze hanno un colore fosco quasi di nespole. * — « Ad al¬ cuni piacciono le pere mezze. » — « Le nespole non son buone a man¬ giare che quando divengono mezze. » MIDÓLLA. La parte interna del pane, bianca e spugnosa, contenuta dalla corteccia. — « Pane che ha molta midolla. » — « Midolla di pane in¬ zuppata nel brodo. » — « Non può, senza denti com’è, mangiar altro che le midolle. > MIDÓLLA (del popone). V. Trippa. MIDOLLÉTTA. Dim. di Midolla, senza idea di# vezz. e più grossetta della Midollina (V.). MIDOLLINA. Dim. di Midolla con vezz. — « Mi piace mettere nc»l bro¬ do della minestra qualche midollina di pane. » — « Per divezzare i bam¬ bini si comincia a dar loro qualche midollina di pane fatta bollire nel latte. * MIDOLLÓNA. Acer, di Midolla; Gran¬ de e grossa midolla di pane, che più volentieri si dice in Firenze Midol- DEL MANGIARE E DEL BERE 796 Ione. — * La Crezia rincivilita ordi¬ na nel primo atto a Giuseppe di dare a Piero contadino quel midollone di pane che avanzò a cena la sera in¬ nanzi. » MIDOLLÓNE. V. MidollóNA. MIDOLLÓNE (del popone). V. Trippa. MIDOLLÒSO. Che ha molta midolla. — « Questi pani tanto midoliosi non son mica sani. » — « Bisogna per il nonno prendere del pane ben cotto ma mi- clollosoj perchè la corteccia non la può piu rodere. * MIGLIÀCCIO. Lo stesso che Castagnac¬ cio , ma più comune in Firenze, anzi la sola voce comune oramai, sebbene in antico, come apparisce da esempi d’autori iiorentini, si dicesse anche Castagnaccio (V.). MINESTRA. Per questa voce e fami¬ glia Vedi l’Articolo lg. Qui si nota nel senso di Pasta da farne minestre. MINESTRÓNE. Vedi nell’Articolo 1°. MI NÉ TINA. V. Insalai ina DI mino- tìna. MlNÙTlNA TUTTI ODÓRI. V. Insa- LATÌNA DI M1NUT1NA. MINÙZZOLE. Lo stesso che Minuzzo¬ li ,* ma par che dica Minuzzoli più minuti e più leggieri, ed è più afìine a Briciole che a Bricioli. MINÙZZOLI. V. Briciole e Minózzole. MOLLICA. Lo stesso che Midolla , ma in Firenze e in Toscana men comu¬ ne, e sa anzi ai Toscani di affetta¬ zione. Nel resto d’Italia, massime nell’Alta, più comune Mollica. MONDARE. Detto de’ fagiuoli in erba, è Toglier loro, prima di cuocerli, le punte ed il Filo, che è quella specie di ingrossamento d’un verde più cupo che essi hanno lungo la sutura del guscio o valva. MONDARE. Att. Togliere alle frutte la buccia, il picciuolo, il fiore e le parti guaste; quindi qualcosa di più accu¬ rato e di più perfetto del semplice Sbucciare. — « All’ amico, dice il proverbio, monda il fico. * — « Le mele si mondano e poi si mettono a cuocere con vino bianco e zucchero. * MONDATO. Pari. pass, e agg. da Mon¬ dare. — « Susine fresche, ben ma¬ ture e mondate (Redi). » MONDINA. Castagna fresca che si cuo¬ ce allesso dopo averla mondata dalla buccia esterna più grossa. Mondine è il nome d’uso comune a Firenze ; ma v’è chi le chiama anche Pelate. In altri luoghi sono dette Mondole , Mondolone ecc. — • « Una pajolata di mondine col finocchio. » MÓNDO. Lo stesso che Mondato . — « Fichi mondi. » — « Castagne mon¬ de — bell’e monde. * MÒRA. Aggiunto di una qualità di Mele vernine piuttosto piccole e con la buc¬ cia duretta e color della terra secca. — « Non so se le mele more siano una cosa stessa con le mele ruggini. * MÒRA, più spesso in plurale. Nome del frutto del Gelso, detto in Toscana co¬ munemente Moro e di una specie di rovo che cresce spontaneo o si alle¬ va lungo le siepi. — « More acerbe — mature — sciroppo di more per li usi della medicina. * — « Le more el gelso quando sono acerbe, sono verdi, e mature son bianche. Le mo¬ re del rovo passano, maturando, dal verde pallido al rosso acceso e al nero carico. * MORGIANO e BORGIANO. Uva nera, grossa, in grappoli lunghi; dà un vino insipido ma di corpo. MOSCADÉLLA , e men comunemente MOSCADELLÓNA. Aggiunto di una qualità di Pere d’estate, così dette dall’odore che hanno. k R in mano a loro Post’ ha una pera moscatella appena, Per quindi a poco tramo uu gran popone. » Buonarroti. MOSCADÉLLA. V. Moscadèllo. MOSCADÈLLO. Aggiunto che si dà a diverse sorte di frutte che hanno un odore simile al moscadèllo, come Pe¬ re , Fragole , Poponi , Ciliege mo- scadelle. MOSCADÈLLO e MOSCADÉLLA. S’usa a modo d'agg. e di sost. Nome d’una specie d’uva bianca, rossa o nera, co¬ si detta dal sapore che ha di mosca- do, ossia Muschio. MOSCADELLÓNA. V. Moscadèlla. MOSTACCIUOLI. Paste dolci, tagliate generalmente a losanga, assai dure, con entro mandorle peste, pinocchi, pistacchi, uve o simili. — « Sono squi¬ siti i mostacciuoli di Napoli e di Pa¬ lermo. * MOSTARDA. Mosto cotto, nel quale si infonde seme di senapa rinvenuto in aceto e ridotto a modo di salsa. — « Compra un po’ di mostarda per il lesso. * — « Mostarda francese — in¬ glese — di Cremona » MUSA. Così dalla forma alquanto al¬ lungata si dice una qualità di Mele vernine assai reputate. DEL MANGIARE E DEL BERE 797 N NASÈLLO. V. Culaccino. NASO. V. Culaccino. NASTRI LARGHI. V. Nastrìsi. NASTRINI. Pasta da minestra in forma di nastri sottili e stretti; se un po’ più larghi, si dicono appunto Nastri larghi. NASTÙRZIO (Nasturtium o Lepidium sativum). Erba annua, alta sino a sei decimetri, nativa della Persia e del; Pisola di Cipro: tutte le sue parti hanno sapore pungente ma assai radevole, che rassomiglia a quello ella senape e del pepe uniti insieme: onde si coltiva per aggiungersi alle insalate ed alle carni. NASTÙRZIO INDIANO ( Tropceolum majus). Pianta originaria del Perù, che si moltiplica facilmente nei no¬ stri climi; ha odore forte, sapore acre, analogo a quello del nasturzio comune ; le foglie servono per or¬ nare le insalate e per condimento; le sue gemme da fiori ed anche i frutti, serbati sott’ aceto, si man¬ giano come i capperi, e sono detti Capperi cappuccini (V.). NAVÓNE. Specie di Cavolo (Brassica Nepus) , la cui radice fusiforme si¬ mile a quella della carota, ma più grossa, acconcia in vario guise, è di buon sapore e assai nutriente. u II ventoso navon, la rozza rapa, SI congiunti tra lor, eh’ assai sovento L’un si cangia nell’altro. » Alamanni. NÉBBIA. Specie di pasta da minestra simile alla Neve di pasta , ma più fina. NÉCCIO e volgarmente NICCIO. Specie di piccola scniacciatina di farina dolce intrisa e messa a cuocere tra due testi scaldati bene e quasi arroven¬ titi, con foglie di castagno frapposte tra la pasta e i testi. È il cibo ordi¬ nario de’ montanari, i quali ne fanno uso talvolta col cacio fresco, che vi distendono sopra, come si farebbe del burro coi pane. — « Non aveva mai mangiato altro che castagne ac¬ conce in diversa maniera, cioè in polenda, necci.... » ( Targioni ). NÉCCIO ALLUMINATO. Più spesso in plurale. Così, quasi come locuzione di celia, dicono a Pistoja i necci senza alcun ripieno, per contrario di ciechi . — « I necci son meglio ciechi cho al¬ luminati. » — « Compra quattro necci ciechi e otto alluminati. » NÉCCIO CIÈCO. Più spesso in plu¬ rale. Quelli nella pasta dei quali fu messa della salsiccia pestata o delle fettoline di prosciutto prima di cuo¬ cerli. NEPÌTÈLLA ( Melissa nepeta). Pianta odorifera e di acuto sapore, molto simile alla menta; nasce lungo le strade e nei^cigli dei campi sterili e di collina. È detta anche Erba da funghi perchè l'adoperano por con¬ dire i funghi. NEPITELLA. SALVÀTICA. Chiamasi volgarmente la Melissa calamintha , detta per altro nome calarnento montano. NÈSPOLA. Frutto del Nespolo {Ne- spilus germanica) : è una drupa, per lo più globosa, terminata da un ciuffo o corona di cinque foglie anguste; dentro la polpa trovansi cinque noc¬ cioli ; d’onde il comun detto : La ne¬ spola ha cinque ale e cinque ossa . Ve ne sono di grosse, di piccole, colla corona aperta , colla corona chiusa, di schiacciate, di appuntate. — « Le nespole si lasciano lunga¬ mente a maturar sulla paglia. » NÈSPOLA DEL GIAPPONE. Gialla, di buccia dura, profumata, che matura sull’albero ed è più pregiata della nespola comune. NESPOL1NA. Dim. di Nespola. — « Ne- spoline ben mature — del Giappone. * NÉVE DI PASTA. Minestra di prima qualità, di forma quasi polverulenta, che, bollita nel brodo, prende un aspetto simile a fiocchetti di neve. Si dice anche assolutamente Neve. NfCCIO. V. Néccio. NÒCCHI. Così si dicono certi induri¬ menti nerastri, legnosi, che si gene¬ rano nella buccia delie frutte e si estendono talora anche alla polpa. — « Pere tutte piene di nocchi. » NÒCCHIA. Così dicono a Firenze e al¬ trove la nocciuola quando è ancora verde. — « Granite le nocchie ! gri¬ dano per le strade di Firenze i ven¬ ditori di nocciuole. » NOCCIOLÉTTO. Dim. di Nocciolo; men piccolo del Nocciolino. — « Noccio- letti di susine salvatiche. » NOCCIOLINA. Dim. vezz. di Nocciuola . — « Noccioline fresche. » — « Non son più noccioline, son vecchioni; DEL MANGIARE E DEL BERE 798 modo proverbiale per isbertaro per¬ sona vecchia che pur voglia passare per giovane o far cose da giovani. » NOCCIOLINE. Specie di pasta da mi¬ nestra in forma di mezza sfora con¬ cava che rassomiglia un guscio di nocciuola diviso in due. NOCCI OLINO. Dim. di Nocciolo ; più fùccolo.del Noccioletto. — « Noccio- ini di ciliege — d'ulive. * NOCCIOLlNO. Giuoco di fanciulli che si fa come il Nocino , salvo che invece di noci si fanno le castelline con noc¬ cioli di pesca. — « Ragazzi che fanno a noccioli no per le strade. * — « Giochiamo a nocciolino. * NÒCCIOLO. Quel corpo legnoso duris¬ simo che è nel centro della polpa di alcune frutto, come pesche, ciliegie, albicocche, susine, ecc., che contiene la Mandorla. — « Schiacciare i noc¬ cioli di albicocca per levarne le man¬ dorle. * — « Gli tirò un nocciolo di ciliegia in un occhio. » NOCCIUOLA. Frutto del nocciuolo (Co- rylus avellana ): somiglia ad una piccola noce, ma col guscio tutto d’un ezzo, liscio, color tanè, colla mandorla i sapore dolce, piacevole, facilmente divisibile in duo parti eguali, assai nutritivo e contenente molto olio buono quanto quello delle mandorle dolci. — « Non le schiacciare coi denti le nocciuolo: te li guasterai. » NÓCE. Femm . Frutto dell’albero di questo nome (Iuglans regia). Le sue parti, da vedersi a' loro luoghi, sono il malto, il guscio, il gheriglio e l'anima . NÓCE A TRE CANTI. È una noce stretta, ctie forma tre angoli, assai rara a rinvenirsi, e credesi portar for¬ tuna a chi la trova. 1 contadini so¬ gliono porla sull'orlo del camino per impedire alla saetta di venir giù da quella parte, e le contadine la ten¬ gono in tasca accanto al rosario. NOCE CAMPANA. V. Nóce reale. NÓCE FERRIGNA. V. Nóce stretta. NÓCE GENTILE , • o PRÈMICE , o SCIII ACCI AM ANO, o SCHIACCE- RÈLLA. Ha il guscio sottile e tenero che si rompe con la sola compres¬ sione delle mani : è la più gradita e si preferisce per Luso della tavola. NÓCE MADORNALE- V. Nóce reale. NÓCE MALÈSCIA. V. Nóce stretta. NÓCE MARTELLINA. V. Nóce stretta. NÓCE PÈSCA o PÈSCA NÓCE. Specie di pesca della grossezza di una noce, o poco più, di buccia liscia, e di co¬ lore sanguigno, di grato odore e sa¬ pore. NÓCE PRÈMICE. V. Nóce gentile. NÓCE REALE o MADORNALE o NÓCE CAMPANA. Qualità di noce che è tre volte più grossa delle ordinarie, con la mandorla circondata da molta ma¬ teria fungosa, sicché riducesi per l’es¬ siccazione alla metà. Col guscio di essa beu pulito e maschiettato d’oro, d’ar¬ gento o di rame, si formano scatolette da giojelli o vi si mettono certi pic¬ colissimi strumentini da lavori fem¬ minili, come, cisoine, agoraini, dita¬ lini esimili, ua regalarsi specialmente alle bambine. NÓCE SCHIACCERÈLLA. Vedi Nóce GENTILE. NÓCE SCIII ACCI AM ANO. Vedi Nóce GEN I ILE. NÓCE SCUSSA. V. Nóce vuota. NOCE STRÉTTA, o MARTELLINA, o FERRIGNA. Piccola, quasi rotonda, cogli angoli prominenti che si uni¬ scono alla sommità quasi in una punta acnta; ha il guscio durissimo e la mandorla strettamente serrata in esso sicché non si può cavare che a pez¬ zetti. Nel Fiorentino e anche altrove, si dice pure Malescia , quasi Malage¬ vole, o come dice il Targioni, perchè male esce . NÓCE VUOTA o SCUSSA. Dicesi quella che per cattiva allegagione, o per al¬ tro, non ha potuto portare a perfe¬ zione la mandorla interna, la quale rimane perciò strinata e stremenzita. NOCEMOSCADA. Seme di una specie di Miristica originaria delle Moluc- che, il cui albume sodo, contenente un olio di profumo delicato e grade¬ vole, s’adopera grattato fine fine per condimento nelle vivande e special¬ mente ne' dolci. — i Dar grazia ad una salsa — a un pasticcino con la nocemoscada. » NOCIÀCCIA. Pegg . di Noce. — « Nociac¬ ce tutte bacate — vuote — scusse. » NOCIAJUOLO. Chi vendo noci. NOC1NA. Dim. con vezz . di Noce. — « Un pezzo di pane con due nocine fresche. * NOCINO. Giuoco fanciullesco nel quale si fanuo tante castelline o cappe di noci quanti sono i giocatori, met¬ tendo fuori ciascuno Te sue, e poi ti¬ rando uno alla volta verso quelle con una noce detta il Bocco. Quante cap¬ pe butta giù il tiratore e tante no DEL MANGIARE E DEL BERE 799 yincc. — Giocare a nocino. » — « Le grida de’ ragazzi che fanno a nocino. » NOCIÓXA. ^4ccr. di Noce. — « Bisogna vedere che nocione fa quel noce che tu dici andrebbe buttato giù perchè ti impedisce la vista della campagna dalla sala da pranzo. » NOCIÙCC1A. Dim. dispr. di Noce. — « Nociuccie piccine, tutte guscio e anima. * — « Due fichi secchi e due nociuccie; ecco tutta la. mia cena. » NÙMERI. Pasta da minestra, sul ge¬ nere doli* Alfabeto e della Primiera , rappresentante i dieci segni della nu¬ merazione. o ÒCCHI DI PERNICE. Varietà di pasta finissima da minestra, simile agli Oc¬ chi di pulce , ma più grandettina. ÒCCHI DI PULCE. Pasta da minestra di prima qualità, in forma di minu¬ tissimo lenticchie o occhiolini d’in¬ setto. ODÓRI, ÈRBE ODORÓSE, ÈRBE DA ODÓRI. Diconsi collettivamente certe erbe odorifere e saporite che si met¬ tono per condimento nelle vivande — « Zuppa da magro cogli odori, — « In¬ salata con gli odori. » ODORINE Vezz. di Odori . — « Li devo mettere dueodorini nelPinsalata? — Sì, qualche foglia di basilico e di menta. * ORIGANO. V. Règamo. ORLICCÉTTO. Dim. di Orliccio. » Cappita! dico, qucst'ò vin perfetto; Ma non vorrei che ini facesse male. Sarà meglio ch'io pigli un orliccetto. » Saccenti. ORLICCfXO. Dim. di Orliccio ; più pic¬ colo dell’ Orliccetto. — « Inzuppare un orliccino di pano nel vin santo.* ORLICCIO. L’estrema corteccia del pa¬ ne torno torno, e anche un pezzo di essa. 11 Cantuccio (V.) è diverso. Non comunissimo nell’uso fiorentino, ma vìyo. » Certi nuovi pietosi merendoni, Vergendo pur ch’io masticar non posso, Chieggon gli orlicci. » Bellincioni . ORTÀGGIO. Nome generico di tutte le erbe che si coltivano negli orti, e si usano per vivanda; altrimenti Erbag¬ gio. — « Seminare gli ortaggi. * — « Sarchiarli — rincalzarli. » ORTOLANO. Si dice in Firenze per quello stesso che Erbajuoloy cioè per Venditore d’ortaggi. — « Sta di casa in Via Ghibellina accanto all’ortola¬ no. » — «Il Rosso ortolano ha aperto bottega in Via Nazionale. * ÒRZO DI GERMANIA (Ilordcum. Zeo- criton). Ha la spiga breve, piramidale, appiattita, colle reste as^ai lunghe e dilatato a guisa di ventaglio, i fiori laterali maschi, i semi angolati ve¬ stiti. Gli vien dato anche il nome di tOr- zo periato , perchè i suoi semi, che si usano in minestra, a guisa del riso, si sogliono prima arrotare fra due pietre ruvide, con che perdono la cor¬ teccia e le punte, o di ovali appun¬ tati, diventano rotondi, rimanendo la sola buccia della ripiegatura, la quale apparisce come una linea curva. ÒRZO PERLAIO. V. Òrzo di GermA- NIA. ÒVOLO. V. UÒVOLO. p PAGNÒTTA. Pane di forma tonda e per lo più di peso determinato. — « Del pane non si dà più che sei pic- ciole pagnotte per soldato. » {Caro). (Bul- garini). PÌCCIA DI FICHI SÉCCHI. Così si dice Punione di due fichi seccati al sole e spaccati per lo lungo, che poi si appiccicano insieme dopo averci messo degli anaci. — « Ho visto io con que¬ sti occhi un cameriere del Collegio di . preparare ai Collegiali le piccie di fichi secchi sputandoci den¬ tro perchè si unissero più facilmente e piu stabilmente. Quando ripenso che di quelle piccie ne ho mangiate tante aneli’ io (prima della scoperta, s’ in¬ tende!) mi vengono i sudori freddi. > PICCIA DI PANE. Più pani in qualun- uo modo attaccati insieme, ma or- inariamente due. Oggi più comune Coppia , se non che Piccia si dice in ispecial modo de* panellini benedetti. — « Un proverbio: Non si può avere i pani a piccie. » PICCIUOLO. È il gambo de’ fichi per il quale stanno appiccati a’ rami della pianta. Anticamente si disse anche d’altre frutte. — « 1 fichi verdini hanno il picciuolo corto corto : i bro¬ giotti l’hanno piuttosto lungo. * PICCIUOLO. Ciascuno di quei piccoli gambi pc’ quali l’acino dell’uva sta attaccato al raspo. Sebbene si usi di rado Picciuolo , son comunissimi Spic¬ ciolare e Spicciolatura (V.) PIGIÓNE. V. Pestare. PIGNA. Non comune in Firenze, dove pure è capito, ma nel resto della To¬ scana per Grappolo e specialmente di Grappolo grosso e granito. — « Il contadino m’ ha portato un paniere di pigne d'uva che sono una delizia. » — « Per aver voluto rubare una pi¬ gna d’uva s’ebbe tutto il sedere im¬ pallinato. » PILARE. V. Pestare. PILUCCARE. Att. Detto dell* uva, è Spiccare dal grappolo i chicchi uno dopo l’altro per mangiarseli. — • Un grappolo d’uva matura, il quale un satirino d’allegrissima vista si va a poco a poco piluccando. » (Varchi). PILUCCATO. Part. pass . di Piluccare . — « Grappoli mezzi piluccati da’ ra¬ gazzi dalle galline. * PIMPINÈLLA, V. Salvastrèlla. PINOCCHIAJO. Chi vende pinocchi. — « I piuocchiaj a Firenze vendono i pinocchi in piccoli cartoccini che sono come un’ unità di misura. * PINOCCHIATA e PINOCCHIATO. Con¬ fettura di zucchero e pinocchi, ge¬ neralmente in forma di losanga. — « Soavissimi pinocchiati. * (Firen¬ zuola). — « Pinocchiati di Perugia. » PINOCCHIATO. V. Pinocchiata. P1NOCCH1ÉTTO. Dim. e vezz. di Pi- nocchio. — « Pinocchietti piccoli sì, ma quasi dei sapor del pistacchio. * ( Targioni). PINOCCHINO. « Dim. di Pinocchio e quasi vezz. quando parlasi, per esem¬ pio, di darlo a un canarino. » ( Tom¬ maseo ). PINÒCCHIO. Seme del pino chiuso in un guscio o nocciolo. A Firenze lo dicono anche Pinolo. — « I pinocchi sono molto calorosi. » — « Un car¬ toccio di pinoli. * PINÒLO. V. Pinòcchio. PINZIMÒNIO. V. Sèdano. PIO o PIOLO. Quella puntolina d’onde le castagne germogliano o talliscono. — « Le castagne bisogna tenerle poco ammontate perchè se no met¬ tono il piolo. » DEL MANGIARE E DEL BERE PIOLO. V. Pio. PfPPOLO. Nel linguaggio familiare cosi si dice in varie parti di Toscana il chicco o acino dell’uva; quindi Spip¬ polare. S’usa per quello stesso che Schicco lare o Sgranellare. PISELLÀCCIO. Pega. di Pisello. — « pi- sdiacci scipiti e duri come pallini da schioppo. » PISELLAJA. Lo stesso, ma men co¬ mune di Pisellaio. Il Palma nota il modo proverbiale Esser di buona pi- sei laja per Essere un minchione . PISELLAJO. Terreno coltivato a pi¬ selli. — « I geli danneggiarono i pi¬ sellai * u Vada in malora l’orto o ’l pisellaio, E’ baccegli, e’ carciofani co* ceci. * Buonarroti. PISELLATA. Fu detto, e forse si dice anc’oggi, per Vivanda di Diselli pe¬ stati o passati per istaccio dopo cotti. S’usa però sempre per Grande man¬ giata di piselli, sull’analogia di Fa¬ giolata, , Cavoiata e simili. — « Fare una pisellata — una bella — una buona pisellata. * PISELLÉTTO. Dim. di Pisello. — « Ve n’erano ancora de’ più grossetti, e uasi della grandezza delle vecce, e’ piselletti e de’ ceci. » (Redi). — « Piselletti novellini. » PISÈLLI BACCELLÓNI. Quelli grossi più degli ordinarli e che tengono un po’ del sapore del baccello. PISÈLLI COLATI. Si dicono quelli passati per il vaglio per iscegliere i più piccoli. PISELLINO. Dim. quasi vezz. di Pi¬ sello. — « Pisellini giovani — teneri. » PISÈLLO ( Pisum ). Genere di piante a baccello oblungo, compresso, a semi numerosi, globosi, a foglie pennate, a tre paja di foglioline, terminate da un viticchio. Comprende otto spe¬ cie, delle quali due sono le più inte¬ ressanti, il Pisello bianco e il Pisello grigio. — « Quarto d’agnello co’ pi* selli. * — * Passata di piselli. * — « Minestra di riso co* piselli. * PISELLÒNE. Acer. di Pisello ; Grosso pisello. — « Che bei piselloni ! * — « Questi piselloni son belli all’occhio, ma cotti non valgono nulla; son duri e scipiti. * PISELLÙCCIO. Dim. dispr. di Pisello. — « Pisellucci mezzi secchi. * — « Un piatto di pisellucci in umido. * PISTACCHIATA. Dolce assai duro fatto con zucchero pistacchi. — « Gli 809 mandò da Palermo una cassetta piena di marzapani, di pinocchiati o di pistacchiate. * P1STACCHIÉTTO. Dim. e vezz. di Pi¬ stacchio. — « Pistacchietti di Sici¬ lia. * — « Qualche pistacchietto da¬ rebbe un po’ d’odore a questo pa¬ sticcio. * — « Dolce con sopra dei firigogoli fatti con confettini, man- orle e pistacchietti. * PISTÀCCHIO. Frutto del Pistacchio ( ( Pistacea vera ) : è una drupa ovale della grossezza di un’oliva, col noc¬ ciolo bivalve coperto da una sottile polpa, che, riseccandosi, di viene coria¬ cea. 11 seme o mandorla contenuta nel nocciolo è per lo più di color verde internamente, alle volte gial¬ lognolo, e ricoperto d' una buccia rossigna ; mangiasi a guisa delle altre frutte secche, ma per lo più s’adope¬ ra per lavori di credenza e dai con¬ fetturieri. — « Nel torrone di Modena ci sono dei pistacchi framezzo alle mandorle. * PISTURA. Nome che si dà al tritume delle castagne pestate, che rimano tra i gusci : questi rottami, scelti di nuovo, si danno a’ majali per ingras¬ sarli. PIZZICÒTTI. Quegli incavi e que’ ri¬ salti che si fanno nella pasta del pane alla quale sia già data una de¬ terminata forma. Si dicono così per¬ chè generalmente son fatti stringendo alquanto la pasta tra l’indice e il medio, come quando si fanno alle per¬ sone i pizzicotti propriamente detti. — « Pane a pizzicotti. — Filoncino di pane co* pizzicotti. * POLÈNDA. V. Pattóna. POLÈNDA GIALLA. Intriso di farina di granturco, che si fa gettando la farina nell’ acqua bollente, e rime¬ nandola forte, tinche non sia cotta. Si dice gialla per distinguerla da quella fatta con farina dolce, pei fiorentini Pattóna (V.) POLENDAJO. « Quello, tra’ montanini che vanno a lavorare in Maremma, il quale è destinato a fare la polenda per gli altri. E per dispregio suol dirsi a chi è avvezzo a mangiar po¬ lenda, o viene da paesi ove si man¬ gia, più che altro, polenda. — « Que¬ sti polendaj son venuti a Firenze, e ci sono arricchiti ; e poi ci disprez¬ zano. * ( Appendice al Dizionario Torinese). POLEND1NA. Dim. vezz . di Polenda. POLENDÓNA. Acer, di Polenda ; Gran¬ de polenda. 810 DEL MANGIARE E DEL BERE PÓLPA. Parlandosi di frutte, è tutta quella parte più o meno sugosa che è ricoperta dalla buccia, e che nel suo centro racchiude uno o più semi in un nocciolo, ovvero in un torsolo. — « Pesche di polpa molto odorosa. * — « Frutto di polpa delicata. * POLPARE. V. ColtroncIno. POLUME. V. Ventolàcchio. POMÀCEO. Della natura dei pomi : Frutti pomacei , Piante pomacee . Non popolare. POMÀRIO. Luogo piantato d’alberi da frutta, e dove questi, raccolti come in famiglia, sono oggetto di cure speciali di coltivaziono per ciò che riguarda l’innesto e la potatura. — « Nella vallata del Serchio si colti¬ vano i peschi a pomario. » — « Le pesche di pomario sono più squisite di quelle degli aperti campi. * — Non popolare. POMAIO. Che ha pomi, o alberi pomi¬ feri , Fruttato. Non popolare. — « Giardino pomato. » POMÉTO. Non comune, come non è co¬ mune Pontiere per Pomario ; ma Po- vneto par forma più accettabile dal popolo. POMICOLTURA. L’arte di coltivare gli alberi da frutta. — « Trattato — re¬ gole di pomicoltura. » POMI È RE. V. POMÉTO. POMIFERO. Agg . Che porta pomi. Che fa pomi; ed e aggiunto di stagione, d’albero, ecc. Appartiene alla lingua scritta, e più specialmente alla poe¬ tica, ma raro. — « Pomifero au¬ tunno. * PÓMO. « Ha il senso generico di frutto d’albero, e alquanto grosso, come pomum presso i Latini ; e vale anche albero che produce i pomi e le poma, albero da frutte — « I pomi (si parla delle frutte di un pomario) si colgono a mano. » — « Il melo, il fico, il ciliegio sono alberi da pomi assai coltivati. » — — Le varietà più pregiate dei pomi che produce (e si parla del pero) sono la bergamotta, ecc. » I Lombardi chiamano pomo il melo e il frutto di esso, cioè la mela; e in questo significato pare che sia stato adoperato qualche volta anche in al¬ tre parti d’Italia, indicandosi il ge¬ nere per la specie, e quasi per anto¬ nomasia, stante la bellezza, grossezza e rotondità delle mele appetto agli altri frutti pomacei. È certo però che oggidi in Toscana appena sarebbe inteso chi dicesse pomo per melo o mela. » (Palma). In Toscana però non s’usa Pomo per Frutto neanche nel suo senso generale. È voce piuttosto della poesia. POMODÒRO ( Solanum lycopersicum ). Pianta erbacea, nativa delle Indie e del Perù, a foglie flaccide, di un odore nauseante, a fusti lunghi, pelosi, ra¬ mosissimi, prostrati per la loro de¬ bolezza e per il peso dei frutti, tanto che bisogna infrascarli perchè si so¬ stengano. I frutti, di colore tra rosso e aranciato, di forma globosa, com¬ pressa, con risalti o spicchi irregolari, sono ripieni di un sugo alquanto acidulo, che serve di condimento a diverse vivande. Sebbene Pomodoro sia voce più re¬ golare, tuttavia i Toscani dicono comunemente pomidoro, e forse per¬ chè 1’ usano quasi sempre plurale — « Seminare i pomidoro — 1 pomidoro fruttificano in fine d’estate — Con¬ serva di pomidoro, ecc. » — Una varietà di Pomodoro fa i frutti più piccoli e senza prominenze o solchi, e dicesi Pomodoro a grappoli ; un altra varietà li fa gialli a forma di ciliegie; un’altra a forma di susina. POMODÒRO A GRÀPPOLI. V. Pomo- DÒRO. POMOLOGIA. Trattato sui frutti in genere. POMOLÒGICO. Appartenente alla po¬ mologia. Museo pomologico , ossia raccolta di frutti in cera. POMÓSO. Pieno di pomi , Pomifero. — « Pomoso autunno. * — Della sola poesia. POPONAJA. Luogo ove si seminano e si coltivano i poponi. — « Pianura coltivata per lo più a poponaje. * ( Targioni ). POPONAJO. Venditore di poponi. — * Era piena la strada di cocomeraj e di poponaj. * E anche nel senso di Poponaia. — « Ier notte gli sono entrati i ladri nel poponajo e hanno fatto piazza pulita. * POPONCINO. Dim. e vezz. di Popone. — « Poponcini primaticci. * — « Quanto mi dà di questo poponcino? » È anche Popone non ancora finito di crescere. — « Il Giacosa ha messo nella vetrina varie scatolette piene di poponcini canditi. * — « Vaso di poponcini in guazzo. * POPONCINO (Fico). Aggiunto d’una qualità di Fico che ha la buccia soda a striscie gialle e verdi ^alternativa- mente e là* polpa rossa. È solamente DEL MANGIARE E DEL BERE settembrino. Si dice anche Fico po¬ pone, Fico zucchettina , Fico a liste , Fico rigato e Brache di Lanzo . POPÓNE. Frutto globoso o ovato della Cucumis melo ; di varia grossezza, con la buccia dura, grossa, retico¬ lata, per lo più solcata a spicchi e con la polpa sodetta, zuccherina, mu¬ schiata, d’ordinario giallo-rossigna, o bianca, o verdiccia, secondo le va¬ rietà. — « Donna e popone, beato chi se n’appone. * POPÓNE (fico). V. Poponcino (fico). POPÓNE ARANCINO. Di buccia liscia, compresso a figura d’arancia. POPÓNE CANTALUPO. Ila la buccia poco o punto reticolata e a coste più o meno sporgenti ; cosi detto da Can - talupo , villaggio vicino a Roma, dove furono coltivati dapprima. POPÓNE COTIGNÒLO, detto anche Na- nino. Piccolo, di buccia verde e ben serrato. « Il naso ò come quo* del mio mortajo, La bocca ha corno i popon cotignoli. » Firenzuola, POPÓNE MOSCADÈLLO. Dalla buccia verde, dalla polpa bianca carnea e bianca verde. POPÓNE NANlNO. V. Popóne coti- GNÒLO. POPÓNE VERNINO. Quello che si può serbare per mangiarlo nell’inverno. Ha la buccia molto verde, di forma allungata e di pasta bianchiccia. — « Sono arrivati tutti e quattro i po¬ poni vernini sani e salvi. * (Redi.) — « Era verde come un popone ver¬ nino. * POPONÈLLA. Si dice per disprezzo di popone nano e scipito, che pur dicesi Zucca . Fu detto anchq per Popone prima¬ ticcio. POPP1NA. Aggiunto di una qualità di Pere e di Mele vernine, che hanno la buccia ruvida e di color giallo scuro ; così dette dalla forma e dalla polpa tenera e molle. — « Le pere spine e le pere poppine sono molto acquose e delicate. » — « Le mele poppine maturano anche in casa, ma bacano con molta facilità, » PORCELLANA ( Portulaca oleracea ). Erba da insalata che alcuni seminano negli orti; va coi fusti terra terra; ha le foglie sparse, lisce, carnose che si chiudono la sera e al tempo burrascoso. È detta anche Porcacchia , 811 Procacchia, Erba da porci, Erba grassa . Sono varietà la Porcellana verde , la Porcellana dorata , ecc. Ne’ campi cresce spontanea la Por¬ cellana salvatica, che è più piccola. PORCEDLANA SALVATICA. V. Por- CELLANA. PORCINO ( Boletus edulis) detto anche Ceppatèllo buono e Ceppatèllo buono di sélva. Ha la cappella molto grande e carnosa, color castagno nella parte superiore, gialliccia nella inferiore e col gambo bianchiccio. È il più saporito de’ funghi mangerecci. S’usa a modo d’aggettivo e di so¬ stantivo, ma più spesso di sostantivo. — « Di quel colore per l’appunto che hanno i funghi porcini. » (Redi.) — « Prendi un par di libbre di porcini. * — « Stamani in mercato c’era la bel¬ lezza de’ porcini. » PÒRRO (Allium Porrum). Pianta bul¬ bosa che cresce spontanea in molti luoghi e coltivasi negli orti per man¬ iarsi in erba, sebbene si stimi più ifficilo a digerirsi e più mal sana delle cipolle e degli agli. PORTOGALLO. V. Arancia di Porto¬ gallo. PORTOGALLO, e anche PORTOGHÉSE. Aggiunto di una qualità di fico flore e settembrino; ma il settembrino ra¬ ramente matura. PORTOGHÉSE. V. Portogali.o.' PRATAJUOLO e corrottamente dal po¬ polo anche PRETAJUOLO (Agaricus campestris). Sorta di fungo mange¬ reccio, il cui gambo, alto tre o quat¬ tro centimetri, è sormontato da una cappella carnosa , la quale nella sua giovanezza è quasi sferica, ma si ap¬ iana in seguito, ed è di colore prima ianchiccio e più tardi giallo-bruna- stro. La membrana che a mo’ di velo copre inferiormente le laminette della cappella, si rompe quando il funjjo è assai sviluppato e forma un collare intorno al gambo. — S’usa come ag¬ gettivo e come sostantivo. — « I fun- hi pratajuoli fanno anche sugli ai¬ eri. * — « I pratajuoli si coltivano da alcuni artificialmente. * PRETAJUOLO. V. Pratajuolo. PREZZEMOL1NO. Vezz. di Prezzemolo. — « Mettici un po’ di prezzeinolino nella minestra — nella salsa. * PREZZÉMOLO (Apium Petroselinum). Pianta che ha la radice fusiforme, lo stelo erbaceo, ramoso, i fiori al¬ quanto gialli a ombrella minuta; le foglie più basse ovate, tagliate in 812 DEL MANGIARE forma di sega, e le altre lunghe, ap¬ puntate ; è la più comune erba aro¬ matica delle cucine. Se ne conoscono alcune varietà, tra le quali una a fo¬ glie crespe, un’ altra a radice gros¬ sa, ecc. — « Battuto d’aglio e prezze¬ molo. » PRIMATÌCCIO. Si dice di quelle frutte che per rapida vegetazione vendono rima delle altre nel principio della ella stagione; altrimenti Frutte di ; primavera . Diconsi pure Primaticce le frutte che maturano in qualsivoglia stagione dell’anno, ma prima delle loro conge¬ neri. Le ciliegie, per es., sono frutte primaticce rispetto alle pesche, alle pere, ecc.; ma anche delle ciliegie al¬ cune sono primaticce, altre tardive. PRIMATÌCCIO. Aggiunto di Fico. Vedi Fióre. PRIMIÈRA. Sorta di pasta da minestra, cosi detta dall’avere la forma dei quat¬ tro semi delle carte colle quali si fa primiera, cuori, mattoni, picche e fiori, mescolati insieme. — Primierma è detta questa specie di minestra più fina e di qualità superiore. PRIMIEldNA. V. Primièra. PRUGNA. Per Susina ha esempi di an¬ tichi, osi dice in varie parti d’Italia; ma a Firenze per Prugna , o Prugno - le men comunemente, s’intendono le susine secche o le susine salvatiche. — « Una cassetta di prugne di Marsi¬ na. * — « Un barile di prugne di Napoli. » PRÙGNOLA. V. Prugna. PRUGNUOLO. Piccolo agarico, ora bru¬ no, ora cenericcio, di grande fragranza e di sapore squisito, che nasce d’ a- prilealle prime pioggie.Generalmente si seccano, ma si mangiano anche freschi. — « Andando a Roma... dove qualche volta sono i prugnoli a vilis¬ simo prezzo, ne fece grandissima prov¬ visione per seccarli » (Dati) — « Una filza di prugnuoli secchi. » PUNTE D'AGO. Così dalla forma è detta una pasta da minestra di finissima qualità. PURGARSI. V. Castagne di ricciaja. q QUADRUCCÌNI. Pasta da minestra in forma di piccoli e sottilissimi qua¬ dretti. E DEL HERE R RACCATTARE. Detto delle castagne, è Raccoglierle da terra, e si intende tanto delle castagne colatie , quanto di quelle che si abbacchiano. Usasi anche il verbo Ravviare; o Colui e Colei che ravvia le castagne, curando che non siano mangiate o di¬ sperse dagli animali, e le raccatta, dicesi Ravviatore e Ravviatora . RACIMOLARE, Neutro. Cogliere i raci¬ moli, Spiccare i racimoli dopo la ven¬ demmia. Si presta anche ad usi me¬ taforici. — « I miei bambini sono andati a racimolare co’ figliuoli del contadino » — « Dopo la vendemmia si concede a’ poveri di poter andare ne’ campi a racimolare. » RACIMOLATURA. Il racimolare e Tutto ciò che si cava dalle viti dopo fatta la vendemmia. — « 11 mio contadino, solamente con la racimolatura, ha fatto due barili di vino. » RACIMOLÉTTO. Dim. di Racimolo . — « Non mi dette per frutta che un ra- cimoletto d’uva. * — « È rimasto sul piatto un racimolo tto d’uva: lo posso prendere? * RACIMOLINO. Dim. vezz. di Racimolo . — « Un racimolino — due racimolini d’uva. » RACÌMOLO e volgarmente GRACÌMO- LO. Ciascuno di que’ gruppetti o cioc- chettine di chicchi d’uva onde si com¬ pone il Grappolo. — « Non c’è rimasto sul grappolo che un tre o quattro ra¬ cimoli. » Si dicono Racimoli anche que’pic- coli grappoli d’ uva che rimangono sulle viti dopo la vendemmia, onde il verbo Racimolare. E Racimolo per Grappolo fu già usato dagli antichi. RADICCHIÀCCIO. Pegg. di Radicchio . — « Radicchiacciò duro e mal con¬ dito. * RADICCHÌNI. Specie di pasta da mine¬ stre, che è piu stretta ancora de’iYa- strini . RADICCHÌNO. Dim . di Radicchio ; Ra¬ dicchio assai tenero e spuntato di poco. — « Radicchino di poggio. * — V. anche Radicchio bianco. RADÌCCHIOCCicAortw m inth ybus). Erba perenne, spontanea e comune nei campi e nei cigli delle strade : ha la radice fusiforme, lattiginosa, con le foglie bislunghe lanceolate, alquanto DEL MANGIARE E DEL BERE pelose lungo le nervature principali, il fusto ramoso, e i fiori grandi tur¬ chini, talvolta bianchi o rosei nelle diverse varietà. La stessa si coltiva anche negli orti, ove diviene più su¬ gosa, più tenera e meno amara, e co¬ stituisco una delle più comuni insa¬ late. Fuori di Toscana il Radicchio si chiama Cicória . RADÌCCHIO BIANCO o RADICCHÌNO. Chiamasi una specie di insalata in¬ vernale che T ortolano ottiene svel¬ lendo le piante di radicchio o ripo¬ nendole, dopo averne levate le foglie più vecchie, o sotto il concio o in mucchi di rena nelle cantine, dove il tepore e la privazione della luce fa loro mettere certe barbe bianco -gial- liccie. RADÌCCHIO BUONO. V. Radicchio do- MESTICO. RADÌCCHIO DOMÈSTICO, RADÌCCHIO D’ÒRTO, RADÌCCHIO BUONO. Quello che si semina negli orti, così detto per contrapposto al Radicchio salvatico. RADÌCCHIO D’ÒRTO. V. Radicchio DOMÈSTICO. RADICCHIO NOVELLINO. Chiamasi il radicchio domestico nato da poco tempo, che si coglie per mangiarlo in insalata ; il radicchio di prima colta. Colto una seconda volta, quando è più adulto o le foglio cominciano ad avere dei denti o incisioni, so no fanno dei mazzi [Mazzi di radicchio ) e man¬ giasi tagliuzzato sottilmente. Cresciuto ancora o fatto il fusto, si dà a’ cavalli per medicina, o, come dicono, per pur- fa, e in questo stato piglia il nome i Mazzocchi di radicchio . RADÌCCHIO SALVÀTICO. Quello che nasce spontaneo nei campi; e sotto questo nome non solo intendono il vero radicchio, ma anche molte altre pianto che hanno qualche somiglianza con lo stesso, dette perciò cicoriacee; come sono le radicchielle , le cicer¬ bite, il dente di leone , ecc. È detto anche Radicchio scoltella¬ to, perchè la povera gente di campa¬ gna, che lo raccoglie d* inverno per mangiarlo, o per venderlo, non lo cava da terra, sbarbandolo , ma ne taglia con un coltello la radice. RADÌCCHIO SCOLTELLATO. V. Ra- DfCCHtO SaLVÀTICO. RAD1CCHIÒNE SALVATICO. V. Lat¬ tugàccio. RADICE. Segnatamente in plurale. Va¬ rietà di Ramolaccio, più dolce e più piccola, da mangiarsi col lesso. 813 RADICE D’ABBONDANZA. V. Barba- biètola BIANCA. RADICE DI CARESTIA. V. Barbabiè¬ tola bianca. RADICINA. Dim . vezz, di Radice . — « Duo radicine per mangiarsi col lesso. * RADICIÓNA e RADICIÓNE. Arxr. di Radice ; Grossa radice. — « Quelle radicione non son buone a nulla; me¬ glio quelle piccoline. * — « Guarda che radicioni ha comprato la donna. » RADICIÓNE. V. RadicióNA. RAFFINARE. Detto dello zucchero, è Renderlo puro per mezzo di varie operazioni. — « Di Santommè ven¬ gono quelli zuccheri che si raffinano, chiamati da noi zuccheri rossi. * ( Sas¬ setti ). RAFFINATO. Part. pass, e agg. da Raffinare. — « Zuccheri raffinati — non raffinati. * RAFFINERÌA. L’ industria del Raffi¬ nare e II luogo dove si raffina. Ma poiché non si raffina il solo zucchero, si suole sempre apporre a questa voce la specificazione. — « Raffineria di zucchero — di salnitro. * RAMERÌNO, ROSMARINO ( Rosmari • nus officinali). Suffrutice folto, sem¬ pre verde e quasi sempre in fiore: cresce spontaneo sulle scogliere ma¬ rittime; si coltiva negli orti e ne’giar- dini; è adoperato dai cuochi per con¬ dimento di alcuni cibi, dai profumieri per distillarne acque odorose e dai farmacisti per fornente e simili. In Firenze sempre Ramerino . — « Quar¬ to d’agnello col ramerino. » RAMOLACCÉTTO. Dim. di Ramolac¬ cio. Non molto comune. — « Tonno sott’olio coi ramolaccetti. » R A M 0 L ACCI N 0 . Dim. e anche un po’ vezz. di Ramolaccio. — « Ramolac¬ cio teneri e dolci. » RAMOLÀCCIO ( Raphanus sativus ). Pianta annua a foglie lirate e ispide, che produce una radice carnosa di sapore più o meno piccante, la quale mangiasi cruda intinta nell’ olio con alquanto sale, od anche solamente con sale. Molte sono le varietà dei ramolacci, distinte per la grandezza, forma e co¬ lore della radice. I bianchi ed i neri sono stimati i più forti; i rossi o lun¬ ghi sono più aolci. Il Ramolaccio è indicato anche coi nomi di Radice , e di Ravanello, \ quali per altro esprimono meglio certe va- 814 DEL MANGIARE E DEL BERE rietà di piccoli ramolacci — « In marzo si seminano ramolacci e ravanelli » — « Radici da mangiarsi col lesso. * — « Mazzo di